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Caterina Maggioli sa benissimo che non tutto può durare per sempre; le amicizie, gli amori, la famiglia. Tutt... More

21 Aprile 2013 - Austin, Texas.
4 e 5 Maggio 2013 - Jerez de la frontera, Spagna.
19 Maggio 2013 - Le Mans, Francia.
18 Agosto 2013 - Indianapolis, USA.
19 Agosto 2013 - Indianapolis, USA
12 Settembre 2013 - Misano, Italia.
21 ottobre 2013 - Phillip Island, Australia.
21 Ottobre 2013 - Phillip Island, Australia.
7 Novembre 2013 - Valencia, Spagna
10 Novembre 2013 - Valencia, Spagna.
2 Dicembre 2013 - Rufea, Spagna
5 Dicembre 2013 - Andorra la Vella
10 Dicembre 2013 - Rimini, Italia.
22 Dicembre 2013 - Cervera, Spagna
25 Dicembre 2013 - Cervera, Spagna.
26 Dicembre 2013 - Cervera, Spagna.
12 Aprile 2014 - Austin, Texas
27 Aprile 2014 - Termas de Rio Hondo, Argentina.
31 Maggio 2014 - Mugello, Italia
31 Maggio 2014 - Mugello, Italia.
4 Giugno 2014 - Rimini, Italia

1 Dicembre 2013 - Cervera, Spagna.

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Passare dal saluto sobrio e veloce che lei e il suo migliore amico si erano scambiati di fronte al gate dell'aeroporto Marconi di Bologna che lei ormai conosceva fin troppo bene, al modo scomposto in cui il minore dei fratelli Marquez l'aveva abbracciata quando aveva messo piede fuori dal gate dall'aeroporto di Barcellona era il tipo di cosa che non poteva non farla sentire spaesata; il fatto che attorno a lei vigesse uno strano mix di lingue che variavano da italiano, a inglese, a spagnolo non aiutava particolarmente a farla sentire al suo posto, ma per fortuna gli ultimi mesi passati viaggiando costantemente da un paese all'altro per le gare tornavano utili nell'ambientarsi in fretta un po' ovunque.

Ricambiò l'abbraccio di Alex, lasciando il trolley sul pavimento lucido accanto alle sue gambe «Ci siamo visti un paio di settimane fa per i primi test Lex, non ero esattamente dall'altra parte del mondo.» borbottò piano, staccandosi da lui e alzando il capo per rivolgergli un sorriso divertito.

Lo spagnolo si limitò a stringersi nelle spalle «Ormai mi ero abituato a vederti fin troppo spesso.» rispose alla fine, come se fosse ovvio.

A quel punto le si era affiancato anche Marc, rubandole la valigia con un sorrisetto insolente sulle labbra «Credo sia meglio avviarci,» stabilì alla fine avviandosi verso l'uscita «Mama y papa nos esperan por cena.»

Caterina lo guardò allontanarsi con sguardo stranito per mezzo secondo, si aspettava un altro tipo di accoglienza, soprattutto dopo il modo in cui Marc si era comportato per tutto il campionato, ma era meglio così; le dimostrazioni di affetto in pubblico non fallivano mai nel metterla a disagio e le bastavano quelle di Alex.

Si passò una mano tra i capelli prima di decidersi a seguirlo per i lunghi corridoi affollati dell'aeroporto di Barcellona, era quasi sicura che, se non fossero andati a prenderla sarebbe riuscita a perdersi in quel posto, tra bar, gates e negozietti vari le sembrava di essere in una riproduzione al chiuso di una città piuttosto che in un semplice edificio.

Prendere parte a una cena della famiglia Marquez la metteva leggermente a disagio, aveva avuto modo di conoscere Roser solo al Galà di Valencia; la donna le era sembrata estremamente educata e gentile, oltre a essere l'unica a riuscire a tener sotto controllo Marc, che già di per sé era un'impresa non da poco, ma di fatto non aveva il tipo di rapporto con lei che le permetteva di essere sicura di non essere di troppo e quello la preoccupava.

