Lift Me

By Hannamargo

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π™Žπ™šπ™œπ™ͺπ™ž 𝙑'π™–π™˜π™˜π™€π™ͺ𝙣𝙩 π™ͺπ™›π™›π™žπ™˜π™žπ™–π™‘π™š π™™π™šπ™‘π™‘π™– π™¨π™©π™€π™§π™žπ™– 𝙨π™ͺ π™„π™£π™¨π™©π™–π™œπ™§π™–π™’ @hannamargowt... More

Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
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Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Ringraziamenti

Capitolo 1

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By Hannamargo

Paris.
Il nome chic del café in cui lavoro risalta nel buio perenne della notte insieme a tante insegne a neon di bar o sexy shop.
O meglio Pari.
Sembra che le lampadine che compongono la S siano fulminate.

Perché Giulio lo avrà chiamato proprio "Paris"?
Qui dentro non c'è nulla che sia francese, tranne la pelliccia di Chanel che Luisa indossa anche in estate per mostrare il suo essere alla moda (benché la pelliccia sia del 1988).

00:19

Giulio mi farà la solita lezioncina:
1. Non arrivare in ritardo perché le ore di punta sono quelle notturne
2. Se voglio tenere il posto, devo indossare l'uniforme
3. Devo essere meno scorbutica con gli studenti universitari che ci provano con me
4. Servire i tavoli in meno tempo possibile
5. (regola più importante di tutte)
non intrattenere lunghi discorsi "da donne" (come dice lui) con Luisa.

Io gli avevo spiegato che la pausa pranzo, accompagnata dalla semplice "chiacchieratina"(che di solito va avanti diverse ore), era l'unico svago che potessi permettermi.
Ma lui aveva scosso la testa dicendo che il tempo è denaro e che se volevo rimanere al Paris dovevo stare alle sue regole.

Da quel giorno, ho smesso di parlare con Luisa più del dovuto.
Anche se le questioni sono spesso di vitale importanza: tinte per capelli, attrici famose, operazioni chirurgiche andate male, trucchi da copiare...
Ma Giulio, non essendo donna, non potrà mai capire...

Cammino lentamente stringendo la sciarpa a righe verdi e nere al collo.
Avrei dovuto indossare qualcosa di più caldo piuttosto che una semplice gonna di pizzo con degli scarponcini marroni.
Fa veramente freddo e sento le mie dita diventare pezzi di ghiaccio, insieme al tremore delle gambe.

Mi affretto ad entrare nel locale dove lavoro da ben cinque anni.
Se non ci lavorassi, direi che è un posto carino.
Con le luci calde degli interni assorbite dai tavoli in mogano, si respira un'aria accogliente e romantica.
Il parquet in legno si abbina perfettamente alla mobilia vintage in beige e marrone scuro.
I quadri ritraggono in color seppia tutti i posti in cui Giulio è stato: Londra, Berlino, Zagabria, Atene, Barcellona e Parigi.

Su un piccolo tavolino, in fondo alla sala, si trova un giradischi.
C'è sempre la stessa canzone jazz in sottofondo, ma nessuno sembra accorgersene.

Uno delle cose più particolari del locale è una scritta formata da lucine gialle sul muro.
Essa recita: "il cliente ha sempre ragione".
Il motto del nostro locale.

A me non piace la vita da cameriera ma sono grata di avere questo lavoro perché semplicemente mi ha salvato la vita.
Dopo la ricaduta di mia sorella nell'alcool, è stato molto difficile pretendere una vita migliore.
Ci siamo dati tutti un po' da fare affinché sopravvivesse dall'oblio di questo malsano vizio.
E purtroppo, ne hanno risentito anche le nostre risorse economiche.
Avrei sempre voluto girare il mondo,
studiare varie lingue, fare video e reportage, raccontare storie in giro per il globo.
Tuttavia, ho dovuto accantonare i miei sogni per cause di forza maggiore.

La puzza di sigarette mi riporta alla realtà. Sto attenta al gradino che separa il marciapiede dalla porta.

