Electric Hunger Games {FE Cro...

By JessStark14

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|Felici Electric Hunger Games! E possa la buona sorte essere sempre a vostro favore!| 2021, la FIA, come Capi... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
End Credits
Ringraziamenti

Capitolo 5

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By JessStark14

Ci hanno provato a far uscire Robin dalla sua stanza, ma ogni tentativo è vano, o vengono mandati a stendere molto poco gentilmente o non ottengono alcuna risposta. Robin è seduto al centro del letto con lo sguardo perso nel vuoto, la sua valigia è ai piedi del letto, al suo fianco c'è quella di Antonio che è riuscito a recuperare dalla sua stanza non senza crollare più di una volta.

La sente arrivare di nuovo, una nuova crisi di pianto, non le può controllare, non lo sa più fare. Si stringe ancora di più nella felpa che ha preso dalla valigia di Antonio e le lacrime hanno la meglio su di lui, non se lo perdonerà mai, ha ucciso Antonio, l'unico che aveva amato davvero nella sua vita. Ogni volta che chiude gli occhi per ricacciare dentro le lacrime vede gli occhi terrorizzati di Antonio e vorrebbe di nuovo urlare, ma si tiene tutto dentro danneggiandosi ancora di più. Tra le lacrime disperate Robin si rende conto che ci sono solo due strade davanti a lui, completamente opposte: vita o morte. O lotta per sopravvivere e per avere la sua vendetta o pone fine alle sue sofferenze.

"Robin apri subito questa porta! Ti prego ascoltaci, non è stata colpa tua, non fare stronzate." e sono già cinque in due ore si appunta mentalmente l'olandese sentendo il forte accento francese di Jean. Prima di lui sono già passati il suo compagno di squadra, Wehrlein, Evans e Massa. Robin è convinto che siano ancora tutti lì, anzi, che ci sia anche qualcun altro che però non parla, attende solo di vedere come sta.

Li ignora per l'ennesima volta, non riuscirebbe a parlare, soffocato dalle sue stesse lacrime, forse sarebbe anche una morte sensata, una morte che si meriterebbe.

"Robin ti prego, Antonio non vorrebbe che tu stessi così, apri la porta e vieni con noi, non ti lasciamo solo..." sentire la voce di Daniel Abt lo sorprende e non poco, pensava che fosse ancora a brindare con Di Grassi a un'altra gara da sopravvissuti senza infamia e senza lode, ma non ha comunque effetto.

Non sa come, ma trova le forze di scivolare giù dal letto e dirigersi verso la terrazza. Il sole sta tramontando su Marrakesh, Robin respira a pieni polmoni prima di appoggiarsi alla ringhiera e guardare giù: se mi lanciassi nel modo giusto potrei morire sul colpo, si dice tra sé e sé, chiude gli occhi e rivolge la testa verso l'alto. Avrebbe dovuto capirlo da quegli incubi della notte precedente che Antonio sarebbe morto, ma ogni volta che apriva gli occhi c'era il suo portoghese a tenergli la mano e si addormentava nuovamente.

Il tramonto colora tutto sulle tonalità dell'oro e in qualche modo anche questo riesce a riportargli alla mente Antonio. Le lacrime scendono copiose sulle sue guance e ignorando le voci dall'altra parte della porta si sporge sempre di più dalla balconata, ma non riesce a fare quel passo per mettere fine alla propria vita.

Non farlo Rob, non morire anche tu, è troppo presto per te. Se mi ami davvero trovali, trova i responsabili di questo massacro e vendicati, ci ritroveremo prima o poi.

Robin sente la voce di Antonio nella sua testa, ovviamente gli direbbe di combattere, di non mollare; non l'ha fatto quando era rimasto senza sedile in Formula E, non lo può fare adesso.

Lo hanno costretto ad uccidere la persona che amava, lui li costringerà a pregare per la loro vita.

Rientra deciso in camera e va verso la porta determinato a mandare via i colleghi, sebbene apprezzi le loro attenzioni ha bisogno di stare un po' in solitudine.

"Sto bene, non preoccupatevi, voglio solo stare da solo." non apre la porta, la sua debolezza non è fatta per tutti, già la voce lo tradisce, non ha bisogno di farsi vedere in quello stato.

