Shadowfawn - La Ragazza Ipnot...

Da CactusdiFuoco

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[STORIA COMPLETA] In un mondo dove tutti nascono con un potere unico (un potere che può essere del tutto inut... Altro

1. Una bambina speciale
2. Un piccolo potere per fare grandi cose
3. Prince Puma
4. Io ho un puma e tu no!
5. Meglio di no, Maris
6. Due ragazze diverse
7. Superpoteri
8. Da un grande potere non derivano grandi responsabilità
10. Vuoi morire, Ryan?
11. Il piano di Cherry
12. Il grande Sam Bedstone
13. Non più la stessa famiglia
14. La Tragedia
15. All'ospedale
16. Un'amica
17. Teen Life
18. Verso un altro ospedale
19. Gente nuova, vita nuova?
20. I corvi di Ariana
21. L'affetto selvatico del puma
22. I folli e i pazzi
23. Colloquio con l'assicuratore
24. Piccola sorpresa durante la terapia di gruppo
25. La grande, immensa, fantastica Cherry
26. Werhunter il genio
27. La ruota cosmica
28. Fast food
29. I misteri di Teo
30. Mille anni di nulla
31. Papà
32. Il nostro animaletto domestico
33. A casa dei Bedstone
34. Il ritorno di Maris
35. Recupero di un puma
36. Anika e Anita
37. Maschera di volpe
38. Esercitazioni pratiche
39. Una tempesta in arrivo
40. Mister Storm
41. Studenti vs Sidekicks
42. Un piccolo tête à tête
43. Cerbiatto mannaro
44. Internet
45. Sette detenuti
46. Fuoco e fulmini
47. Canzoni e fiori di ciliegio
48. Last party
49. Come si uccidono le idee
50. Faccia a faccia con lui, nel suo laboratorio
51. Il potere rivelato
52. Andate via!
Un indizio, una bella canzone: sangue di drago
53. Scala distruttiva A
54. Di un secondo più veloce
55. Strateghi eccezionali
56. Nel sotterraneo
57. Dopo la tempesta, quiete?
58. Shadowfawn
Epilogo
F.A.Q + un annuncio carino
Uno spin-off che vi piacerà: Deus-ex machina
Domanda quel che vuoi ai personaggi di Shadowfawn!
Domande sparse ai personaggi di Shadowfawn! (festeggiamo le 50.000 letture)
L'Inverno delle rose - Un sequel spin-off

9. Di amore e di morte

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Da CactusdiFuoco

Nessun estraneo era più tornato a trovarli da quando lei aveva invitato Maris alla prima festa di compleanno di Prince. La sé stessa bambina non aveva voluto ripetere l'invito l'anno seguente, temendo che Maris avrebbe insistito per rimanere anche quella notte. Tom di certo non aveva portato nessuno e Gara incontrava sempre le sue amiche nei boschi o a casa di qualcun'altra. L'ultima volta che ne avevano parlato, quando lei aveva otto anni, Gara le aveva detto che "la casa è per la famiglia".

La mattina in cui Cherry decise di affrontare la questione con sua madre Gara, era una domenica fredda e rifulgente dei colori caldi dell'autunno.

Erano passati esattamente cinque giorni da quando aveva sentito per la prima volta le farfalle nello stomaco per Ryan, e solo dodici ore da quando aveva deciso, ancora con qualche riserva, di preferire Bloodhound, perché era più giovane, aveva gli occhi chiari e il nome di un cane da caccia.

Le due donne, in abbigliamento tecnico e fucili a tracolla, si erano avventurate tra gli alberi lasciando Tom a casa. L'uomo le aveva salutate con un sorriso placido, augurandogli di avere successo, mentre Prince si era incamminato silenziosamente dietro di loro.

Cherry sentiva adesso la sua presenza calda accanto al proprio fianco, in contrasto con la natura circostante, ancora fredda ed umida dopo la pioggia che l'aveva baciata la notte scorsa, cullando Cherry in un sonno pacifico.

Sentiva la punta del naso e delle dita fredde. Gara indossava dei guanti termici, ma Cherry non si sentiva ancora abbastanza sicura a maneggiare il fucile senza riuscire a sentirlo davvero sotto le mani, senza essere sicura di aver posizionato bene il dito sul grilletto. Sua madre le aveva comunque fatto portare un paio di guanti, che teneva nella tasca della giacca leggera, nel caso sentisse le mani troppo intirizzite.

Ora poggiò una di quelle mani sulla spalla di Prince, che la accolse senza scostarsi. A nove anni compiuti, il puma mostrava ora quella bellezza fiera e tipica di un predatore selvaggio: era chiara e visibile negli occhi dorati e seri, attenti, nei muscoli sodi si contraevano e rilassavano portando avanti con passo regale quel corpo forte e slanciato. La sua pelliccia si era del tutto ripulita dai disegni dell'infanzia e dell'adolescenza, schiarendo ancora il sabbia e lasciando qualche alone scuro solo sul muso, sulle orecchie, poco sopra il naso ed intorno agli occhi ed agli angoli della bocca.

«A cosa stai pensando, Cher?» Chiese Gara, sottovoce, in tono piatto. Il suo fiato si condensò per un attimo appena in un piccolo spettro, dissolvendosi subito. Era ancora presto, il sole era sorto da pochissimo all'orizzonte.

Le foglie cadute smisero di crocchiare sotto i piedi di Cherry, quando la ragazza si fermò. La sua figura sottile rassomigliava a quelle dei tronchi giovani di quella zona, scuriti dalle piogge ed odorosi dei licheni e i muschi che li adornavano, in contrasto col cielo bianco e grigio.

«Hai la testa tra le nuvole» Insistette Gara, inginocchiandosi appena. Guardò il terreno, coperto di foglie dai colori vivaci, poi girò la testa. Lo faceva sempre quando cercava una pista, diceva che da quella prospettiva le era più facile vedere cose che altrimenti non avrebbe notato.

