Niente da perdere ~Berlino

By hergellest

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Una ragazza dalla vita apparentemente normale, da un giorno all'altro si ritrova a farsi chiamare Atene da 8... More

chapter 1: Atene
chapter 2: nightmare
chapter 4: confused
chapter 5: smoke
chapter 6: no more distractions

chapter 3: i leave

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By hergellest

«Tutto bene ieri sera? Sentivo delle urla» chiese Rio seduto accanto a me durante la colazione.

«Solo uno stupido incubo tranquillo» gli sorrisi, sembrava piuttosto agitato.

«Io non ho dormito cazzo» mangiò un biscotto al cioccolato.

«Non sei l'unico»

«Io non ho mai fatto una cosa del genere capisci, ero solo un hacker di computer, non ne sono in grado». abbassò la voce per non farsi sentire dagli altri

«Io fino a qualche settimana fa ero ancora con la mia famiglia, quindi immagina» sbuffai

«Che è successo poi?» chiese

«Niente domande personali, ricordi?» sorrisi

«Già scusa» ricambiò il sorriso

«Ma magari un giorno te lo dirò» mi alzai poi dalla tavola andandomi a sedere nel prato vicina a Nairobi e Denver.

«Ehi, tutto bene Atene?»

«Sarai la centesima persona che mi fa questa domanda, sto bene davvero» dissi a Nairobi e anche a Denver.

Già, me l'avevano chiesto tutti, dal primo all'ultimo si erano preoccupati per me.

Tranne Berlino.

Non so se gli stavo antipatica o mi vedeva come una sottospecie di minaccia, ma tutto quello che riguardava me non gli interessava minimamente.

Vidi quest'ultimo sedersi nel prato affianco a me.

«Quindi?» chiesi

Lui mi guardò con sguardo interrogativo.

«Con quello che hai detto ieri vuoi insinuare che mi farò ammazzare?» non avevo smesso un attimo di pensare alle sue parole del giorno precedente.

Lui fissò per un attimo il vuoto per poi guardarmi negli occhi.

«Ne sono sicuro» si alzò poi dal prato ma volevo andare affondo in questa discussione, così mi alzai seguendolo.

«Vorresti dirmi che tu non hai paura?» gridai mentre lui si fermò girandosi verso di me.

«Io non ho nulla da perdere» rispose

«Nemmeno io Berlino, nemmeno io»

«Non dire cazzate, tu sei giovane, con una vita davanti»

Mi avvicinai a lui con sguardo di sfida e puntandogli il dito.

«Tu non sai un cazzo di me Berlino, proprio un cazzo»

Me ne andai poi rientrando nella casa e correndo in camera aspettando che iniziasse la lezione.

«Posso?» sentii bussare alla porta

«Entra» Nairobi si sedette nel letto accanto a me accarezzandomi la schiena.

«Non fare caso a lui, il suo unico obbiettivo è terrorizzarti, vuole farsi temere, ho già capito il tipo di persona che è» disse Nairobi

«Io ho paura Nairobi, ha ragione lui ho tanta paura» dissi scoppiando a piangere nelle sue braccia.

Ero troppo fragile per una cosa del genere, troppo sensibile, non avrei mai dovuto accettare quell'accordo.

Ero sempre in tempo per rinunciare, ma dove sarei potuta andare?

Nairobi si staccò dall'abbraccio guardandomi dritta negli occhi.

«Ascoltami bene, qui tutti ne abbiamo, ma tu anche solo per aver accettato questo lavoro, sei forte, sei davvero molto forte.»

Sentimmo la voce del professore chiamarci, la prima vera e propria lezione stava per iniziare.

Nairobi si alzò dal letto tendendomi la mano.

«Andiamo»

***
E la lezione era andata.

Devo ammettere che non è stato per nulla facile seguire passo per passo quello che il professore diceva, ma credo di aver capito abbastanza.

A pranzo non mangiai nulla, mi sdraiai direttamente nel prato ad osservare il cielo e pensare, pensare al perché io sia qui, in così poco tempo la mia vita era stata sconvolta.

«Pensierosa ragazzina?»  domandò Berlino seduto poco più indietro di me.

«Non ti interessa Berlino» iniziava veramente a darmi fastidio il suo atteggiamento.

«Aggressiva, mi piace» fece l'occhiolino con un mezzo sorriso per poi sorseggiare un bicchiere di vino rosso.

«Il tuo scopo è solo farti temere da me vero? Perché so tenerti testa»

Lui rise rumorosamente, con quella sua solita risata spavalda.

«Nessuno è mai riuscito a tenermi testa, tantomeno una ragazzina come te.» finì poi il bicchiere di vino.

Il suo atteggiamento mi dava sempre più i nervi, riusciva sempre ad aver l'ultima parola.

Forse era il contrario, forse era lui a saper tenere testa a me.

Con me nessuno aveva mai avuto l'ultima parola.

E questa cosa mi faceva andare davvero fuori di testa.

«Dovresti mangiare qualcosa» si sedette Tokyo affianco a me porgendomi una mela che io però rifiutai.

«Non mi va, tranquilla».

Così Tokyo addentò la mela, nel mentre iniziammo a parlare un po'.

Devo dire che con Tokyo mi trovavo davvero bene, avevamo un carattere parecchio simile e concordavamo su molte cose e questo non poté fare altro che rafforzare il nostro rapporto.

Finirono tutti di mangiare e tornai in camera, avevo bisogno di un po' di tranquillità, ero ancora insicura se continuare a rimanere in quella casa ed entrare nella Zecca rischiando la vita, oppure andarmene di lì e vivere i miei anni come una ricercata o peggio carcerata.

Ci pensai su a lungo e la mia idea cambiò varie volte, rimanere o non rimanere...

****
«Non posso rimanere qui professore» dissi tutto ad un fiato.

Eravamo nell'aula dove di solito facevamo lezione, avevo chiesto al professore di poter parlare in privato e avevo preso la mia decisione.

Non potevo restare lì, non faceva per me.

Lì dentro sembravano tutti aver avuto a che fare con truffe e rapine, sembravano tutti molto più esperti.

Io rubavo solo cibo e gioielli di poco valore.

Non milioni di euro.

«Atene, ne sei sicura?» chiese il professore abbastanza preoccupato, probabilmente avrebbe dovuto trovare un altro criminale da assumere.

«Non ci riesco mi spiace» tirai un sospiro

«Se è questa la tua decisione Atene la rispetto, domani mattina potrai andare»

«Grazie professore» uscii dall'aula dirigendomi nella mia camera iniziando a raccogliere quei pochi vestiti e riponendoli nel borsone.

Non avevo idea se avessi fatto la cosa giusta o meno, ma in quel momento mi sembrava la cosa più coerente da fare.

Scesi poi per cenare, mi sedetti al tavolo anche se pure questa volta non avevo per niente fame.

«Atene penso abbia una cosa da dirvi» disse il professore mangiando un boccone di carne

«Io non parteciperò più a questa rapina» dirlo quasi mi spaccava il cuore, in soli due giorni mi ero davvero molto affezionata ai miei compagni, soprattutto Nairobi e lasciarli così per poi non vederli mai più era davvero orribile.

Rimasero tutti zitti, senza dire nemmeno una parola.

Incrociai lo sguardo impassibile di Berlino, l'aveva avuta vinta.

wei! ecco il terzo capitolo, spero tanto sia di vostro gradimento se la risposta è sì, di certo continuerò a scrivere :)
kiss.

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