Danger's back

By MichelaCaggegi

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TRADUZIONE DI DANGER'S BACK More

danger's back
capitolo 2
capitolo 3
capitolo 4
capitolo 5
capitolo 6
capitolo 7
capitolo 8
capitolo 9
capitolo 10
capitolo 11
capitolo 12
capitolo 13
capitolo 14
capitolo 15
capitolo 16
capitolo 17
capitolo 18
capitolo 19
capitolo 20
capitolo 21
capitolo 22
capitolo 23
capitolo 24
capitolo 25
capitolo 26
capitolo 27
capitolo 28
capitolo 29
capitolo 30
capitolo 31
capitolo 32
capitolo 33
capitolo 34
capitolo 35
capitolo 36
capitolo 37/38
capitolo 39
capitolo 40
capitolo 41
capitolo 42
capitolo 43
capitolo 44
capitolo 45
capitolo 46
capitolo 47
capitolo 48
spazio autrice
spazio autrice
spazio pubblicità
pubblicità
capitolo 52-prima parte
capitolo 52-ultima parte
spazio autrice
spazio autrice
NON È UN CAPITOLO
anticipazioni
spazio autrice
new danger
-INFORMAZIONI-
danger's back 2

capitolo 49/50/51

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By MichelaCaggegi

capitolo 49.

"Bene, bene, bene... Ecco qui la bellissima Kelsey Jones. Come stai tesoro?" una voce tubò beffardamente da dietro. Camminando velocemente, cercando di ignorarlo, Kelsey urlò per la sorpresa quando qualcuno le afferrò il braccio, tirandola indietro. "Tuh, tuh, tuh, tua madre non ti ha insegnato le buone maniere?" Sorrise. "Non è educato ignorare le persone." "Lasciala andare!" Girandosi, l'uomo sorrise quando video Justin respirare pesentamente, come se avesse appena corso una maratona. "Guarda chi finalmente ha deciso di unirsi a noi", si girò per guardarlo in faccia, spostando anche il corpo di lei mentre la teneva stretta. "Lasciala andare," ringhiò ancora una volta. "Lei non ha niente a che fare con questo." "Oh, mi permetto di dissentire." Sorrise." "Vedi, lei è proprio la giusta preda da catturare e non mi dispiacerebbe averne n pezzo per la cena. Dimmi, non ha un buon sapore?" "Figlio di puttana!" Corse verso di lui, ma una forza lo trattenne. "Cosa cazzo?" sputò mentre cercava di liberarsi . Mentre lottava, altre persone uscirono dall'ombra, unendosi alle risate del rapitore di Kelsey. "Justin!" Kelsey urlò con tono disperato, cercando di scappare dalla mani che le tenevano il corpo stretto. "Scusa piccola, ma Justin è un po' legato al momento" rise mentre si girava, portandola con sè. "Justin!" gridò tirando calci in aria per cercare di allentare la presa sul suo corpo in modo che potesse liberarsi, ma lui era più forte di lei. Cercando di raggiungere le sue mani, Justin tentava di avvicinarsi ma non importava quanto si sforzasse, era come se fosse cementificato a terra. "Justin!" Punto di vista di nessuno: Nessuno disse una parola mentre lasciavano l'ufficio di Lyndon in fretta, per poi catapultarsi verso la macchina come se la loro vita dipendesse da questo - e in un certo senso era vero. Justin non riusciva a cancellare quella sensazione che aveva alla bocca dello stomaco, e agitandosi sul sedile, il suo cuore era praticamente pronto a cadere dal petto. Era come se tutto il suo mondo si fosse fermato e si fosse schiantato contro di lui, una sensazione troppo familiare che aveva provato molte volte prima, ma questo era diverso - poteva sentirlo. Non era come ogni altra volta nella sua vita, dove sapeva quello che doveva fare e quello che stava per affrontare. Non aveva assolutamente idea di quello che sarebbe successo e una parte di lui urlava di tornare idietro e nascondere la verità perché era qualcosa che non era destinato a scoprire. Lui non era pronto per questo e il suo intestino lo sapeva - aveva semplicemente scelto di non seguirla. Perso, non sapendo cosa fare e dove andare, Justin si muoveva avanti e indietro come un drogato di crack; aveva bisogno di mettere tutto apposto e ne aveva bisogno subito. Neanche il traffico lo aiutava. "Fanculo tutto," grugnì mentre si fermavano dietro a un'altra macchina ad un semaforo rosso. Aprendo la portiera, non guardò nemmeno indietro e iniziò a correre nella direzione dell'ospedale. Non diede nemmeno importanza al fatto che l'ospedale distava miglia e miglia o che avrebbe sudato come un maiale perché l'unica cosa che voleva era raggiungere quell'ospedale e arrivare al suo fianco in tempo. Correndo attraverso l'ingresso del pronto soccorso, seguì la linea di tante porte che conducevano alla sala d'attesa che era affollata. Le pareti bianche gli fecero rivoltare lo stomaco per gli innumerevoli ricordi che lo avevano portato qui. Da tutte le ferite che aveva ricevuto negli ultimi anni, al colpo di pistola di un paio di mesi fa, niente era più doloroso di sapere che non era lì per lui o per uno dei ragazzi di nuovo, ma che era lì per Kelsey. Non aveva alcun senso per lui. Perché doveva essere lei e non lui. Avrebbe preso il suo posto senza neanche pensarci, anche se ciò significava morire, perché Kelsey era l'angelo e lui il diavolo che le aveva ceduto l'anima molto tempo fa. In piedi, circondato da così tante persone in attesa del destino dei loro cari, le sue mani iniziarono a tremare al pensiero che il destino di Kelsey era segnato. Non doveva essere così. Avrebbe dovuto abbandonare la sua vecchia vita per iniziarne una nuova. Dovevano cresvere felici e invecchiare insieme, avere dei figli e ora sembrava che questo non sarebbe successo. Era come se la sua vita non sarebbe andata nel modo in cui sperava, ma era come se fosse controllata da qualcun altro che voleva vederlo crollare. Correndo verso la reception, Justin posò i palmi delle mani sul bancone di marmo, respirando affannosamente. "Kelsey Jones?" "Mi scusi?" "Kelsey Jones, in che stanza è?" Separando le labbra, la receptionist guardò sullo schermo del computer prima che l'azzurro dei suoi occhi penetrasse in quello di Justin attraverso le lenti dei suoi occhiali, "Mi dispiace, ma gli orari di visita sono-" "Sono il suo cazzo di fidanzato," sbottò, "in che camera è?" "Signore, si deve calmare," disse la guardia di sicurezza, facendo un passo verso di loro dopo aver notato la scena tra di loro. "Non dirmi di calmarmi," Justin ribollì, "Ti spezzo il collo a metà cazzo." Raggiungendolo, socchiuse gli occhi verso di lui. "Se non fa un passo indietro, ti farò-" 
"Mi farai che? Per cosa?" Justin fece un passo in avanti, inclinando la testa di lato. "Hm? Per aver detto la verità? Perché prometto che ti metterò le mani intorno alla gola più di veloce di quanto tu pensi."
"E' nella stanza 110," l'infermiera interruppe rapidamente il discorso, mettendo una mano davanti alla guardia e facendola tacere, non voleva essere causa del dibattito. Girandosi verso di lei, Justin le fece un cenno prima di tornare a fissare l'uomo davanti a lui, spingerlo e passare oltre verso le doppie porte che conducevano a una sala molto più grande di quella in cui era appena stato. Era nel suo piccolo mondo e non si era nemmeno accorto che i ragazzi erano finalmente arrivati, fino a che non sentì le loro voci che chiedevano al fratello di Kelsey. Così corse attraverso un'altra serie di porte portandolo alla clinica di emergenza di coloro che erano stati gravemente feriti, causando al suo cuore un battito in meno. Girando l'angolo, Justin sentì il suo cuore fermarsi quando vide Carly in piedi con le braccia incrociate, sembrava avesse pianto per ore. I suoi occhi erano rossi come il sangue, il naso di una tonalità rossa. Tirò su e se lo asciugò come se lo avesse fatto tantissime altre volte. Era come se fosse bloccato in un'altra dimensione, non poteva afferrare il concetto che questa cosa stava realmente accadendo a lui in questo momento. Appena Carly si voltò verso di lui, lo guardò negli occhi "Justin," sussurrò dolorosamente, il labbro inferiore tremava leggermente come lo sguardo nei suoi occhi. Sapeva che stava per perdere il controllo e aveva anche la sensazione che l'avrebbe fatto. "Dov'è?" "Justin-" "Carly," scosse la testa, "No e dimmi dove si trova." Guardando la stanza situata alla sua destra e dopo tornando a guardare Justin, lui iniziò subito a camminare verso la porta. "No!" gridò, "non puoi entrare." Gli bloccò lo strada, stava lì con i suoi occhi imploranti, chiedendo di ascoltarla, ma lui si rifiutò. "Spostati," ordinò. "Non è la stessa persona," cercò di farlo ragionare. "Se entri, non vedrai chi ti aspetti di vedere. Vedrai una persona completamente diversa. Non fare questo a te stesso," sussurrò. "Lei non vorrebbe che tu la vedessi così."
Stringendo la mascella, Justin combattè la voglia di urlare dall'agonia. Voleva che tutto questo fosse uno scherzo orribile, uno scherzo fatto da Carly per fotterlo mentalmente e fargli capire tutta la merda che aveva provocato alla ragazza che amava, ma più se ne stava lì a guardarla, più la realtà affondava dentro di lui. "Lei ha bisogno di me," disse. "E io ho bisogno di lei e niente cambierà questo quindi per l'ultima volta, spostati." Spingendola, Justin quasi inciampò sui suoi piedi, mentre armeggiava con la maniglia della porta prima di riuscire a girarla e a entrare dentro. Camminando nella stanza, quasi crollò nel vederla. Diversi fili erano collegati a ogni vena vitale del suo corpo per impedirle di perdere ossigeno La sua testa era avvolta con diversi lividi sparsi da centimetro a centimetro sulla sua pelle, ferite che la solcavano come un veterano appena tornato dalla guerra. Il suo occhio sinistro gonfio e il labbro inferiore cucito come se avesse ricevuto un colpo inaspettato. Lì, Justin potè capire quello che Carly intendeva, non riconoscendo più una sola caratteristica sul suo volto amato. Era stata pestata a sangue, da quanti non ne aveva idea, ma era miracoloso che avesse persino sopravvissuto a un colpo come questo. Soffocando un gemito di dolore, e non sapendo cosa dire o fare, non riuscì a controllare più le emozioni che attraversavano il suo corpo, fece un passo verso di lei e le prese la mano nella sua. Sentire il solito calore che adesso era stato sostituito da una freddezza glaciale, fecero trapelare qualche lacrime dai suoi occhi. Con le spalle curve, nessuno osava dire una parola mentre stavano sulla soglia a guardarlo e mentre lui si ruppe davanti a loro. Scuotendo la testa, usò la mano libera per ripulire il suo viso dalla lacrime. "Mi dispiace," disse sussurrando. "Sono così.. così dispiaciuto." Cadendo sulla sedia libera a lato del letto, coprì la mano di Kelsey con la sua e con fermezza premette le sue labbra prima di appoggiare la sua fronte al suo braccio. Il silenzio prese il sopravvento mentre sedeva lì, soffermandosi su come avesse potuto far sì che tutto questo accadesse. Come aveva fatto a lasciare che le cose arrivassero a questo punto, non l'aveva capito. Stava finalmente cominciando ad abbattere quei muri, la vita l'aveva cresciuto così, abituato a dissolversi lentamente in un lontano ricordo in modo da poter creare una nuova vita con lei, ma ne erano stati negati il tempo e le opportunità più volte. Dopo aver sentito un colpo leggero alla porta, Justin non ebbe il coraggio di distogliere lo sguardo da lei. "Mr. Bieber?" Quando non si mosse, continuò.
"Sono il dottor Spinelli, mi prenderò cura di Kelsey questa sera. Ho bisogno che lei esca per qualche secondo in modo da poter eseguire alcuni esami. Andrà tutto bene." "Sta andando tutto bene?" sussurrò "Proveremo a fare il nostro meglio". Improvvisamente la sedia raschiò duramente contro il pavimento e Justin si alzò, afferrandolo dal colletto della camicia "Lei non deve provare. Lei deve farlo.” “E’ necessario che si calmi” – spingendolo indietro, Justin fissò l’uomo che inciampò all’indietro, quasi colpendo il muro, talmente tanta la forza con cui si avventò su di lui. “Non-“ lo avvertì “dirmi cosa fare. Faccia il suo fottuto lavoro e la salvi.” "Justin, uomo" John intervenne, sapendo che era una situazione difficile, ma sapendo anche che Justin non voleva essere buttato fuori a causa di questo "non farlo". "Chiudi quella cazzo di bocca" replicò bruscamente "nessuno ti ha chiesto un cazzo." "Questo è un ospedale, signor Bieber, e proprio come a qualsiasi altra persona, le chiediamo di tacere, o dovremo per forza farlo uscire da questa stanza. “Sai cosa vuol dire?” chiese “Quando ti senti come se stai per annegare e non puoi respirare? Come se tutta la vita ti si fosse stata strappata dalle mani e ti senti cadere in un buco nero?” guardando verso Kelsey, scosse la testa “Questa ragazza è tutto per me. Lo capisce? Perché io credo di no." mettendosi una mano tra i capelli, li tirò alle estremità "Sono stato qui innumerevoli volte, perché ho meritato di essere qui, perché ho fatto cose che mi hanno portato qui, ma lei? Lei non meritava questo" disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo. "Io merito di stare lì" indicò se stesso “Me. Lei non voleva questo. Lei non voleva niente di tutto questo, ma è ancora fottutamente bloccata e non ho idea del perché." "Justin, perché non andiamo a prendere un po' d'aria ?" Bruce fece un gesto verso la porta, e fece cenno con la mano di seguirlo. "No" alitò; la sua visione opaca, mentre fissava a lungo e duramente i lividi in tutta la sua pelle, la pelle che prima aveva baciato, la pelle che avrebbe protetto come se fosse la sua. "Ho fatto una cazzata. L’ho fatta grossa, e non c’è modo di tornare indietro.” Raggiungendolo e afferrando il suo braccio, Bruce fu ripreso dalla sfuriata che seguì “Non mi toccare!” Justin urlò a squarciagola, sconvolgendo i cuori di tutti nella stanza. Silenzio. "Dovevamo essere felici, sai" sussurrò, mentre i suoi occhi guardavano il suo viso ancora una volta "avevamo finalmente deciso di essere felici." Ripreso dal primo singhiozzo che riempiva l'aria, Bruce rimase sbalordito mentre guardava la scena svolgersi prima di lui. Scrollando tutte le emozioni che scorrevano attraverso il suo corpo, scuotendo violentemente le spalle, Justin si piegò in due mentre cadeva in ginocchio. Bruce fece cenno a tutti di uscire, chinando rispettosamente la testa verso il medico, sussurrandogli che aveva bisogno di appena un minuto prima che lui accettasse l’accordo. "Un minuto e non un secondo di più" . " Se aspettiamo ancora, alla fine, le faremo solo più male" "Le ho fatto una cazzata ... una cazzata molto brutta" scuotendo la testa, Justin si strozzò con la saliva non appena deglutì, cercando di scacciare il mal di testa; ma proprio come il suo cuore, non sarebbe andato via. "Ascoltami" Bruce sottolineò, inginocchiandosi accanto lui “Lei non vuole che tu faccia questo” “Niente potrà mai fare per questo" rispose come un robot, come se fosse in un mondo completamente diverso. "Justin" scuotendolo, Bruce tirò le sopracciglia in una smorfia, iniziando a tirare calci, preoccupandosi. "Justin!" urlò in un sussurro, catturando la sua attenzione. Con gli occhi rossi, Justin annusò come un bambino che ha pianto perché ha perso la sua mamma "si?" "Andiamo, uomo, lascia che i medici facciano il loro lavoro..." mormorò mettendosi in piedi e portandolo con lui mentre camminavano insieme, lasciando che i medici si dessero da fare. Erano lì in attesa di notizie sulle condizioni di Kelsey. Non avevano dormito per giorni ed era come se si fossero svegliati per la prima volta. Con le braccia incrociate, Justin non si preoccupò di confermare la loro esistenza, dato che teneva gli occhi addestrati alla porta che era ormai chiusa, escludendo tutti da quello che stava accadendo all'interno della stanza. "Merda" Carly imprecò sotto il naso. Curioso, Justin si volse a vedere la madre e il padre di Kelsey fare la loro strada con Dennis alle loro spalle. Separando le sue labbra, Justin fece un respiro tagliente, non avendoli visti per un lungo tempo "Oh, fanculo a me, all'inferno" Prendendo l’iniziativa, Carly fu la prima a parlare, evitando di far scoppiare una guerra. Si mosse verso i signori “Hey, Signor e Signora Jones” li accolse con un sorriso, mascherando l’evidente tristezza “Oh, tesoro” gettando le braccia intorno al suo collo, la madre di Kelsey affondò la testa nella nuca di Carly, mentre lei si aggrappava sul suo collo. "Come sta? Lei sta bene?" "Non lo sappiamo ancora" Carly sussurrò e lei si strinse ancora una volta prima di sfilarsi via e infilare una ciocca di capelli dietro l'orecchio, "stanno ancora eseguendo gli esami." "Quanto tempo ci vuole?" Il padre di Kelsey era immerso in una certa impazienza - come ogni padre farebbe in una situazione come questa. "James" ribatté lei, rimproverandolo consapevolmente. "Maria" egli replicò, altrettanto tagliente. Scuotendo la testa con le labbra pressate in sgomento, piegò la fronte in disappunto evidente prima di girarsi e notando Bruce e gli altri in piedi fianco a fianco "E chi sono questi signori?" Non ci volle molto tempo prima che la coppia si trascinò verso il gruppo di uomini davanti a loro, ma i loro occhi si posarono su Justin. Congelando sotto il loro sguardo intenso, fece una smorfia di disgusto "questi non sono gentiluomini, tesoro” disse lentamente "loro sono dei mostri." "Basta, James.” “Abbiamo già parlato di questo." "Abbiamo anche parlato di mantenere nostra figlia al sicuro, ma guarda com'è finita." Mordendosi la lingua, lei ricacciò indietro le lacrime che minacciavano di scendere in superficie, mentre un sorriso forzato per abbellire le labbra spuntò sul suo viso, alzando le sopracciglia in continuazione alla sua domanda. "Questo è il mio fidanzato, John" Carly tranquillamente lo presentò, avvolgendo un braccio attorno alle spalle, tirandola verso di lui, lasciando un dolce bacio al lato della testa. "Sei legata con loro?" James scoppiò in una risata tagliente, "ora so dove mia figlia ha preso le sue scelte sbagliate." "Scusami?" lei aggrottò le sopracciglia . "Mi aspettavo di più da te, signorina." “Senza offesa, signore, ma lei non è mio padre" trattenne Carly "Oh?" piegò la testa di lato "allora lui dov'è?" "James!" Maria urlò in stato di shock in seguito alle dure parole che uscivano dalle labbra del marito. "Tu, figlio di puttana" John ringhiò mentre faceva un passo in avanti, ma Carly lo fermò mettendogli le mani al petto. "Smettila" sibilò "Non qui, okay? No. Sto bene" lo rassicurò. Quando lui la guardò, annuì per confermare, però lo sguardo nei suoi occhi gli disse tutt’altro "Lo prometto". Stringendo i denti, puntò duramente gli occhi sul padre di Kelsey. Distolse lo sguardo una volta che la porta si aprì e il medico uscì. Cliccando la penna, la infilò nella tasca della giacca. "Come sta?" tutti lo interrogarono contemporaneamente. Alzando lo sguardo, fu quasi ripreso dalla quantità di persone che erano ammassate nel corridoio, quando appena pochi minuti fa non c'e n’erano molte "Salve. Non mi pare di esserci incontrati.” Tese la mano verso Maria e James “Sono il dottor Spinelli." "Sono Maria, la madre di Kelsey e questo è suo padre, James," fece un cenno al suo fianco mentre faceva un passo in avanti per avvicinarsi. "Sta bene?" Justin provò ancora una volta, gli occhi sbarrati dalla disperazione. Non sapendo come affrontare la questione, ingoiò il nodo che aveva in gola mentre tutti si preparavano, consapevoli che non sarebbe stata una bella notizia. "Ha subito un grave trauma alla testa che ha provocato lo spostamento nel suo cervello dei vasi sanguigni e fibre nervose per strappare automaticamente un rigonfiamento," fermandosi un momento, continuò "Il gonfiore preme verso il basso sui vasi sanguigni, bloccando il flusso del sangue e ossigeno al cervello, e per questo è caduta in un coma profondo." Un sussultò venne emesso nell'aria. "E' davvero grave che lei si svegli o no. Di solito non ci vogliono più di 2-4 settimane fino a quando decidiamo di dichiarare la loro morte cerebrale o in uno stato vegetativo." 