«Un po'» Ammise alla fine Cherry, con un sorrisetto. Diede una pacca al fianco di Prince, che continuò a camminare, lasciando indietro madre e figlia.

L'intero terreno dei Gale era ora il territorio di Prince, in cui il puma si premurava di fare almeno una volta la ronda, ogni mattina. Cherry sapeva che non era il caso di preoccuparsi: casa era comunque la sua tana, dove tornare a dormire, mangiare, ripararsi dalle intemperie e accoccolarsi con Cherry a leggere fascicoli sui super cattivi.

«Allora, vuoi parlarne? Prima di cominciare. Devi stare concentrata sulla caccia, lo sai, devi lasciare tutti i tuoi problemi indietro e...»

«Diventare il predatore» Cherry annuì. Fece un gran sospiro, per il solo gusto di vedere il proprio fiato condensarsi per un attimo. «Non è proprio un problema. Volevo chiederti... se è il... se è il caso di invitare un mio compagno della scuola»

«Invitare?»

«Qui. Intendo, a casa nostra. Posso invitare a casa un ragazzo? Si chiama Ryan, è simpatico. Voglio fargli vedere Prince, poi magari studiamo anche un po', non so».

Gara si sollevò in fretta, tornando a sovrastarla. Ci fu qualcosa che somigliava al panico nel fremere delle sue pupille per un secondo, ma fu un attimo così breve che Cherry fu sicura di averlo interpretato male, soprattutto quando sua madre si mise a ridere.

Era una risatina bassa, dalla gola, un po' trattenuta: a Gara non piaceva fare rumore quando stavano nei boschi.

«E questo ragazzo ti piace?» Le chiese, mettendo una mano su un fianco.

Cherry si strinse nelle spalle «Sì, può darsi»

«Da quanto?»

«Poco. Lo conosco da prima, l'ho già visto in giro, però da poco».

Per qualche motivo, Gara sembrò soddisfatta della risposta e proseguì: «Ti ha chiesto lui se può venire qui?»

«No, è una mia idea. Lui non sa niente ancora, prima volevo...» Cherry si mordicchiò il labbro inferiore «Discuterne con te».

«È della tua età, questo ragazzo?» Chiese Gale, un po' pensierosa

«Sì»

«Allora, senti quello che ho da dirti. Sei ancora giovane Cherry. Lascia perdere i ragazzi, concentrati a coltivare la persona che sei: è questa l'unica cosa che ti tornerà utile quando sarai più grande. Alla tua età non funziona mai, i ragazzi maturano dopo le ragazze, lo sai vero?». Cherry annuì. «La gente pensa che sia normale buttarsi in queste relazioni giovanili, quando in realtà ancora nessuna delle parti coinvolte è pronta, perché lasciano parlare gli ormoni. So che il tuo corpo potrebbe starti dicendo qualcos'altro adesso, e questo vuol dire che stai crescendo bene, ma ascolta me: per gli adolescenti non funziona mai, saranno solo dolori inutili e poi mi toccherà fare quattro chiacchiere con questo Ryan».

Cherry ridacchiò «Non mi sembra uno spezzacuori»

«Non ne dubito, tesoro, una ragazza giudiziosa come te non si sarebbe presa una cotta per un idiota qualunque» Gara le arruffò i capelli sorridendo, come faceva quando Cherry era bimba, e la ragazza si fece indietro con un saltello: «Mamma!»

«Il fatto, Cher, è che non lo farà apposta. I ragazzi sono troppo immaturi per queste cose, e sarà difficile e sempre più frustrante per voi far funzionare quello che avete. Lascia perdere, lavora su te stessa e i tuoi sogni, e quando verrà il momento troverai l'uomo giusto, così come è successo a me e papà»

«Ora che ci penso, non te l'ho mai chiesto. Come vi siete incontrati tu e papà?»

«Te lo racconterò appena torneremo a casa» le assicurò Gara, passando una mano sulla cinghia del fucile «Ora che abbiamo parlato, concentriamoci sulla caccia».

Gara riprese a camminare.

Cherry la guardò, insoddisfatta. Non sentiva di aver risolto niente, affatto, ma in quel momento le trotterellò dietro e cercò di lasciare fuori dal bosco i propri i problemi, a cui ora si aggiungeva questa irritazione, e trasformarsi in un predatore. Respirò lentamente e profondamente e, di riflesso, il suo battito cardiaco rallentò. Camminò, stando ben attenta a poggiare i piedi in modo da produrre il minimo rumore possibile. Sopra di loro, il cielo era una cappa che li copriva con il canto dei suoi uccelli.

Gara e Cherry avanzarono come creature selvagge, senza dire una parola per un tempo che parve simultaneamente infinito e troppo breve, finché non udirono un rumore fra i cespugli, dietro gli alberi a venti metri sulla loro sinistra. Era un rumore troppo forte per essere prodotto da un serpente o una lucertola, situato troppo in alto per essere prodotto dai piedini di una volpe.

«Un cervo» Mimò Gara con le labbra, voltandosi verso sua figlia.

Cherry aveva già intuito di quale animale si potesse trattare, ma la conferma di sua madre la preparò e le fece stringere la presa sul fucile.

Dai cespugli spuntò una creatura che si muoveva circospetta, con le narici dilatate nell'annusare l'aria, facendo ondeggiare il bel dorso bruno in un movimento lento. Aveva un elegante collo sottile e sulla testa non apparivano esserci corna: era una femmina.

Con uno scatto, l'animale voltò lo sguardo verso di loro e i suoi muscoli si contrassero tutti, pronti per sospingere il suo corpo via a tutta velocità, ma bastò che i suoi occhi incontrassero quelli di Gara perché rimanesse invece immobile, pietrificato.

Era come una statua, cesellata delicatamente perché ciascuno dei peli del manto fosse perfetto, perché i grandi occhi paressero umidi e vivi, pieni di allarme, con tutti i muscoli e i tendini delle zampe analizzati con precisione chirurgica. Nessun artista avrebbe mai potuto creare qualcosa di altrettanto perfetto.

