La stazione dei ricordi// Ult...

By racconteroditee

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IN REVISIONE -Tutto bene?- mi chiese avvicinandosi. Mi abbracciò da dietro e appoggiò la sua testa sulla mia... More

capitolo 2
capitolo 3
capitolo 4
capitolo 5
capitolo 6
capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9

capitolo 1

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By racconteroditee

TW: violenza, scene di sesso

Da piccola avevo sempre immaginato la mia vita come quella delle principesse: il principe che arrivava a salvarti quando ne avevi bisogno e ti portava al sicuro, degli amici e un bel lieto fine.
Ma arrivata a diciotto anni, capii che la vita non era una storia per bambini e non seguiva nessuno schema.
-Abigail- mi chiamò la professoressa di arte. Alzai la testa dai miei appunti e la guardai.
-Qual è il tuo quadro preferito?- mi chiese sedendosi sul bordo della cattedra e incrociando le braccia.
-Ehm... "Notte stellata sul Rodano" di Van Gogh- risposi arrossendo. Non mi era mai piaciuto essere al centro dell'attenzione, ancora meno se questa era dei miei compagni di classe. Di Lucrezia, in particolare. Fin dalle medie aveva sempre avuto astio nei miei confronti, anche se non ne avevo mai capito il motivo.
-Bellissimo quadro, Abigail- commentò la professoressa prima di fare la stessa domanda ad altre persone.
L'ora di arte era la mia preferita: sessanta minuti in un mondo nel quale avrei tanto voluto vivere; dove tutto era armonia. L'arte e il disegno erano, insieme alla musica, il mio porto sicuro. Quel posto dove potermi nascondere per sfuggire alla realtà.
Ma quei minuti, a volte, duravano davvero poco. La campanella suonò e questo significava solo una cosa: dovevo tornare a casa.
Sistemai tutto nella cartella e uscii dalla classe insieme a Veronica, la mia migliore amica. Veronica era l'opposto di me. Gambe lunghe e fisico slanciato, capelli neri come la cenere, corti fino alle spalle e occhi color mandorla (sua definizione, non mia). Io, invece, ero alta un metro e una Vigorsol e leggermente in sovrappeso. Ma andavo fiera dei miei occhi: azzurri ma con quale macchiolina gialla e marrone che, secondo Veronica, li rendevano unici nel loro genere; e dei miei capelli lunghi e biondi. Alle elementari puntavo ad averceli come quelli di Rapunzel, ma con gli anni mi ero decisa a tagliarli fino a metà schiena abbandonando così il sogno di lanciarli dalla finestra per far salire il mio principe.
-Vuoi andare a mangiare da Ugo?- mi chiese Ve appena fuori dal cancello della scuola.
Ugo era il nostro pub di fiducia che si trovava il fondo alla via. Di solito io e Ve ci andavamo dopo scuola per mangiare le ciambelle farcite e bere la nostra bibita ai frutti rossi.
-Vorrei tanto, ma non ho avvisato papà e sai come la pensa lui- dissi amareggiata. Quanto avrei voluto andarci, in realtà.
-Ho sentito Ugo, dico bene?- chiese Pietro, il mio fidanzato, avvicinandosi a noi. Lui aveva già finito le superiori ed andava all'università. Frequentava economia, per la precisione. Pietro era alto e muscoloso, capelli biondi e occhi scuri. Nessun tatuaggio perché, secondo lui, rovinavano l'immagine. Grande amante della palestra (e delle ragazze in palestra, aggiungerei).
Si avvicinò a me e mise un braccio attorno alle mie spalle. Mi lasciò un bacio veloce sulla testa per poi salutare Veronica con un sorrisetto.
-Sì, ma non se ne fa niente mi dispiace- rispose subito Ve senza nascondere il suo disprezzo nei confronti di Pietro. Non lo aveva mai sopportato e aveva cercato diverse volte di convincermi a mollarlo. Senza riuscirci, ovviamente.
-E perché?- chiese allora lui allontanandosi un po' da me per guardarmi negli occhi.
-Perché non ha avvertito suo padre e sai come finisce se lei esce senza dirgli nulla-
Veronica lo guardava con occhi pieni di odio, come se avesse voglia di prenderlo a pugni da un momento all'altro.
-Beh cara Veronica - rispose lui scandendo bene il nome -si dà il caso che io abbia chiamato Giulio per dirgli che avrei portato fuori a pranzo la figlia quindi, se permetti, vorrei portare Abigail da Ugo-
-Non se ne parla nemmeno, quello è il nostro posto! Tu non c'entri nulla. Diglielo Abby!-
Veronica si girò verso di me e mi guardò aspettando una risposta. Non avrei mai tradito la mia migliore amica.
-Pietro ascolta, Ve ha ragione. Quel pub significa davvero molto per noi. Magari per te non ha alcun senso ma ti posso giurare che per noi ce l'ha. Che ne dici se andiamo da un'altra parte? Al Gianni's per esempio, dicono che fanno dei panini strepitosi-
Sorrisi sperando di averlo convinto. Non avrei mai voluto litigare per un posto in cui pranzare, ma per Ve lo avrei fatto.
-E va bene. Mi sembra un'enorme cazzata ma non vorrei offendere i sentimenti della povera Veronica, quindi vada per il Gianni's-
Veronica stava per rispondergli, ma io la bloccai parlando prima di lei.
-E verrà anche Ve-
-Che cosa?- dissero entrambi guardandomi con gli occhi sbarrati. -Ve mi ha chiesto per prima di pranzare con lei ma tu hai detto a mio padre che mi avresti portata fuori quindi per far felici entrambi, usciremo tutti insieme-
Per fortuna alla fine accettarono questo compromesso e ci ritrovammo tutti e tre ad un tavolo del Gianni's a gustare un bel panino. Il nostro tavolo era nell'angolo in fondo al locale e per fortuna era abbastanza lontano dal gruppo di bambini che stavano festeggiando il compleanno.
Diedi un altro morso al mio panino mentre guardavo il festeggiato aprire l'ultimo regalo, e un po' di maionese mi cadde sui pantaloni.
-Oh cavolo- dissi prendendo un fazzoletto per cercare di pulirmi, ma non feci altro che peggiorare la macchia.
-Vedi cosa succede a prendere un panino così grande?- mi disse Pietro
-Cosa vorresti dire?- gli chiese subito Veronica
-Che mangia troppo, ecco cosa voglio dire. E poi si mette davanti allo specchio a guardarsi la pancia e a dire "guada qui", prendendosi i rotolini di ciccia fra le mani. Se vuole dimagrire, deve darsi da fare- le rispose per poi bere un goccio d'acqua.
-Dimmi un po' Pietro, ma non ti fai un po' schifo? Sarai anche un palestrato ma sei senza cervello. Ancora mi chiedo come hai fatto a entrare a economia. Ti sei fatto qualcuna, vero? Vorrei vedere te al posto di Abby! Tu parli e parli ma forse faresti meglio a tacere e basta-
-Okay ora basta ragazzi, dai. Ci guardano tutti- dissi sperando che la storia finisse lì.
-Io al suo posto mi metterei a dieta e cambierei amicizie- rispose Pietro guardando Veronica dritto negli occhi. Ma lei fece un sorrisino prima di dire -Io almeno non l'ho stup-
La fermai subito. -Okay basta, penso che sia sufficiente così-
Presi il bicchiere e finii di bere la bibita rimasta.
-Oh no- disse Veronica. Mi girai verso il lei per poi seguire il suo sguardo fino la porta d'entrata. Lucrezia entrò nel locale e si sedette nel tavolo vicino al nostro. Ma non era da sola.
