Electric Hunger Games {FE Cro...

By JessStark14

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|Felici Electric Hunger Games! E possa la buona sorte essere sempre a vostro favore!| 2021, la FIA, come Capi... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
End Credits
Ringraziamenti

Capitolo 14

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By JessStark14

Hong Kong

Guardando i grattacieli di Hong Kong uno potrebbe anche confondersi. Oh ma siamo a New York! No. Siamo in Cina. Se fossimo a New York in questa categoria ci sarebbero molti meno piloti, e molte meno scuderie a gareggiare. La Nio è una di quelle che non si vedrà più in griglia, e nonostante sia già passata qualche gara, gli altri fanno fatica ad abituarsi alla vista di un garage con la serranda abbassata quando di solito tutti quelli a disposizione sono aperti e pullulanti di persone che corrono di qua e di là. André sospira nel retropalco. Tocca di nuovo a lui, il tizzone rovente di uccidere un suo collega. Sperava che fosse un altro a farlo, ma Sam, che era davanti a lui, si è dovuto ritirare all'improvviso, ed è finito dai commissari insieme a tutto il gruppo che si è ritirato a metà gara per colpa di un tamponamento a catena che ha mietuto quattro vittime. Non se la sente di avvelenare Alexander Lynn con del veleno che non sa in quanto tempo lo ucciderà, non vuole farlo soffrire più di quanto sia necessario, e l'unica alternativa che gli hanno dato i commissari è un taser che produce una scarica elettrica mortale. Si rigira tra le mani l'apparecchio nero con le punte di metallo, ha un solo pulsante, per accenderlo. Non vuole uccidere Alex. Gli vengono in mente solo i momenti della loro vacanza in Svizzera, a quanto poco lui reggesse l'alcol, poi pensa a Mitch, non sa cosa dirsi. Non sa se anche loro come lui e Jean si siano confessati quello che provano, se provano qualcosa. André scaccia dalla mente questo pensiero e si sposta sul palco. Alex è visibilmente terrorizzato, e i suoi occhi si posano sul taser che tiene il tedesco in mano. Anche André abbassa lo sguardo dove lo ha fermato Alex, il taser quasi si confonde con la gamba della sua tuta, poi alza lo sguardo su quelli che sono fermi a guardare sotto il palco. Vede solo gli occhi di Jean, vorrebbe parlargli, dirgli che va bene così, che ormai è un assassino e se n'è fatto una ragione. I suoi occhi si spostano un po' più in là, sui grattacieli della città, e ancora oltre, sul mare che si vede appena. Sospira. Non può scappare, lo vorrebbe, ma non può farlo. Fa due passi in direzione di Alex, lo guarda per un momento, poi abbassa lo sguardo per accendere il taser, che ronza piano. Alex sobbalza non appena lo percepisce.

"Fai solo in fretta, per favore." le sue parole escono veloci, gli occhi di André incontrano i suoi, il tedesco si avvicina ancora. "Ma ti prego non voglio vedere quell'affare toccarmi." Così André si ferma a dieci centimetri dall'inglese, e stando attento a non toccarlo passa il braccio che regge il taser attorno a lui, senza mai smettere di guardarlo negli occhi. André vuole dimostrargli che è con lui anche nella morte, nonostante non possa fare molto. "Vendicati." sussurra l'inglese, a labbra appena schiuse, tanto che anche André fa fatica a sentirlo. La mano di André appoggia il taser sulla schiena di Alex, che spalanca gli occhi e resta immobile. Il suo cuore si ferma all'istante, e lui cade, André si allontana per paura che l'elettricità in eccesso nel suo corpo passi a lui, di certo non vuole morire prima che sia giunta la sua ora, se e quando arriverà. Gli occhi di Alex rimangono aperti a guardare il cielo e le rondini in volo che lui non può più vedere.