Cherry alzò il fucile e strinse i denti. La sua mira era il risultato di ore di allenamento, di decine di lattine crivellate, di una passione naturale per la caccia... ed era quasi perfetta. Il grilletto fu premuto e il proiettile fu spinto fuori con un suono assordante. La cerva cadde, colpita ad un occhio, e rimase a terra.

«Ottimo, Cherry» Si complimentò Gara, seria «Un colpo da professionista»

«Grazie, mamma» rispose la ragazza, abbassando il fucile.

Sentiva un'eccitazione strana, come un rumore sordo, riempirle le orecchie. Aveva tolto la vita, lo aveva fatto in un colpo solo, e aveva visto accasciarsi la bestia. Non era la prima volta che uccideva qualcosa, ma questa era probabilmente la preda più grossa che aveva mai preso, la più bella... e, comunque, ogni vittima gli dava sensazioni non dissimili.

Gara si caricò la cerva sulle spalle, aiutata da Cherry. Era forte abbastanza da portarla fino al loro capanno di caccia, una struttura di legno nascosta nel cuore del bosco, dove avrebbero dissezionato l'animale. La pelle sarebbe stata lasciata lì, ad asciugare per un po', le ossa sarebbero state messe da parte, le interiora, tranne il fegato e il cuore, sarebbero state raccolte in un sacchetto per poi essere regalate a Prince, e il tessuto muscolare sarebbe stato separato, tagliato e infilato nel congelatore in attesa di essere cucinato.

Cherry aprì la porta e permise a sua madre di entrare per rovesciare sul tavolaccio di legno la carcassa della cerva.

L'interno del capanno da caccia era quasi grottesco: dalle piccole finestre penetrava una luce ambrata, filtrata dagli alberi all'esterno, che illuminava decine di palchi appesi alle pareti. C'erano corna di cervo e di capriolo, ma anche un paio di immensi palchi di alce che Gara aveva portato dal Canada, così grandi (quando era piccola, Cherry ci si era seduta dentro) da suggerire un animale di taglia mostruosa. I trofei di caccia erano così fitti da dare l'impressione che i muri avessero i denti, affilati e guasti, bianchi o bruni, e che quei denti avessero biforcazioni, ramificazioni, inaspettate forme fatte per dilaniare la carne.

Tom non entrava praticamente mai nel capanno di caccia: si sentiva a disagio lì dentro.

Mentre Gara affilava il coltello che sarebbe servito a sventrare la sua preda, Cherry passò una mano sul fianco della cerva riversa sul tavolo.

«È bellissima» Sussurrò

«Sì, lo è» convenne Gara «Dobbiamo essere grate del dono della sua vita. Ed è per questo che non sprecheremo niente di lei, neppure le ossa. Ogni vita ha un senso»

«Il peccato non è morire, ma essere sprecati» disse Cherry, ripetendo una delle frasi che sua madre le ripeteva spesso.

Gara usava tutto degli animali che cacciava: la pelle, il pelo, le ossa, le corna, la carne e le viscere. Diceva che la gente moderna aveva perso il senso dell'esistenza stessa, che era disgustoso come quelle persone mangiassero la carne senza ricordare ogni volta che un tempo quella era stata viva, che era disgustoso che potessero vivere tutti quanti ammassati in condomini alti centinaia di metri, senza mai respirare l'aria di un bosco, e che la maggior parte di loro non si fosse mai macchiata le mani di sangue, neppure per pulire un semplice pesce.

«Gli umani sono cacciatori» Disse, infilando il coltello nel ventre della cerva «E raccoglitori. Coltivatori, se proprio qualcuno vuole esserlo. Dovremmo vivere a contatto con la nostra natura»

«Ho una compagna che dice che essere cacciatori è crudele» rivelò Cherry, abbassandosi un po' e poggiando le mani sulle cosce per osservare meglio l'operazione «Però poi mangia il pollo alla mensa. Lei crede forse che non sia crudele, che non sia peggio, allevare le galline in quelle gabbie piccole piccole, dove non possono mai camminare?».

Gara annuì, contenta delle parole di sua figlia

«La natura è bellezza» le rispose «Guarda questa cerva, non è splendida? Guarda i suoi muscoli forti, il suo pelo lucente. Le galline che mangiate a scuola sono...» fece una smorfia di disgusto «... Grasse e tristi. Rimpinzate di antibiotici. Quella che vivono non è vita»

«Non è vita» ripeté Cherry

«Hai visto bene?» le domandò la madre, riportando l'attenzione su quello che stava facendo

«Sì»

«Hai visto in che modo la taglio?»
«Sì, mamma»
«Ricordati che se danneggi la cistifellea, rischi di riversare la bile nella carne e la renderesti immangiabile. Sarebbe un peccato terribile rovinarla».

Cherry si dimenticò di Ryan e di tutti i suoi altri sentimenti, per un po'. Si sentì in pace, nella quiete di quella piccola capanna nel bosco circondata di uccellini che cantavano. Per le sue compagne di classe osservare il sangue che si riversava su un tavolo, fuoriuscendo dal corpo di una cerva, era tutt'altro che rilassante: loro si sarebbero irrigidite, disgustate o spaventate, a quella visione di morte, ma Cherry ci era abituata e la trovava familiare, tanto da trovare gradevole anche l'odore del sangue. Sebbene lo ripulissero con diligenza, il capanno non poteva fare a meno di essere tutto impregnato di quell'effluvio, un sentore sottile di morte.

Cherry aiutò sua madre nelle parti meno delicate dell'operazione e alla fine, dopo più di due ore di lavoro, le due ritornarono a casa recando un fagotto con alcuni pezzi di carne pregiati che Tom avrebbe preparato per loro.