Il primo giorno, per colpa di questo rialzo, sono caduta e Luisa ha riso così tanto da farsela sotto.

Tuttavia il marciapiede non viene ancora livellato e probabilmente dovremmo scrivere un avviso.
È sempre uno spasso vedere i clienti appoggiarsi alla porta per non cadere.
Ma bisogna provvedere, qualcuno rischia di farsi male.

Spingo la porta e l'odoraccio delle sigarette è scomparso, ma in compenso è sostituito dalla puzza di fritto e chiuso.
Dimenticavo che adesso è in voga il gelato fritto.

Giulio crede di avere una clientela di alto livello ma (mi dispiace dirlo) il Paris è un café frequentato da tutt'altro che uomini d'affari.
I nostri clienti sono molto semplici e hanno pochi spiccioli.

Mi tappo il naso e mi avvicino alle finestre per aprirle tutte.

Dove cavolo sarà Aurora?

"Riaaaaa"

Sento la voce rauca, quasi soffocata dalla violenta tosse di Luisa.

"Dovresti smettere" le dico avvicinandomi al bancone nero lucidissimo, dietro al quale si trova.

Luisa ha sessant'anni ma è una donna arzilla.
I suoi bellissimi capelli a cespuglio sono raccolti in una fascia verde a pois intonata ai suoi occhi verde smeraldo.
Ho sempre amato perdermi nei suoi racconti guardando quegli occhi del colore dell'erba bagnata dalla rugiada.
Il suo sorriso bianchissimo a trentadue denti risalta grazie al rossetto porpora che le ho regalato.

"Se intendi con il sesso, non posso.
È più forte di me."ammette sincera sistemando le carte da gioco e disponendole sul bancone.

"Dovresti andarci cauta con gli uomini, ma non intendevo quello".

Luisa è una gran bella donna, attira sempre una dozzina di uomini al giorno grazie alle sue forme ancora intatte, reduci di grande lavoro fisico.
Era una modella negli anni 80 e ha recitato in vari spot pubblicitari come gomme da masticare, costumi da bagno e accessori vari.

"Basta con il fumo. I tuoi polmoni ne risentono moltissimo, così come il tuo cuore."

Mi guarda con disappunto e scuote la testa.

"Sono 40 anni che fumo. Sono ancora tutt'intera" ribatte risoluta.

Tossisce fortemente ed io poso le mani sul bancone in segno di disapprovazione.
Avrei tanta voglia di spiegarle tutti gli effetti negativi del fumo sull'organismo, ma è stata una giornata pesantissima e non ho la forza per discutere delle sue pessime abitudini.
Magari ci proverò domani.

"Cosa c'è, tesoro?" mi chiede vedendomi massaggiare le tempie.

"Stamattina, come al solito, sono andata dalla signora Airone.
Ovviamente mi ha fatto la morale quotidiana dell'uscire con qualche uomo e mi ha raccontato la storia della sua vita.
Le ho lavato i piatti, i vetri, il pavimento.
Poi, ho riordinato la sua cantina e ci ho messo quasi due ore.
Dopodiché l'ho accompagnata al supermercato e, dopo aver fatto la spesa per circa un anno, ho dovuto portare il tutto a mano fino a casa sua mentre lei se ne stava tranquilla sul motorino stracarico di altre buste.
Ho dovuto preparare da mangiare in fretta perché Airone voleva andare a trovare la sua amica Carolina.
Risultato? Siamo andate via alle sei.
Sono tornata a casa alle otto ed ero stanchissima."

"Però almeno puoi arrotondare" mi ripete.

"Già" le rispondo, consapevole della mia situazione.

C'è un piccolo momento di silenzio ma Luisa lo disintrega borbottando qualcosa.

"Cosa dici?" le chiedo curiosa.

"Io stavo dicendo che forse Airone non ha tutti torti sulla storia dell'uomo. Dovresti uscire con... qualcuno "si allontana e fa finta di preparare un caffè.