-Ma guarda un po'. Ciao Abigail, ciao Veronica- disse guardandomi -Non sapevo che anche voi veniste qui dopo la scuola-
-Loro sono in classe con me- disse poi al ragazzo seduto di fronte a lei.
Io e Veronica ci guardammo. -Ma è la stessa Lucrezia?- sussurrai. Ve in risposta alzo le spalle.
Mi girai di nuovo verso di lei e risposi -In realtà è la prima volta che veniamo qui, ma devo dire che fanno dei panini davvero buoni-
-Sì, è vero. Il nostro preferito è il "Colosseo", lo avete assaggiato? Ha una crema al cacio fantastica!-
-No, ma lo prenderò la prossima volta allora. Grazie del consiglio- risposi sorpresa da quella versione così gentile di Lucrezia.
-Direi di andare adesso- disse Pietro alzandosi dal tavolo e prendendomi per un braccio.
-Okay ma non tirarmi- gli dissi tirando via la sua mano dal mio braccio.
-Lui è il tuo ragazzo?- mi chiese Lucrezia. Notai molta curiosità nei suoi occhi e non solo. Anche il ragazzo sembrava attendere la mia risposta. Era poco più alto di me. Capelli corti e mori un po' scompigliati, occhi marroni e diversi tatuaggi sulle braccia. Non feci in tempo a metterli a fuoco bene per capire cosa rappresentassero perché Pietro mi strinse di nuovo il braccio.
-Sì, sono il suo ragazzo. Ora se non vi dispiace, dovremmo proprio andare- li liquidò Pietro.
-E' stato un piacere incontrarvi. Buon pranzo-
Non feci in tempo a sentire le loro risposte perché venni trascinata fuori dal locale.
-Scusa ma il conto?- chiesi a Pietro puntando i piedi per cercare di fermarlo, ma senza molto successo.
-Lo pagherà la tua amichetta così impara a parlarmi in quel modo- rispose lui continuando a guardare davanti a sé senza nemmeno fermarsi.
-Non esiste! Lasciami! Voglio andare a darle la nostra parte!- dissi cercando di staccare la sua mano dal mio braccio. Ma più ci provavo, più lui stringeva. -Mi fai male, Pietro. Mollami! Mi lascerai il segno così- dissi urlando.
-E' quello che voglio, così la prossima volta ci penserai bene prima di portarti dietro quella là-
-Quella là ha un nome-
-Non mi interessa- disse con voce fredda. Eravamo davanti alla sua macchina, una Mercedes nera, quando Pietro si mise davanti a me ed appoggiò la sua fronte alla mia. -Lo sai come sono fatto. Odio quando qualcuno ti guarda troppo e quel tipo al locale non ti toglieva gli occhi di dosso. Tu sei mia, lo capisci vero?-
Dentro di me avrei dovuto provare amore nei suoi confronti, ma l'unica cosa che sentivo era ribrezzo.
-Lo capisci, Abigail?- chiese di nuovo stringendomi ancora di più il braccio.
-Sì, sì ho capito- risposi trattenendo le lacrime.
-Bene, ora sali in macchina che ti porto a casa-
Mi aprì la portiera per farmi salire e mi mollò finalmente il braccio. Lo massaggiai un po' nel tentativo di attenuare il dolore. Lui si sedette al posto del guidatore e si allacciò la cintura. Sfruttai quell'occasione per correre incontro a Veronica. -Dove diavolo vai?- urlò Pietro slacciandosi la cintura. Mi misi a correre più veloce che potevo. Vidi Veronica poco più lontano e la chiami urlando. Si girò verso di me e mi corse incontro, ma non fece in tempo a raggiungermi.
-Cosa pensavi di fare, eh?- chiese Pietro prendendomi per i capelli facendomi quasi cadere a terra.
-Mi fai male! Volevo solo dare i soldi a Veronica- dissi tenendomi i capelli.
Veronica ci raggiunse e urlò -Cosa diavolo fai? Mollala!- ma in tutta risposta ricevette una sberla in piena guancia.
-Ve mi dispiace, volevo solo darti i soldi del pranzo. Domani a scuola te li porto- dissi senza potermi muovere. Avrei tanto voluto abbracciarla ma Pietro mi stava ancora tenendo per la coda.
-Non mi interessa dei soldi, io voglio solo che lasci questo mostro- disse con la mano ancora sulla guancia.
Venni nuovamente trascinata via e stavolta Pietro si assicurò che mi mettessi la cintura e che non potessi "scappare" di nuovo.
-Chissà come la prenderà questa piccola "fuga" il tuo paparino- disse Pietro con un sorrisino.
-No, non vorrai dirglielo vero? No senti Pietro, io..-
-Non mi interessa, ogni azione ha una conseguenza. Vediamo se scapperai di nuovo da me-
Iniziai a sudare freddo. Pensai a tutti i modi possibili per non tornare a casa. Per non vedere papà.
Pietro accostò di fronte al cancello di casa e spense la macchina.
-Hai ancora una possibilità per evitare tuo padre- disse guardandomi.
-Ah sì?- dissi ma senza sperarci troppo. Immaginavo già dove volesse andare a parare.
Vidi un sorrisetto malizioso farsi largo sul suo volto. Riaccese la macchina e parcheggiò dall'altro lato della strada, di fronte al parco. Si slacciò la cintura e si avvicinò a me. Mi prese il viso tra le mani e mi baciò con avidità. Portò le mani sotto la mia maglietta per poi togliermela. Iniziò a bacarmi il collo per poi scendere fino al seno. Le sue mani toccavano il mio corpo fino a raggiungere i pantaloni. Li slacciò e me li tolse. Ricominciò a baciarmi e mi spostò sopra di lui. Nella mia mente continuavo a ripetermi "questo è meno peggio delle botte di papà". Perché sì, fare sesso con Pietro in macchina era leggermente meglio che essere picchiata da quello che doveva essere un genitore che mi amava.
Mi rivestii e presi il mio zaino prima di uscire dalla macchina. Lo salutai a malapena. Mi sentivo sporca.
Presi le chiavi di casa ed aprii la porta. Dissi un piccolo "ciao", forse talmente basso che nemmeno una persona davanti a me sarebbe riuscita a sentire. Chiusi la porta e sentii dei passi dietro di me. Mi girai e, nemmeno il tempo di realizzare, mi arrivò una sberla in pieno viso.
-E' così che pensi di comportarti?- mi chiese papà, sempre se potevo definirlo tale.
-Non so di che cosa parli- dissi cercando di evitarlo ma appena mi spostavo lui tornava davanti a me.
-Ah non sai di cosa parlo eh? Ti dice niente il fatto che sei corsa via da Pietro?-
Mi si gelò il sangue. Guardai papà con gli occhi sbarrati. Quello stronzo mi aveva preso in giro e tutto solo per una schifosa scopata.
-Volevo solo dare i soldi a Veronica perché Pie- non mi fece nemmeno finire. Iniziò la solita routine di botte. Quando non mi comportavo come volevano loro, queste erano le conseguenze.
-Stavolta l'hai fatta grossa Abigail- disse prendendo la mazza da baseball dallo sgabuzzino. Maledetta quella volta che avevo deciso di praticare quello sport. Mi arrivò una mazzata in piena pancia e mi accasciai a terra piegata in due. Mi mancava il fiato, ma questo non era sufficiente per farlo smettere. Continuò a picchiarmi fino a quando non ne fu pienamente soddisfatto.
-Se ti viene l'occhio nero domani, mettici il fondotinta così gli altri non lo vedono- mi disse prima di sedersi sul divano come se nulla fosse. Con molta fatica mi alzai da terra e feci le scale per andare in camera. Mi faceva male tutto il corpo. Mi stesi sul letto e mi addormentai. Sempre con la speranza che il giorno successivo potesse essere quello decisivo per una svolta della mia vita.

