FEAR - Contact Saga vol.1 [Ca...

By Elaine_Morgan

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Primo capitolo della Contact Saga. Se l'inaspettato stravolgesse d'un tratto la tua esistenza, a cosa saresti... More

CARTACEO ED E-BOOK
0 - Buio
1 - Un motivo per cui sorridere
2 - Sciacallo
3 (pt. 1) - Presenze nel buio
4 - Muore la speranza
5 - Senza meta
6 (pt.1) - Colpevole
6 (pt.2) - Colpevole
7 - Scelte azzardate
8 - Calma apparente
9 (pt.1) - Bambole rotte
9 (pt.2) - Bambole rotte
10 (pt.1) - Lucchetti di carne
2° LIBRO PUBBLICATO!
3° LIBRO PUBBLICATO!
10 (pt.2) - Lucchetti di carne
La CONTACT SAGA È FINITA

3 (pt.2) - Presenze nel buio

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By Elaine_Morgan

Ghermita da un panico incontrollato, mi lascio sfuggire uno strillo, mentre con la mano libera tento di far allontanare Owen da me. Lui, tuttavia, è tanto forte che ogni tentativo di ribellione pare del tutto inutile, proprio come se un topolino tentasse di liberarsi dalle spire di un pitone.

Nonostante questo, non ho intenzione di arrendermi all'evidenza: combatterò con ogni fibra d'energia che mi rimane in corpo prima di dargliela vinta e permettergli di farmi diventare il suo prossimo pasto. Per questo motivo metto da parte l'angoscia, in procinto di sfogarsi con una moltitudine di lacrime, e continuo a lottare.

E, alla fine, la tenacia da me dimostrata viene in qualche modo premiata: infastidito dal mio incessante dimenarmi come un pesce fuor d'acqua, Owen indietreggia di mezzo passo e senza volerlo allenta la presa nella quale mi bloccava.

Appena me ne rendo conto, ne approfitto per liberarmi da quella stretta e mi allontano il più possibile da lui, anche se so perfettamente di essere ancora in trappola e che le probabilità di cavarmela da questa situazione di merda restano basse, molto basse.

«Devo mangiare» bisbiglia Owen facendosi di nuovo avanti, senza nemmeno permettermi di riprendere il respiro. Non posso fare a meno di pensare che i pugni che gli ho inflitto devono essere stati decisamente fiacchi, perché non sembra averne risentito in alcun modo.

«Owen, ti prego!» La mia voce è così stridula mentre lo scongiuro di risparmiarmi e io sono così maledettamente spaventata: come può non rendersene conto? Come può volermi far del male? L'hanno cambiato al punto tale da renderlo un assassino, pronto a uccidere quella che fino a qualche mese fa era la sua migliore amica?

Non voglio crederci, non posso pensare che la sua coscienza sia del tutto svanita e che di lui resti solo un involucro vuoto. «Per favore, aspetta un attimo. Sono io, Owen! Sono Lizzy, non puoi volermi fare del male! Sono tua amica!» E mentre parlo, mentre lo imploro di tornare in sé, tasto il muro alle mie spalle con le mani, in cerca di qualcosa da usare come arma, qualcosa come una spranga di ferro o un bastone, sebbene sappia che non basterebbe un miracolo per salvarmi. «Non... non puoi.»

Nonostante le mie suppliche, l'espressione negli occhi di Owen non cambia: rimane fredda, famelica, impassibile. E ripete, stavolta sbraitando: «Devo mangiare!»

Sono consapevole che questo non sia esattamente il momento adatto per lasciarmi andare alla disperazione, eppure scoppio in un pianto dirotto, sconvolta da ciò che mi sto ritrovando ad affrontare: non voglio morire, non posso! Chi si prenderebbe cura di Liam se io non tornassi a casa? Chi lo consolerebbe quando piange? Chi gli procurerebbe cibo e protezione? La mia sopravvivenza è indispensabile alla sua. 

«Owen!» piagnucolo, indietreggiando lentamente, fino a quando non mi rendo conto di avere le spalle al muro. «Ti prego, Owen, torna in te!»

Proprio ora che mi sono convinta di non avere alcuna via d'uscita da questa situazione, d'un tratto mi balza in mente un'idea. È parecchio sciocca, e senz'altro rischiosa, ma rappresenta pur sempre una fievole speranza. Mi asciugo alla meglio gli occhi nella manica del giubbotto e bisbiglio: «Io... io forse posso aiutarti!»