Abbastanza ironico dato che non si era fatta troppi problemi ad accettare l'ospitalità di Marc che le aveva offerto una stanza nella sua nuova villa per la settimana. In realtà aveva provato a rifiutare anche quella, ma il maggiore dei Marquez non ne aveva voluto sapere.

«Cate?» la lieve intonazione preoccupata nella voce di Alex la risvegliò dalle sue elucubrazioni «Todo bien?»

La riminese annuì leggermente «Stavo riflettendo,» rispose poi, risistemandosi lo zainetto in pelle sulle spalle «forse dovrei farlo meno spesso.» concluse, rivolgendogli un mezzo sorriso.

La risata di Marc, che ancora li precedeva di un paio di passi, risuonò cristallina per l'entrata dell'aeroporto «Forse dovresti, Querida. Credo che pensare sempre troppo faccia male.» le fece notare, attraversando le porte scorrevoli con passo sicuro.

Caterina scosse la testa, lasciandosi sfuggire una mezza risata «Detto da quello che ha fatto del non pensare troppo il suo stile di guida.» ribatté, lanciando un'occhiata divertita ad Alex mentre uscivano nell'aria salmastra e umida della città, il cielo era ancora rischiarato dal sole e anche la temperatura era completamente diversa dal freddo che era già arrivato in Italia.

«Intanto con il mio stile di guida ho vinto tre mondiali,» Marc si strinse nelle spalle, prima di lanciarle un'occhiata divertita «ne riparleremo quando lo avrai fatto anche tu.» concluse, mentre attraversavano il parcheggio e si fermavano di fronte a una berlina nera. Il maggiore dei fratelli estrasse le chiavi marchiate Honda dalla tasca dei jeans che indossava, aprendo il veicolo prima di sistemare la sua valigia nel bagagliaio.

Cate scosse la testa, lanciando un'occhiata ad Alex che si limitò a rivolgerle un mezzo sorriso «Devi ammettere che, questa volta, ha ragione.» le fece notare alla fine passandole un braccio attorno alle spalle.

*

La cena con la famiglia Marquez era andata estremamente meglio di quanto non si aspettasse, per sua fortuna sia Roser che Julia erano incredibilmente bravi a portare avanti una conversazione, ma soprattutto erano il tipo di persona che sembrava in grado di capire quando era meglio non fare domande; quindi, se si escludeva il dover evitare con attenzione il paio di domande che Roser le aveva posto sulla sua famiglia, la cena era passata relativamente tranquilla.

Alla fine della cena si era alzata per aiutare la donna a lavare i piatti in un automatismo che le era stato insegnato a suon di sberle, come tutto il resto delle buone maniere tra l'altro, ma Marc l'aveva bloccata per un polso, facendole cenno di tornare a sedersi «Sei nostra ospite,» le aveva fatto notare semplicemente «a sparecchiare possiamo pensarci noi.»

«Proprio perché mi state ospitando dovrei dare una mano.» replicò; la voce calma che nascondeva il lieve momento di panico che l'aveva colta, non comportarsi in modo appropriato di solito comportava una punizione o alle urla di sua madre che la rimproveravano di essere una figlia degenere, resistette all'impulso di passarsi una mano sul volto; era scappata di casa ormai due anni prima, avrebbe dovuto imparare a smettere di farsi influenzare dal modo in cui era stata cresciuta. Il fatto che i suoi genitori fossero stato tutto tranne che amorevoli non poteva continuare a influenzare la sua vita.

L'occhiata materna che Roser le aveva rivolto le aveva fatto capire di non aver celato poi così perfettamente le sue emozioni «Mi hijo tiene razón, tu eres nuestra invitada. No hay necesidad de ayudar algo.» le fece notare, se i fratelli e Julia parlavano italiano in modo più o meno fluente, era chiaro che la donna faceva molta più fatica; forse anche perché non frequentava i circuiti quanto il resto della famiglia.

«D'accordo, d'accordo.» aveva alzato le mani in segno di resa, non aveva intenzione di litigare con la donna, soprattutto quando Roser era stata così gentile da preparare un intero banchetto per la cena, già sapeva se ne sarebbe pentita il giorno dopo in allenamento quando sia lei che Marc avrebbero dovuto passare mezza giornata in palestra solo per smaltire la cena.