****

La mattina seguente il risveglio non fu dei migliori, ma il fatto che papà non mi avesse messo le mani addosso era un passo importante. Forse qualche mia preghiera era stata ascoltata, o forse semplicemente non aveva tempo perché era in ritardo per il lavoro.
-ABIGAIL ALZA IL CULO DAL LETTO, DEVI ANDARE A SCUOLA- mi urlò dal salotto. Mi alzai a fatica. Mi sentivo come se mi avesse investito un camion. Piano piano mi misi dritta e mi tolsi la maglia. Andai a guardarmi allo specchio per vedere i segni causati dal pomeriggio precedente. Avevo un occhio viola e diversi lividi su tutto il corpo. Mi venne da piangere ma mi trattenni, non volevo il bis. Mi cambiai e poi andai in bagno a sistemarmi e a coprire i segni sul viso. Nessuno ne se sarebbe dovuto accorgere.
Preparai la cartella ma, quando fu ora di metterla sulle spalle, mi partì una fitta lungo tutta la schiena.
"Okay, ora faccio un bel respiro e mi metto la cartella sulle spalle come se nulla fosse. Magari se non ci penso e agisco normalmente non sento nulla. Magari è tutto solo nella mia testa" pensai.
Provai a fare in quel modo, ma sentii una fitta ancora più forte. Mi lasciai sfuggire un lamento. Decisi quindi di trascinare la cartella fino alle scale per evitarmi almeno un po' di fatica.
Arrivai alle scale cercando di non fare rumore e presi lo zaino fra le braccia. Scesi le scale trattenendo le urla di dolore e tutte le lacrime che avrei voluto versare. Arrivai in cucina e con grande sorpresa trovai un cappuccino e una ciambella con lo zucchero sopra. Guardai papà che era seduto di fronte e gli chiesi se quelle cose fossero per me.
-Certo che sono per te! E' un modo per chiederti scusa per ieri. Ho davvero esagerato, mi dispiace-Ogni volta la stessa storia. Ormai ci avevo fatto l'abitudine.
-Non ti preoccupare- dissi semplicemente. Appoggiai lo zaino e mi sedetti sulla sedia. Questi due semplici movimenti mi causarono un dolore allucinante.
-Vuoi una mano a portare lo zaino dopo?-
-Non ce n'è bisogno, ci riesco da sola. Grazie lo stesso-
Addentai la ciambella ed abbassai lo sguardo. Erano anni che non riuscivo più a guardarlo in faccia.
Prima della morte di mamma eravamo una famiglia perfetta e ricca di amore. Ma ormai erano cinque anni che questa casa si era trasformata nel mio peggior incubo.
Finii di fare colazione e andai a mettere le scarpe. Quando mi piegai per allacciarle la fitta alla schiena si fece sentire di nuovo e ancora più forte. Stavolta non riuscii a trattenere le lacrime.
-Ti do una mano- disse papà abbassandosi per allacciarmele.
-Ce la faccio da sola-
-Non è vero. Ti fa male la schiena ed è solo colpa mia quindi lascia che ora ti aiuti-
Stavo sognando? Quello era mio padre? Lo stesso di ieri pomeriggio? Quello sì che era un miracolo, o forse era solo un abbaglio.
-Ecco fatto- disse rialzandosi e sorridendo
-Grazie-
-Ora andiamo altrimenti farai tardi a scuola-
Mi accompagnò davanti al cancello di scuola, ma prima che potessi scendere mi disse -Non ti illudere. Solo perché stamattina ho avuto un attimo di pietà, non significa che potrai fare quello che vuoi-
La mia poca felicità svanì in un attimo. Tornai a sudare freddo, come sempre.
-Pensavo avessi deciso di tornare a fare il padre-
Spalancai gli occhi quando mi resi conto di averlo detto ad alta voce. Ero fottuta.
Mi arrivò la prima sberla del giorno. La prima di una lunga serie. Stava per arrivarmi anche la seconda quando mi resi conto di una cosa.
-Si dai, picchia tua figlia davanti scuola. Davanti a tutti-
La sua mano si fermò a poco dalla mia guancia. Papà guardò davanti a sé e vide una ventina di adolescenti che lo fissavano con gli occhi sbarrati.
-Scendi-
Disse semplicemente e io non me lo feci ripetere due volte. Raggiunsi Veronica che aveva assistito alla scena. Molte persone stavano bisbigliando cose su di me ed altre mi guardavano preoccupate. Chissà cosa pensavano e cosa avevano capito.
-Oh Abby- mi disse abbracciandomi. Finalmente mi lasciai andare e piansi.
Veronica mi allontanò un po' da sé e mi guardò dritta negli occhi.
-Che cos'è quello? Chi te lo ha fatto? Tuo padre o Pietro?-
-Cosa?-
-L'occhio viola. E' inutile che cerchi di nasconderlo con il fondotinta, io lo vedo lo stesso. Allora, chi è stato?-
-Diciamo che era da parte di entrambi-
-Ma quando finirà questa storia?-
-Vorrei saperlo pure io-
-Abby, tu sai cosa penso. Devi lasciare Pietro il prima possibile e poi devi andartene di casa. Verrai a stare da me. Sarai al sicuro finalmente-
