Ringrazio @svftjonata per la pazienza ad aiutarmi con il romano.
E, soprattutto, ringrazio @intovyou per l'enorme pazienza e aiuto che mi sta dando sotto molti aspetti più delicati di questa storia.
Buona lettura
Dedicata a B. che è volato via un
paio di mesi fa e ha fatto più male
che bene la sua scomparsa. Il mondo
è ingiusto e non smetterò mai di
crederlo. Questa storia è anche sua.
Gli prometto che scapperò anche per
lui e che ogni mio traguardo sarà
anche un po' suo, perché una persona
muore solo nel momento in cui viene
dimenticata e io non lo dimenticherò
mai.
Dedicata a chi non può scappare
e a chi sogna la libertà, chiuso
tra le sbarre della mente o di
una casa dove si sente solo.
Dedicata ad Achille Lauro, perché
un po' glielo devo, che spero riesca
ad uscire realmente dalle sue trappole
che racconta tra le righe. Gli auguro
di salvarsi, come lui ha salvato
e continua a star salvando me.
Tufello.
Zona urbanistica 4I del Municipio Roma III.
Circa 14 mila abitanti.
Un posto di merda. Un buco di fogna dimenticato dai più ricchi. Uno dei posti peggiori di Roma Sud.
E Samantha lo sa bene.
Ma ha imparato a farci l'abitudine a lungo andare, perché, dopo più di vent'anni che ci vive, nulla la spaventa poi così tanto.
Seduta sulla panchina del piccolo parco presente nella città, osserva le varie persone passarle davanti, ma senza dare attenzione a nessuno, guarda, non osserva, non le frega nulla, è lì solo a perdere tempo.
Si porta la sigaretta tra le labbra, tirandosi leggermente il labret con i denti, stringendosi nelle spalle. Com'è possibile che ad aprile faccia ancora freddo?
Prende la giacca, poggiandosela sulle spalle, ma senza mettersela.
Batte un piede sul ferro, attendendo pazientemente, per poi guardare l'orologio. Quattro e ventisette. Ventisette minuti di ritardo. Maledizione.
Lancia via la sigaretta, ricevendosi le occhiatacce di una madre con due figli, al quale risponde con uno sguardo gelido, scrollando le spalle e chiedendole con lo sguardo che vuole, intimandole di farsi gli affari suoi.
Il suo telefono vibra e, come presa da un attacco, lo afferra tra le mani, guardando il nome e sorridendo leggermente:
"Andrew!"
Risponde, freddamente, seppur più rilassata a sentire l'uomo:
"Scusa il ritardo" Ride l'altro, mentre Samantha si stringe le labbra tra i denti, trattenendo il nervoso:
"Ritardo? Andrew, sono venticinque minuti di ritardo! Lo sai che devo andare via e ti fai aspettare. Dove cazzo stai?"
"Hey bambolina..." La voce di Andrew si fa più rauca e dura:"Vedi di non fare la lagnosa perché qua non comandi un cazzo e lo sai benissimo, quindi non cercare di fare la dura con me.
Sono in un posto poco diverso, ti mando la posizione, dì che ti manda Andrew"
"Perché stai in un posto diverso?" Gli domanda, preoccupata, che lo abbiamo beccato o altro?
"Tranquilla...Ho dei clienti nuovi e sembrano anche validi, sono qua da loro, non ci sono problemi per ospitarti, tanto prendi la tua roba e ti levi, gliel'ho già detto"
"Bene. Arrivo"
E chiude la chiamata, senza aggiungere altro. La presenza di questi nuovi clienti non piacciono per nulla a Samantha. La cosa si può concludere in due modi: o quei ragazzi finiscono sparati o lei e i suoi amici perdono il lavoro. Andrew non vuole molti "collaboratori" e Samantha sa perfettamente che questi "clienti" passeranno a "collaboratori" e qualcuno verrà cacciato.
Cerca di arginare quel pensiero sapendo che, indipendentemente da tutto, lei se la caverà. Andrew non è il primo. Andrew non sarà l'ultimo. E già in passato dei clienti avevano tentato di eliminarla o di metterla in secondo piano e tutti hanno fallito.
Sbuffa, seguendo la posizione che si trova in una delle parti più buie e abbandonate di Tufello. Possibile che non esistano altri punti di ritrovo?
Samantha è davanti a citofono e suona ad uno a caso, non sapendo il nome di questi clienti. Tanto cosa gliene frega a lei? Inventa una scusa al massimo.
Un ragazzo, almeno presume sia un ragazzo, le risponde:
"Chi cazzo è?"
Ottimo.
Incrocia le braccia davanti quella voce antipatica, fredda e fastidiosa, con un fortissimo accento romano, molto più del suo:
"Me manda Andrew."
Risponde senza emozioni, sentendo poi la serratura scattare, segno che le hanno aperto. Forza leggermente il portone, udendo non poche grida dai piani più alti. Gente che urla, che si diverte e un forte, fortissimo, odore di erba che le inebria le narici e la fa tossire dal fastidio, nonostante ne sia abbastanza abituata.