«Taci!» ringhia però lui, rifilando un pugno al cassonetto dei rifiuti che ha accanto con tanta violenza da ammaccarlo. «Non voglio sentire le tue cazzate.»

Per qualche istante, resto inorridita a fissare quello che una volta consideravo il mio migliore amico: la mostruosa dentatura che si ritrova al posto del magnifico sorriso rubacuori che sfoggiava l'ultima volta che l'ho visto; gli occhi castani dall'espressione vuota e disorientata, talmente diversi da quelli seducenti e sicuri di sé che lo contraddistinguevano da risultare irriconoscibili; i vestiti stracciati e sporchi di quello che probabilmente dev'essere il sangue della sua precedente vittima. Perché gli hanno fatto questo? Perché l'hanno trasformato in un orribile mostro, la cui unica intenzione è ora quella di uccidermi? Il mio Owen...

Possibile che debba finire così per me? Uccisa e divorata dal mio migliore amico? E Liam?

Cosa ne sarà ora di te, piccolo?

Non è possibile, non posso proprio accettarlo. Devo trovare un modo, un qualsiasi modo per uscire da questa terribile situazione.

Mi sforzo di ritrovare la calma e ripeto, alzando le mani per tentare di ammansirlo: «Owen, aspetta, non sono cazzate. I-io forse posso aiutarti.»

Per un istante, Owen sembra dimenticarsi della fame: sorride alle mie parole, riducendo gli occhi a due fessure e tirando gli angoli delle labbra verso l'esterno. E malgrado non sia esattamente il sorriso che vorrei scorgere sul suo viso, è un leggero passo avanti. «Avanti, sentiamo cos'hai da proporre, Lizzy Frizzy» replica, rivolgendosi a me con lo stupido ma affettuoso nomignolo con cui ogni tanto si divertiva a chiamarmi un tempo, quando era in vena di scherzare. «Però devi darti una mossa: la mia pancia sta reclamando.»

Ignoro la minaccia celata – neanche troppo – nelle sue parole e allontano in fretta i ricordi felici che lo riguardano, scatenati dal sentirlo rivolgersi a me in quel modo. Mi invento quindi una bugia di sana pianta, costringendo la voce a uscirmi di bocca in un tono sicuro e non in un patetico fruscio. «Conosco un modo per guarirti, Owen. Per farti tornare com'eri prima. Devi solo... devi lasciarmi andare. Poi io tornerò da te con la cura e tu sarai di nuovo come prima.»

Non la prende come speravo. Affatto. Scoppia a ridere, stringendosi teatralmente la pancia tra le braccia, come se avesse appena sentito la battuta migliore degli ultimi anni. Poi d'un tratto si fa serio e mi inchioda gli occhi addosso. «Ma allora pensi che io sia stupido, Lizzy.»

«N-no...» farfuglio intimorita, compiendo nel frattempo un piccolo passo verso destra, nel tentativo di avvicinarmi alla via principale e poter così scappare il più lontano possibile da lui. E dal suo alito che puzza di morte.

«A me, invece, pare proprio di sì» ringhia e pianta un pugno contro al muro, proprio accanto alla mia testa, bloccandomi così ogni via di fuga. Dopodiché avvicina il volto al mio, mettendo in bella mostra i terribili denti spaccati, e continua: «Sembra davvero che tu voglia fregarmi, piccola Lizzy.»

Gli occhi spalancati e la voce tremante, scuoto la testa e cerco di negare fino allo spasmo: «No! N-no, non lo farei mai! Io... io voglio solo... voglio aiutarti, Owen. Lasciami provare. Per favore.»

Lui mi scruta per qualche istante, gli occhi scuri inchiodati nei miei, pozzi senza fondo dove non voglio, non voglio, non voglio perdermi; dunque sposta lo sguardo appena alla mia sinistra, puntandolo sul muro di cemento alle mie spalle, come se stesse riflettendo.

Gli ci vuole diverso tempo per prendere una decisione, ma io non mi azzardo nemmeno per sogno a intervenire: se perdesse la pazienza sarebbe capace di uccidermi all'istante, senza pensarci due volte, ne sono certa.