C'erano giornate in cui si trattenevano a caccia molto più a lungo, prendendo diversi animali ed essendo costrette a trasportarle con il pick-up, e altre in cui si limitavano a portarsi a casa un piccolo capriolo. Quel giorno Gara decise che non avevano bisogno di nient'altro che una cerva, ed era stata fiera del modo in cui sua figlia l'aveva abbattuta. Era felice anche che sua figlia non avesse riportato l'argomento sul ragazzo di cui si era presa una cotta. I ragazzi erano pericolosi... potevano spezzarle il cuore, potevano portarla via da lei, potevano rovinarle la vita, potevano persino ucciderla. Quante volte i mariti picchiavano le mogli? Quante volte un ragazzo non riusciva ad accettare un rifiuto e, con l'arroganza tipica del suo genere, ammazzava la donna che lo aveva respinto? No, no, Cherry era troppo giovane per avere a che fare con i maschi, non abbastanza forte, non abbastanza dura; così pensava Gara mentre si toglieva il cappello e lo appendeva all'entrata, guardando di sottecchi suo marito Tom che parlava con la figlia.

Tom Gale era stato un'eccezione, l'unico uomo buono in un groviglio di ragazzi scapestrati e volgari. E poi era più basso e più debole di Gara, era difficile che fosse riuscito a sopraffarla, anche se avesse voluto. La donna sospirò e si sforzò di sorridere, poi si ricongiunse alla sua famiglia e chiacchierò con loro del più e del meno.

Ma, che Gara lo volesse o meno, la cotta di Cherry si ripresentò puntualmente la mattina dopo, a scuola.

Nel momento in cui la ragazza scese dall'automobile, lo vide: Ryan era in piedi di fronte alle scale e stava parlando con una biondina molto carina, che indossava una maglietta rosa. Cherry dimenticò di salutare suo padre, tanta fu la rabbia che la sconvolse. E "sconvolgere" fu proprio il termine giusto, perché proprio non riuscì a capire come mai fosse arrabbiata. Non era mai stata gelosa in vita sua, neanche dei propri giocattoli da bambina, visto che non aveva mai dovuto condividerli con nessuno. Tutto quello che era suo, da sempre, era stato solo suo.

Ma quella ragazza era carina. Quella ragazza stava parlando con Ryan. Gli stava sorridendo e Cherry ebbe l'impressione che non fosse un sorriso normale, ma una specie di flirt, perché quella lì muoveva la testa da destra a sinistra, con fare civettuolo, e i suoi occhi esploravano tutto il corpo del ragazzo come se volessero mangiarselo.

Cherry dimenticò non solo di salutare suo padre, ma anche la conversazione che aveva avuto con sua madre. Le avevano detto che era troppo giovane per una relazione, che non avrebbe mai funzionato, ma bastò la gelosia a mandare in fumo ogni briciolo di memoria e a convincere definitivamente Cherry Gale che quel ragazzo, Ryan McCallister, doveva essere solo ed esclusivamente suo.

Si avvicinò a grandi passi e si mise proprio davanti alla biondina, fingendo di non averla neanche vista, e salutò il giovane allegramente.

«Ciao, Ryan!»

«Ehm... ciao, Gale?» Ryan si alzò un po' sulle punte delle dita, per guardare oltre la sua testa «Ti sei messa di fronte a Globerman. Non... non la vedo più».

Globerman? Vanessa Globerman? Cherry non aveva mai fatto troppo caso a lei (a dire il vero non faceva caso quasi a nessuno), ma la conosceva e sapeva quanto successo aveva con i ragazzi. La adoravano tutti e una volta un tizio le aveva fatto una serenata dalla finestra della classe di chimica, mandando su tutte le furie il professor Lopez.

«Infatti» Disse Vanessa «Ti potresti spostare, Gale?».

Cherry si girò a guardare in faccia la sua rivale. La fissò per un istante, la scandagliò come un radar alla ricerca della più piccola imperfezione, e decise di essere molto più bella di lei, visto che era già certa di essere più intelligente.

«Cosa vuoi?» Le disse, caricando la voce di potere «L'ultima volta che ci siamo parlate hai detto che Ryan è uno facile e che ti fa schifo anche se è carino, perché è un porco»

«Hey!» esclamò sorpreso il ragazzo, aggirando Cherry per guardare Vanessa «L'hai detto davvero?».

La povera biondina non aveva mai neanche pensato una cosa simile, ma non poté far altro che soccombere al potere ipnotico di Cherry. Per un attimo barcollò, passando da un piede all'altro con lo sguardo smarrito, poi annuì convinta

«Andiamo, McCallister» disse, ironica «Lo sanno tutti chi sei. Ammettilo, sei una pessima persona»

«Cosa?» Ryan strinse gli occhi in due fessure «Ma fino a due secondi fa mi stavi dicendo che...»
«Dimentica quello che ti stavo dicendo» Vanessa rise «Chi mai vorrebbe uscire con uno come te? Ti stavo solo prendendo un po' in giro. Come si fa con quelli come te... sono buoni solo per divertirsi e io volevo farmi quattro risate»

«Che razza di...» Ryan quasi si morse la lingua e i suoi occhi si fecero umidi «Sai che ti dico? Me ne frego di te! Non mi sei mai neanche piaciuta!»

«Ecco, vattene. Vattene a piangere dietro le gonne di mamma! I ragazzi che piangono non piacciono a nessuno. I porci che piangono come te, poi, sono proprio degli scherzi di natura».

Ryan girò sui tacchi ed entrò a scuola, rigido e chiaramente scosso. Cherry lo inseguì.

«Hey, Ryan! Ryan! Che succede?».

Il ragazzo si fermò di fronte al proprio armadietto e lo aprì, nascondendoci la faccia dietro mentre fingeva di mettere a posto i libri, per non fare notare a nessuno che gli si erano formate piccole lacrime agli angoli degli occhi.

«Mi ha solo preso in giro» Disse «Quella... quella...» sembrò non trovare parole adatte a descrivere Vanessa «Lei mi piaceva, Gale. Mi piaceva davvero. Qualcuno deve averglielo detto e lei mi ha semplicemente preso in giro»

«Mi dispiace un sacco» Cherry abbassò gli occhi.