"Dovrei uscire con un uomo? Sai che non ho tempo per queste cose" le rivelo ma in cuor mio, so che non è vero.

Sì, la sera faccio i turni di lavoro al Paris ma solo quattro volte a settimana.
In teoria, le altre sere sarei libera.
Il fatto è che le mie mani (e il mio cuore) si sono consumate troppo a forza di pensare ad un solo uomo: Leonardo, il padre della mia bambina.

Cerco di scacciare il pensiero prima che la tristezza invada i miei occhi, trasformandoli in dighe d'acqua.

Sospiro e chiedo di Aurora, la mia migliore amica conosciuta dai tempi delle medie.
Un'altra bomba sexy accalappia uomini.

"Dovrebbe essere in dispensa a prendere un paio di hamburger surgelati" commenta Luisa.

Aurora non è in dispensa per gli hamburger e lo so per certo.
Sta parlando con un nuovo uomo agganciato a chissà quale festa.

Lei si che ci sa fare.
Ha un incontro quasi ogni sera.
Gli uomini le si gettano addosso e non capisco quale sia la sua strategia.

Sto per prendere il lungo e poco illuminato corridoio che porta alla dispensa ma sento una voce familiare.

"Maria! " ordina severo il capo, spuntando da chissà quale angolo.

Oh merda.

Mi avvicino velocemente all'attaccapanni in legno, vicino alla lavagnetta dei menu, e prendo Francine (la mia bellissima uniforme composta da una maglia gialla con alcuni motivi a tazza di caffè e una gonna arancione che sulla cintura recita la frase sacra "il cliente ha sempre ragione")
Entro in un tempo ragionevolisismo in bagno.

C'è pipi dappertutto e qualche idiota deve aver lasciato i rubinetti aperti.
Li chiudo in un batter d'occhio e indossa la mia adorata uniforme di lavoro.
Esco in punta e a salti per non beccare le pozzanghere di urina.

Giulio mi sta cercando ed è inevitabile che venga a parlarmi.
Mi guardo attorno per prendere la comanda di qualche cliente in modo da evitarlo ma mi raggiunge e si posiziona davanti a me.
Cerco di superarlo ma non c'è modo.

"Maria, ascoltami. Quante volte ti avrò detto di arrivare prima?"

Gli è spuntata una bruttissima vena sulla tempia, segno che sta per arrabbiarsi.

Sbuffo e distolgo lo sguardo.
Ha maledettamente ragione però Arianna ha insistito affinché vedessimo insieme la Sirenetta e non ho potuto dirle di no, con quegli occhi da cucciolo bastonato.

Lui incrocia le mani al petto e ricomincia la sua cantilena.

"Mi hai chiesto un aumento ma di questo passo, non credo" impera furioso.

Lo guardo stizzita.
Qualche giorno prima gli avevo chiesto di aumentare leggermente la mia paga perché io e Aurora eravamo indietro con il pagamento dell'affitto.
Lui in cambio aveva chiesto di svolgere anche degli straordinari.

Tuttavia, con la mia indole da ritardatari, mi risulta ogni volta un'impresa.

"Senti, oggi sono veramente stanca. Potremmo riparlarne domani?" tento di tergiversare, fallendo miseramente.

Alza un sopracciglio e posa le mani sulle mie spalle, come per farmi comprendere che non c'è più nessuna scusante.

"Questa è l'ultima volta".

E io lo spero.
Solo che questa volta non è stata davvero colpa mia.

Dopo la Sirenetta, Arianna ha insistito affinché la portassi al letto e le dessi la buonanotte con la favola della Bella Addormentata.

"Mamma, ti prego" aveva implorato tenendo stretto Tino, il suo orsacchiotto rosa con il gilet blu.

Sapevo che non avrei avuto scelta, perciò mi sedetti ed iniziai a leggere.
Dopo un paio di minuti, mi chiese di dormire solo cinque minuti nel suo letto.
Il risultato? Un ritardo di tre ore a lavoro.

Aurora compare con un leggero sorriso e una faccia stranamente compiaciuta, continuando a guardare il display del telefono.