Marc, seduto accanto a lei, le aveva rivolto uno sguardo stranito; non l'aveva mai vista comportarsi a quel modo probabilmente. No, era sicura non avesse mai visto oltre la sua maschera perfetta di arroganza, principalmente perché non l'aveva mai vista lontana da un circuito, in una situazione così domestica e totalmente estranea a lei da renderla così tanto più vulnerabile.

Si passò una mano tra i capelli, scuotendo lievemente il capo prima di sedersi nuovamente al tavolo, la tazza di caffè scuro lasciata a metà che la osservava da sopra la tovaglia bianca; non sarebbe mai stata a suo agio in mezzo a una famiglia come quella, l'affetto che provavano gli uni per gli altri era così palese da essere quasi palpabile e lei, per tutta la sua vita, aveva vissuto in un ambiente in cui l'aria che si respirava era l'esatto opposto.

Ora che ci pensava, forse quella era la prima volta che presenziava a una cena di famiglia senza sentire litigate; non la sorprendeva poi così tanto che la famiglia non fosse la sua.

*

Si erano intrattenuti nella casa della famiglia Marquez fino a sera tardi; probabilmente per come stava andando la serata, sarebbero rimasti anche oltre, ma per fortuna Marc sapeva quanto lei che non potevano permettersi di presentarsi al primo allenamento senza essere al massimo a livello fisico.

Quello che non si aspettava era che Alex non sarebbe andato a stare con loro nella villa di Marc; ci era arrivata solo quando il minore dei fratelli non si era avviato con loro verso l'uscita, ma piuttosto l'aveva abbracciata, baciandole una guancia e augurandole un "buenas noches" che l'aveva lasciata spiazzata per un attimo, almeno finché Marc non le aveva passato un braccio sulle spalle e l'aveva trascinata verso l'uscita.

Aveva appena fatto in tempo a salutare Roser e Julia, ringraziandoli per l'ospitalità, prima di trovarsi di nuovo esposta all'aria fresca della notte Spagnola; le luci del piccolo paese che brillavano sulla collina poco lontana dalla villetta in cui avevano passato la serata.

Quando erano saliti in macchina la tensione che le aveva percorso le spalle per tutta la serata era solo aumentata, aveva sperato nel contrario; nel fatto che il solito scambio di battutine tra lei e Marc potesse tirarla fuori da quel vortice di pensieri che sembrava starla trascinando in qualche angolo oscuro della sua memoria, ma il viaggio in macchina si stava rivelando più silenzioso del previsto, se non si contava una qualche canzone spagnola che stava passando in radio. Marc sembrava aver imparato l'arte del silenzio proprio nel momento in cui chiacchierare di nulla le sarebbe servito di più e lei era troppo stanca anche solo per cercare di capire se gli sguardi che lo spagnolo continuava a lanciarle dalla coda dell'occhio erano effettivamente preoccupati o, semplicemente, erano uno di quei modi di fare di Marc di cui, in circostanze meno stressanti, non prendeva nota. Nel dubbio aveva optato per tenere gli occhi ancorati sulla campagna scura che scorreva oltre la luce dei lampioni, quel susseguirsi di campi che sembravano infiniti e casolari che sembravano usciti da un'altra epoca erano solo un modo come un altro di distrarsi da quello che stava succedendo nella sua testa; aveva imparato in fretta a bloccare il flusso dei suoi pensieri grazie agli stimoli esterni e quella era un'abilità che si rivelava sempre utile.

Marc si era fermato di fronte a un alto cancello in ferro battuto, aprendolo premendo semplicemente un pulsante e rivelando un enorme giardino ben curato che, anche nella notte, veniva rischiarato dalla pallida luce di alcuni lampioni piantati a terra.

La villa era un insieme di muri in mattoni ed enormi vetrate che si espandeva su due piani in uno stile che, nonostante mantenesse un qualche tocco rustico, era palesemente moderno; Marc parcheggiò l'auto nello spiazzale di fronte a quella che, a giudicare dal patio che la precedeva, doveva essere l'entrata principale.