Sale le scale, bussando poi alla porta dove sente più casino, maledicendosi: come potranno mai sentirla? E invece, a dispetto di ciò che pensava, un ragazzo le va ad aprire:
"Andrew?" Le domanda.
Annuisce, senza aggiungere niente, incrociando le braccia e il ragazzo si sposta dalla porta, per permetterle di entrare. Non si stupisce neanche tanto quando vede unicamente ragazzi, una ventina di maschi intenti a fare cose diverse, chi a fumare, chi a tirare, chi collassato e terra o sui divani, chi si passa soldi e tanto, tanto fumo.
Come fossero cani richiamati da un osso succulento, diversi sguardi si posano su di lei, seguiti da commenti e da risate, di finto apprezzamento sul suo fisico e sul suo fondoschiena.
Lei non si sciocca o spaventa o altro, si tiene le mani distese sui fianchi e procede, avendo avvistato Andrew seduto vicino ad una finestra.
Non appena la vede, si alza, un po' barcollante, porgendo la mano:
"Prima i sordi"
Le ordina, freddo e autoritario e la ragazza sfila il portafoglio dalle tasche posteriori (facendo agitare gran parte dei ragazzi) e porge le banconote guadagnate:
"Così pochi?"
"A quanto pare"
"Samantha. Io co sti sordi nun ce faccio n'cazzo!" Le urla l'uomo, afferrandola per un braccio e stringendoglielo, facendola gemere dal dolore: "Vedi, cor tuo penoso gruppo, de darve na mossa a vende tanta roba, perché me fate più perde che guadagna e io, de gente come vuoi, nun c'ho arcun bisogno"
La allontana, senza troppa forza, essendo indebolito da alcool e erba, per poi lanciarle un mazzo di chiavi ai piedi che lei, immediatamente, raccoglie:
"Pija a roba giù in macchina, poi lascia e chiavi ne a cassetta de a posta. Nun prova a ruba nulla, soprattutto e chiavi e l'auto"
Le grida, mentre lei annuisce, senza dire nulla, ritornando alla porta e ignorando tutti i commenti dei ragazzi che le implorano di fermarsi e di "divertirsi" con loro.
Scende in fretta le scale e cerca nel parcheggio l'auto, avvicinandosi una volta trovata e aprendola, cercando al suo interno l'erba.
Si agita non trovandola da nessuna parte dopo aver perquisito attentamente l'auto: che Andrew se la sia dimenticata? Non può essere vero. I patti sono sempre chiari. L'erba è alla base!
Si sta preoccupando, quando sente un rumore esterno all'auto:
"Stavi a cerca' questa?"
Sbarra gli occhi, trovando un ragazzo con in mano i sacchetti d'erba a lei destinati:
"Dammeli!"
Gli ordina, scendendo dall'auto, ma il ragazzo scuote la testa, indietreggiando e guardandola malizioso, stringendo i pacchetti tra le mani:
"Calma regazzina, facciamo un patto"
E tira fuori la lingua, stringendola tra i denti e guardandola malizioso :
"Tu lavori ar mio servizio e io te faccio ave' tutta l'erba che voi" Samantha storce il naso davanti a quel forte accento e quel modo di parlare e lo sconosciuto se ne rende conto, ridendo, senza abbandonare l'erba:
"Te 'n sei de Roma?"
Samantha sbuffa: "Non ho l'accento così forte e non parlo solo romano"
"Sei del nord"
Ride ancora, come un coglione, mentre la ragazza non toglie gli occhi dall'erba:
"Lavora pe me. Avrai tutta l'erba che te pare, te e er gruppo tuo, a patto che me la vendiate...So quanto Andrew desidera che se venda, io ne chiedo meno e me pari na regazzina sveja, accetti?"
Samantha lo guarda, senza dire nulla, lo sta analizzando. Non ha una faccia fiduciosa, ma in quel posto chi la ha mai? Il ragazzo, convinto che Samantha voglia accettare rilassa leggermente i muscoli e la ragazza, che non attendeva altro che quel momento, scatta per afferrare l'erba.
In pochi secondi si ritrova sbattuta contro un muro, con la mano magra stretta attorno al collo dal ragazzo che non è interessato minimamente ad alleviare la presa, ma, al contrario, stringe sempre di più.
L'altra mano, che era riuscita ad afferrare un pacchetto d'erba, ha il polso bloccato nella mano libera di lui. Fatica a sentirla, tanto forte è la presa che esercita:
"N'ce provà mai più a fa' a furba co' me. N'so stupido. Te 'nvece me pari una che c'ha voja de gioca' e che pensa che tutto e sia dovuto.
Penso ce divertiremo molto insieme..."
Le sussurra, non smettendo di stringerle la gola e rendendole complicato respirare:
"Quindi a domanda mo' diventa retorica che tu voja o meno lavorerai pe' me, devi paga' questa stronzaggine e maleducazione nei miei confronti"
Detto questo la tira leggermente verso di sé, sbattendola poi, con maggiore forza, contro il muro, tanto da farla gemere per il dolore:
"Chiaro?!"