"Indovina chi ho conosciuto?" dice maliziosamente, battendo eccitata le mani.

"Mh, un avvocato?Forse uno chef o un conduttore televisivo?"
la prendo un po' in giro, ridendo e riversando tutta la mia stanchezza nel bicchiere di caffè espresso che mi sono preparata.

"Ah, ah divertente" fa una smorfia e mi colpisce sul braccio giocosamente.

"Devo darti due notizie: una positiva, l'altra negativa. Da dove comincio?" risponde seria.

"Aurora Gerardi seria. Aiuto, adesso mi fai paura" fingo di essere percorsa dai brividi.

Ed è vero.
L'unica volta in cui si è davvero mostrata seria è stata quando mi ha chiamato dicendomi che Arianna aveva la febbre a 38° e servivano le compresse.

"Inizia dalla positiva" le ordino.

Non ho proprio voglia di sentire notizie negative, non dopo quest'interminabile giornata.

"Beh, ho conosciuto un uomo affascinante.
Ha certi muscoli. Dovresti vederlo.. Ieri sera stavo..."

"Taglia corto.." replico.

Sono talmente stanca che non mi reggo in piedi.
Mi siedo e continuo ad ascoltarla, poggiando la testa sul tavolo.
Sono tentata di schiacciare un pisolino, però non posso farmi richiamare nuovamente dal capo.

"In ogni caso, io.. non sapevo se tu..." balbetta confusa la mia coinquilina.

"Aurora. Arriva al punto" quasi urlo.

Il suo divagare mi sta facendo perdere le staffe.

"Ho organizzato un'uscita a quattro." sputa dai polmoni tutta d'un fiato.

Mi alzo improvvisamente e le chiedo di ripetere la frase precedente.
Lei sa che è un periodo piuttosto difficile perché non riusciamo a far fronte a tutte le spese e non abbiamo il tempo di sbavare dietro gli uomini.
Inoltre conosce la faccenda di Leonardo.

Inizia a grattarsi la nuca e, in segno di scuse, congiunge le mani e tira fuori il labbro inferiore.

"Come hai potuto fare una cosa del genere?" controbatto alla sua proposta stizzita.

Sa esattamente che le spese sono limitate e che non ci troviamo in una situazione economica stabile.

I denti stretti, le mascelle serrate, i pugni chiusi nelle mani.
Calma, maria.
Puoi sempre non andarci.
Non sprecare forze inutili e soprattutto, rilassati.

"Maria, è solo un'uscita. Dai, non prendertela. Magari questa volta.." mi suggerisce imolorante.

La stanchezza mi impedisce di replicare e le rispondo che la storia non è certo finita.

Mi dileguo e inizio ad avvicinarmi a qualche tavolo.
Aurora rinuncia a farmi ragionare.
Sa che a quest'ora sono intrattabile, mi conosce troppo bene.

Al tavolo davanti a me, sono sedute quattro ragazze (forse un pochino au di giri ma sembrano gentili)
"Buonasera, posso fare qualcosa per voi?"mi avvicino al tavolo bianco, sporco di gelato in fondo alla stanza.

Il pavimento è ricoperto da macchie di caffè.

Accidenti, in questo posto non c'è niente di dannatamente pulito.
O forse sono talmente stanca che sto immaginando.

"Io vorrei un paio di pancake, con tanto sciroppo. E.. una cola light.."

"Okay" appunto tutto su Jerry, il mio vecchio taccuino giallo pieno zeppo di scarabocchi e numeri di chissà chi.

La serata trascorre tranquilla.
Non c'è mai stata così tanta pace.

La prima volta che ho messo piede qui avevo intenzione di abbandonare subito.
Certo, il primo giorno è sempre il più complicato perché devi iniziare a prendere i ritmi e a capire come svolgere il tuo lavoro.
Quasi sempre il primo giorno, ti
becchi i clienti più pignoli che vogliono risucchiarti dalle vene tutto l'entusiasmo che avevi prima di cominciare.