"Ma lei starà bene, giusto?" Dennis chiese da dietro la spalla di suo padre "A questo punto, sta a lei. Abbiamo fatto tutto quanto in nostro potere per contribuire a rendere il tutto più confortevole e questo è davvero tutto quello che possiamo fare adesso. Mi dispiace," chinò il capo in segno di condoglianze, "vi faremo sapere se ci sono novità." Rompendo il silenzio con un singhiozzo, Maria pianse sulla spalla del marito. Carly gridò nel petto di John mentre lui le continuò a strofinare la schiena confortandola mentre le lacrime spuntarono nei suoi occhi. Tenendo la testa tra le mani, Marco chiuse gli occhi, cercando di calmarsi, mentre Marcus stava in disparte, con lo sguardo fisso al muro. "No," disse Justin. Guardandolo, gli occhi di Bruce si rattristirono immensamente mentre si avvicinava a lui, "andrà tutto bene." "NO!" abbaiò mentre si voltò di scatto, dando un pugno al muro accanto a lui mentre cadeva a terra e Bruce cercava di tirarlo su nuovamente. E così, il silenzio soffocante presto scoppiò nel caos totale.
"E' tutta colpa tua!" Dennis urlò. "Quindi non cercare di agire come se non sapessi il continuo." Girando il suo volto a destra, Justin cadde nel dolore e nella stanchezza, doveva aspettarsi una reazione del genere, ma sperava ancora di non sentirla. Fissando il ragazzo in stato di shock, James rimase in silenzio mentre lo guardava, sorpreso di non essere l'unico a pensarla in quel modo, e sorpreso da cosa avrebbe risposto Maria, ma proprio come qualsiasi altro essere umano, aveva il diritto di dichiarare la sua opinione - anche se lei non fosse stata del tutto d'accordo. "Dovete capire-" Justin iniziò, ma fu bloccato subito. "Io non devo capire niente! E' tutto qui, in bella vista. Tu sei un mostro!" sussurrò con disgusto per se stesso per avergli dato fiducia. "Mio padre aveva ragione." Il cuore di Justin si spezzò e le parole gli sfuggirono dalle labbra, "Den-" "Me lo avevi promesso!" Dennis gridò con tutta la rabbia che aveva in corpo e che nessuno aveva mai visto in quel ragazzo. "Per favore" implorò, nella disperata ricerca che qualcuno lo comprendesse. "Avevi detto che tutto questo non sarebbe accaduto," esortò, "avevi promesso di tenerla al sicuro e io ti ho creduto," i suoi occhi pieni di lacrime incontrarono i suoi increduli. "Mi fidavo di te.. ti ho difeso." 
"Lo so e mi dispiace." sussurrò con voce rotta, ma Dennis non sentiva quel che diceva. Non più. "Salvatela," parlò con denti stretti. "Nulla di tutto quello che dirai risolverà questo problema." 
"Non pensi che lo sappia?" Justin parlò giustificandosi con se stesso per le sue scelte. "Non pensi che io sappia non si può risolvere?" sbottò. "Dennis" Carly si allungò per cercare di calmare il ragazzo. C'era ancora tanto che nessuno aveva capito di quella vita e lei non aveva intenzione di stare lì e di lasciare che Justin si prendesse la colpa di tutto. "No!" sbottò, "non sono più un ragazzino Carly. Non puoi farmi questo, non puoi solo darmi un abbraccio e dirmi che andrà tutto bene perché tu ed io sappiamo che sono un mucchio di stronzate." 
"Andiamo, ragazzo-" Marco iniziò, ma fu presto interrotto. "Mia sorella sta lottando tra la vita e la morte in questo momento!" Urlò, la sua faccia era rossa dalla quantità di rabbia che provava verso tutti in sala - anche verso i suoi genitori "quindi ragazzino un cazzo, stronzo!" 
"Dennis tesoro" Maria sussurrò dolcemente mentre gli andò accanto strofinandogli le spalle e confortandolo. "perché non vai dentro a parlare con Kelsey, eh? Sono sicuro che le piacerebbe sentirti." Improvvisamente spipò gli occhi e aguzzò le orecchie, "pensi che mi sentirà?" 
"Non è in grado di risponderti, ma sono quasi certa che può sentirti." Annuendo, guardò Justin prima di spintonarlo ed entrare nella stanza. Raddrizzandosi, si voltò verso di lui e annuì verso il corridoio. "Penso che dovremmo parlare." Silenziosamente sospirò in accordo, sapendo che non avrebbe potuto fare peggio. Questo discorso non poteva scamparlo. "Maria," James le afferrò la mano. "Non credo che sia una buona idea." 
"Non preoccuparti." Disse mentre gli diede un bacio sulla guancia. "Vai a confortare Dennis, sarò lì in un secondo." Pur non volendo, fece come Maria aveva detto, scomparendo nella camera della figlia. Iniziando a camminare con un caffè in mano, prese posto accanto ai distributori automatici, in attesa che Justin la seguisse. Cadendo nel posto vuoto accanto a lei, Justin inghiottì gli occhi che aveva ignorato tutti insieme, non essendo in grado di far fronte alla delusione. "Ho cercato di farle del bene, lo sai," ruppe il silenzio per primo. Guardandolo, Maria rimase in silenzio, in attesa di sentire cosa aveva da dire. 
"Giuro che l'ho fatto. Volevo darle tutto ciò che voleva," la sua visione era offuscata, mentre una lacrima silenziosa cadde in terra. "Justin-"
"Questo non doveva succedere. Non avrei rinunciato a lei, le avrei dato tutto." 
"Justin..." 
"E adesso lotta per la sua vita a causa mia." "Tesoro," afferrò la sua mano. "Non è colpa tua." 
"Come puoi dire questo?" sbottò, i suoi occhi incontrarono i suoi. "Tua figlia è appesa a un filo a causa mia! Tutto questo è accaduto perché lei era mia!" Scuotendo la testa, gli tenne la mano stretta. "Questo non è quello che intendo dire. Senti, ciò che fai per vivere, è sbagliato? Molto. Su tanti livelli, ma sapevi che questo sarebbe successo?" Quando lui non rispose, afferrò il suo volto, costringendolo a guardarla. "Lo sapevi?" 
"No." rispose lui, sconcertato dal fatto che era pazza a chiedergli una cosa del genere. "Esatto. Non ho intenzione di giustificare che sì, una parte del motivo per cui mia figlia è qui è perché lei è associata con questo, ma tu non hai chiesto per questo. Nessuno l'ha fatto." "Avrei dovuto lasciarla sola", sussurrò. "Quella notte, quando... quando l'ho incontrata. Avrei dovuto solo lasciarla andare, ma sono stato egoista ed egocentrico e ho pensato solo a me stesso. Non pensavo alle conseguenze. Non credevo nemmeno che mi sarei innamorato di lei." 
"Ma l'hai fatto", disse accarezzandogli la mano dolcemente. "Ma l'ho fatto," ripetò con una lieve beffa di incredulità. "E al momento ho pensato che fosse la cosa migliore che mi potesse capitare - lei era la cosa migliore che mi potesse capitare..." guardando le sue dita intrecciate, chiuse gli occhi, immaginando il suo bel sorriso. "Ma ora che mi guardo indietro" alzò gli occhi fissando il muro opposto a dove si trovava. "e tutti i segni erano lì." "La prima volta che ha sofferto è stato a causa mia, avrei dovuto sapere fermarmi, avrei dovuto sapere che questo sarebbe andato troppo in là, ma il mio orgoglio mi ha ostacolato e ho rifiutato di rinunciare a lei perché non era giusto. Perché dovrei soffrire perché mi sono innamorato di nuovo? Perché dovrei essere forzato da tutte le persone nel mondo?" rise senza divertimento, scuotendo la testa per la centesima volta, quella notte. "E poi ho capito che la gente come me non ha mai un lieto fine." 
"Il mondo ha uno strano modo di tornare da noi, ma non possiamo lasciare che ci vedano cadere", avvolse un braccio intorno alla sua spalla e posò dolcemente il mento sulla sua spalla. "Già..." guardandola, si leccò le labbra, aggrottando la fronte, "perché non mi odi?" 
"Hai reso mia figlia più felice di quanto l'abbia mai vista. Come potrei odiarti per questo?"
Dopo un'ora di conversazione, Maria raggiunse il marito e il figlio nella stanza di Kelsey per trascorrere del tempo con la figlia, per rassicurarla che erano lì e non avevano intenzione di andarsene. Appena la vide però, cadde su di lei come uno scudo, i suoi istinti materni la presero a calci, singhiozzava in modo incontrollabile, ripetendo "la mia bambina" più volte, come se le lacrime avrebbero fatto guarire le ferite sul suo corpo - non sarebbe successo. Non ci volle molto tempo prima che ognugno fu costretto ad andarsene tranne Justin, che Maria aveva chiesto ai medici di lasciare stare, nonostante il disaccordo del marito. In piedi fuori dalla stanza con le mani nelle tasche dei jeans, guardò attraverso le finestre, tra le fessure delle persiane, guardando come Maria allungò la mano e la mise tra i capelli di Kelsey, portandole una ciocca dietro l'orecchio e cantandole la ninna nanna. Seduto su una sedia, Denis si era addormentato tenendo la mano di Kelsey mentre James osservava come la moglia cantava una serenata a sua figlia. Non volendo causare più di quanto aveva già fatto, afferrò una sedia e si sedette, chiedendosi se il sonno lo avrebbe consumato o se i suoi pensieri l'avrebbero mangiato vivo fino a che non avrebbe più gestito niente e sarebbe svenuto. In entrambi i casi, gli incubi con i quali era cresciuto erano normali e non era più una sorpresa per lui. Justin si trovò a rigirarsi sulla sedia per il resto della notta, urlando per Kelsey, per come un paio di uomini la tirarono via nell'oscurità mentre lei chiamava il suo nome, mentre lui cercava di salvarla. E non importava cosa facesse, non l'avrebbe raggiunta.