Robin si aspettava un gran trambusto dall'altra parte, ma apprezza il silenzio che si crea e che lo accompagna fino al letto. La schiena ancora brucia quando si sdraia, fissa il soffitto mentre le tende si muovono mosse dalla brezza leggera. Robin si addormenta così, cullato anche dall'immaginazione: le braccia di Antonio a circondargli i fianchi e la promessa che andrà tutto bene.

Quando Robin si sveglia di nuovo la stanza è buia, l'orologio segna mezzanotte e mezza, non c'è più verso di riaddormentarsi. Il suo sguardo ricade di nuovo sulla valigia aperta di Antonio e sente di nuovo le lacrime farsi strada sul suo viso. Non può più stare lì, tutto gli ricorda Antonio, deve andarsene. Così si ritrova a girare per l'albergo come un bambino che non trova più la mamma, non sa dove andare e non sa cosa fare, ma una cosa è certa: non può stare solo un minuto di più o la crisi che sente dentro di sé non gli lascerà scampo. Inconsapevolmente si lascia guidare fino alla stanza di André, non sa se bussare o meno dato l'orario, ma probabilmente il tedesco è ancora sveglio a godersi le temperature notturne, quindi con la poca forza di volontà che gli è rimasta bussa alla porta che si apre dopo solo qualche istante.

"Robin... che aspetti? Entra su." André quasi lo trascina dentro prima di richiudere la porta. Come previsto la porta che dà sulla terrazza è aperta e alcuni fogli sono tenuti fermi dal posacenere sul tavolino da caffè. Solo dopo si accorge di un'altra figura nell'enorme letto che occupa la stanza: è Jev che sembra dormire beatamente nonostante André si sia alzato. "Non riusciva a dormire e l'ho tenuto qui fino a quando non ha chiuso gli occhi." spiega il tedesco come se leggesse Robin nella mente.

"Oh..." è l'unica cosa che Robin riesce a dire, la voce roca dalla sonnolenza. André distoglie lo sguardo dalla figura dormiente del suo compagno di squadra e lo posa sul giovane olandese: è distrutto, gli occhi sono rossi dal pianto, il colore pallido si vede anche al buio e trema, tanto da non controllarsi.

"Non eri a cena stasera, hai mangiato qualcosa?" André si appoggia all'enorme cassettiera sotto lo specchio senza mai distogliere lo sguardo da Robin che scuote la testa sconsolato. "Dovrebbe ancora esserci qualcosa di aperto, fammi vestire e usciamo."

"Ma Jev..." la voce di Robin lentamente torna normale, ma è pur sempre fragile, come se dovesse piangere da un momento all'altro.

"Non si accorgerà di nulla, quando dorme è difficile svegliarlo." André si mette velocemente un paio di scarpe e una giacca, prende tutto quello che gli serve e poi facendo attenzione chiude la porta con Robin dietro di lui.

"Non sei costretto André, davvero, ero venuto solo per parlare..." si fermano davanti all'ascensore e André si volta per incontrare gli occhi feriti di Robin.

"Robin tu devi mangiare e se vuoi parlare non credi che sia meglio farlo a pancia piena con un po' più di scioltezza? Fidati, ti aiuterà a dire tutto quello che tieni dentro." André entra nell'ascensore e fa cenno all'olandese di seguirlo. Robin si sente quasi a disagio in presenza del più grande, chi me l'ha fatto fare di cercare proprio lui? Sarei potuto andare da Sam o da Daniel, perché tra tutti ho scelto André? Si chiede già esasperato.

"Spero solo che tu non voglia portarmi in uno di quei locali super popolari, non riesco a tollerare così tanta gente."

Alla fine si ritrovano in uno dei pochi piccoli locali ancora aperti nelle vie secondarie della città che è ancora in fermento, ci sono solamente loro e un anziano, presumibilmente un senzatetto in cerca di rifugio.

In men che non si dica il tavolo è riempito da piatti contenenti specialità locali, Robin non è convinto di poter approfittare, ma il suo stomaco dice tutt'altro e sotto lo sguardo inquisitorio di André inizia a mangiare.