Lucas, Sam, Robin, Jerome e Mitch non sanno chi sia morto, perché i commissari li hanno chiusi subito nella loro stanza, Robin è il più spaventato. Sa che non possono ripetere una tortura due volte allo stesso pilota e la tortura è uguale per tutti, non sa esattamente cosa aspettarsi, ci sono delle vasche d'acqua davanti a loro che stanno in piedi, hanno le mani legate dietro la schiena. Robin si volta a guardare Lucas, è il meno spaventato del gruppo, guarda l'acqua davanti a lui come se fosse un misero bicchiere che deve bere, come se la tortura incombente non lo sfiori nemmeno lontanamente. Robin è il primo della fila, e se ne accorge all'ultimo istante. Un uomo gli posa una mano sulla nuca e lo costringe a piegarsi in avanti, con il viso dentro l'acqua, Robin si dimena perché non ha fiato, e il terrore lo invade. Si ripete che non lo uccideranno qui, ma di certo sa che uscirà di nuovo terrorizzato come la prima volta da questa stanza. Quando lo fanno riemergere, per un secondo, mentre riprende fiato vede di nuovo gli occhi di Antonio, quando a Marrakesh aveva sceso le scale e lui lo aveva visto, e il suo sguardo tradiva la paura. La sua testa torna sott'acqua, non si agita più, tiene gli occhi chiusi, accetta quello che gli stanno facendo, è sopravvissuto alla morte di Antonio, in confronto questo non è nulla. E di nuovo la sente, dopo mesi di silenzio, proprio nel momento in cui lui ne ha più bisogno, la voce di Antonio, forte e chiara nella sua testa, che lo rassicura.

Resisti amore mio, è quasi finita.

Una volta calate le tenebre pochi riescono a dormire. C'è qualcosa nell'aria che porta via la tranquillità di una notte di fine inverno. Robin resta sdraiato, rivolto verso il soffitto, sente ancora la voce di Antonio e piange, fa più male della tortura stessa. Daniel si ritrova ancora tra le braccia di Lucas, non riesce a smettere, è come una droga di cui non può più fare a meno. André non riesce a chiudere occhio, osserva Jean dormire, gli accarezza dolcemente il fianco scoperto e sente i brividi che gli provoca insieme al freddo. Non c'è pace in quel di Hong Kong per nessuno e quella sensazione resta anche quando l'ultima luce si spegne, anche quando tutti sono caduti in un modo o nell'altro in un sonno senza sogni, ma che spaventa nonostante tutto. 

È un'altra gara a Hong Kong. Il cielo minaccia pioggia. Si accendono le luci in sequenza. Jean respira profondamente, è la prima volta che parte in pole questa stagione, non vuole buttare tutto all'aria. Si guarda dietro, cerca André con lo sguardo. È verso il fondo della griglia e teme che la partenza possa relegarlo all'ultima posizione. 

3, 2, 1… 

Partono tutti insieme e come previsto nelle retrovie si scatena il disastro: un ammasso di vetture che André è bravo ad evitare. Oggi la lotta per l'ultima posizione sarà più agguerrita che mai. Neanche davanti la situazione è tranquilla: Jean è tallonato da Lucas, sa di non poterlo tenere dietro a lungo, il brasiliano lo urta di tanto in tanto per indurlo all'errore, ma non ci riesce. Jean è più forte di quel che Lucas crede. Di Grassi deve inventarsi qualcosa di diverso per sorpassarlo. All'improvviso gli ritorna alla mente: non ci sono più regole. 

"Potrei dare una bella lezione a quel francese, magari se lo colpisco lui e Lotterer smetteranno di mettere a rischio il mio piano."