capitolo 50 

"Bene, bene, bene" una voce schernì da dietro causandomi la pelledoca. Il cambiamento nell'aria era evidente e non passò molto tempo prima che si inginocchiasse davanti a me afferrando i miei capelli. Mordendomi la lingua, potei assaggiare il sangue. Tentennai dinanzi a quel sapore metallico. Voleva sapere di aver causato dolore in qualche modo, ma non avevo intenzione di dargli quella soddisfazione. Non questa volta. "Cole" emisi un sospiro "L'unico e solo, piccola" la sua voce strascicata schifosamente, mentre avvolgeva i capelli intorno al polso, tirando stretto, estendendo il mio collo in una posizione scomoda, in modo che fossi costretta a guardarlo negli occhi. "Ti sono mancato?" Non ebbi nemmeno la briga di rispondere. Gli sputai in faccia, lo presi a calci da qualche parte sul suo corpo, prestando poca o nessuna attenzione dove, perché tutto quello che riuscivo a pensare in quel momento era scappare da lui e da tutto il dolore che mi aveva ricordato. Affrettandomi, feci una corsa verso la porta, ma non passò molto tempo prima che un'altra figura uscì, impedendomi di farlo. "No!" Gridai prima di girarmi e correre su per le scale. Lasciai fuori un guaito, appena caddi. Piansi per la forza con cui il mio mento sbattè sul bordo della scala di legno, prima di girarmi ed essere tirata giù dalla mia caviglia. "Non così in fretta, piccola" Cole aleggiava su di me "non abbiamo ancora finito qui." Dimenandomi, mi graffiò il viso "Scendo da sola!" "Chiudi la porta" ordinò all'uomo dietro di lui. Non passò molto tempo prima di capire che fosse Sammy. Separando le mie labbra, capii che questo era un attacco di rappresaglia. 

"No!" Urali di nuovo, proprio mentre cominciava a chiuderla "Qualcuno mi aiuti! PER FAVORE, QUALCUNO MI AIUTI!" "Puoi urlare quanto vuoi, non mi convincerai a smettere" mi tirò dei pugni in bocca, buttandomi giù. "Prendila." Prendendomi per le braccia, Sammy mi scaraventò verso il centro della stanza, uno sguardo lontano nei suoi occhi "per favore" gemetti dal dolore che viaggiava attraverso il mio corpo. Riuscivo a malapena a parlare così com'ero, ma non avevo intenzione di smettere di cercare di convincerlo. Su tutto quello che avevo imparato in questi ultimi due anni, la cosa più importante era quella di combattere fino alla fine. "Tu non vuoi farlo" "Falla tacere." Cole ringhiò, e in quello stesso istante, il piede di Sammy scavò nella mia cassa toracica. Saltando indietro, mi cullai sul fianco, graffiando il pavimento per arrivare il più lontano possibile da loro, ma proprio come prima, fui tirata dalle caviglie. Cole mi ha afferrò per la gola e strinse forte "Stai cominciando a darmi sui nervi. Potresti pensare che sto cercando di ucciderti" fece una pausa, un sorriso malato attraversò il suo volto mentre si avvicinò a me, le sue dita scavarono nella mia pelle. Stringendosi nelle spalle, si mise a ridere "Ora che ci penso ... Credo che lo farò." Sbattè la mia testa contro il pavimento, ripetendo la mossa prima di alzarsi. Fischiando, abbassò lo sguardo verso di me, un luccichio peccaminoso negli occhi mentre scompiglia una risatina. 

Justin's Point of View:

"Come sta?" Spazzolandole i capelli, guardavo solennemente Kelsey, appena sua madre entrò nella stanza. Leccando le mie labbra, mi girai verso di lei "Ancora niente" Sorridendo leggermente, mi strinse la spalla una volta che fu vicino a me. "Lo sarà presto" annuendo come se sapesse che aveva ragione, mi baciò la tempia. "Ho intenzione di tornare al lavoro, hai bisogno di qualcosa prima che vada?" Scuotendo la testa, rivolsi la mia attenzione a Kelsey "No, sto bene . Grazie" Si appoggiò su di me per baciare Kelsey sulla fronte, accarezzandomi la schiena prima di lasciare la stanza e scomparire dietro l'angolo. "Devi svegliarti per me, piccola" mormorai con calma "Non è la stessa cosa senza di te" Chiudendo gli occhi, presi un respiro profondo attraverso il naso prima di espirare. I miei occhi bruciavano a causa di tutte le lacrime che avevano prodotto nell'ultimo paio di giorni. Era passata una settimana da quando Kelsey fu ricoverata, e ogni secondo che passa, sento l'impazienza crescere sempre di più. La paura che non si svegli e non essere in grado di vedere i suoi occhi o sentire la sua bella risata... Tirando e tirando su le mie corde del cuore fino a quando non potevo sopportare più il solo pensiero, mi rifiutai di credere che questo stava accadendo a lei. Aveva così tante cose da superare, tanto da vedere... Aveva visto solo il mondo in cui vivevo, ma non aveva mai visto l'altro lato di esso. Nel suo secondo giorno, smise di respirare e hanno dovuto inserire un tubo attraverso la testa per aiutare il flusso di ossigeno. Il quinto giorno, mosse un dito, ma i medici dissero che era normale. In alcuni casi, coloro che sono nella sua situazione, hanno la capacità di muoversi, ma non significa che siano svegli. Le baciai le nocche una volta che portai la sua mano alle labbra, lasciando che il mio contatto le desse il calore di cui aveva bisogno. I medici non hanno accettato di farmi dormire nello stesso letto con lei, così ho fatto del mio meglio per farle sapere che ero qui. Accarezzando oltre l'attaccatura dei capelli, trasalii vedendo i lividi diffusi sulla sua faccia, prima di sfiorare le nocche contro le impronte lasciate sul collo. 