-Sai anche tu che non è così facile-
-Io penso che tu abbia solo paura, ed è assolutamente comprensibile eh, ma a causa di questa non riesci a vedere la semplice via d'uscita-
-Pietro non smetterà di farmi del male solo perché lo mollo, come non lo farà papà se vado via di casa-
-Denunciali Abby, devi farlo!-
-Mi uccideranno se lo faccio, Ve-
-Allora lo faro io! Devi uscirne in qualche modo però Abby-
-Si ma preferirei da viva, se devo scegliere. E poi sai che voglio che tu ne resti fuori-
-Se vai avanti così, sceglieranno loro due per te e non sarà quello che vuoi tu-
Veronica entrò nel cortile della scuola e mi lasciò sola. Mi asciugai le lacrime e mi accorsi di essermi tolta il fondotinta. Cazzo.
Appoggiai lo zaino sul muretto e cercai il fondotinta ma non lo avevo con me.
-Tutto okay?- chiese una voce sconosciuta alle mie spalle.
Mi voltai e vidi il ragazzo che il giorno prima era seduto di fronte a Lucrezia al Gianni's.
-Ehm, si tutto okay- gli risposi accennando un sorriso. Era proprio un bel ragazzo, devo ammetterlo. Completamente opposto a Pietro. "Magari", pensai.
-Non so come dirtelo ma, ecco prima ho visto la scena con tuo padre credo-
Era in imbarazzo e lo si vedeva chiaramente. Aveva una mano sulla nuca e un sorriso incerto.
-Oh-
Non sapevo cosa dire. Cosa si dovrebbe dire in questi casi?
-Succede spesso? Dico che ti metta le mani addosso-
-No, no no. E' solo che ieri mi sono comportata male cioè volevo dire che sono tornata a casa tardi senza avvisarlo e lui è rimasto sveglio ad aspettarmi-
Non ci credevo nemmeno io, figuratevi lui.
-E ti tira una sberla stamattina?-
Infatti non aveva senso. Non sapevo cosa dirgli.
-Gli ho risposto male-
-Quindi ti ha messo le mani addosso due volte: ieri sera e stamattina. Giusto?-
"Magari fossero solo due" pensai.
Lo guardai e vidi sincera preoccupazione nei suoi occhi. Ma non mi fidavo. Se fosse solo un modo di Pietro o di mio papà di mettermi alla prova? Stavo già fallendo miseramente.
-Ma tu che ci fai qui? Hai accompagnato Lucrezia?-
Volevo evitare altre domande ad ogni costo. Lui però sembrò abbastanza deluso di questa deviazione.
-Farò finta di accettare questo cambio di discorso, se è quello che vuoi. Comunque sì, ho accompagnato Lucrezia-
-E' da molto che la conosci? Non ti ho mai visto qui in giro-
Lui sorrise. -Direi che la conosco da sempre, solo che di solito non la accompagno io a scuola perché viaggio molto-
-Viaggi? Che bello! Anche io avrei sempre voluto visitare posti nuovi ma non sono mai uscita da Roma e, a dire la verità, non conosco bene nemmeno questa-
-Io viaggio molto per lavoro, ma sono sicuro che anche tu riuscirai a scoprire il mondo piano piano-
-Magari. Beh ora devo andare. E' stato un piacere parlare con te-
Lui non sembrò del tutto convinto di queste mie parole. -Certo, anche per me-
Presi la cartella ed entrai in classe. Mi sedetti vicino a Veronica e cercai di parlarle ma non ne voleva sapere. Sbuffai e tirai fuori dallo zaino il quaderno e l'astuccio. La fitta si fece sentire di nuovo. Mi portai una mano alla schiena e mi morsi un labbro per trattenere l'urlo che avrei tanto voluto tirare.
-Abby stai bene?- mi chiese Veronica.
-Sì, tutto a posto. Devo aver dormito in una posizione scomoda-
-Certo, come no. Lo sai che non me le bevo queste cose-
La guardai e vidi che i suoi occhi erano lucidi come i miei.
-Non mentirmi Abigail-
-Mazza da baseball- dissi abbassando lo sguardo. Veronica era scioccata. Una lacrima le rigò il viso ma lei la asciugò quasi subito. Mi abbracciò. Piano e facendo attenzione a non farmi male.
-Io ti aiuterò a salvarti, fosse l'ultima cosa che faccio- mi disse.
A interrompere il momento ci pensò Lucrezia che appoggiò bruscamente le mani sul mio banco.
-Cosa ti ha detto Niccolò?-
Io guardai Veronica per sapere se stesse parlando con lei, ma scosse la testa.
-Parlo con te, Abigail. Ti ho vista prima con lui-
-Non sapevo nemmeno come si chiamasse prima di due secondi fa-
-Come no. Cosa ti ha detto?-
-Che ti ha accompagnato a scuola-
-E basta?-
-Cosa doveva dirmi?-
-Non lo so. Pensavo ecco non importa-
Lucrezia si sedette al suo posto e mi guardò confusa, o forse delusa. Cosa si aspettava? Che ci avessi provato con quel Niccolò? Ma poi lui chi era? Il suo ragazzo? Bah, vabbè.
La campanella delle 8:20 suonò e il professore di matematica fece il suo ingresso in classe.
Era solo l'inizio di un'altra lunga giornata di scuola, e non solo.