Jean viene colto di sorpresa quando Lucas lo spinge deliberatamente a muro, i freni non funzionano più, si ritrova come passeggero in un'auto che non può più controllare. Si pianta a muro alla curva successiva e per un attimo gli sembra di essere in un'altra dimensione. Riesce a vedere Buemi passare Lucas prima di sospirare pesantemente e togliersi dall'abitacolo il più velocemente possibile. Mentre Sebastien fa il suo lavoro e Maximilian Günther muore corroso internamente dall'acido, Jean è al buio, al cospetto dei commissari, ha le mani legate e l'impressione di non riuscire a respirare. È spaventato, non può negarlo, ma non vuole mostrarsi debole agli occhi dei commissari, vorrebbe andarsene subito, spera che facciano in fretta, ne ha già avuto a sufficienza l'altra volta di stare qui dentro. Uno di loro si avvicina, nella penombra il francese vede brillare una lametta nella sua mano, che taglia solo a guardarla.

"Per favore, no." la sua voce è ferma al contrario di tutto il resto del suo corpo, che trema a quella vista. Il commissario sparisce dietro la sua schiena, qualcuno gli sfila a forza la tuta e la maglia tecnica, prima che le sue mani vengano di nuovo legate sopra il tavolo a cui si aggrappa come se fosse la sua ultima ancora di salvezza. Il freddo della stanza gli provoca un brivido.

"Sei sempre stato troppo attaccato a Lotterer, e questo non ci piace. Sei stato un bambino cattivo Jean." l'ultima frase, pronunciata con quella voce profonda, lo terrorizza. "E sai cosa succede ai bambini cattivi? Vengono puniti." nello stesso istante in cui sente l'ultima parola, la lametta gelida scorre sulla sua schiena più veloce di un lampo e apre la sua pelle, facendolo gridare di dolore. E la lametta continua il suo lavoro, come con Robin la sua schiena viene pian piano martoriata dalle ferite che non sanguinano, o il sangue viene fatto sparire subito, facendo salire le lacrime al francese che non può opporsi alla sua gola che urla pietà, un po' più forte, sempre più forte,

ancora

più

forte.

Fuori dall'edificio, Jean non sa cosa fare, dove guardare, da che parte andare. Marzo è un mese gelido in Cina, e la tuta lo copre a malapena. La schiena gli brucia, non vuole sapere in che stato è, vuole solo tornare in albergo e starsene il più tranquillo possibile. Fa qualche passo in quella che crede sia l'uscita del paddock, poi un impulso lo fa accovacciare per terra, seduto sulle caviglie, con le dita sfiora l'asfalto sotto di sé, è l'unico nei paraggi, il sole sta già tramontando, e colora tutto intorno di un leggero arancione alternandosi alle ombre nere dei palazzi che lo circondano. Fa un respiro profondo e trattiene a stento l'urlo che sente in gola, come se tutti quelli che gli hanno strappato i commissari non siano stati sufficienti. Si alza senza preavviso ed esce dal paddock, attraversa la strada e si infila nella hall del suo albergo, André lo aspetta in camera. Entra in ascensore, che fa il tragitto regalando al francese la sensazione di avere il nodo allo stomaco più grande della sua vita. Esce in corridoio, e deve fare uno sforzo di memoria per ricordarsi il numero della sua camera. Si appoggia alla parete, con la testa tra le mani, il suo respiro si fa più corto e trema. Come un lampo, il numero della camera gli torna in mente e la cerca più in fretta che può, deve nascondersi al mondo, e l'unico posto in cui può farlo senza paura di essere giudicato è con André. Bussa alla porta in modo sconnesso, continua a respirare troppo rapidamente, il battito del suo cuore è accelerato, e si tiene per i fianchi per assicurarsi che non crolli qualche pezzo di sé prima che lui sia entrato in camera. Gli sembrano passati almeno venti minuti da quando ha bussato, ma in realtà non sono che dieci secondi, quando André apre la porta e lui si infila in camera, il tedesco fa appena in tempo a chiudere la porta alle sue spalle che il francese cade a terra in ginocchio, con le mani tra i capelli, e il suo grido invade la stanza, quasi tremano i bicchieri sul tavolino. Jean non subisce un attacco di panico da quando aveva 18 anni, e di certo non gli è mancato averne uno. Respira a fatica, nella stanza torna di nuovo a sentirsi solo il suo respiro accelerato, con le mani che gli tremano si tira giù la zip della tuta di forza e si sfila le maniche, lasciando che lo copra solo dalla vita in giù. Si toglie la maglia tecnica di prepotenza, la butta lontano, continua a non riuscire a respirare, a non riuscire a calmarsi. André si inginocchia davanti a lui e gli prende il viso tra le mani, gli occhi di Jean non riescono a fermarsi su un punto solo, tanto che per farli smettere il francese li chiude, e continua con i suoi respiri profondi, che mischiati al suo tremore non hanno granché effetto.