Non sapeva se doveva essere davvero dispiaciuta oppure no. Da un lato era rammaricata di aver ferito in questo modo il ragazzo che le piaceva, dall'altro era terribilmente contenta di averci visto giusto, di aver capito che Vanessa stava davvero flirtando con lui, e di essere riuscita a separarli.

«Non... non fa niente» Quasi singhiozzò Ryan «Tanto una come lei, ora che ho capito chi è davvero, non mi può piacere affatto. E poi non è vero che sono un ragazzo facile! E non è vero che vado con tutte e che sono un porco!»

«Già. Mi sembri un ragazzo perbene...».

Ryan richiuse l'armadietto, sbattendo l'anta. Aveva gli occhi un po' arrossati, ma si era asciugato le lacrime e ora esibiva un'espressione determinata.

«Sai che cosa, Gale?» Le disse «Io ci rinuncio. In questa scuola non c'è nessuno a cui piaccio davvero, l'ho capito ormai. Roger, che credevo fosse il mio migliore amico, invece era un bastardo doppiogiochista. Oliver, quello lì per qualche motivo ce l'ha con me, mi vorrebbe ammazzare. Mi ha rotto un dente e i professori non hanno fatto "bah!", perché è il figlio di uno importante o che so io. Fanno tutti finta, Gale. Tutti. Non c'è una sola persona in tutta la scuola che mi sopporti. Neanche mia madre mi sopporta!» il suo tono si abbassò, divenne un sussurro «E mio padre se n'è andato. Probabilmente è colpa mia. È tutta colpa mia» i suoi occhi divennero di nuovo lucidi «Non valgo niente. Gale, non valgo niente...».

Cherry non aveva idea che questa fosse la situazione di Ryan: se avesse saputo che era così infelice, non avrebbe mai ipnotizzato Vanessa per rifiutarlo in quel modo crudele. Era stata ingannata dal sempre presente sorriso del ragazzo, dal suo tono allegro, dalla sua attitudine agli scherzi, dal modo in cui parlava con la gente, con lei.

Ora vedeva una tristezza profonda nei suoi occhi, rispuntata in superficie come quando si fa riemergere un cadavere dalle acque sparando un colpo di cannone.

«Scusa» Mormorò Ryan, asciugandosi la faccia quasi con violenza con la manica della giacca «Sono un idiota. Scusami, tu non c'entri niente, non dovresti sentire queste cose... dimentica tutto»

«No, Ryan, io...»

«Sono un piagnone, vero?» lui sorrise, sforzandosi, e Cherry sentì di nuovo le farfalle allo stomaco, ma stavolta più forti che mai «Ora vado a lezione. Ciao, Gale».

Il ragazzo si allontanò, cercando di camminare dritto, ma era come se una forza invisibile gli spingesse la testa in basso ad ogni passo. Cherry non sapeva nulla sulla depressione, non aveva mai letto niente sull'argomento, non sapeva come riconoscerla, ma intuì che qualcosa non andava.

Forse questo avrebbe dovuto scoraggiarla, ma non fu così: lo amò di più, in quel momento, e sentì che quel sentimento era più vero. Anche se c'era qualcosa di spezzato in lui, egli possedeva anche una forza immensa, che gli permetteva di nascondere quella frattura del suo spirito. Era potente, era un guerriero.

Cherry se ne convinse ancora di più quando lo incontrò di nuovo alla lezione di chimica, quel giorno, e lo vide sorridere e scherzare come se niente fosse, trasfigurato nuovamente in un ragazzo che a lei era sempre sembrato popolare e che probabilmente lo era davvero. Non era vero che tutti lo odiavano: Cherry poteva chiaramente distinguere almeno quattro ragazze che sospiravano (e poco ci sarebbe mancato perché avessero dei cuoricini fluttuanti sulle teste) ogni volta che lo vedevano passare. Ryan, però, non ci faceva caso.

Era gentile con tutti, sorrideva con tutti, scherzava con tutti, anche con le tizie sospiranti, e non si accorgeva di quanto tutti gli volessero bene. Era come chiuso dietro uno schermo e si sentisse costretto a mostrare a tutti un'immagine buona di sé, ma non fosse capace di vedere le immagini buone degli altri.

All'uscita da scuola, Cherry raggiunse Maris e le diede due colpetti su una spalla per farla girare.

«Oh, che c'è?» Domandò la sua conoscente, fermandosi

«Credo di essermi innamorata di Ryan McCallister» rivelò Cherry, seria

«Me l'avevi già detto» sbuffò Maris

«No, ti ho detto che avevo una cotta per lui»

«Sì, infatti. Me l'avevi detto»

«No, ora mi sono innamorata. Mi sono innamorata sul serio»

«Oh, caspita. Eh, allora devi fare qualcosa, perché c'è Vanessa Globerman che ci si vuole mettere assieme»

«Non più» Cherry si incupì «Hanno rotto. E ora si odiano»
«Ah. Caspita, non ci sono più gli innamoramenti di una volta» scherzò Maris «In tal caso, Che, hai la strada libera. Vai e corteggialo. Con tutta la forza che hai»

«Ma non so corteggiare i ragazzi!»

«Ti porterò una rivista che te lo insegnerà. Domani, ok?»

«Grazie. Ma quante riviste hai?»

«Mia mamma è tipo rivista-dipendente, è abbonata a tutte quante. Ok, a domani»

«A domani, Maris».

Quando arrivò il mattino seguente, dopo che Cherry ebbe rimuginato a lungo sul suo nuovo amore per Ryan, Maris portò la rivista, ma del giovane McCallister a scuola non c'era nessuna traccia. In realtà non era un frequentatore troppo assiduo, e capitava che di quando in quando si assentasse per malattia o per "prendersi una pausa", perciò non ci sarebbe stato di che preoccuparsi... ma Cherry si preoccupò lo stesso: durante i momenti di pausa, un po' leggeva la rivista (Teen Life, i segreti delle ragazze cool!) e un po' si chiedeva se Ryan stesse bene.