*****

Alle due esatte suonò la campanella che segnava la fine delle lezioni per quella giornata. Presi le mie cose ed uscii insieme a Veronica. Ugo ci aspettava. Durante la pausa avevo mandato un messaggio a papà per avvisarlo e mi aveva risposto che non c'erano problemi. Non era una risposta molto in suo stile, ma mi andò più che bene.
-Non vedo l'ora di addentare una bella ciambella e bere quella delizia ai frutti rossi- disse Ve alzando le mani al cielo.
-A chi lo dici-
Arrivammo da Ugo e mi arrivò una chiamata da papà.
-Ve tu intanto entra pure, io arrivo-
-Sei sicura? Ti aspetto se vuoi-
-Non ti preoccupare-
Risposi al telefono e l'unica cosa che mi sentì dire fu "torna per le due e non fare tardi che dobbiamo andare in un posto". Nemmeno il tempo di rispondere che papà riattaccò.
Sbuffai ed entrai nel locale. Andai verso il nostro solito tavolo. Il quarto vicino alla finestra. Con mia grande sorpresa, però, a quel tavolo non vidi Veronica ma Niccolò. Arrossì all'istante. Mi stavo per sedere davanti a lui come se fosse Veronica, chissà cosa deve aver pensato.
-Oddio scusami, pensavo fossi Veronica. Scusami davvero. E' che questo è il nostro solito tavolo e pensavo che ci fosse lei seduta. Che figura. Scusami ancora.-
Dissi tutto velocemente per l'imbarazzo. Avrei voluto sotterrarmi.
-Oh non lo sapevo, se volete ve lo lascio- disse lui grattandosi la nuca imbarazzato. Allora era proprio un'abitudine quella.
-No no, tranquillo. Non c'è nessun problema-
Mi girai ed andai verso Ve dall'altro lato del locale.
-Stai aspettando Lucrezia? No perché mi sa che è andata via con Stefano in moto- gli urlò Veronica.
-No non la sto aspettando, mangio da solo oggi. Grazie lo stesso per l'informazione- rispose lui sorridendo.
-Mamma mia, Lucrezia se li sceglie proprio bene i ragazzi- dissi a bassa voce, ma Ve sentì lo stesso.
-I ragazzi? Niccolò non è il ragazzo di Lucrezia, scema!-
-Ah no?- chiesi sorpresa -ci avrei messo la mano sul fuoco, ti giuro-
-Ma non vedi che s-
Ludovico, il cameriere, arrivò in quel momento e Veronica non riuscì a finire la frase. Il cibo aveva la priorità. O meglio, Ludovico aveva la priorità. Erano mesi che Ve voleva chiedergli di uscire, ma non ne aveva mai avuto il coraggio. Ordinammo il nostro "Eden" e le bibite ai frutti rossi.
-Senti Ve, dopo scrivi su un bigliettino il tuo numero e lasciaglielo. Non posso sopportare di vederti ancora con gli occhi a cuoricino e la bavetta alla bocca ogni volta che passa di qui-
-Non ho gli occhi a cuoricino e la bavetta alla bocca- replicò lei. La guardai sorridendo.
-Okay forse un po'- aggiunse -D'accordo dopo gli lascio il numero, felice?-. Alzò le mani in segnò di arresa e non potei far e a meno di ridere.
-Sì- dissi felice
Ludovico tornò con le nostre bibite e io ne approfittai per aiutare la mia migliore amica.
-Ludovico posso farti una domanda?- gli chiesi guardandolo. Veronica mi tirò un piccolo calcio alla gamba da sotto il tavolo e sussurrò "Cosa diavolo stai facendo?".
-Certo, chiedi pure- rispose lui sorridente.
-Hai la ragazza?-
-Ehm... purtroppo no. Perché?-
-Perché ci sarebbe una persona che vorrebbe uscire con te-
Quando dissi questa frase sentii puntati addosso a me tre paia di occhi. Quelli di Ve che mi stava maledicendo in ogni modo possibile; quelli di Ludovico che non stava capendo di chi stessi parlando; e quelli di Niccolò dall'altra parte della stanza.
-E chi sarebbe? Tu?-
-No, non io. Ma lei- dissi indicando di fronte a me. Veronica arrossì tantissimo ed era sul punto di scappare.
-Davvero vorresti uscire con me?- le chiese lui sorridendo.
-Ecco... sì-
-Sai Veronica, speravo tanto in questa cosa. Era da un po' che volevo chiedertelo anche io ma pensavo che mi avresti rifiutato-
Io sorrisi e mi versai da bere. Abigail 1, Cupido 0.
I due piccioncini si accordarono per incontrarsi e poi Ludovico tornò a lavorare.
-Dai dillo- mi disse Veronica sospirando
-Sono sempre il tuo cupido-
Scoppiammo entrambe a ridere. Con la coda degli occhi vidi che anche Niccolò stava sorridendo, ma guardando in basso. Come se avesse sentito ma non lo volesse dare a vedere. Probabilmente, però, aveva sentito sul serio visto che avevo praticamente urlato.
-Comunque vai avanti con la storia di Lucrezia- dissi curiosa di quella novità. Presi il bicchiere di fronte a me e iniziai a bere.
-Oh sì, dicevo che Niccolò non è il suo ragazzo ma suo fratello- bisbigliò Ve.
A quelle parole mi andò di traverso un po' di bibita e iniziai a tossire.
-Che cosa?- dissi quasi urlando. Si girarono tutti verso di me, Niccolò compreso. Divenni color peperone in un attimo, ma per fortuna arrivò il cameriere con i panini a smorzare l'interesse.
-Pensavo lo avessi capito, si somigliano un sacco-
In effetti non aveva tutti i torti. -Ma che ne sapevo io, l'ho visto solo tre volte. E poi lei non ha mai parlato di fratelli, credevo fosse figlia unica-
-Beh lui non vive più a casa dei suoi da un po' e per lavoro viaggia spesso. Non ho ancora capito bene che cosa faccia, credo che canti ma pare che usi un nome d'arte quindi non saprei-
-Canta? E che genere fa?-
-Pop, da quello che so-
Finimmo di pranzare e mi girai verso l'orologio appeso alle mie spalle. Le due e dieci. Presi il telefono dallo zaino e vidi quattro chiamate da mio padre.
-O merda!- dissi
-Che succede?-
-Sono in ritardo. Dovevo essere a casa entro le due-
-Oh cazzo. Devi andare, e svelta anche- disse mandandomi verso l'uscita.
-Ma oggi tocca a me offrire. Hai pagato tu ieri, e non era nemmeno il tuo turno-
Cercai di convincerla e alla fine riuscì a farle accettare i soldi. Aprii la porta d'uscita poi chiesi a Ve -Ti aspetto?-