"Ehi… Jean, guardami." sussurra André, un altro respiro profondo di Jean lo prende in pieno viso, gli passa piano il pollice sulle labbra che ancora tremano, si perde per un attimo a guardarlo, prima di avvicinarsi, appoggia piano le labbra su quelle del francese, che trema ancora per un paio di secondi, poi cerca a sua volta il viso di André, posa le sue mani sulla pelle tiepida del tedesco, il panico lo abbandona, approfondisce il bacio. Le mani di André scendono sulla vita di Jean, che si avvicina di più al tedesco, fino a sedersi in braccio a lui. André lo stringe a sé piano, non vuole fargli male, le dita di Jean si infilano tra i suoi capelli, il francese si allontana appena, per riprendere fiato. "Va meglio?" sussurra di nuovo il tedesco, lo sguardo fermo sulle labbra del francese.

"Un po' sì… ma è stato orribile là dentro." Jean si passa una mano tra i capelli, il dolore alla schiena si fa di nuovo sentire, un taglietto troppo profondo si riapre, facendolo gemere. "Mi fa male…" il dolore gli fa scappare una lacrima, ma trattiene le altre. Si alza in piedi, e André lo segue poco dopo. Il francese entra in bagno, dà la schiena allo specchio e si guarda. Tutte le ferite sono a malapena rosa, una sola sanguina con un sottilissimo rivolo di sangue. Jean si sfiora la pelle, mentre André si avvicina, lo osserva a sua volta, lo sfiora. Prende dal mobiletto l'acqua ossigenata e un pezzetto di carta e lo passa piano sulla ferita aperta del francese, il sangue sparisce subito e il tedesco soffia appena per farla cicatrizzare.

"Quindi è questo quello che hanno fatto a Robin a Marrakesh…" dice André, con Jean che lo guarda attraverso lo specchio.

"Te l'ha detto? Quando?" chiede Jean, calmo.

"La notte dopo che è morto Antonio, tu dormivi e lui non si reggeva in piedi, siamo andati in un locale a mangiare qualcosa e si vedeva lontano un chilometro che c'entrava una lametta nella sua tortura… ma non sapevo che gli avessero ridotto così la schiena. Questi tagli ci metteranno giorni a guarire, sono fatti apposta." André continua a guardare le ferite sulla schiena di Jean, finché lui non si volta e intreccia le sue mani con quelle del tedesco. I due si ritrovano a dieci centimetri l'uno dall'altro, si guardano dolcemente, sorridono, uno di quei sorrisi sinceri che ormai sanno solo fare quando sono da soli loro due.

"L'altra volta Robin ci ha chiesto se era ufficiale, gli abbiamo risposto che non lo sapevamo." André sa bene a cosa si riferisce Jean.

"Jean, noi due stiamo insieme da capodanno, anche se non lo abbiamo mai ammesso davvero… però non dobbiamo farci scoprire. Ho paura che altrimenti per noi finisca male."

"Questo è ovvio. Però lo hai detto tu, di Robin ci si può fidare. Sono sicuro che in altre circostanze, se non fosse stato costretto a uccidere Antonio, sarebbe riuscito a mantenere segreta la loro relazione."