Quando entrambi erano smontati dall'auto era stato lo spagnolo a scaricare la sua valigia ignorando magistralmente, come del resto faceva sempre, le sue proteste.

«Esperame aqui.» si era limitato a dirle, facendole cenno di accomodarsi su una delle poltrone in vimini del porticato, mentre lui procedeva oltre la soglia di casa, il trolley saldamente stretto in mano.

Caterina storse il naso in un'espressione confusa, guardandolo entrare e incrociando le braccia al petto. Alla fine si decise a sedersi, sfilando il suo pacchetto di sigarette dalla tasca della giacca pesante che indossava e portandosene una alle labbra; aveva imparato da tempo che alle volte l'unica cura per i suoi nervi era la nicotina e poco importava che, in quanto sportiva, non avrebbe nemmeno dovuto conoscere il sapore delle sigarette.

Quando Marc la raggiunse nuovamente all'esterno aveva in mano due bottiglie di Estrella 0,0 prevedibile considerando che entrambi erano sponsorizzati da quella marca e perfino lei, che di birra analcolica preferiva non berne, finiva per averne qualche bottiglia sempre nel frigo. Gli lanciò un'occhiata confusa mentre afferrava la bottiglia che le stava porgendo e ne prendeva un lungo sorso; avrebbe preferito qualcosa di molto più alcolico, ma non poteva pretendere nulla.

Il catalano aveva preso posto sull'altra poltrona, la sua bottiglia ancora stretta in mano, prima di rivolgerle uno sguardo attento, quasi stesse cercando di decifrarla. Alla fine, dopo qualche secondo che a Cate sembrò interminabile, si decise ad aprire bocca «Quindi? Cos'è successo sta sera?» le chiese alla fine.

Caterina si strinse nelle spalle, prendendo un tiro dalla sigaretta prima di sbuffare fuori il fumo «Niente.» si limitò a rispondere poi, gli occhi vacui che seguivano i ghirigori tracciati dal fumo nella fioca luce delle lampade.

«Sì, certo, e io non mi chiamo Marc Marquez.» lo spagnolo le rivolse un'occhiata che lasciava intendere perfettamente che non sarebbe bastato il suo solito modo di fare per fargli fare un passo indietro e Caterina, per l'ennesima volta in quella settimana, si pentì della sua scelta di andare a Cervera, con i Marquez lei non aveva nulla da spartire «Caterina, parlamene. Ci siamo solo noi due qui, non ci sono giornalisti, non devi per forza...»

La mezza risata che lasciò le sue labbra sembrò essere abbastanza per fermare il catalano «Non devo per forza cosa, Marc?» gli chiese, la sua voce che prendeva un tono palesemente ironico «Essere me stessa? Comportarmi come faccio sempre? Non basta una birra analcolica e due moine per conoscermi. Questo non cambia solo perché ti chiami Marc Marquez.» concluse, prima di riportarsi la sigaretta alle labbra, i suoi occhi che tornavano ad allontanarsi dalla figura dello spagnolo.

«Qui non centra proprio nulla come mi chiamo, Cate.» la voce dello spagnolo era rimasta calma, priva persino della risata che sembrava tingerla di solito, Marc era estremamente serio e lei non si ricordava di averlo mai visto agire in quel modo «Sono semplicemente preoccupato per una mia amica e non sarà di certo il suo pessimo carattere a farmi smettere di preoccuparmi, quindi sputa il rospo, Maggioli; o rimaniamo a dormire qui.» si limitò a farle notare, un sorriso sulle labbra che doveva servire più ad alleggerire la tensione che altro.

Caterina gli rivolse un'occhiata stranita, ma il catalano si limitò a stringersi nelle spalle, la sua espressione facciale che non variava di un millimetro. Apparentemente, Marc era mortalmente serio. La riminese sbuffò piano, passandosi una mano tra i capelli «Mi ha solo stranita vedere una famiglia unita quanto la vostra, tutto qui.» rispose alla fine con tono piatto, finendo la birra in qualche sorso. Davvero non avrebbe mai apprezzato la birra analcolica.