Dall'articolo "Incanta il tuo ragazzo del cuore in dieci mosse", imparò che ai maschi piaceva il trucco non troppo pesante ("ma non l'assenza di trucco!!! !!!" recitava una scritta rossa, abbondando in modo inquietante con i punti esclamativi), le ragazze con cui potevano confidarsi, i vestiti che rivelavano-ma-non-rivelavano-troppo, poter parlare del loro sport preferito senza essere interrotti ed essere considerati forti e virili. Cherry decise che erano tutte cose piuttosto fattibili e sperò dal profondo del cuore che lo sport preferito di Ryan fosse la caccia.

«Ti stai davvero concentrando» Le disse Maris a pranzo «Sei piuttosto presa dal giornalino»

«Mi hai detto tu di "andare e corteggiarlo con tutta la forza che ho"» replicò Cherry, un po' irritata

«Sì, sì, infatti. Il mio era tipo un complimento».

Se fossero state amiche, Cherry avrebbe raccontato a Maris perché si era innamorata di quel ragazzo e gli avrebbe confidato di essere molto preoccupata per lui, ma poiché erano solo conoscenti non si dissero un'altra sola parola durante il pranzo e neanche si salutarono all'uscita da scuola.

Durante il viaggio in macchina, Cherry raccontò tutto a suo padre, ma lui si limitava ad annuire con sguardo vuoto e a supportare la sua decisione di corteggiare Ryan McCallister. Un genitore supportivo, sicuramente, ma non troppo utile.

Quel giorno la madre di Cherry non era in casa: era partita per il Texas, dove a quanto pareva c'era un enorme lupo giallo che stava uccidendo la popolazione, e solo lei avrebbe potuto fermarlo. Cherry, da sola, decise di andare a fare una passeggiata per i boschi, ma per buona misura contro un raro ma possibile orso, si mise a tracolla anche il fucile. Prince era rimasto a casa con Tom, addormentato sul divano con un cuscino stretto fra le zampe, così carino che la ragazza non aveva avuto cuore di svegliarlo.

Così Cherry camminava sola soletta, con i suoi pensieri e il grido insistente di un gruppo di corvi che sembravano voler proprio seguirla. A lei i corvi non davano fastidio, le piacevano, perciò lo interpretò come un segno positivo del destino.

Dopo circa mezz'ora di cammino, udì un improvviso fruscio, a cinquanta metri da lei. Si immobilizzò e rimase in ascolto: era un rumore troppo in alto per essere stato causato da un piccolo animale. Forse era un cervo? Ad ogni modo, lei non era venuta a caccia e non aveva alcuna intenzione di sparargli, ma solo di ammirarlo. Quietò il suo respiro e lasciò che le braccia si rilassassero ai lato del corpo.

Quello che uscì dai cespugli non era affatto un cervo, ma una persona. Da quella distanza i lineamenti del suo volto erano un po' confusi, ma Cherry riconobbe istantaneamente i capelli: Ryan McCallister. Cosa ci faceva lì, nella sua proprietà? Forse era venuto a trovarla, ma si era perso?

Lui sembrava non averla proprio notata. D'altronde, Cherry indossava una maglietta e un berretto mimetici ed era immobile e silenziosa, seminascosta dalle fronde di un castagno possente.

Ryan aveva in mano una corda spessa. Cherry la osservò: sembrava una di quelle che si usano per condurre i bovini. Forse il ragazzo stava cercando una mucca che si era persa?

Ma fu nel momento in cui egli la gettò a cavallo di un ramo alto, e fu chiaramente visibile l'estremità della corda, che Cherry capì tutto e trasalì.

Dall'albero penzolava un cappio.

La ragazza sentì il sangue farsi di ghiaccio nelle sue vene. L'espressione di Ryan era del tutto vuota, illeggibile, mentre si guardava attorno.

Cherry non aveva idea di cosa potesse stare cercando, ma era sicura che non poteva lasciarglielo trovare. Provava una paura del tutto irrazionale che l'avrebbe perso comunque, qualunque cosa avesse fatto, ma proprio per questo aveva intenzione di lottare per lui ancora di più.

Ryan trovò una grossa pietra scura, venata di muschio, e la sollevò, spostandola quasi sotto il cappio. Ne stava saggiando con un piede la stabilità quando vide Cherry uscire dal bosco camminando piano senza fare alcun rumore, con gli occhi fissi su di lui, come se si stesse avvicinando ad una creatura dei boschi anziché ad un giovane uomo disperato.

«Gale...» Gracchiò lui, facendo un passo indietro. Ryan socchiuse gli occhi ed una serie di rughe si formarono attorno agli occhi chiari, intrappolandoli in un'espressione sofferente. Cherry non voleva altro che cancellare tutto il male dal suo viso, scacciarlo e non farlo tornare mai più.

«Ryan, ehi» Disse lei, goffamente, alzando le mani «Sì, sono io»

«Io...» lui aprì la bocca, ma ne uscì un gemito sconnesso e si passò una mano sui capelli, affondandoci le dita e artigliandosi il cuoio capelluto, poi le sue dita scivolarono a coprirgli il viso, chiazzato di rosso.

Sembrava che tutte le emozioni che non aveva provato finora nella quiete di un bosco impietoso, che non lo avrebbe fermato e non lo avrebbe giudicato, fossero state riportate in superficie dallo sguardo di un altro essere umano a dilaniarlo. E lui, povero umano fragile, cercasse di allontanare quegli occhi da sé rendendo il mondo buio, di espellere quelle emozioni dolorose con il fiato che stava accelerando.

«Vai via, Gale» Ansimò, indietreggiano alla cieca di un paio di passi «Per favore, ti scongiuro, vai via»

«No» disse Cherry, e la sua voce salì di un paio di ottave. No, no, non poteva coprirsi il viso, non doveva. Se non la guardava negli occhi il suo potere non avrebbe avuto effetto su di lui, e lei non poteva affrontare tutto questo senza il proprio potere, non adesso.