-Ehm, in realtà io mi fermo qui ancora un po'- rispose guardando Ludovico che era di fianco a lei.
-Oh, va bene. Sai per caso quando passa il prossimo bus?-
-Tra venti minuti- mi rispose Ludovico da dietro il bancone.
-E' troppo- dissi sbuffando.
-Se vuoi posso accompagnarti io- disse una voce alle mie spalle. Mi voltai e mi ritrovai a meno di un metro da Niccolò. In quell'istante arrossì.
-Non ti preoccupare, allungheresti solo la strada. Tu non abiti dalle mie parti.- risposi velocemente. Mi resi subito conto della figura di merda fatta. Lo guardai cercando di nascondere la vergogna che provavo dentro di me e aggiunsi -cioè, non che io sappia dove abiti eh. E' solo che non ti ho mai visto nel mio quartiere quindi deduco che tu abiti da ecco un'altra parte-
Mentre parlavo lo vidi sorridere sempre di più.
-In realtà mi stupisco di più del fatto che tu non sappia dove abito più o meno. Di solito tutti conosco l'indirizzo della ragazza popolare della scuola, o mi sbaglio? So che mia sorella ha organizzato diverse feste in questi anni di liceo-
-E va bene, lo ammetto. Conosco dove abiti ma non di certo grazie a tua sorella. Lei non ci ha mai invitate alle sue festa, nemmeno per sbaglio. Non siamo abbastanza a detta sua. Quando eravamo alle media aveva dimenticato la felpa nello spogliatoio e mi sono fatta dare l'indirizzo dalla segreteria per riportargliela-
-Una storia molto commovente, devo dire- rispose ironico. -Comunque l'offerta per il passaggio è ancora valida, se vuoi-
Guardai Veronica e lei annuì.
-Va bene, grazie- dissi per poi salutare Veronica ed uscire dal pub con Niccolò.
Raggiungemmo la sua macchina. Era lo stesso modello di quella di Pietro. Fantastico.
Salimmo in macchina e le uniche parole che si sentirono durante il tragitto fino a casa, furono le indicazioni per raggiungerla. La casa viola si mostrò in tutta la sua bellezza dopo aver svoltato l'angolo e Niccolò accostò di fronte al cancello.
-Eccoci qua- dissi. La mia voce lasciò trapelare tutta la mia preoccupazione. -Grazie mille del passaggio, sei stato molto gentile-
Non aspettai nemmeno una sua risposta, ero troppo concentrata ad immaginare cosa mi sarebbe successo una volta varcata la porta di casa. Scesi dall'auto e feci alcuni passi verso il piccolo cancello, ma mi fermai quando sentii che Niccolò stava abbassando il finestrino. Forse ancora un po' di tempo potevo concederglielo.
-Per tutto il tragitto ho provato a ricordarmi il tuo nome, ma l'ho proprio dimenticato-
Era imbarazzato. Aveva il viso paonazzo e la sua solita mano dietro la nuca.
"Ah Niccolò, sembri così puro" pensai guardandolo.
-Abigail-
Lui sorrise ed annuì.
-E' stato un piacere, Abigail. Spero di rivedere i tuoi occhi azzurri anche domani-
Sorrisi. Era la prima volta che sentivo una frase del genere. Nemmeno all'inizio della relazione con Pietro avevo sentito una cosa simile. Era tutto un "Domani non ti voglio vestita così, ti guardano troppo", "vedi di non avere piani per domani perché sei mia".
Salutai Niccolò e lo vidi andare via. "Portami con te" pensai. Mi girai lentamente verso il cancello e sospirai. La mia testa era piena di domande. Forse avrei sempre dovuto ascoltare Veronica e lasciare Pietro fin dall'inizio. La nostra non era una relazione, era solo possessione. Per lui ero un oggetto che poteva essere guardato e toccato solo da lui e solo quando vuole lui. Raggiunsi la porta ma mi accorsi di non avere le chiavi. Bussai e in pochi minuti papà era di fronte a me con un'espressione che metteva i brividi. Mi tirò per un braccio dentro casa e per poco non caddi a terra.
-Ti avevo detto di essere a casa per le due-
Si avvicinò a me ed inclinò leggermente la testa come per osservare meglio la mia espressione. Mi sentivo minuscola e pronta ad essere schiacciata.
-Chi ti ha riaccompagnata a casa?-
Cominciai a sudare freddo. Se c'era una cosa di cui ero sicura, era che non avrei coinvolto altre persone in questa storia. Le conseguenze per aver raccontato la verità a Veronica, mi avevano fatto imparare la lezione.
-Un amico di Veronica-
-Ora ti metti anche a tradire Pietro, Abigail?-
-Cosa? No. Mi ha solo dato un passaggio fino a casa. Ero da Ugo con Veronica e tu lo sai, ti ho avvertito-
-Mi hai detto che andavi con Veronica, non che c'era anche questo ragazzo-
-Lui lo abbiamo incontrato là, non sapevo che ci fosse-
-Mm... facciamo finta che per stavolta ti creda. Succederà di nuovo? Vedrai ancora quel ragazzo?-
"Sì" avrei voluto rispondergli perché se fosse dipeso solo da me avrei tanto voluto rivedere Niccolò. Ma ehi, in quella casa tutto era considerato tradimento. Anche solo accettare un passaggio a casa.
L'attesa per la risposta fece infuriare papà e quel giorno non saltai la mia dose di punizioni. Dopo il secondo colpo mi alzò in piedi di peso.
-Ringrazia che siamo in ritardo, altrimenti sarebbe durata di più-
Mi fece salire in macchina e mi legò la cintura per evitare corressi via.
-Dove andiamo?-
-Andiamo a trovare gli zii- disse accendendo la macchina e partendo.
Ad accoglierci in giardino trovammo zia Margherita, zio Enzo e Paola, mia cugina. Paola mi ricordava molto mamma. Occhi azzurri e luminosi che facevano un bellissimo contrasto con i capelli neri. Di corporatura, invece, era simile a me. Lei era un po' come una sorella. Nulla a che vedere con Veronica, ovviamente. Ma quando andavamo a trovare gli zii sapevo sempre che lei ci sarebbe stata e che per mezza giornata sarei stara al sicuro e mi sarei divertita in sua compagnia a parlare del più e del meno e a riguardare tutti i filmini di quando eravamo piccole per prenderci in giro a vicenda.