Marc alzò un sopracciglio, gli occhi scuri che assumevano una sfumatura consapevole. Già immaginava quale fosse il problema, ma non aveva voluto supporre nulla ora... «La tua non lo è.» disse semplicemente, con il tono di chi stava solo constatando l'ovvio.

«Non siamo esattamente una famiglia modello, mettiamola così.» Caterina si strinse nelle spalle, un sorrisetto amaro a piegarle le labbra «Una cena di questo genere, con la mia famiglia, sarebbe stata un campo minato di conversazioni da evitare e parole da non dire per non far scattare i miei genitori,» prese un ultimo tiro dalla sigaretta ormai finita, prima di spegnerla sotto la suola delle scarpe «diciamo che non sono esattamente abituata a potermi rilassare quando sono seduta a un tavolo con una famiglia.»

Lo spagnolo si alzò dalla poltroncina, abbandonando la bottiglia sul basso tavolino di vetro posto in mezzo al patio e osservandola dall'alto con sguardo corrucciato; c'era una preoccupazione malcelata nei suoi occhi scuri mentre si chinava di fronte a lei per guardarla negli occhi «Non devi sempre essere forte.» affermò alla fine «Non di fronte a tutti, non di fronte alle persone che ci tengono a te, non sei da sola.»

Caterina scosse lievemente la testa, i suoi occhi che si allontanavano da quelli incredibilmente intensi di Marc che sembravano essere in grado di leggerle dentro «Facile dirlo per qualcuno che non lo è mai stato.» gli fece notare poi, perché quando si cresceva con il supporto di una famiglia era tutto molto più semplice, non si era mai veramente soli «Io non sono te, Marc. Non so come...» prese un respiro profondo, passandosi una mano sugli occhi che sentiva appannati dalle lacrime nervose che si rifiutava di versare «fidarmi di qualcuno, per esperienza personale la gente è molto brava ad andarsene quando hai davvero bisogno.»

Marc scosse la testa, tirandosi in piedi solo per risistemarsi sul bracciolo della poltrona su cui era seduta e tirarla contro di sé in un abbraccio laterale abbastanza impacciato, ma che lasciava benissimo intendere quello che lui si affrettò a chiarire a parole «Ni yo, ni mi hermano, Querida.» affermò, una delle sue mani che le passava lentamente tra i capelli corti in un tocco leggero «Una volta che ci hai tra i piedi non ce ne andiamo facilmente, capito?» concluse, ritornando a osservarla; nonostante stesse sorridendo, i suoi occhi scuri mantenevano una serietà che raramente aveva visto sullo spagnolo.

Caterina Maggioli lo osservò con attenzione, quasi a cercare un segno, uno qualsiasi, che stesse mentendo, ma c'era qualcosa, nel modo in cui Marc aveva pronunciato quelle parole che la convinse a fidarsi. «Capito.» replicò semplicemente, non potendo evitare di sorridere leggermente quando Marc la strinse di nuovo a sé.

Forse, fidarsi di qualcuno, non sarebbe stato poi così terribile.

Vorrei parlare di quello che è successo in conferenza stampa giovedì, o di quello che probabilmente succederà domani in caso di vittoria di Marquez, ma ho realizzato che è inutile cercare di ragionare con gli ultras di Rossi, ergo; mi faccio i cavoli miei e tifo Viñales che, da quello che ho visto venerdì al circuito non se lo fila nessuno e ha bisogno di sostegno morale.
Nel frattempo vi lascio questo capitolo un po' meh  con Marc che fa cose (come al solito) senza chiedere il permesso a nessuno.
Spero il capitolo vi sia piaciuto, ci si legge alla prossima.
Peace & love,
Kate.

Ps. Comunque (cronache dal circuito mode: on) ho due considerazioni da fare: uno, Viñales e Marquez hanno lo stesso identico stile di guida con la differenza che Viñales si stende meno (quindi Yamaha sta elettronica muoviamoci a migliorarla che poi Mav è una belva). Due, quelli che fischiano di più Marquez a Misano (stranamente) non sono gli italiani, ma i tedeschi ai quali mi sento di dire: se volete andare a fare i buzzurri andate allo Spielberg e al Sachsenring che io a Misano non vi voglio.
Okay. Ora ho finito.

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Fanfiction holdarah