«Ti prego... ti prego, ti scongiuro, io...» Ryan barcollò, la voce spezzata come schegge di vetro.

Cherry voleva renderlo di nuovo unito, di nuovo sé stesso. Così abbandonò la cautela e, con il passo sicuro di un coguaro, colmò la distanza che li separava e poggiò le mani fredde sui polsi scossi da un leggero tremito di Ryan. Lui trasalì, iniziando a tremare sempre più forte.

«Ryan, sono qui. Va tutto bene adesso» Disse, in tono sicuro, intrecciando le dita a quelle del ragazzo per spostargli le mani dal volto, per guardare i suoi occhi azzurri colmi di lacrime, così grandi e così spaventati.

Lui sembrò perdere ogni forza, cadendo di schianto in ginocchio e inspirando con un rumore umile rotto una gran boccata d'aria. Cherry lo guardò per un attimo dall'alto, fragile come un uccellino ferito, e lo seguì fino al suolo, inginocchiandosi lentamente.

«Non devi vedermi co-cossì, n-n-non de-evi...» La sua voce venne rotta da due singhiozzi.

«Shhh, shhh» Cherry abbassò la testa per catturare i suoi occhi con i propri. Una ciocca di capelli le sfuggì da dietro l'orecchio, scivolando morbidamente lungo il profilo della sua guancia spolverata di lentiggini minuscole.

Ryan strinse gli occhi e voltò il viso dall'altro lato, per poi lasciare ciondolare la testa e scoppiando in singhiozzi.

Cherry non aveva mai visto una persona piangere davvero. Aveva letto libri e sentito racconti, ma niente l'aveva mai preparata a vedere quanto fosse brutto, al modo in cui Ryan annaspasse in cerca di ossigeno e dal suo petto sconquassato continuassero a levarsi suoni, ora striduli e prolungati come l'urlo di un uccello notturno ed ora rochi e brevi, al modo in cui sarebbe stato ridotto ad una marionetta dai sobbalzi scatenati dal proprio stesso pianto, alle lacrime e la saliva e il muco.

Cherry continuò a tenergli le mani, impacciata, per tutto il tempo, e lui pianse a lungo. Sembrava non riuscire a spiccicare una parola, ed ogni volta che provava a dire qualcosa di nuovo generava solo un suono strozzato e una cascata di singhiozzi nuovi. Cherry desiderò ardentemente che suo padre fosse lì. Se solo avesse potuto costringerlo a calmarsi...

«Guardami negli occhi Ryan» Ordinò, e lui scosse la testa «Guardami! Guardami subito!».

Si chiese con un pizzico di panico perché continuasse ad evitare il suo sguardo. E, ad un certo punto, credette di capire. «Guardami negli occhi! Non c'è niente di cui vergognarsi. Io sono qui per te, non sto pensando male di te. Guardami!».

Ryan tirò sul col naso, scosso da brividi, e cominciò pian piano a schiudere le ciglia orlate di lacrime. «Bravo così» Lo incoraggiò Cherry «Bravo! Guardami. Sì, così».

Gli occhi di Ryan erano finalmente aperti, finalmente nei suoi!

«Devi calmarti» Gli disse, caricando poi la propria voce di potere «Ora tu la smetterai di piangere. Dimmi se hai un fazzoletto»

«N-no, io...» Ryan ebbe un brivido e scosse la testa.

Cherry sciolse una delle mani dalle sue per frugare nella propria tasca e gli porse un fazzolettino di carta. Metteva sempre in tasca oggetti che potevano tornarle utili: almeno un fazzoletto, un elastico, una forcina e un coltello.

«Asciugati la faccia adesso, e smettila di piangere» Ordinò.

Era difficile vedere il cambiamento negli occhi di Ryan, il languore tipico delle persone sotto la sua influenza, ma non ci fu alcuna resistenza da parte sua. Le ultime lacrime scesero da sole lungo le sue gote e Ryan ubbidì, usando una mano sola, pulendosi il volto e appallottolando il fazzoletto.

«Bravo, bravo così» Lo lodò Cherry, molto più tranquilla.

Ryan la guardava pendendo dalle sue labbra. Sembrava non avere alcuna forza rimasta in corpo, accasciato su sé stesso sul fondo del bosco. Lui era stato costretto dall'ordine di Cherry a smettere, ma il suo corpo continuava ad essere percorso da tutti quei piccoli effetti del dopo-pianto: respiro leggermente affannoso con qualche singhiozzo irregolare, occhi umidi, arrossati così come il viso.

Poi iniziò a parlare.

«M-mi dispiace, Gale...»

«È tutto okay»

«No, non lo è. Tu mi hai... mi hai visto. Stavo davvero per farlo. Stavo davvero davvero per farlo». Il suo tono suonava incredulo, e in qualche misura vuoto. «Come mi hai trovato?»

«Stavo camminando. Questa è la mia proprietà. Quindi non lo sapevi?»

«No. Volevo solo... andare lontano...».

A questo punto Cherry avrebbe semplicemente potuto fare quello che aveva fatto con Maris, anche se molto, molto più in grande. Costringerlo ad amare la vita, ad amare sé stesso. E magari, perché no, ad amare lei.

Ma prima, voleva fargli una domanda: non riusciva a capire, per quanto ci stesse provando.

Cosa c'era che non andava in lui?

«Perché? Volevi farlo, intendo»

«Perché sono così solo, e così stanco» Disse Ryan lentamente, lasciando che le palpebre gli celassero di nuovo gli occhi stanchi. La sua voce vibrò di un'intensità dolorosa, e si passò la mano libera sul volto, lasciando cadere a terra il fazzoletto, si stropicciò un occhio.