"Sì…" André si perde a guardare le labbra del francese, e Jean non è da meno.

"Ci avevano interrotti l'ultima volta, avrei voluto dirti una cosa importante…" Jean si avvicina al tedesco ancora di più, le labbra a centimetri dal suo orecchio, il respiro di André finisce sulla spalla nuda di Jean. "Ti amo." sussurra, in francese, che tanto sa che lui lo capisce. André non esita un secondo ad avvicinare a sua volta le labbra all'orecchio di Jean, e a rispondergli, sempre in francese.

"Anche io ti amo." Jean sorride, prima di uscire dal bagno con ancora André per mano, gliela lascia solo quando si abbassa per recuperare la sua maglia tecnica che ha lasciato per terra poco prima. La piega alla buona e la appoggia sulla scrivania di fronte al letto, sa già che la restituirà insieme alla tuta che ancora lo copre per metà alla prossima gara. Si ferma ad osservare per qualche istante il tramonto, il sole ormai è scomparso all'orizzonte, il cielo ha delle sfumature rosso fuoco, le nuvole sono arancioni, il tutto sfuma in un azzurro chiaro, lo stesso che ha riempito il cielo durante tutta la giornata. Solo la mano di André che si posa sul fianco di Jean distrae il francese dall'ammirare quella vista fuori dalla loro vetrata. La stanza è immersa ancora in quel bagliore, ma gli occhi di Jean sono fermi sulla mano di André, il tedesco si avvicina piano da dietro, il suo naso finisce tra i capelli del francese e la sua mano passa a circondargli completamente il corpo.

"Stai bene?" chiede il tedesco, il francese posa una mano sul suo braccio che lo tiene per la vita.

"Sì André, te l'ho già detto prima." risponde Jean, voltandosi appena, per incontrare gli occhi che ama di più al mondo.

"Ho visto l'incidente appena è finita la gara…" il francese lo interrompe.

"Sto bene, davvero." Jean si volta, esattamente come due minuti prima in bagno, il braccio di André ancora attorno alla sua vita, dietro alla sua schiena. Si guardano negli occhi, André schiude le labbra, come se volesse dire qualcosa, oppure baciare il francese, ma si trattiene, e Jean non sa spiegarsene il motivo. André lo tiene più vicino, i loro bacini si toccano. "Devi dirmi qualcosa?"

"No, volevo solo…" André non sa fare altro se non costringere Jean a fare un passo indietro verso il letto. "Volevo provare a fare una cosa con te… ma solo se te la senti." la voce di André esce in un sussurro, anche le labbra di Jean si schiudono senza che il francese possa fare qualcosa per controllarle. "Voglio possederti Jean… in tutti i modi in cui si può possedere una persona… non mi bastano più i tuoi baci, le tue carezze… voglio che tu sia mio."

"Dre…" anche la voce del francese è un sussurro, Jean non sa cosa dire, cosa pensare, sa solo che ama André e sa che di lui si può fidare, e sa anche che lui stesso lo vuole possedere.

"Non farò niente se tu non vuoi." le dita di Jean si infilano tra i capelli del tedesco, gli provocano un brivido.