Presi a pugni il muro quando la vidi. Era l'amore della mia vita, la luce nel buio che mi circondava ogni giorno. Lei era l'unica persona che aveva tenuto tutto il mio essere tra le mani e aveva il potere di rompermi con un solo scatto. Lei era tutto il mio mondo e proprio in questi giorni sembrava star cadendo a pezzi e lei stava cadendo giù con esso. La peggior sensazione del mondo è sapere di non poter salvare la persona che ami quando ne ha più bisogno. Sapendo di essere impotente, tutto quello che potevo fare era sedermi e guardare il danno fatto, implorando misericordia. La potevo sentire ogni volta che chiudeva gli occhi, come un disco rotto, il mio nome cadere impotente attraverso le sue labbra socchiuse, con l'eco, perché lontana. Perché. Una semplice domanda a cui non avevo risposta. Perché l'ho lasciata andare giù? Perché sono stato buttato in questo pasticcio? Perché era ancora con me? Perché le era stato fatto del male? Perché la vita tende a fottermi più e più volte? Perché non posso essere felice? Perché non può essere felice ? Perché non possiamo essere felici? Perché non possiamo essere felici...? "Ti ricordi quando ero qui, nemmeno pochi mesi fa, e tu eri seduta qui a dirmi che dovevo farcela?" leccandomi le labbra, presi un momento per me, cercando di cacciare le lacrime che minacciavano di cadere "dicendomi che ero forte. Beh, funziona in entrambi i modi che conosci, perché voglio che tu ti svegli per me. E' necessario che tu apra i tuoi bellissimi occhi, così che possa ricordarmi il motivo per cui respiro ogni giorno. Ho bisogno che tu stia bene, perché ho bisogno di te nella mia vita. Ho bisogno di te con me, perché senza di te non sono niente. Non ho motivo di vivere se non ho te."
A volte mi chiedevo se potesse sentirmi. Deglutendo a fatica, mi schiarii la gola. "So che niente è per sempre, ma quello che abbiamo.. è per sempre, piccola. Io e te fino alla fine dei tempi, ricordi? Era solo scritto. Sia noi, che il motivo per cui ho fatto questo stupido affare. Ho rinunciato a tutto, perché avrebbe dovuto darci la libertà di cui avevamo bisogno per iniziare la nostra vita insieme, per ricominciare come se gli ultimi diciannove anni della mia vita non fossero esistiti." 

Lei dovrebbe odiarmi, e una parte di me sperava lo stesse facendo, perché avrebbe reso tutto più facile per noi due, se l'avesse fatto. "Non doveva finire così. Doveva essere diverso, migliore, ma sembra che non importa quello che faccio, non riesco proprio a fingere di farlo bene e sono così dispiaciuto... Mi dispiace piccola, per favore, svegliati per me. Ho bisogno che tu sappia che mi dispiace, che vorrei tornare indietro, se potessi. Vorrei, se potessi tornare indietro nel tempo, eliminare tutto il tuo dolore. Avrei volentieri preso il tuo posto, se significava aggiustare le cose. Tutta la mia vita era un disastro dopo disastro, ma hai migliorato tutto. Devo darti il lieto fine che meriti, perché te lo meriti più di chiunque altro.Ti meriti il mondo, anche se non sono in esso." "Justin" Girandomi verso la voce, sentii il cuore in gola, e fu in quel momento, per una frazione di secondo, che tutto si congelò nel tempo. "Papà" leccandosi le labbra, premette le mani contro la ruvidezza dei suoi jeans, mentre cautamente fece un passo nella stanza. I suoi occhi guardavano Kelsey, prima che la tristezza che provava si irradiò dai tratti che possedeva, quasi identici ai miei, attraversandomi."Cosa--" prima che potessi finire di chiedere, mi strinse fra le sue braccia. Non ha urlato, e non mi ha ricordato quanto incazzato fossi. Non era arrabbiato, lui non mi odia. Tutto quello che ho visto, mentre ero seduto qui, era un uomo che cerca di confortare il figlio, e questo è tutto quello che ho chiesto negli ultimi anni della mia vita. Stando in piedi, non ho esitato un momento prima di schiacciare il suo petto contro il mio, mentre le sue braccia mi circondavano. Non disse una parola. Non c'era molto da dire. Dopo alcuni minuti, mi guardò "Come sta?" Leccandomi le labbra, mi asciugai la faccia con la manica della mia camicia prima di scrollare le spalle e mettere le mani nelle tasche "Sta... respirando." Annuendo, sapendo che non c'era molto che potessi dire per quanto riguardava la sua situazione, deglutì a fatica. "Starà bene, amico." "Lo so." Torcendo le labbra di lato, respirò profondamente attraverso il naso prima di rilasciare un respiro nell'aria "Mi dispiace." Aggrottando le sopracciglia, mi girai di scatto per guardarlo "Cosa?" "Mi dispiace." Rivolgendo il suo sguardo ai fili collegati a Kelsey, bloccò la mano sulla nuca, strofinando goffamente per rilasciare la costruzione di tensione "Per averti mandato via." "Papà--" "Tu sei mio figlio, e io avrei dovuto esserci, per te." "Ho fatto molte cazzate." "Come me." replicò seccamente "Ho sbagliato un sacco, crescendo, e non avrei dovuto... non avrei dovuto incolparti. Niente di tutto questo è colpa tua." Trattenendo il respiro, tutto ad un tratto, fu come se il vento fosse stato buttato fuori da me. Per tutta la vita ho continuato a pensare al peggio di me, che ero un mostro che ha distrutto tutto quello che ha toccato. E una parte di me pensa ancora che sia vero, ma sentirsi dire il contrario, ha fatto tutta la differenza del mondo perché non importa cosa, ma ai suoi occhi, ero sempre il colpevole. Ma ora non più. "Non pensi..." scuotendo la testa, cercai di ricordare i miei pensieri "Non credere che io... questo non è..." digrignando i denti, mi maledissi interiormente. Mi stavo comportando come una fottuta femminuccia e questo mi fece incazzare; ma non riuscivo a dire nulla. 


"No" disse "Niente di tutto ciò è colpa tua" potè vedere nei miei occhi quello che intendevo dire non appena li incrociò attraverso il silenzio soffocante intorno a noi "Non Jazzy, non il tuo mondo, non Kelsey..." "Non Jazzy" ripetei lentamente, come se avessi sentito male. Capii che avevo sentito bene quando lo vidi scuotere la testa, tirandomi di nuovo verso di sè. "Non ho mai voluto che questo accadesse." Soffocai tra la respirazione pesante. Lo spessore in gola era difficile da eliminare. Mi agganciai sul retro della sua maglietta, cercando di concentrarmi sulla normalizzazione del mio battito cardiaco. "Non sapevo che lei fosse lì. Io.. io.. lei sarebbe dovuta essere a casa." "Lo so." sussurrò, accarezzandomi la schiena "So che lo era. Le cose accadono per un motivo, e anche se vorrei che fosse ancora qui con noi, oggi, so che non vorrebbe che ti abbatta, perché la sua morte non è stata colpa tua, e nessuno dei due sapeva ciò che stava accadendo, quella notte." Mi girai rivolgendo lo sguardo oltre le marcature viola e blu sulla sua bella pelle. Volevo starle vicino. Avevo paura che se mi fossi allontanato troppo a lungo, qualcuno l'avrabbe portata via da me. "Le hanno fatto questo a causa mia." sussurrai "A causa del suo legame con me." "Devi colpire duro" recitai le parole che dissi una vola "Ma li hai colpiti dove fa più male. E' il codice sul quale ci basiamo, al fine di sbarazzarsi della concorrenza. Trova il punto debole e distruggilo prima che ti distruggano." Guardandomi, cercò di dare un senso a ciò che avevo detto "È quello che mi è stato detto" Mi voltai verso di lui dopo aver preso la mano di Kelsey sedendomi accanto a lei "Quando entrai in questo pasticcio." Stringendo la sua mano intorno alle mie spalle, diede una stretta ferma, per farmi sapere che era qui e che non sarebbe andato da nessuna parte. "A volte è meglio lasciare solo andare. Ciò che è successo, non si può aggiustare, ma si può fare in modo che non accada mai più." "Ci ho provato e guarda dove mi ha portato." Chiudendo gli occhi, potevo ancora immaginare gli occhi di Lyndon mentre si fissavano nei miei, dato che non aveva nulla da perdere e sapevo che non l'avrebbe fatto. Non come io ho fatto. Mai fare un patto con il diavolo, recitai più e più volte. "Volevo uscire" dissi appena si avvicinò a me, annoiatosi di star a guardare le mie spalle mentre fissavo Kelsey "Ho dato tutto e i ragazzi hanno fatto troppo. Per me. Ci siamo sbarazzati di tutto, abbiamo eliminato i nostri nomi dai "The Kings" per fare del meglio per noi stessi. Lui sapeva che stavamo arrivando e sapeva quello che doveva fare per riuscire a lasciare il segno su ciò che è rimasto. Arrivare a Kelsey è stato il suo modo per dirmi che non è ancora finita. Avrei potuto lasciar perdere, ma il passato tornerà a tormentarmi, in un modo o nell'altro. Poi ha preso la mamma e mi ha costretto a scegliere. Lui sapeva ciò che avrei fatto e come avrei ottenuto una pausa della situazione. Era tutto un gioco per lui fino a che non ebbe il premio. Noi." Fissando a lungo e duramente le pareti bianche, mi strinse la mano con più forza del previsto "Ha voluto tenere tutto lontano da me. Voleva prendere Bruce e seppellirmi con lui. Avrei dovuto lasciar perdere nel secondo in cui mi hai detto di farlo, ma ero così preso dal potere, dal denaro e dalle ragazze, che non ho visto la verità proprio davanti a me." Mordendomi l'interno della guancia, misi la mano davanti a me, non appena iniziai a muovere le dita attraverso il rivestimento sul palmo della mano "Questa vita è tutt'altro che glamour. È proprio un inferno personale, oltre a quello che ci hanno insegnato. Vivevamo spogliandoci di tutto, e questo ci ha portato a diventare quello che siamo oggi. Assassini."

Levigando la pelle con il mio pollice, rannicchiai le dita attorno alla sua, portandoli fino alle mie labbra ancora una volta "Avrei dovuto fermarmi dopo Jazzy, ma la voglia di vendetta era più forte di qualsiasi altra cosa al mondo. Volevo assicurarmi di farla pagare a tutti gli altri che pensavano di poter venire dietro di me. Volevo diventare una minaccia, qualcuno che la gente temeva abbastanza da non avvicinarsi, e ci sono riuscito. Sono diventato colui che le persone conoscono come Danger, e la mia vita è stata impostata. Ho fatto il mio lavoro e mi sono liberato della concorrenza, ma poi ho fatto una cazzata. Ha visto tutto. Ma più ci penso, più mi rendo conto che non era un cazzo, se non un campanello d'allarme per uscire il più velocemente possibile. Ma sapevo che dovevo proteggerla, per quanto avrei potuto, così mi sono addormentato. Ho pensato che stavo facendo la cosa giusta, ma sembra che non faccia altro che peggiorare la situazione." "Quella ragazza lì ha fatto di te l'uomo che sei oggi. Non potevo essere lì per te aiutandoti a crescere, perché ero troppo arrabbiato per ciò che hai passato. Perdere Jazmine era qualcosa che non avevo mai provato prima. Vedere la mia neonata che mi viene strappata dalle braccia, è qualcosa che non avrei mai pensato di vivere. E quando ho dovuto seppellirla, ho rivolto tutta la mia rabbia verso di te, anche se non avrei dovuto. Ma io sono qui adesso e voglio esserci per te, perchè ho capito che sarei dovuto essere lì per te fin dall'inizio." 
"Grazie papà" "Non c'è di che" ricambiò. "Sta tenendo duro, non dubitare di te stesso per un secondo perché so per certo che quando si sveglierà, sarai la prima persona che lei vorrà vedere, proprio come Jazzy, se quella sera si fosse svegliata." Appoggiandomi a mio padre, la fissammo entrambi, ascoltando il battito del suo cuore. Il suo petto si muoveva per soddisfare ogni suono. 

Kelsey's Point Of View:

L'ho sentito. Tutto quello che ha detto. E tutto quello che volevo era svegliarmi e toccarlo; per fargli sapere che ero sveglia e che l'ho perdonato, anche se non gli ho mai dato la colpa di nulla. Volevo gridare a pieni polmoni, ma non potevo. Era come se fossi intrappolata dentro il mio corpo e lo odiavo. "Ti ricordi quando ero qui nemmeno pochi mesi fa e tu eri seduta qui a dirmi che dovevo farcela?" Lampi di quei giorni correvano attraverso il mio corpo come una tonnellata di mattoni. Gli avevano sparato e l'unica cosa che volevo era che si svegliasse. Il mio stomaco agitato. "Mi dicevi di essere forte. Beh, funziona in entrambi i modi che conosci, perché ho bisogno che tu ti svegli per me. Ho bisogno che tu apra i tuoi bellissimi occhi in modo che possa ricordarmi il motivo per cui continuo a respirare ogni giorno..." Voglio dirgli ti amo. Voglio svegliarmi, ma non ci riesco. "Ho bisogno che tu sia bene perché ho bisogno di te nella mia vita. Ho bisogno di te con me perché senza di te non sono niente. Non ho motivo di vivere se non ho te." Aprendo la bocca, urlai, ma non venne fuori niente. Il silenzio mi ha superato e io ero alla deriva in un altro mondo. L'oscurità balenò, e prima che me ne accorgessi, ero di nuovo a casa. Lì, nel mio camice da ospedale , mi sono vista sdraiata sul letto, a fissare il soffitto. Era notte fuori, saranno passate le 10:00 e mi sembrava tutto frustrante. "Kelsey!" mia mamma mi chiamò dal piano di sotto "Spegni la luce, è ora di andare a dormire." Rotolando i miei occhi, attivai il mio stomaco. Sono rimasta bloccata in casa ma volevo stare fuori. Nel disperato tentativo di vivere una vita normale, ho avuto il coraggio di rompere le regole per una notte e, come se qualcuno ascoltasse i mie pensieri interni, tre messaggi spuntarono sullo schermo del mio cellulare.