«C'è un sacco di gente a cui piaci. Sei sempre circondato di persone, come puoi essere solo?» Obiettò Cherry, accarezzandogli il dorso della mano con il pollice

«Pensa che razza di persona» le sue labbra tremarono «Sono sempre circondato di persone e non ho un amico vero. Non voglio un migliore amico, non voglio un fratello, solo... un amico, uno sincero. Ma nessuno... quando mi conoscono meglio, nessuno resta per me. Stanno attorno a me, vicino a me, ma non sono... abbastanza. Non sono abbastanza buono. Non sono abbastanza forte. Anche se mi sforzo, anche se cerco di essere felice e di essere come prima, non sono mai felice abbastanza, non basta mai. Non c'è nessuno nel mondo per me. Così sorrido e sono felice per finta e spero che qualcuno prima o poi mi trovi, speravo in qualcuno che mi amasse, ma ormai non posso più, perché ora so qual è il mio potere».

Cherry si sporse in avanti per abbracciarlo. Era sicura che la tempistica non fosse quella giusta e si sentiva strana, ma non aveva davvero idea di cosa fare.

«Hai un minus-potere?» Gli chiese all'orecchio. Sentì il suo profumo vicino, e le ormai familiari farfalle le solleticarono lo stomaco «Uno di quei poteri che... non sono utili? Non fa niente, Ryan, non importa. Non c'è un potere abbastanza schifoso in tutto il mondo per farmi pensare male di te. Io... sono qui per te. A me piaci Ryan, piaci sul serio. E mi piaci tu, anche così, anche se non stai sorridendo e non ti sfai sforzando di essere felice».

«Oh... non è un minus-potere» Disse Ryan, e quando Cherry indagò il suo viso, interrogativa, il suo sorriso privo di felicità le fece stringere il cuore «E vorrei tanto crederti, ma non posso»

Cherry si fece un po' indietro, tenendogli le mani sulle spalle, e abbozzò un sorriso: «Provaci. È la verità».

Ryan la guardò negli occhi. «Il mio potere è quello di piacere alle ragazze» Disse, lapidario.

La prima reazione di Cherry fu quella di chiedersi perché mai quello dovesse essere un brutto potere. Come poteva dispiacersi di attirare le ragazze, se davvero si sentiva così solo?

Poi realizzò che questo voleva dire che nessuno lo avrebbe amato per meriti personali, che non avrebbe mai potuto essere sicuro di avere quello che voleva. Una parte di Cherry si disse che lei avrebbe tranquillamente convissuto con quel potere a parti invertite, ma lui... voleva qualcosa di sincero. Sarebbe piaciuto a tutte le ragazze a prescindere da chi lui fosse, dal fatto che lo avrebbero odiato se non fosse stato per il suo potere o che sapessero poco o nulla su chi lui fosse.

Esattamente come era successo a lei.

Si fermò a guardarlo, stranita.

Non aveva mai sentito niente per Ryan, mai in anni di scuola. Non si era mai interessata a lui, vedendolo come poco più che il buffone della scuola. Poi, una mattina, aveva sentito il suo profumo e...

A lei piaceva sul serio Ryan McCallister?

Il ragazzo di fronte a lei si irrigidì, guardandola a bocca aperta.

Ci aveva sperato, sul serio, capì Cherry, aveva sperato davvero che lei fosse sincera. Ma adesso poteva leggere il dubbio chiaro sul viso della ragazza, e Cherry poteva leggere la ferita che si allargava dietro gli occhi ormai asciutti di Ryan.

Per un attimo l'immagine di lui si sovrappose alla figura della cerva che aveva abbattuto con sua madre, immobile e statuaria, perfetta nella sua fragilità, costretta all'immobilità in attesa del colpo fatale.

Poi lui si alzò in fretta, incespicando, e cominciò a correre.

«Stai fermo e calmati! Torna subito qui!» Gli urlò dietro Cherry, la voce carica di potere inutile. Non poteva guardarlo negli occhi, dannazione!

Come stava rimpiangendo non averlo semplicemente preso per le spalle e avergli ordinato di essere felice! Tutto questo non sarebbe successo, lui non avrebbe avuto modo di piangere, di spiazzarla, lei non avrebbe avuto la possibilità di rovinare tutto. In fondo, a lei cosa importava se fosse stato colpa di un potere o no? Avrebbe potuto avere accanto un uomo che era sicura le sarebbe piaciuto per sempre!

La ragazza si sollevò a sua volta e sprintò, inseguendolo come un cane da caccia sulla pista di sangue; le gambe di Ryan erano più lunghe delle sue, ma Cherry era ben allenata e determinata, si muoveva con tecnica e precisione e non era emotivamente distrutta.

Lo avrebbe preso. Lo avrebbe preso e lo avrebbe costretto ad essere felice.

Ogni volta che lui incespicava, la loro distanza diminuiva sempre di più. Poteva quasi toccarlo...

«È... da questa parte. Non posso sbagliarmi su una cosa del genere»

«E sia».

Voci, voci fievoli. Si avvicinavano. Fu come se una forza invisibile l'avesse agguantata dalla vita e strattonata indietro, interrompendo bruscamente la sua corsa.

«No, non è "adorabile"»

«Io non ho detto niente»

«Ah ah, spiritosone».

Cherry guardò la schiena di Ryan allontanarsi, ma qualcosa le stava urlando di nascondersi, perché lei conosceva quelle voci, le conosceva e non voleva incontrarle, e se avesse avvertito Ryan ciò da cui il suo istinto di sopravvivenza stava cercando di proteggerla le avrebbe fatte interessare anche a lei.

Nella piccola radura, la corsa di Ryan era stata fermata dall'emergere di due figure dagli alberi, materializzatisi in fretta come nebbia.

E Cherry, nascostasi in fretta, non poté fare altro che guardare impotente, col cuore in gola e il respiro veloce come le ali di un uccellino, il ragazzo che amava fronteggiare due uomini che negli ultimi cinque giorni aveva visto da ritagli di riviste, foto, di cui aveva sentito parlare come i più grandi supercattivi della storia.

Bloodhound e Werhunter.

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