"Come ti senti?" è raro che André si preoccupi dei suoi avversari, ma Robin quel pomeriggio gli è sembrato così fragile, in qualche modo gli ricordava Jean nei primi tempi in cui ancora non si conoscevano bene, ma era chiaro che avesse qualche demone enorme dentro. Lo stesso è con Robin, anche se quel demone ancora non lo ha divorato è lì, come un parassita, uccidere obbligatoriamente una persona a cui tieni non è mai qualcosa da niente.

"Solo e distrutto." la risposta di Robin è controllata nonostante qualche emozione gli scappi comunque. "Perché tutto questo? Non ha assolutamente senso, perché dobbiamo ucciderci tra di noi?"

"Non lo so, non capisco perché ci vogliano morti." André abbassa lo sguardo, il dolore negli occhi di Robin è troppo per essere sostenuto.

"Quando ho visto la macchina di Antonio fermarsi è stato un pugno nello stomaco, non sapevo se sarebbe riuscito ad arrivare nel gruppo... quando alla radio mi hanno detto che avrei dovuto ucciderlo mi è crollato il mondo addosso, ho pensato per un attimo di farmi uccidere con lui... " le immagini di quel pomeriggio sono fin troppo vivide nella mente di Robin, sente di nuovo una lacrima scendere e si maledice, farsi vedere debole non è mai una scelta intelligente.

"A che scopo? Avremmo perso due piloti al posto di uno solo, non avrebbe avuto senso." la voce di André è priva di ogni emozione, osserva Robin piangere e buttare giù quasi alla goccia tutto il contenuto del bicchiere davanti a lui "Robin vacci piano, non ti fa bene."

"Perché ti preoccupi così tanto per me? Ho ucciso Antonio, non merito la compassione di nessuno, non ho nessuna ragione di vivere. Perché fai tutto questo?" ora le lacrime scendono libere sul volto del più giovane, non si sforza più nemmeno di controllarle. André è così vicino, ma gli sembra così lontano, come se ci fosse un muro a dividerli. Il suo sguardo non è più di ghiaccio come in griglia, è sinceramente preoccupato e Robin si chiede come faccia, come riesca ad essere così disposto ad aiutare gli altri in tutto questo male.

"Sto cercando di capire chi è stato ad ideare questo gioco al massacro. Non ti sembra strano? Per sette anni è andato tutto alla grande e ora ci vogliono tutti morti, è strano e sicuramente c'è qualcuno di importante dietro, devo scoprire chi è." André sospira alla fine del discorso, dire tutto a Robin era l'unico modo per portare l'attenzione su di sé e non sui fatti del pomeriggio passato. Robin scatta sull'attenti, gli occhi rossi iniettati di sangue, tristezza che si tramuta in rabbia, se c'è qualcuno di responsabile deve finire nelle sue mani.

"Cosa devo fare?" André si guarda intorno, non ha il coraggio di dire a Robin che non è abbastanza stabile mentalmente in questo momento, ci vorrà troppo tempo perché possa tornare alla normalità.

Robin osserva il tedesco: sembra un eroe uscito da un film d'azione, i capelli perfetti nonostante sia tardi, la mano destra ancora fasciata, vestito alla perfezione e quell'aria da cattivo, anche se cattivo non lo è affatto.

"Robin non voglio che tu stia peggio di come già stai..." André si allontana sorpreso quando Robin sbatte un pugno sul tavolo con tutta la forza che gli è rimasta, le lacrime dai suoi occhi riprendono a scendere con intensità, si prende la testa tra le mani e reprime la voglia di urlare fino a non aver più fiato.

"Ho capito cosa avevo per le mani troppo tardi, solo quando lo stavo perdendo, trovare il responsabile non riporterà indietro Antonio, ma voglio avere la soddisfazione di ucciderlo come lui ha costretto noi a massacrarci l'uno con l'altro." ora sì che André guarda, vede il fuoco negli occhi del più giovane, la sua sete di vendetta. Robin non ha più paura di uccidere, non c'è più spazio per timori di nessun tipo, si dice.

Le lacrime non accennano a fermarsi, sarebbe stato meglio morire sul palco certo, ma la voglia di scoprire chi l'ha costretto a stringere le mani intorno al collo del suo Antonio è più forte anche di lui in questo momento.

"Lo amavi tanto, non è vero?" Robin deglutisce prima di annuire, la voce lo tradirebbe e cadrebbe in un buco nero da cui non ne uscirebbe mai.