***

La luce del mattino filtrava dalla finestra e mi arrivava dritta negli occhi. Sbuffai e guardai l'ora dalla piccolo sveglia sul comodino di fianco al letto. Dovevo prepararmi per andare a scuola. No dai, ancora un pochino dissi tra me e me. Richiusi gli occhi ma mi riaddormentai
-Abby porca troia alzati da questo letto! Sei in ritardo e io non ho tempo né voglia di accompagnarti quindi vedi di muoverti- mi urlò papa entrando in camera e togliendomi le coperte. –Se non ti alzi subito, te ne pentirai come quella volta che hai deciso di denunciare Pietro senza motivo-
Un brivido mi attraversò tutto il corpo. Come un flash i ricordi si palesarono nuovamente davanti ai miei occhi. Io che tornavo a casa con la maglia strappata in più punti e con i segni delle mani di Pietro sui polsi. Papà che mi aspettava in piedi davanti alla porta. Poi le sue mani sul mio corpo e lui che mi sussurra –Sei stata cattiva oggi. Ora vedi di non urlare, farò piano-
Mi scese una lacrima sul viso al ricordo di quella notte. Un padre dovrebbe proteggere la figlia, non violentarla una seconda volta. Mi asciugai le lacrime con le mani e lo guardai.
-Ora mi vesto. Potresti uscire, per favore?-
Lui non mi rispose. Mi tirò una sberla ed uscì dalla camera.
Mi portai la mano alla guancia e cominciai a singhiozzare. Non avevo fatto nulla di male.
Mi cambiai ed andai in bagno a cercare, come ogni mattina, di coprire i segni evidenti sulla mia faccia. Quando uscii dal bagno, sentii papà partire con la macchina. Tirai un sospiro di sollievo. Finii di prepararmi ed uscii di casa. Era troppo tardi per fare colazione, quindi mi ero portata una crostatina alla marmellata da mangiare durante il tragitto e una scatoletta di succo.
Arrivai davanti al cancello di scuola e vidi Ve parlare con Ludovico. L'aveva accompagnata a scuola in moto.
-Ehi belli- dissi sorridendo. Mi sembrava di vivere due vite: quella con Ve e quella con Pietro e papà.
-Ehi splendore, come stai?- mi chiese Ve abbracciandomi.
-Non così male dai. Come è andata stamattina? So che avevate un appuntamento in pasticceria- Sorrisi e guardai entrambi in attesa di una loro risposta. Si scambiarono uno sguardo e risero.
-Diciamo che non è stato niente male come primo appuntamento-
Veronica sembrava davvero felice e io non potevo che esserlo per lei.
-Bene dai, allora vi lascio da sole- disse Ludovico –Ci sentiamo dopo noi due?-
Ludovico mise un braccio attorno ai fianchi di Veronica e la attirò a sé. I loro sguardi esprimevano già tutto.
-Ti scrivo io- gli rispose Ve per poi lasciargli un bacio sulla guancia.
Lui sorrise e si rimise il casco. Accese la moto e ci mandò un bacio con la mano prima di partire.
-Tu devi raccontarmi tutto!-
Non vedevo l'ora di conoscere ogni dettaglio del loro incontro. Ve iniziò a raccontarmi tutto per filo e per segno, ma venimmo interrotte dalla campanella.
-Quanto odio questa campanella. Suona sempre nei momenti sbagliati-