Aprendoli, vidi che tutti dicevano la stessa cosa: Block Party, stasera. Mezzanotte a Richmond. Tutti sono invitati. Mordendomi il labbro, contemplai il pensiero per un secondo. Feci per alzarmi per guardare nel mio armadio, ma poi mi ricordai le conseguenze che avrei subito se fossi uscita senza permesso. Sospirando, cancellai i messaggi prima di spegnere la piccola lampada che avevo accanto al mio letto, quando ricevetti un altro messaggio, questa volta da parte di Carly. Carly: Allora, signora "ho voglia di divertirsi un po' per un cambiamento", c'è una festa open house stasera. Ci stai? Io: Penso di rimanere a casa stasera. Ho una grande test domani e mia madre è ancora sveglia. Carly: Sei seria? Cosa è successo all'idea di voler vivere un po'? Io: Sì, beh, credo di aver cambiato idea. Scusami. Spero che ti diverta abbastanza per entrambe. Carly: lo farò. Ti voglio bene. Io: Ti voglio bene anch'io. Messo da parte il mio telefono, infilai i piedi sotto le coperte prima di cullarmi su un fianco e lasciare che il sonno mi consumi. Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo. Era come se fossi fuori a guardare, ma tutto era diverso da quello che realmente è successo e io non capivo perché. Alzati, mi dissi. Vai alla festa. Devi andare alla festa, perché se non lo fai, sarebbe come se lui non fosse mai esistito. Spingendomi a dormire, mossi il mio braccio, ma non successe niente. Lo scossi ancora un po', ma era come se l'idea di alzarmi fosse una calamita che mi respingeva indietro. 

L'oscurità venne poco dopo, quando mi gettai in un'altro scenario, quello che sembrava familiare. "Sembra che abbiamo un altro lavoro stasera" la voce di Bruce superava la voce di coloro che erano seduti in salotto. Ci sono più uomini che si rivolgono verso di lui. "Che cosa hai per noi, Champ?" Uno degli altri gridò, un sorriso fanciullesco sul loro volto, mentre tira sù le punte prendendo un sorso di birra fredda. "Dov'è Bieber?" "Proprio qui" Un brivido striscia velocemente lungo la schiena non appena ognuno guarda in alto verso le scale, in attesa del suo arrivo. Scese passeggiando con il suo braccio intorno a Kayla, e ho potuto sentire un cipiglio sostituire le mie labbra. Stava sorridendo come se avesse appena vinto un premio, e forse aveva ragione, perché bastava guardare lei per poter dire che avevano fatto sesso. Con i suoi capelli arruffati, Justin scese a piedi nudi con solo un paio di pantaloni a cavallo basso sui fianchi, i segni lasciati su di lui a pieno schermo. Lasciando andare Kayla, si grattò la nuca "Che succede? Ero un pò occupato." Come un segnale, un'altra ragazza scese le scale, tenendo le sue scarpe in una mano e il reggiseno nell'altra. Sorridendo, si leccò le labbra "Esci fuori dalla porta, Mel, e assicurati che qualcuno non colpisca quel bel culetto sulla via d'uscita." "Fottiti" "Potremmo sempre andare per tre giri" Mormorando incoerente sotto il suo respiro, lei uscì dalla casa, sbattendo la porta.Ridacchiando, guardò Bruce "Era appiccicosa." "Ah" annuendo come se avesse capito, si batté una mano sulla nuca "Cerca di mantenere il tuo cazzo sotto controllo, però, va bene? Ho un altro lavoro per te e ho bisogno di te con la tua testa." "Sai che ho sempre fatto il mio lavoro, anche se dopo ho ottenuto una cazzo di vittoria." Scuotendo la testa, lo lasciò andare, tenendo tutti in considerazione, appena cominciò ad informarli sulla loro ultima conquista. "Sarà un grande stasera" disse, i suoi occhi che brillavano come diamanti, come se qualcuno gli avesse appena consegnato un milione di dollari. "Non è niente che non abbiamo mai affrontato prima. Gregory pensa di averci dato una pista per arrivare ai nostri soldi, ma in realtà, tutto quello che ha fatto è stato dare via cinquemila dollari e un prezzo al suo Casinò giù a Las Vegas." "Vegas, eh?" "Sì" annuì "Abbiamo bisogno di molti territori, non importa quanto sia facile o no accedervi. Vegas non è uno scherzo, non quando si tratta del nostro business, e penso che potremmo fare un sacco di soldi se investissimo su di esso." "Io ci sono" disse Marco "Dimmi solo che cosa dobbiamo fare." "Questo era esattamente ciò che volevo sentire" rispose con sincerità. "Dobbiamo circondare i ragazzi e dirigerci verso il Kings Drive di Emerald. Ci aspetteranno difronte la Chiesa appena fuori la sede che abbiamo lì. Bisogna giocare sporco, perchè è per questo che Greg è conosciuto, lì dove vive. Lui può reclutare gli altri, per lui non è un problema, non ha quasi nulla da perdere."

Quando andremo là fuori, dobbiamo fare il botto e sto parlando di uno di quelli che saranno scritti nei libri. Mitragliatrici e tutto, e quando li avremo uccisi quasi tutti, Greg uscirà fuori e Justin se ne prenderà cura. "Perchè io?" "Perchè a differenza di tutti noi, giocare sporco è la tua specialità."
"E' vero." camminando verso il tavolo, afferrò uno shot prima di berlo e lasciare che la vodka bruciasse nella sua gola. 
"Sono dentro," sbattè il bicchiere giù appena gli altri lo seguirono. 

Era buio e tetro e in qualche modo mi sono trovata ad andare in giro con loro. Era strano essere qui sopratutto sapendo che nessuno di loro poteva vedermi, ma non sapevano neanche chi fossi. Non mi piaceva. Qualcosa dentro di me non andava e sapevo che questo piccolo lavoro non sarebbe andaro a finire come loro pensavano e tutto quello che volevo fare era urlare di tornare indietro. "E 'pericoloso!" Ma non potevo. Non potevo fare niente a parte sedermi e guardare succedere tutto. 
Finendo una chiamata, Bruce si protese all'indietro posando il cellulare nella tasca posteriore dei jeans. 

"Era Prince, sembra che Greg sia esattamente dove ti ho detto sarebbe stato. Sta esaminando l'area, assicurandosi di non avere sorprese." "Cosa?" Justin sollevò un sopracciglio mentre si girò a guardarlo, con una sigaretta appoggiata tra le dita inalò il fumo prima di buttatlo fuori, creando un po di nebbia. 
"Pensa che lo faremo scoppiare in aria?" "É probabile" "Se avessi voluto fare il suo corpo a pezzi, l'avrei fatto da solo. Mi sarebbe servito un coltello, e avrei portato a termine il lavoro." Tutti risero. 

Appogiandomi su di lui, strofinai le mie dita sul lato del viso di Justin anche se non poteva sentirlo. 
Era diverso -freddo, come la prima volta che lo incontrai. 
Improvvisamente la macchina si fermò e tutti tirarono le maschere da sci sulle loro teste. Uscendo, camminarono attorno il baule da dove spuntavano diversi fucili che vennero distribuiti. 
Posando la pistola nei jeans, Justin cautamente afferrò una mitragliatrice. "Dentro e fuori, proprio come avevamo programmato. Uccidiamo tutti quelli in vista e poi ci occuperemo di Greg." Annuendo, tutti cominciarono a mettersi in posizione, rannichiati nel buio , come fossero una parte della squadra SWAT. E poi è successo. Tutti quanti uscirono fuori una volta che Bruce diede un calcio alla porta. Mirarono e spararono tutti quelli in vista, prima di nascondersi lungo delle statue sulla via.
Qualcuno è stato ucciso, ma continuavano a sparare. 

Il mio cuore iniziò a battere piu forte appena i miei occhi si bloccarono sulla schiena di Justin che non aveva alcuna intenzione di tirarsi indietro mentre continuava il suo percorso, uccidendo chiunque incontrasse. I suoi occhi erano scuri, la mascella era serrata mentre si concentrava su ogni angolo di quel posto. Era come se passe chiunque dove fosse prima di uscire allo scoperto. Appena finirono le munizioni prese un'altra pistola. "Cazzo." mormorò. Non c'erano piu uomini tranne loro e quando uscirono altri uomini nascosti, capirono che era un agguato. 
Nascondendosi dietro una panchina, Justin contorllò se aveva abbastanza munizioni prima di guardare John, che era stato al suo fianco per tutto il tempo. Avevano lo stesso problema e tutti e due cercarono di capire come risolverlo. 
"Voi ragazzi avete fatto proprio un bel lavoro" La voce di Greg fece eco in tutto il posto. Le mie mani incominciarono a sudare e la mia testa cominciò a girare. 
Stava accadendo tutto a rallentatore e non importava quanto provassi a muovermi, ero incollata al pavimento. "NO!" urlai, ma era inutile. Non potevano sentire niente di quello che dicevo, ed essendo cosi impotente, un senso di nausea mi attraversò. Alzandosi, John iniziò a sparare tutti quelli che erano dentro come fece Justin, il suo proiettile era focalizzato su Greg. Quello che non si aspettava di vedere , tuttavia, era una pistola già impostata nella sua direzione e prima che uno qualcuno di loro potesse avvertire l'altro, un proiettile attraversò l'aria."JUSTIN!"
Le mie mani volarono sulla mia bocca mentre le lacrime venivano versate dai miei occhi. Il suo corpo cadde a terra e tutti rimasero in silenzio."Ho bisogno di te, tu non puoi lasciarmi." Singhiozzai sul suo collo, respirando il suo profumo mescolato con la strana sensazione di morte che mi circonda. Non gli importava nulla al mondo che stesse morendo. Non aveva nemmeno importanza se gli altri avessero vinto. Stava cadendo in uno scenario di pace e tranquillità, qualcosa che desiderava, da tutta la vita.

Ogni giorno ha combattuto una battaglia e sapeva che un giorno avrebbe perso anche se il suo ego gli ha impedito di crederlo. Sapeva che questa vita sarebbe finita con lui sepolto sei metri sotto terra, ma il pensiero non lo ha mai infastidito perché non aveva nulla per cui vivere. Sua sorella era morta, i suoi genitori lo avevano rinnegato e l'unica ragazza che abbia mai curato il taglio sul suo cuore aperto, aveva perso tutto ciò che era rimasto di esso .
Non c'era nulla per lui qui, e non appena prese il suo ultimo respiro, ho potuto sentire tutto intorno a me girare. Ci siamo incontrati per un motivo. Non era la fortuna, era destino. Abbiamo bisogno l'uno dell'altro più di ogni altra cosa e più piangevo, più una luce filtrava intorno a noi. Era l' amore della mia vita, e io della sua, e non importa cosa, avremmo ritrovato la strada l'uno verso l'altra. Niente ci poteva tenere separati. Nemmeno il passato.

Justin's Point of View: 


"Si è appena mossa!" potei sentire le sue dita stringere la mia mano, e fu come se una scossa elettrica mi attraversò "Chiama un'infermiera!" Correndo verso la porta, mio padre chiamò qualcuno. Spingendo indietro i capelli, mi chinai su di lei tenendo le mani al petto "Dai piccola, apri gli occhi" Improvvisamente il suo battito cardiaco cominciò ad aumentare e la macchina iniziò a suonare più forte del solito. Baciandole la mano più volte, guardai dietro di me, sollecitando mio padre a chiamare in fretta un medico, prima di rigirarmi verso di lei "Forza piccola, puoi farcela. Apri solo gli occhi, per me, dolcezza." "Signore, è necessario che voi usciate." Lasciandole la mano a malincuore, strofinai le mie sui jeans, sforzandomi di mantenere la calma mentre i medici si precipitarono per controllare i suoi segni vitali. "Cosa sta succedendo?" Girandomi, vidi il padre di Kelsey fare un passo nella stanza, gli occhi sbarrati in stato di confusione "I monitor di Kelsey hanno agito, il che significa che potrebbe essersi svegliata" tirando la piccola luce dalla tasca, il dottor Spinelli le aprì le palpebre, cercando di vedere se fosse consapevole o meno. Prendendo il posto accanto al suo letto, James le afferrò la mano "Kelsey, tesoro, riesci a sentirmi?" Strofinai le mani insieme, tirando le dita, la preoccupazione era incisa sul mio viso. Guardai mio padre, che annuì con la testa in segno di incoraggiamento mentre comprimeva la mia spalla. 