I ricordi della sera precedente sono ancora presenti: gli ultimi attimi di quell'amore nascosto sotto la parola amicizia, gli ultimi attimi di una gioia che non avrà mai più. Troppo tardi, è successo tutto troppo tardi.

"Voglio tornare in albergo..." Robin è tornato fragile, non era mai stato così bipolare, anzi non era mai stato bipolare di per sé. André si alza mentre Robin ha lo sguardo perso nel vuoto, le immagini di Antonio che ride scorrono nella sua testa sono abbastanza per farlo sorridere malinconicamente, ancora non si spiega come abbia fatto ad uccidere la persona che amava.

Quando André torna gli dà una mano per alzarsi e insieme si avviano nuovamente per le strade di Marrakesh.

Sono quasi le due.

Il freddo fa tremare Robin che fatica a stare al passo del tedesco, i tagli sulla schiena bruciano, quantomeno quelli più profondi, e in quel momento si accorge che André sa, sa tutto di cosa è successo dai commissari, sa cosa fanno e gli effetti che le torture hanno sui piloti.

"No, lo so cosa stavi per insinuare, non ci sono io dietro a quello schifo. Dovresti imparare a controllare un po' la tua lingua se vuoi davvero aiutarmi, così ti farai scappare delle informazioni preziose." Robin neanche si era accorto di essersi messo a riflettere ad alta voce, ma le domande sono ancora tante e sicuramente André non avrà voglia di rispondere. "Lo so perché ho già visto gli effetti di certe torture e osservandoti non è difficile capire che hanno usato la lametta sulla tua schiena, ritieniti fortunato, non è neanche il modo peggiore in cui potevano usarla." ora Robin si trova a pensare a cosa abbia potuto vedere in tutti quegli anni di esperienza, se André sa cosa si prova è perché l'ha sperimentato sulla sua pelle. Domande che non possono avere risposta, sono arrivati finalmente all'albergo.

"Grazie André, per avermi sopportato e per esserti preoccupato..." André risponde solo con una scrollata di spalle come per dire è tutto okay, era il minimo che potessi fare. Entrano silenziosamente in ascensore e per tutto il tragitto non si guardano, ognuno troppo immerso nei propri pensieri; André è preoccupato per Jean, si vede perfettamente nonostante cerchi di nasconderlo. Robin quella scena l'ha già vista ed André gli ricorda talmente tanto Antonio da far male.

La prima stanza che raggiungono è quella di Robin, esita un attimo ad aprire per paura di essere di nuovo investito dalla negatività.

"Se hai bisogno di qualsiasi cosa chiamami o vieni da me, dico sul serio, voglio proteggerti." André è sincero, si vede dai suoi occhi trasparenti, e Robin non può che essergli riconoscente.

"Pensa a proteggere quel francese che hai nel letto, credo che ne abbia più bisogno di me." André si è già allontanato quando Robin lo provoca non troppo seriamente. Hanno solo bisogno di una piccola spinta per riavvicinarsi, quella che a lui e Antonio era mancata, è meglio che ci sia qualcuno dietro prima che sia troppo tardi. La stanza è sempre la stessa: opprimente, triste, luogo di ricordi. Robin gira per la sua stanza d'hotel che non gli era mai sembrata così estranea, lo sguardo cade sul letto dove la sera prima era coricato insieme ad Antonio ed è costretto a sopprimere un'altra stretta al cuore, questa notte dormirà sulla terrazza.

Nel prendere le coperte e i cuscini gli casca l'occhio su un bigliettino nella valigia di Antonio, è bianco, semplice e pienamente nel suo stile, come ha fatto a non notarlo resta un mistero.

C'è una scritta in nero che fa dapprima sorridere Robin, ma poi lo fa crollare di nuovo come un castello di sabbia in riva al mare:

Ik hou van je

-Antonio

Antonio lo amava.

Antonio lo amava e non aveva mai avuto modo di dirglielo.

È peggio di tutti i tagli che si possano fare, è peggio di una pugnalata al cuore.

Robin non sa più controllare le lacrime, sta piangendo ancora, si guarda le mani e finalmente urla dalla disperazione.