***

Finite le lezioni salutai Veronica. Lei doveva vedersi di nuovo con Ludovico, mentre io sarei tornata a casa a piedi. Papà quel giorno sarebbe stato fuori casa fino alla sera e io mi sarei goduta quella giornata di tranquillità.
Mi misi le cuffiette e feci partire la playlist. Partì una canzone che non avevo mai sentito prima.
"Ma non sei più da sola, ora siamo in due. Io ci sarò comunque vada."
Camminai con lo sguardo perso nel vuoto. Due ragazze catturarono la mia attenzione. Si stavano abbracciando come se non si vedessero da tempo. Sorrisi e continuai a camminare. Guardi il telefono per vedere il titolo della canzone e l'artista, ma il telefono mi cadde dalle mani quando andai a sbattere contro qualcuno.
-Oddio scusami, non ti ho vista- mi disse lui
Raccolsi il telefono e lo controllai. Nessun danno. –Non ti preoccupare, è tutto a posto-
-Io mi preoccupavo più per te che per il telefono-
Solo in quel momento riconobbi la voce. Alzai lo sguardo e vidi Niccolò sorridere.
-Oh, non avevo visto che fossi tu-
-Lo capisco, è successo tutto così in fretta- disse lui ridendo.
-Sì, è vero- risposi ridendo a mia volta.
-Che hai fatto lì?-
Con il dito indicò il mio occhio e per un momento avrei giurare di essere sul punto di svenire.
-Prove di make up. Solo che non sono molto brava e stamattina volevo truccarmi con l'ombretto viola ma ho fatto un casino e non si toglieva più. Poi ero anche in ritardo quindi è rimasto così-
Se qualcuno mi avesse detto una cosa simile, non gli avrei mai creduto. Ma dentro di me speravo con tutto il cuore che Niccolò ci credesse.
-Sai Abigail, tutte le volte che ci incrociamo io vorrei tanto che tu ti fermassi e respirassi un po' più lentamente. Sembra sempre che tu sia di fretta e ti giustifichi per ogni tua azione come se avessi paura della risposta da parte delle altre persone. Vorrei solo sapere che cosa ti passa per la testa-
Niccolò allungò una mano verso il mio viso ma io, per abitudine, mi scansai.
-Volevo solo farti una carezza- disse timidamente.
Una carezza. In quel momento mi sentii terribilmente in colpa.
-Scusami è che ho visto passare un'ape e-
-No, non è vero. Tu hai agito di riflesso e non hai mai spostato lo sguardo dalla mia mano. E' proprio questo quello che intendevo prima-
Non sapevo come uscire da quella situazione. Ero spaventata, ma solo perché Niccolò sembrava aver già capito troppe cose e io non avrei mai voluto che lui finisse in mezzo a tutta questa storia.
Per mia fortuna in quel momento arrivò Lucrezia.
-Ehi Nic, andiamo?- gli chiese tutta sorridente. Poi si accorse anche della mia presenza e l'espressione sul suo viso cambiò. –Oh ciao Abigail. Vedo che hai conosciuto mio fratello. Cos'è, vuoi fare pena pure a lui con tutte le tue storielle?-
Io la guardai non sapendo di cosa stesse parlando. –Quali storielle?-
-Non so, ad esempio quella di quando hai denunciato il tuo ragazzo per stupro e in realtà non era vero niente- rispose ridendo.
Scossi la testa e a stento trattenni le lacrime. Vedevo lo sguardo divertito di Lucrezia e quello confuso di Niccolò puntati enrambi di me. –Tu non sai proprio niente, Lucrezia-
-Io non direi, visto che queste cose me le ha dette proprio Pietro-
"Ovvio" dissi a bassa voce. Guardai entrambi. Avrei voluto sapere che opinione avesse di me in quel momento Niccolò. Ma non dissi nulla e me ne andai.
-Aspetta- urlò lui afferrandomi il polso. Feci una smorfia di dolore che catturò lo sguardo di Nic. Mi guardò negli occhi e poi fece per alzarmi la manica della felpa ma lo bloccai.
-Che c'è?- chiesi quasi infastidita.
-Mi puoi dire che succede? E vero quello che ha detto mia sorella?-
-Se vuoi credere a quella storia, fallo pure. Tanto tutti ci credono-
-Io lo voglio sapere da te, però. Quella è la versione del tuo ragazzo, ma non è detto che sia quella giusta-
Lo guardai sorpresa. Dopo Veronica, lui era la prima persona a voler sapere da me come stessero davvero le cose. Ma io non gli avrei detto nulla.
-Niccolò io non posso dirtelo. Devi restarne fuori-
-Restare fuori da cosa?-
Non avrei pianto davanti a lui. Lottai contro me stessa per trattenere la lacrime nonostante la gola mi bruciasse come se avesse preso fuoco.
-Dalla mia vita, Niccolò. Non ci conosciamo e forse per te è meglio così, credimi. Non so che vita tu abbia, ma sono sicura che non voglio essere io a rovinarla-
Mi girai e ricominciai a camminare verso casa. Lasciai Niccolò pieno di domande e dubbi davanti al cancello della scuola. Arrivai a pochi isolati da casa mia e mi fermai. Avevo un disperato bisogno di piangere. Mi sedetti sul marciapiede e presi il mio viso fra le mani. La lacrime mi bagnarono la felpa e i pantaloni. Avevo appena escluso dalla mia vita una delle poche persone che si erano preoccupate per me. Ottimo lavoro Abigail. Ma non avrei permesso a Niccolò di affondare insieme me. Lui aveva la sua vita e doveva continuare ad essere felice lontano da me. Per il suo bene.
Alzai lo sguardo verso il sole e mi sentii bruciare il viso. Mi asciugai le guance con le maniche della felpa e ricominciai ad andare verso casa. Aprii il cancello e mi sdraiai nell'erba del giardino. Quel giorno si stava bene fuori. Mi sentivo libera e di nuovo viva. Almeno per un po'. Sentii una macchina accostare davanti a casa e mi misi a sedere per vedere di chi si trattasse. Una Mercedes nera.
-Oh cazzo- dissi a bassa voce. Ero già pronta a vedere la figura di Pietro scendere dalla macchina ma con mio grande stupore vidi quella di Niccolò.
-Che ci fai qui? Le parole resta fuori dalla mia vita non erano abbastanza chiare?-
Avrei voluto sembrare incazzata, ma in realtà risultavo quasi divertita e contenta di quella situazione.
Niccolò si avvicinò al cancello ma non lo oltrepassò. Si fermò dietro la staccionata e sorrise.
-Erano molto chiare. Ma non erano sincere-
Alzai la testa verso il cielo e sorrisi.
-E quindi decidi di presentarti a casa mia?-
-Sì- disse fiero –e sono stato anche fortunato direi, ti ho trovata qua fuori. Non ho nemmeno dovuto fare lo sforzo di suonare ed inventare una scusa per entrare-
"Se ci fosse stato papà non saresti mai entrato" pensai.
-Ma pensa un po'. E sei qui per?-
-Per aiutarti-
Accennai un piccolo sorriso e sospirai.
-Non puoi- dissi velocemente.
-Facciamo così allora: io ti lascio il mio numero e quando avrai voglia di parlare, ti basterà chiamare. Va bene?-
-Dopo andrai via?-
Lo dissi con voce ferma, ma dentro di me speravo che lui mi rispondesse no, starò qui con te.
-Sì, poi me ne vado-
Era giusto così.
-Allora va bene-
Mi avvicinai al cancello e presi il bigliettino con il suo numero.
-Spero di sentirti presto, Abigail-
Anche io, in realtà.
Lo salutai e poi decisi di andare a fare una passeggiata al parco di fronte. Era davvero immenso. Uno spazio pieno di alberi e giochi per bambini. Dopo l'asilo ci andavo sempre con mamma e Veronica. Passavamo interi pomeriggi a costruire capanne tra due alberi, fare a gara a chi andava più in alto con l'altalena e a chi portava il fiore più bello alla mamma.
Trascorsi molte ore al parco a ricordare in ogni piccolo angolo del parco o nei gesti di qualche bambino, i miei momenti felici.
Al tramonto tornai verso casa e vidi la macchina di papà parcheggiata davanti al garage. Ero andata in giro senza avvertirlo, anche se ero rimasta vicino. Non ero pronta alle conseguenze. Di punto in bianco, decisi di scrivere a Niccolò. Presi il bigliettino con il numero e lo salvai.
-Ma che sto facendo?- mi dissi. Non ne avevo la più pallida idea, ma avrei fatto qualsiasi cosa pur di non varcare quella porta quella sera. Iniziai a scrivere.
-So di essere un perfetto casino e ancora mi chiedo perché tu voglia aiutarmi. Io al tuo posto non lo farei. Non sai quanto vorrei spiegarti tutto, ma devi credermi quando ti dico che devi rimanerne fuori. Devi rimanere fuori da casa mia e lontano dal mio ragazzo, ma non so se voglio davvero che tu rimanga fuori dalla mia vita. Sei una delle prime persone che vogliono aiutarmi. La seconda, per essere precisi. La prima ovviamente è stata Veronica. Sto girando intorno a quello che vorrei dirti sul serio, ma ho il timore di sembrarti una pazza. Ho paura in questo momento, Niccolò. Ho davvero tanta paura. Non voglio tornare a casa. Aiutami, ti prego. Abigail-
Inviai il messaggio ed aspettai una risposta. Non tardò ad arrivare.
-Dimmi dove sei che ti vengo a prendere-
Sembrava la mia luce in fondo al tunnel.

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