Alla fine, Owen riporta gli occhi su di me e sorride, quasi con dolcezza. Mi elargisce una carezza leggera, scostandomi un ciuffo di capelli sfuggito alla coda di cavallo dietro l'orecchio, e per un istante, un solo istante, sono di nuovo convinta di avere davanti il mio migliore amico, che si sta prendendo gioco di me e che ora mi rivelerà che si trattava di uno stupido scherzo. Invece tira le labbra in un  ghigno e sussurra: «Ho fame, Liz. Ora.»

«No...» Mi sento morire dentro nell'udire quelle parole: è giunta la mia ora, lo so.

Lo squittio terrorizzato che mi è sfuggito dalle labbra sembra divertire Owen, ciò nonostante torna ancora una volta serio e prosegue: «Ho davvero tanta fame, Lizzy, ma in memoria della nostra vecchia amicizia ti propongo un... beh, chiamiamolo "giochetto". Ti va?»

Mi sforzo di buttar fuori la voce per chiedergli di cosa stia parlando, malgrado tema la risposta che riceverò.

«Ora io ti lascerò andare» mormora, osservando attentamente ogni mia più piccola reazione alle sue parole. «Me ne starò qui buono buono per ben cinque minuti, senza muovermi di un solo passo. Così tu avrai tutto il tempo di fuggire il più lontano possibile da me e nasconderti da qualche parte. O se preferisci, di cercare la tua preziosissima medicina miracolosa.» Scrolla le spalle. «Fa come preferisci, anche se il mio consiglio da amico è quello di scappare a gambe levate. Poi, se malauguratamente non riuscirò a trovarti, sarà scontato che rimarrò senza cena e dovrò trovare qualche altro nostro succulento amichetto con cui giocare. Tu invece sarai libera fino alla prossima volta in cui ci incontreremo. Che ne dici?» 

Non oso chiedergli cosa mi succederebbe nel caso mi trovasse. Non voglio sentirglielo dire ad alta voce. Sarebbe troppo. Per cui mi limito a fissarlo, sforzandomi per trattenere a ogni costo le lacrime che minacciano di nuovo di scendere e concentrandomi per pensare a un nascondiglio che mi possa salvare la vita.

«Sei pronta a cominciare?»

Annuisco, il fiato troppo corto per rispondere a voce.

«Bene, Lizzy Frizzy. Hai... mmh, fammi pensare... ben trecento secondi a partire da ora per salvarti la pelle. In bocca al lupo! Ah, che sarei io!» E scoppia a ridere, orgoglioso della sua battuta terrificante.

Non appena Owen comincia a contare ad alta voce, cantilenando i numeri in tono allegro, capisco che sto sprecando preziosi secondi, quindi raccolgo le ultime energie che mi restano nelle gambe e prendo a correre come non ho mai corso prima, abbandonando a malincuore – ma non troppo – il mio zaino colmo di viveri. 

***

Il primo, insopprimibile istinto è quello di correre verso casa alla velocità della luce, con l'intento di barricarmi al suo interno con Liam e Bonnie, ma quasi subito mi rendo conto che sarebbe una madornale sciocchezza agire a quel modo: per prima cosa, è troppo lontana da dove mi trovo ora e non riuscirei mai a raggiungerla in tempo; seconda cosa, non vorrei per nulla al mondo attirare Owen verso mio fratello e mettere in pericolo anche lui; terza, quello sarà il primo luogo dove quel mostro ributtante mi cercherà. E questo non va affatto bene.

A meno che non lo depisti, in qualche modo.

So ormai per esperienza che quelle creature hanno dei sensi molto sviluppati e che si basano su olfatto e udito per cacciare, piuttosto che sulla vista, proprio come fanno gli squali. Se mi nascondessi lontano da casa, avrei dunque più possibilità di tenere Owen alla larga da mio fratello, pregando che l'istinto da cacciatore sia in grado di adombrare i ricordi che pare conservare della sua vecchia vita e costringerlo a seguire la mia scia.

Riuscire poi a cavarmela sarà un altro conto.

Per questo motivo, alla prima occasione che mi si presenta, svolto in fretta in una stradina laterale che porta verso est, verso il sole nascente, con una vaga idea di dove dirigermi che sta prendendo forma nella mia mente.

Spero che si tratti della scelta giusta, quella che mi salverà la vita.

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