Corre fuori sulla terrazza, fa freddo, ma è l'unico modo che ha per provare a dormire. Si sistema sul divanetto e quasi sparisce tra i cuscini e le coperte, rilegge il foglietto in continuazione fino a non riuscire più a tenere gli occhi aperti.

Il sonno di Robin è tutto meno che tranquillo.

Daniel è steso sul letto di una camera che non è la sua, ripensa a Robin e a tutto il dolore che ha visto, al sentimento reciproco che c'era tra quei due. Lui vuole che sia diverso, non vuole che sia troppo tardi, vuole un amore che gli faccia tremare le gambe e che gli faccia girare la testa, vorrebbe poterlo dire alla persona che non lo lascia mai stare, è sempre lì radicata nel suo cuore e si ripresenta sempre nella sua testa come un martello pneumatico.

Sospira sapendo che non succederà mai, l'altra persona non ricambierà mai i sentimenti che lui prova, troppo impegnato a fare i suoi studi su stupidi pezzi di carta, lo sguardo sempre rivolto avanti al posto di vedere cosa c'è nel presente.

"Dan? Stai bene?" la voce di Lucas lo risveglia dai suoi pensieri bruscamente, non ha il coraggio di dirgli tutto, nonostante si fidi di lui ciecamente.

"Sono soltanto stanco, tutto qua, oggi è stata una giornata stressante." si gira su un fianco per non guardarlo negli occhi, non riuscirebbe a tenersi tutto dentro. Lucas si sdraia vicino a lui e lo avvicina a sé in modo che la sua schiena sia a contatto con lui, con un braccio gli circonda i fianchi e Daniel sente il suo fiato sul collo.

"Lo so che sei andato da Frijns oggi, non puoi nascondermi niente. So anche che c'è qualcosa che ti tormenta, qualcosa che non riesci a toglierti dalla testa, che cosa ti succede?" Daniel non riesce a trattenere un sospiro quando Lucas inizia ad accarezzargli il fianco, non può e non deve lasciarsi andare, finirà inevitabilmente per scottarsi, ma il tocco gentile di Lucas che riserva solo a lui all'apparenza gli dice tutt'altro.

"Non è niente di importante, domani mattina sarà tutto come prima." lo dice più per convincere se stesso che l'uomo accanto a lui, il quale continua ad accarezzarlo e ad essergli pericolosamente vicino.

Parlando Daniel fa l'errore più grande che potesse fare, i suoi occhi incontrano quelli ambrati di Lucas e si perde, completamente. È costretto a reprimere la voglia di baciarlo fino a togliergli l'aria dai polmoni, il suo respiro è accelerato, si sente avvampare solo al pensiero di avere quegli occhi su di lui, si volta di nuovo di scatto, impaurito.

Lucas si accorge delle reazioni che la sua vicinanza provoca a Daniel e sarebbe stupido a non accorgersi dell'attrazione che il tedesco prova nei suoi confronti, gli piace avere questo effetto su qualcuno, si sente potente. Con due dita fa girare la testa a Daniel verso di lui, istintivamente il più giovane chiude gli occhi per non rivelare più di quel che ha già fatto.

"Guardami Daniel, guardami negli occhi." Daniel scuote la testa vigorosamente e ritorna nella posizione iniziale. Per qualche istante sembra che Lucas abbia messo da parte le sue intenzioni, ma appena Daniel si rilassa le labbra di Lucas sono sulla sua spalla. Un bacio dolce, leggero, seguito da tanti altri. Lucas sente Daniel tremare, ama l'effetto che gli fa, quando le sue labbra finiscono sul collo di Daniel sente il suo respiro bloccarsi, è incapace di dire una qualsiasi parola. "Sei mio Daniel, mio e di nessun altro."

Lucas non toglie le labbra dal suo collo, si sofferma su un punto in particolare per lasciare un segno, per far capire a tutti che Daniel è di sua proprietà, nessuno deve toccarlo.

Daniel non sente più nulla se non le labbra di Lucas e le sue braccia che lo tengono stretto, lo sa benissimo di non poter andare avanti così a lungo, ma per ora tutto questo è ciò di cui ha bisogno e con questa consapevolezza si rilassa tra le braccia del più grande fino ad addormentarsi con un accenno di sorriso sulle labbra.

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