"So che è difficile, ma ho bisogno che tu apra gli occhi per me, tesoro. Mi senti?" Un basso gemito le scappò dalle labbra screpolate, prendendo un respiro profondo "Sì" sussurrò, la sua voce roca. Mordendomi l'interno della guancia al suono della sua voce, ingoiai duramente "Sai chi sono io?" chiese esitante, temendo che se avesse parlato più velocemente, sarebbe ricaduta in coma "Papà" parlava lentamente, un piccolo sorriso le abbellì le labbra, mentre sistemava il suo sguardo stanco su di lui una volta che aprì gli occhi "Spero che tu non sia arrabbiato con me" sospirò "Sei arrabbiato?" ripeté in questione di incredulità "Non sono arrabbiato con te. Sono sollevato che tu stia bene" sorrise di nuovo, la sua mano stringeva la sua. Alzando lo sguardo verso di me, smisi di respirare appena i suoi occhi incontrarono i miei per la prima volta dopo un tempo che sembrava lunghissimo "Abbiamo un sacco di cose di cui parlare e lo faremo, ma è necessario che ti riposi, va bene?" continuò a consolarla. Non prestò nemmeno attenzione a quello che stava dicendo, gli occhi trascurati. "Justin..." Come a un segnale, James volse uno sguardo verso di me prima di alzarsi dal suo posto, come mi avvicinai a lei, prendendo il suo posto mentre afferravo di nuovo la sua mano e pianificavo di non lasciarla andare. "Sei tornato..." "Per te" agitava i suoi occhi su di me, la stanchezza era chiara, ma la luce nei suoi occhi bruciava come un fuoco continuo che non ha mai smesso. "Hai l'aria stanca" osservò con tristezza "Ho avuto paura" ammisi ad alta voce "Va bene" sorrise dolcemente, respirando attraverso il dolore "Sto bene." Scuotendo la testa, mi chinai, mentre le lacrime minacciavano di riemergere. Stando indietro, inalai un respiro traballante "Ti amo così tanto" alzando lo sguardo, le accarezzai la guancia come d'abitudine. "Tu sei..." le baciai le nocche, tenendo stretta la sua mano con le lacrime che mi offuscavano la vista "Il mio intero mondo." 

Quando chiuse gli occhi, fui preso dal panico fino a quando li riaprì "Mmm, relax" tubò. Ridendo leggermente, mi morsi il labbro "Come ti senti?" "Stanca" guardò verso di me "E so che è strano da dire, considerando che sono stata via per tanto tempo." "Troppo a lungo" Confermai, mentre l'aria mi attraversò il naso, pogiai le mani sul letto "Sono successe molte cose." "Dimmi" Deglutendo a fatica, non riuscii a guardarla negli occhi sapendo che era coperta di lividi a causa mia. Stando in piedi, guardai dietro di me "Forse i medici dovrebbero controllarti, prima" "Puoi farli andare?" Lei indicò suo padre, mentre si appoggiò a me "Io non voglio lasciar andare la tua mano" "Kelsey--" fece un passo avanti "Per favore" sussurrò. E bastò questo per acconsentire alla sua richiesta. Guardandolo mentre usciva, mi sedetti lentamente, di nuovo "Non avresti dovuto farlo, sai?" Mi schiarii la gola "Sarei tornato dopo qualche minuto" "Lo so, ma ho passato abbastanza tempo lontana da te.. non voglio più saperne." Ad ogni emozione mi sono sentito bruciare dentro, cosa che portò i miei capelli a drizzarsi sulla testa. "Mi dispiace così tanto.." Il suo volto verso il basso "Per cosa?" "Per tutto quello che hai vissuto a causa mia." "So che è spaventoso, Justin. Mi ricordo quando ero seduta qui con te, quando ti hanno sparato, guardandoti respirare, ma senza svegliarti. Avrei voluto parlare con te e far capire ad entrambi che le cose si aggiusteranno." Fermandosi, si spostò leggermente "Hai parlato con me?" "Tutto il tempo" "Che cosa hai detto?" Combattendo contro la voglia di baciarla, mi limitai a baciarle il dorso della mano "Ho detto che ti amavo e mi dispiace che ho lasciato che accadesse. Vorrei promettere di mantenerti al sicuro ma io non so nemmeno più come potrei fare" Stringendo la mascella, focalizzai la mia attenzione sul leggero tessuto che copriva il suo corpo "Non importa, però. Perchè non ha importanza ciò che hai detto; non cambia il fatto che sei stata quasi uccisa per colpa mia."

"No, fermati." Scosse la testa "Smettila di dire questo" Alzandosi un po', la sua piccola mano accarezzò il lato della mia guancia "Non è stata colpa tua. Se dovessi scegliere tra il farmi del male ed essere uccisa, avrei scelto questo ogni singola volta." "No!" Soffocai, girando la testa verso di lei, mi afferrò per il mento costringendola a guardarla. "Mai più." E dicevo sul serio "Signor Bieber, ho bisogno che lei esca, devo effettuare alcuni test." Annuendo, lasciai che le sue dita scivolassero attraverso le mie, alzandomi ed uscendo. Mi sentivo come una puntura, e forse in quel momento lo ero davvero. Non potevo lasciarla parlare così, perché non importa quello che ha detto, ma avrei preferito morire piuttosto che vederla soffrire "Penso che sia arrivato il momento di darle un pò di spazio." Voltandomi, notai James camminare verso di me con niente tranne la vergogna negli occhi. "Puoi parlare con lei se vuoi" "Non è quello che intendevo." La sua voce era tagliente, i suoi penetranti occhi azzurri quasi inviavano pugnali talmente la quantità di odio che aveva costruito per me. Non era un segreto. Mi odia dal momento in cui ha scoperto che Kelsey ed io siamo una coppia. "Le hai procurato abbastanza danni. Sia fisicamente che mentalmente, e penso che sia il momento di fare un passo indietro e lasciare che guarisca da sola" Fece una pausa "Senza di te." "Lei ha bisogno di me." "No, quello di cui ha veramente bisogno è la sua famiglia" Mettendo le mie dita a pugno, scavai le unghie nei palmi delle mie mani fino a sentire il sangue "Sono io la sua famiglia." "Tu non sei altro che un assassino e lo hai dimostrato in diverse occasioni. Niente di ciò che dici o fai cambierà il mio modo di vederti, ma se ami mia figlia tanto quanto dici, dovresti fare una cosa nobile e allontanarti da lei." "Non posso farlo." Il suo volto contorto dalla rabbia "Ascolta, e ascoltami bene" puntò il dito sul mio petto "Ne ha attraversate abbastanza. Mi hai capito? Più di quanto si aspettasse. Avrebbe potuto morire, e tutto per cosa? Perché è stata coinvolta nel vostro caos. Non perché era destinato a lei, non perché lei cercava di risparmiare qualcun altro, non perché fosse un incidente. Avrebbe potuto morire a causa tua." "Tu non sai nemmeno la metà delle cose che sono successe" ribattei bruscamente, sentendo la rabbia costruirsi dentro di me. "Nessuno capisce. Nessuno tranne noi" "Allora per favore spiegami, perché quello che sto capendo è che non sei altro che un gangster spietato che va in giro lanciando la sua pistola, sputando minacce per i soldi. Non sarà al sicuro con te. Non lo era prima e non lo è nemmeno adesso. Tu sei una minaccia per lei. Lo sei sempre stato, e ora è il momento che tu le stia lontano per sempre, perché se non lo fai, Dio solo sa cosa potrebbe accadere dopo." Passando a guardare attraverso le tende che coprono la finestra, il mio stomaco si contorse. Lei era piena di lividi, era stata picchiata e lasciata a morire, tutto per colpa mia. Guardandomi, si agitò un po, un piccolo sorriso si incise sul suo volto mentre parlava al medico. Sforzandomi di ricambiarlo, infilai le mani in tasca. "Fà la cosa giusta, per una volta." James premette contro il mio petto, sapendo che stava con me, e odiando tutto ciò. Ma aveva ragione. Non potevo essere egoista con lei. Aprendo la porta della sua stanza, il Dr. Spinelli uscì. "I risultati del test sono buoni." Chiudendo la penna con un clic, la ficcò in tasca mentre guardava oltre gli appunti che aveva preso "Kelsey sta reagendo in modo eccellente, meglio del previsto. Il che significa che dovrebbe fare un pieno recupero." "Grazie" James gli strinse la mano. "Posso andare a vederla?" "Sì, non c'è più bisogno di trattarla con i guanti. Sta andando bene. Per i lividi e i tagli ci vorrà tempo, per il resto bisogna aspettare che sia in grado di camminare da sola, ma a parte questo, non è necessario preoccuparsi per una cosa del genere." In piedi, James entrò nella camera di Kelsey, facendo attenzione a lasciare la porta aperta.

Kelsey's Point Of View:

Sentendo aprire la porta, sperai che fosse Justin, ma rimasi piuttosto delusa nel vedere che non era così. “Ehi tesoro” mio padre sorrise. Ritornando, l’ho guardato sedersi accanto a me. “Dov’è Justin?” Qualcosa nei suoi occhi mi diceva che non era contento che glielo avessi chiesto. “E’ fuori”, spinse indietro i capelli dal mio viso, facendo attenzione a non toccare i tagli. Ci volle un po’ prima che tutto il mio corpo sentisse le conseguenze di ciò che era accaduto. Dandomi antidolorifici e sapendo che prima o poi avrei fatto delle domande a riguardo, il Dr. Spinelli mi ha assicurato che presto sarei stata bene e questo è tutto ciò che contava per me. Justin era abbastanza preoccupato del fatto che io abbia accettato volentieri di sentire delle notizie così buone per una volta. “Oh, okay” tossii goffamente e quando provai ad alzarmi dal letto il mio corpo fu come gelatina. Non parlavo con lui da mesi e l’ultima volta che l’ho fatto, mi ha detto che ero morta per lui. Come si fa a tornare indietro dopo ciò? “Credo che tutto questo sia stato piuttosto assurdo per te, eh?” Cercai di alleggerire l’atmosfera sapendo come protettivo e prepotente possa essere mio padre. “Non ne hai idea”, rispose, le labbra strette, ma era genuino. Ci stava provando e non potevo chiedere di più. “Potrei”. “Guarda, Kelsey - ” “Va tutto bene”, sussurrai con voce roca, la mia voce era troppo debole. Sapevo dove voleva arrivare e l’ultima cosa di cui avevo bisogno era che mi desse il suo coraggio, dicendomi quanto era dispiaciuto per il modo orribile in cui mi aveva trattata. Avevo bisogno di lui e lui mi ha allontanata perché non era d’accordo sulle mie scelte di vita. Invece di sostenermi, mi ha trascurata ed io al contrario ho lasciato perdere il passato per non avere più niente a che fare con esso. "No, non lo è." Ribattè gentilmente, non volendomi spaventare. "Non avrei dovuto..Non avrei dovuto dirti quelle cose. Ero semplicemente arrabbiato e non stavo pensando lucidamente. Credo di non esserlo mai." Guardandolo, riposai la mia testa sul cuscino, ascoltando quello che aveva da dirmi. Se avesse voluto fare uno sforzo, non l'avrei fermato. "Io ti amo e tutto quello che voglio è che tu sia felice." "Io sono felice." "Kelsey-." "No, papà." "No, ascoltami." Leccando le sue labbra, si preparò mentalmente per cosa stava per dirmi, il che fece crescere il mio nervosismo. "Sono successe molte cose in questi anni e me li sono persi perchè ero troppo occupato con le mie opinioni al punto che non ho realizzato quanto ridicolo fossi. Tu sei mia figlia e avrei dovuto proteggerti invece di lasciare che questo accadesse." "Non è colpa tua," cercai di dire nonostante la strettezza della mia gola. "Ti prego non incolparti. Nessuno lo aveva previsto." "Sono tuo padre, sarei dovuto essere qui per tenerti al sicuro," posò una mano sul suo petto, strofinandola contro esso come se potesse far scomparire il dolore. "Io." "Tu sei qui adesso ed è tutto ciò che importa," Lo riassicurai, o almeno ci provai. "Sono viva e sto respirando. Ci vorrà un po per riprendermi, ma ce la farò." "So che ce la farai.," Si avvicinò per darmi un bacio sulla fronte, "perchè tu sei come tua madre. Forte e testarda." Ridacchiando, sospirai felicemente che le cose stavano tornando al loro posto di nuovo, "Ti voglio bene papà." "Ti voglio bene anche io, zucchina." Alzando lo sguardo, il mio cuore si agitò quando vidi Justin in piedi all'ingresso della stanza. Qualcosa non andava, ma non appena sorrisi e lui ricambiò, questo scomparì. Guardando dietro di lui, mio padre annuì a sè stesso come se sapesse che questo era il momento di andare prima di guardarmi un' ultima volta. "Ti farò parlare con Justin mentre vado a prendere una tazza di caffè." "Grazie." Appena se ne andò, Justin entrò velocemente nella stanza." "Hey," sussurrai mentre poggiai le mie mani ai lati del letto, "Credi di potermi aiutare a sedermi?" "Si," pigliando il mio braccio, mi alzò leggermente mentre mi spinsi su per il resto. Fermandosi momentaneamente mentre pensava a qualcosa, finalmente si piegò e mi diede un bacio sulla guancia. Chiudendo le mie labbra insieme, lo guardai mentre si allontanò subito dopo e si sedette dove prima c'era mio padre. "Devi riposarti." "E tu devi smetterla di preoccuparti." Lo riassicurai, "Il dottore ha detto che starò bene." "E questo è ciò che voglio." Disse. evitando i miei occhi. Guardando i suoi, scossi la testa come per chiarire i miei pensieri. "Cosa c'è che non va? E' successo qualcosa?" "No," sussurrò. "Justin, dimmelo." Potevo capire che c'era qualcosa che non andava. L'aria era pesante con una tensione innegabile e lo sguardo nei suoi occhi mi diceva il contrario. "Hanno detto qualcos'altro?" "No no, non è nulla del genere," Mosse la testa vigorosamente. "Ne sei sicuro?" Continuai, sapendo che l'avrebbe trattenuto per non turbarmi. "Te lo giuro," mi guardò serio negli occhi e lì è quando capii che stava dicendo la verità. "Guarirai perfettamente." "Okay, bene." Sorrisi, mordendo il lato del mio labbro. Se tutto stava andando come pianificato allora non c'era nulla che potesse trattenermi dal renderlo ufficiale. "Non voglio aspettare."