Sembra di risentire tutte le lamentele dei miei primi clienti:
* la mia bibita non è abbastanza fredda.
*nel mio panino non c'è ketchup.
*avevo chiesto maionese in più.
*c'è una macchia sul vassoio.
*io vorrei ordinare.
*lei è un po' lenta, si muova.

Dopo mille estenuanti corse, migliaia di scuse per la mia lentezza e insicurezza, finti sorrisi per mostrarmi cordiale, ho preso la decisione di continuare a lavorare al Paris.

Ed eccomi qui.
Mentre lavo il pavimento del bagno, penso a quello che sarei potuta diventare se non mi fossi accontentata di questo.
Ma la mia mente non trova risposta.
Molto probabilmente, sarei finita qui comunque.

Dopo aver lavato da cima a fondo la toilette, mi reco a riempire le bottiglie di ketchup e maionese.

Aurora mi raggiunge e cerca di captare il mio umore.
Sto per andarmene ma mi prende per il braccio.

"Maria, fermati un attimo" mi prega.

Mi giro a guardarla e attendo che parli.
Spero non ricominci di nuovo.

"Io non voglio darti pesi inutili.."

"Ma?"

"Ma questa volta dovresti provarci.
Davvero. Lo so che la tua prima e unica storia d'amore è stata un fallimento.."continua.

Smette di parlare per un attimo.
Vorrei urlarle addosso e dirle che non è stato un fallimento, che sono stati momenti indimenticabili durante i quali mi sono sentita la persona più felice al mondo, nonostante questa storia non sia finita nel migliore dei modi.

La mia coinquilina mi posa le mani sulle spalle con sguardo severo ma pieno di fiducia, proprio come Giulio un attimo prima.

"Amica mia, è ora di dimenticare Leonardo. Tutte le persone che conosci ti stanno suggerendo di uscire con gente diversa"

Quelle parole fanno male perché sul mio cuore sono scolpite una ad una le lettere che compongono il nome  Leonardo.

Aurora ha ragione.
È ora di voltare pagina, di impacchettare tutti i vecchi ricordi e spedirli lontano, di cambiare vita.

E forse posso provarci.
Non è detto che ci riuscirò.

Una relazione non si può dimenticare in un giorno ma lentamente, staccheró dal muro della mia mente ogni parola, sorriso o ricordo che mi provoca nostalgia.

Non sarà semplice e potrebbe arrecarmi un sacco di sofferenza ma non importa.
Vale la pena tentarci, no?

Annuisco e Aurora sembra sorpresa della mia reazione, come se si aspettasse un'altra replica.

"Proviamo a lasciarci tutto il passato alle spalle, per il mio bene e quello delle persone che amo" mordo il labbro inferiore.

È un gesto che faccio prima di piangere.
È come se fosse un avvertimento a chi mi sta di fronte.

Infatti Aurora, quasi d'istinto, mi circonda i fianchi con le braccia e cerca di consolarmi con qualche carezza sulla spalla prima di bagnare la sua uniforme con lacrime miste a mascara.

È come se nelle mie lacrime si riversasse tutta la frustrazione raccolta in questi ultimi anni.

Il profumo di Aurora è afrodisiaco.
È un misto tra menta e miele, il sapore delle sua caramelle preferite.

"Vuoi una delle mie mentielle?" chiede, come se mi avesse letto in mente.

Il nome mentielle è stata un'invenzione di Arianna.
Caramelle al gusto di menta e miele.

"Come hai fatto a capire che stavo pensando alle.."

"Quando senti un odore particolarmente gradevole, inizi ad annusare muovendo il naso su e giù.
Sei una topina"

Ridacchio scacciando un po' di tristezza.

Lei mi porge alcuni fazzoletti per sistemarmi il viso.
Dopodiché mi sorride e mi incoraggia a non mollare poiché mancano circa dieci minuti alla chiusura.

Si distacca e ritira i vassoi degli ultimi tavoli.

Io resto per qualche secondo a guardarla e ringrazio Dio di averla conosciuta.

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