"Ti voglio André." Jean appoggia piano le labbra su quelle di André, che subito chiede il permesso con la punta della lingua, il francese glielo concede, poi si ritrova a mordere appena il labbro inferiore del più grande. André fa indietreggiare Jean, che cade sui gomiti sul letto, sopra le coperte morbide, il tedesco sale sopra di lui, che di riflesso apre le gambe, André finge di non accorgersene, si sfila la maglia a maniche lunghe che aveva addosso e poi si lascia cadere sulle mani, a dieci centimetri dal viso di Jean, il corpo tra le gambe del francese, senza smettere di guardarlo negli occhi sfiora con le dita il fianco del più giovane. Scende piano finché non trova ciò che rimane della tuta a coprirlo, cerca la zip, la abbassa del tutto, Jean abbassa lo sguardo per un istante, André approfitta di questo momento di distrazione per tornare a baciare il francese, questa volta molto più intensamente, mentre gli sfila la tuta completamente, lo lascia con solo i boxer neri addosso, il francese gli slaccia la cintura e gli toglie i jeans neri, André si allontana dalle labbra di Jean per un istante, riprende fiato. Le sue dita si infilano sotto il bordo dei suoi boxer, spoglia completamente il francese, e si libera da solo dei suoi boxer. Ora sono nudi, completamente, Jean si sdraia del tutto sotto il tedesco, che scende a baciarlo, poi sposta le labbra sul suo collo, lo sente tremare appena. Si allontana, il suo sguardo si ferma sul corpo del francese, esita, ha paura di fargli male o che qualcosa gli faccia ancora male e Jean lo sente. "Hei, ti ho detto che sto bene." gli occhi di André incontrano di nuovo i suoi, e Jean non sa più resistergli. "Fallo, ti prego…" sussurra, e un istante dopo sente il tedesco dentro di sé, gli scappa un gemito. Le spinte di André sono delicate, le sue mani si fermano ai lati del corpo del francese, che non riesce più a guardare André negli occhi, li chiude, lascia andare la testa sulle coperte, i suoi gemiti sono sempre più udibili a ogni spinta del tedesco, ma il francese sente anche il dolore che gli provoca averlo dentro di sé. Le mani di Jean sanno da sole dove sono le braccia del tedesco, le stringe appena, il suo fiato si fa più corto e sente arrivare le lacrime per via del dolore. Anche André ha il fiato corto, non toglie lo sguardo dal viso di Jean, dalle sue labbra schiuse, poi vede le lacrime tra le sue ciglia e si ferma, senza abbandonare il suo corpo.

"Jean…" il francese fa qualche respiro appena più profondo per cercare di calmare il ritmo accelerato del suo cuore, apre di nuovo gli occhi, e gli scappa una lacrima, che finisce tra i suoi capelli.

"Sto bene, sul serio. Posso sopportarlo. Ti prego non fermarti adesso…" André torna a baciare Jean, e le sue spinte si fanno di nuovo sentire, stavolta più forti, e lui si lascia andare. A ogni nuova spinta Jean fa più fatica a trattenere le lacrime, André è al punto di non ritorno, bacia con più passione il francese, ma non riesce a trattenere l'unico gemito che gli esce dalle labbra qualche istante dopo, e Jean sa il perché. Un orgasmo. André viene dentro il francese e anche lui non riesce a fermare l'ondata di emozioni che lo travolge, viene anche lui. Nella stanza ancora appena illuminata dalla luce del tramonto rimangono solo i loro respiri accelerati, Jean tiene ancora gli occhi chiusi, poi si accorge che le sue dita stavano stringendo le braccia di André più di quanto non volesse. André lascia il corpo del francese, si sdraia accanto a lui, sulla schiena, cerca di calmare il suo respiro, Jean apre gli occhi, si posa una mano sulla fronte, gli scappa un'altra lacrima, che asciuga con le dita. Cerca la mano di André, le loro dita si intrecciano sopra le coperte, Jean trema per via di un brivido, poi sposta la mano che teneva sulla sua fronte e la lascia cadere sul letto.

"Non volevo farti del male." André fa un respiro profondo, si volta verso Jean, che ha di nuovo gli occhi chiusi.

"Non mi hai fatto del male." la voce di Jean esce appena dalla sua gola. Apre gli occhi, entrambi restano in silenzio qualche secondo, il tempo che i loro respiri rallentino. "Ti amo Dre."

"Anche io ti amo Jean."

"Dio, che cosa abbiamo fatto." una risatina esce dalle loro labbra in contemporanea, perché sanno che niente di quello che hanno fatto in realtà è male, e sanno anche che entrambi lo volevano da una vita.

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