"Di cosa stai parlando?" Ci stavo pensando da un sacco di tempo. Avevo solo troppa paura di dirlo ad alta voce. Stare lontana da lui mi aveva fatto capire che avevo ancora più bisogno di lui come se avessi bisogno dell'aria per respirare, ogni secondo della giornata. Era una parte di me. "Non voglio più aspettare di essere tua moglie." Improvvisamente, il suo volto impallidì come se stesse per vomitare. "Kelsey..." "E' giusto il momento di essere tua moglie, sai?" Guardai il mio anello, "Penso che abbiamo aspettato abbastanza a lungo-" "Kelsey-" cominciò, ma ero troppo testarda per ascoltarlo. "Dopo tutto quello che è successo, ora è il momento perfetto. Possiamo farlo insieme. Anche mio padre si è scusato." Sorrisi, finalmente sentendomi a mio agio. "Kelsey," disse con fermezza facendo fermare il mio cuore. "Cosa?" "Io... non posso sposarti," disse lentamente, come se stesse assaporando quelle parole per bene. "La mia vita è troppo pericolosa, devo stare lontano da te." Era successo tutto a rallentatore, come nei film: tutto intorno si fermava, come se tutto ciò che esisteva erano tu e quell'altra persona. Fu strano. Guardando un film non si pensa che tutto quello che succede possa accadere, ma dopo questo momento iniziavo a credere che tutto fosse possibile. "Non ti ho mai mentito e non ho intenzione di iniziare a farlo ora." "Okay," dissi prima di schiarirmi la gola. "Okay, Justin guardami. Non mi interessa quel che dici finchè rimani qui." "Sei quasi morta a causa mia," disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo. "Ma non sono morta." Sibilai a denti stretti. Potevo vederlo nei suoi occhi, si stava perdendo nell'idea che avrebbe potuto perdermi. Dovevo solo farglielo capire. "Avevi promesso che saresti rimasto e che saremmo stati insieme. Justin, mi hai messo un anello al dito. Ricordi?" Guardandosi intorno come se stesse cercando qualcosa, Justin annuì, con gli occhi rossi, "Sì" disse senza fiato, come se avesse corso un miglio. "Sì," ripetei, "quindi perché... perché stai dicendo questo?" "Sono andato oltre gli affari," inghiottì "il che significa che sono in carica ora. Questo mi rende un bersaglio." "Non mi interessa." "Non ho intenzione di guardarti mentre passi un'altra cosa del genere!" "No," Scossi la testa, rifiutandomi di cedere. "Io non ho paura." "Hai quasi dovuto fare un intervento chirurgico a causa mia. Sei stata picchiata a morte perché eri mia. Tu vuoi vivere e costruirti un futuro, vuoi avere figli-" "Voglio avere i tuoi figli!" Gridai, "Voglio vivere la nostra, la nostra vita insieme, Justin." "Non posso tenerti sapendo di metterti a rischio!" "Tu mi ami..." Mi interruppe, "Lo so." Il silenzio si fece sentire attraverso i nostri sguardi. "Non ho mai amato nessuno quanto amo te" sussurrò mentre i suoi occhi si specchiavano nei miei. "Mordendomi il labbro, non provai nemmeno a combattere le lacrime che cadevano. "Per favore.. Non devi farlo." "Ecco perché devo farlo." "No!" Gridai, sapendo che era la fine e io non volevo che fosse così. Non in questomodo. Non quando non riuscivo a reagire. "Justin," afferrando la sua mano alzò il suo volto verso il mio. "Non devi farlo Justin, per favore!" "Kelsey-" tirò, volendo liberare la sua mano, ma sapendo che non poteva farlo forte per paura di farmi male, ma niente sarebbe stato paragonabile al dolore che sentivo nel mio cuore. "Per favore, no" ingoiai. "Non farmi questo- Non lasciarmi.." Guardandosi le mani un'altra volta, mi guardò un altro secondo per poi lasciare la mano e incamminarsi lontano da me come aveva già fatto una volta. "Justin, per favore.. ti amo!" Chiudendo gli occhi, pregai che tornasse da me. Ma non lo fece. Utilizzando tutte le energie che avevo, lo chiamai "Justin, non andartene! No!" Come un segnale, mio padre corse nella stanza. "Per favore, papà, vai a prenderlo" Feci cenno verso la porta, sperando che l'avrebbe raggiunto in tempo. "Riportalo qui prima che entri nell'ascensore." Presi un altro respiro profondo e preparai i miei polmoni al peggio. "JUSTIN!" "Kelsey!" si zittò, passando le mani su e giù per le mie braccia. "No," ansimai. Era come se fossi rimasta bloccata sott'acqua senza potermi alzare. Continuavo a urlare, cercavo di far entrare aria, ma era difficile combattere, stavo annegando. Tutto quello che volevo era lui. Lui era tutto per me dal primo giorno in cui l'avevo incontrato. Era diventato la mia roccia, la persona che più amavo nella mia vita e avrei potuto dipendere da lui, e ora mi sentivo come se fossi niente. Non avevo niente. Ero il niente. "Per favore, non lasciarlo andare via, non lasciare che lui mi lasci!" Singhiozzai, senza fiato. Sentivo tutta la mia vita scivolarmi tra le dita e non importava quello che facessi, non riuscivo a riacciuffarla. "Justin sta facendo quello che ritiene essere la cosa giusta da fare", mi consolò come meglio poteva. "No, Justin.. lui è solo preoccupato. Fa così." Lo guardai. "Vai da lui e digli di tornare indietro, digli che andrà tutto bene." "Non mi ascolterebbe, Kelsey." "Lui mi ama.." Tirai su con il naso. "Non c'è alcun dubbio su questo." "E anche io lo amo." Dissi soffocando i singhiozzi, niente funzionava. "Justin è la mia vita, è la mia famiglia. Non sono niente senza di lui, lo capisci questo? Io... non.. sono.. niente.. senza di lui," soffocai ogni parola tremando. "Questo non è più vero." Disse con le lacrime agli occhi. "Tu ora hai me, andrà tutto bene, Kelsey. Devi credermi. Andrà tutto bene." 

Justin's Point Of View:

Sapevo quello che dovevo fare. Più rimanevo lì, girandomi i pollici e correndo con la mente tra le mie scelte, più mi rendevo conto che l’unica cosa rimasta era quella di farle vivere la vita che ha sempre meritato – quella senza di me. Lei era la luce risucchiata da questa oscurità, la stessa che mi ha seguito per anni rifiutandosi di lasciarmi andare e non avevo intenzione di lasciare che lei ne fosse vittima ancora. Non quando lei aveva così tanto per cui vivere. Non appena lei posò i suoi occhi sui miei, sapevo cos’era, questa era la mia fine –noi, ma non potevo lasciarla prendere, così le sorrisi non appena le sue labbra si sollevarono simili alle mie. Era piena di vita, un miracolo tutto da solo, e sapendo che presto sarei stato lontano da lei mi mangiavo dentro. Potrei avere diverse persone che mi dicono la stessa cosa, che non avevo il controllo della questione, ma la verità è che, l’ho fatto. Avrei potuto finire quest’incubo molo tempo fa, ma ho tenuto su il pensiero che forse, solo forse, avrei potuto essere di nuovo felice. Comunque, le fiabe erano solo quello- racconti, miti, storie per mantenere le nostre speranze con l'idea che i sogni si avverano, ma se ciò fosse vero, noi ce l’avremmo fatta. Avremmo avuto la nostra felicità per sempre. Evitai Gli occhi di James tutti insieme come uscì dalla stanza per darci la nostra privacy. Non potevo guardarlo negli occhi per fargli sapere che aveva vinto. Non potevo dargli la soddisfazione di sapere che aveva ragione ed io torto. Aveva sempre avuto ragione su di me. Non ero niente se non un mostro. Facendo un passo più lontano nella stanza, la aiutai a sedersi su sua richiesta e mi stetti vicino a lei, sapendo che era l’ultima volta che lo sarei stato, presi come una mia possibilità sentire il suo calore contro le mie labbra. Lei poteva percepire che qualcosa non andava, una caratteristica che invidiavo. Lei mi conosceva meglio di quanto io conoscessi me stesso, un pericolo più potente di qualsiasi altra cosa al mondo. “Cosa c’è che non va? E’ successo qualcosa?” La rassicurai della verità. “Non posso più aspettare,” disse, uno sguardo di fede nei suoi occhi. Era raggiante, i nervi scalciavano ma restò salda. “Non voglio più aspettare di essere tua moglie.” E questo mi è bastato per fermarmi. I suoi occhi, I suoi occhi , lo sguardo sul suo volto quando le ho detto che non potevo sposarla era qualcosa che non avevo mai sperimentato prima e qualcosa avrei rimpianto per il resto della mia vita . Tutto quello che volevo al mondo era renderla mia ufficialmente su un foglio per farlo vedere al mondo, ma non potevo se volevo che lei sopravvivesse nel mondo crudele in cui viviamo. Guardandola, vedendo la determinazione e il dolore nei suoi occhi era come un coltello che pugnala ripetutamente il petto, torcendo e tirando fino a ridursi in frantumi e tutto ciò che è stato lasciato era intorpidito. Lo stesso torpore a cui mi sono abituato tutta la vita. Avrei dovuto sapere che lei avrebbe lottato. Avrei dovuto sapere che lei avrebbe negato la verità e cercato di convincermi del contrario. Avrei dovuto sapere che lei non mi avrebbe lasciato andare. Non importa quanto male lei abbia visto, mirava per il bene e quella era la sua rovina più grande ancora, perché credere in me era come credere nei miracoli, ed i miracoli per me non esistono— non l’avevano mai fatto. “Hai promesso che saresti rimasto qui e hai detto che saremmo stati insieme. Justin, hai messo un anello al mio dito. Ricordi?” Lo ricordai e proprio così, tutto ha ceduto; il soffocamento, la mancanza di aria per respirare—le mura si stavano chiudendo intorno a me e tutto si offuscava. Ho fatto così tante promesse—promesse che non ho mantenuto, ed era a causa di quelle promesse che ho perso il potere di andare avanti. “Tu mi ami,” lei sussurrò, “Lo so.” Stringendo la mia mascella, bruciai il mio sguardo attraversi i pavimenti della stanza, cercando così difficilmente di non cadere a pezzi, “Non ho mai amato nessuno quanto amo te.” “Allora perché” Cercò di afferrare la mia faccia, ma non potevo guardarla negli occhi, “Perché lo stai facendo?” “Ecco, perché devo. "E’ perché la amo che devo farlo."

