6 (pt.1) - Colpevole

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Spalanco di colpo gli occhi e mi sveglio dall'ennesimo incubo

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Spalanco di colpo gli occhi e mi sveglio dall'ennesimo incubo. Nel sogno ero preda di Owen, intrappolata in una stanza tutta bianca, senza finestre e lui mi osservava poco distante, gli occhi rapaci e un ghigno sulla bocca.

Mi ritrovo a fissare attraverso il finestrino rigato di gocce di pioggia il cielo plumbeo di fine novembre. Sbadiglio sonoramente, sentendomi persino più stanca di quando mi sono addormentata, e mi passo una mano sul viso, stropicciando con forza gli occhi per svegliarmi del tutto. Faccio per tirarmi su a sedere più composta, con l'intento di sgranchire la schiena che mi duole per la posizione scomoda in cui ho sonnecchiato in attesa del tramonto, ma mi rendo conto che Liam sta dormendo con la testa poggiata sul mio petto. Traggo un lungo sospiro e, con estrema delicatezza, così da evitare di svegliarlo, lo scosto da me e lo faccio distendere sul sedile di pelle, assicurandomi che la coperta lo avvolga per intero.

Una volta fatto questo, mi dedico a Bonnie, concedendole qualche carezza. «Ciao, bella. Come va? Hai dormito?»

Bonnie uggiola in risposta e mi lecca la mano. Sembra voglia rassicurarmi, dirmi che ce la caveremo.

«Tranquilla, io sto bene» le rispondo, grattandole la testa con affetto. «Sto bene, davvero. E vi porterò al sicuro, non temere.» Ci salviamo a vicenda, io e te, non è vero?

È sempre stato così, fin da quando io e mamma la portammo a casa, ancora cucciola, quel lontano giorno di pioggia di otto anni fa. Era una strada poco trafficata, che passava in mezzo al bosco, e lei era legata a un albero con una corda. Per chissà quale motivo, l'avevano abbandonata. E sarebbe morta lì, sola, dimenticata da tutti, se non l'avessimo portata con noi, nutrita, amata. Da quel preciso momento in cui il mio sguardo ha incrociato il suo, Bonnie non mi ha mai, mai lasciata, standomi vicino in mille modi diversi.

Le concedo un sorriso grato, poi sospiro e decido di ricontrollare lo zaino. Voglio illudermi che, durante il mio sonno farcito di incubi, all'interno si possa essere materializzato miracolosamente del cibo. Rovisto in ogni tasca, speranzosa di averne dimenticata di perquisire qualcuna, ieri, ma purtroppo, com'era prevedibile, non trovo nulla di nulla.

Getto con stizza lo zaino vuoto sul sedile anteriore e mi lascio prendere dallo sconforto. E ora? Ora cosa diavolo faremo? Tra poco Liam si sveglierà, sicuramente affamato, quindi mi chiederà del cibo per mettere a tacere il suo povero stomaco gorgogliante e... e io cosa gli risponderò, a quel punto? Che deve portare pazienza? Che deve fingere che vada tutto bene? Ma come potrei, quando invece la nostra situazione è disperata?

Mi asciugo gli angoli degli occhi: questo non è il momento di piangere o essere deboli, non posso permettermelo. Delle vite dipendono da me.

Con non poca fatica, causa la spossatezza che mi opprime, passo sui sedili anteriori, posizionandomi alla guida, e giro la chiave nel quadro d'accensione, avviando l'auto. Non è ancora buio e mi ero ripromessa di non guidare con la luce del giorno, poiché saremmo visibili agli occhi di chiunque, ma stare con le mani in mano a pensare a quanto la nostra situazione faccia schifo è una tortura. Tanto vale che mi rimetta in marcia.

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