In piedi, sperai che mi fossi addormentato e che lei mi avesse detto che era tutta una bugia e che mi avrebbe sposato sul posto. Ma poi vidi i fili e le macchine, la decolorazione sulla sua pelle, un ricordo del dolore che ha subito da parte mia, e fui riportato alla realtà. Questa è stata la fine. "Ti amo..." sussurrò dietro di me, ma tutto quello che potevo sentire erano le parole del padre in lontananza "Ma se ami mia figlia tanto quanto dici, dovresti fare una cosa nobile e allontanarti da lei."

capitolo 51
John's point of view: 

Nel momento in cui il telefono continuò a squillare, sapevo che c'era qualcosa di sbagliato. Forse perché erano quasi le tre del mattino o forse era il fatto che quando abbiamo visitato l'ospedale, Kelsey sembrava esser diventata isterica, perchè Justin se n'era andato. Ma non dall'ospedale. Se n'era andato dalla sua vita. E non era parte del piano. Non aveva senso per me, ma più i minuti passavano, più il dolore straziante si faceva sentire ed era spaventosamente vicino. E quando il silenzio superò Justin, sapevo che non sarebbe mai, in nessun caso, finita bene. Dicono che il diavolo trova sempre un modo di tornare, e ho avuto paura che forse, solo forse, i suoi demoni stiano probabilmente tornando di nuovo. E Dio solo sa se può combatterli, questa volta. Sbattendo il palmo contro il volante dopo aver cercato di mettermi in contatto con lui deici volte, continuando solo ad ascoltare la sua segreteria telefonica, buttai il mio telefono all'interno del portabicchieri dell'auto prima di uscire dal parcheggio dell'ospedale e guidare fino in fondo alla strada. "Continua a non rispondere?" Chiese Bruce, aggiungendo pesantezza all'aria. Sapeva tanto quanto me che niente di tutto questo era buono. "No." La tensione ci soffocò nello spazio stretto portando noi tutti di cambiare scomodamente. Niente di tutto ciò aveva senso. Perchè Justin dovrebbe fuggire dall'unica cosa che lo manteneva insieme? Perchè mai avrebbe dovuto lasciare andare la ragazza che amava? Sapevo che parte di questo era per il dolore che sopportò per tutti noi e il solo pensiero mi faceva venire voglia di dare un pugno al muro. Lei era la parte innocente in tutto questo e perchè era legata a noi, ha preso il colpo. 

Era una brutta rivelazione che non importa quanto avremmo cercato di proteggere coloro che erano attorno a noi, qualcuno avrebbe trovato un modo per far loro del male. Lui la amava comunque e il suo amore per lei era più forte di qualunque cosa al mondo. La ragione per cui lui finirebbe la sua vita per salvare la sua era abbastanza per provare tutto in una cosa sola, ma qualcosa deve essere successo, e mi fece pensare; chi mai potrebbe averlo convinto possibilmente a gettarla via? "Proverò a chiamarlo di nuovo," raggiunse la sua tasca. Non dissi nulla. Invece, mi concentrai sulla strada davanti a me, senza conoscere cosa ci fosse più avanti. La vita era come il gioco del biliardo, un solo colpo sbagliato, e perdi il gioco per sempre. Guardando verso Bruce, scosse la sua testa prima di terminare la chiamata e nascondere il suo cellulare nello spazio stretto della sua tasca posteriore. Annuendo, serrai la mascella prima di calpestare più forte l'acceleratore sapendo molto bene che stava contemplando l'idea di qualcosa e quello non è mai finito bene per nessuno di noi due, specialmente lui. Non quando il dolore era l'unica via di uscita da una situazione difficile. Ed ero preoccupato che se fossi arrivato troppo tardi, avrei potuto entrare con il lavoro già fatto. Girando l'angolo, non ci volle molto prima che guidassi per il viale e spegnessi il motore. Stava piovendo quando arrivai aggiungendo solamente la sensazione che ciò che stavo per vedere era un riflesso sull'oscurità che ci aveva sopraffatti. I tuoni si sentivano sul forte vento, quasi abbattendomi mentre uscivo camminando. Più il tempo scorreva, più dventava pazzo. "Pensi che lui sia qui?" Marcus gridò sopra il rumore di Dio che urlava su di noi. Girando verso il parcheggio, notai la macchina di Justin, "Sì," annuii verso questa, "lui è qui." 

Correndo verso la porta socchiusa, feci una linea retta verso il salotto. "Justin?" La quantità di vetro sul pavimento era quasi sufficente da coprire tutto il che significava solo una cosa, era infuriato. "Fanculo," guardando attentamente nelle stanze, tutti divani erano capovolti, e il tavolino da caffè era sottosopra con qualche crepa sugli spigoli. Molti buchi erano allineati sul muro con striature di sangue e il mobiletto dell'alcol era lacerato con quasi tutte le bevande dentro scomparse. "Justin!" Guardando per tutto il primo piano, guidai Bruce e Marco affinchè controllassero il giardino posteriore mentre io e Marcus salimmo per le scale. Sbattendo tutto ciò che trovò nella stanza, non si fermò finchè non entrò nella camera sua e di Kelsey, ricordando il male che quel posto aveva causato.
Ogni pezzo era rotto con il materasso capovolto che sembrava fosse stato colpito da un tornado. "JUSTIN!" "John," Marcus mi diede una gomitata prima di girarsi e puntare verso le scale che portavano all'attico. Camminando cautamente verso esse, salii per le scale prima di prima di sbirciare sopra il bordo per vedere che la finestra che conduce al tetto era aperta e in lontananza un'ombra incombeva sul lato di essa. "Merda," ricomponendo i miei passi, mi sbrigai quasi cadendo dal cornicione e mentre tornai indietro nella pioggia la sola vista era agghiacciante. Stava lì in piedi con una bottiglia di Jack in una mano e una pistola nell'altra, era Justin. "Cosa diavolo credi di fare?" Girandosi per guardarmi, riuscii a vedere il dolore nei suoi occhi. Le sue guance erano praticamente annegate nelle lacrime e i suoi occhi erano sporgenti facendomi chiedere quanto abbia bevuto. "Mettere una fine a tutto questo," prese un sorso dalla bottiglia mentre scivolava, annaspando sui suoi piedi e quasi cadendo. Sporgendomi per prenderlo, si ricompose e si rimise dritto da solo per quanto potesse. 

"Non ho bisogno del tuo aiuto," disse rabbioso, facendo un passo indietro da me. "Si," mi stirai, i miei occhi erano aperti temendo che potesse cadere, "Si, ne hai bisogno." "Perchè?" Alzò le mani in alto causando un piccolo riversamento dell'alcol, ma non l'aveva notato. "Non è come se avessi bisogno di me." "Non è vero," discussi. "Tu sei come mio fratello, la cosa più vicina che ho ad uno. E' ovvio che ho bisogno di te. Tutti ne abbiamo bisogno." "Lo so che stai sparando cazzate," rise cinicamente, "perchè nessuno ha bisogno di me." Guardando fuori al cielo striato, il botto che seguì poco dopo eliminò la sua faccia, quasi imitando come si sentiva dentro. Girando la pistola sorprendentemente ma non abbastanza da farla cadere, tenne la base di questa fortemente, discutendo. "Tutto ciò che faccio è causare dolore a tutti, sono sorpreso di essere ancora vivo." Guardandomi, si scosse senza aiuto, "tu sai che con tutto quello che è successo, è praticamente impossibile che io sia ancora qui." "Non è il tuo momento per andare," gli sussurrai nel silenzio, realizzare tutto quello che stava accadendo stava filtrando nelle mie vene e rompendomi a pezzi. In tutti questi anni in cui l'ho conosciuto, non l'ho mai visto così sconvolto. Solo una volta nella sua vita era così triste e il ricordo continuava a seguirmi ancora, perchè se solo fosse tornato a casa qualche minuto dopo, avrei probabilmente camminato in una pozza del suo sangue. "Come fai a saperlo?" sussurrò contro il forte vento che portò la sua voce a me, "Forse tutto questo sta accadendo per una ragione, forse dovrei farlo da solo." "Smettila di parlare così," "Così come?" "Come se quello che stessi dicendo è vero." "Questo è perchè lo è!" urlò, le sue vene adesso erano spesse mentre pulsavano sotto la sua pelle, "tutto questo è diventato una merda. Tutto quello che abbiamo fatto era per niente. Lei è quasi morta e quel figlio di puttana sta ridendo! STA RIDENDO! Capisci quanto è umiliante- sapere che hai perso a tavolino? Mi sono arreso solo per uscirne e nonostante tutto, siamo tornati a dove è iniziato tutto!" Prendendo un sorso dalla bottiglia nella sua mano, ridacchiò sarcasticamente, "è divertente come vanno le cose, eh?" buttò il bicchiere verso me. "Quindi è tutto? Butterai via la tua vita?" "Non c'è nient'altro da fare." "Puoi tornare indietro e far funzionare di nuovo bene le cose con lei." I suoi occhi brillarono pericolosamente alla menzione di Kelsey, "No." "Lo facciamo tutti; è parte del fare errori-" "L'unico errore è stato innamorarmi di lei," la sua mascella si chiuse e la rabbia tornò nei suoi occhi di nuovo. "Quella è stata la cosa migliore che ti sia mai capitata e lo sai." "Se così fosse perchè non possiamo essere felici? Perchè più di una volta?" "Quello che è successo a Kelsey ci ha fottuti tuti ma non ci vedi incolparci. Avevamo tutti un lavoro, dovevamo proteggerla, ma come non avevamo un indizio di quello che stava succedendo?" "Lei sta meglio senza di me," Alzò il suo mento in sfida come se quello che aveva detto gli avrebbe dato giustizia. . Nel passaggio dietro di me erano il resto dei ragazzi dopo che Marcus corse giù a prenderli. "La vita sarebbe meglio senza di me." Pressò la punta del grilletto al lato della sua testa. "No!" Buttai le mie mani fuori per fermarlo e lo fece un secondo prima di barcollare avanti e scuotere la testa mentre le lacrime gli offuscarono la visione un' altra volta ma non si azzardò a mandarle via. "Sopravviverete senza di me," "Non puoi farlo! Non quando hai fatto così tanta strada." Facendo dei passi cauti avanti, misi le mie mani in avanti in segno che non lo avrei toccato, "Hai combattuto le voci e hai vinto la battaglia dentro la tua testa." "L'ho quasi persa," "E' tornata da te, no? E' qualcosa per cui essere felici. Il vostro amore può sconfiggere ogni cosa anche l'idea della morte. Cosa pensi che penserebbe se tu finissi la tua vita adesso?" "Sarebbe felice, sarebbe in grado di vivere la sua vita." "Tu sei la sua vita," feci un altro passo, sapendo che stavo rompendo piano piano i suoi muri, "Tu sei tutto per lei come lei lo è per te. Non buttarla via Justin, e nemmeno la tua vita." 

Stando lì, mi guardò per quello che mi sembravano anni prima di rigirarsi al cielo notturno, lasciando che la pioggia lo inzuppasse velocemente. "Vogliono che io salti," disse all'improvviso. Il mio stomaco si contorse. "Chi?" "Loro," enfatizzò e seppi quasi immediatamente di cosa stesse parlando. "No," dissi forte e chiaro, rifiutandomi di tornare indietro anche solo per un secondo sapendo che a questo punto, sarebbe potuto succedere tutto in un battito d'occhio. "Ascoltami, l'hai fatto una volta prima, puoi farlo di nuovo. Questa vita è una merda e lo sapevamo sin dall'inizio ma continuavamo ad accettarlo perchè era l'unica origine di famiglia che avevamo. Ci ha insegnato un sacco e ha fatto di noi una famiglia. Combattiamo insieme, moriamo insieme, e non so per te ma io preferirei continuare a combattere prima di gettare la spugna. Ci siamo quasi arresi una volta e guarda dove ci ha portati," gli feci un gesto con le braccia apertamente attorno a noi, quei bastardi meritano di pagare per quello che hanno fatto e mi rifiuto di arrendermi. So che la ami e so che vuoi tagliar loro un nuovo buco del culo. Lei si merita questo- lei merita giustizia per tutto quello che è successo." Mi fermai, "So che puoi farlo e che puoi farcela." Contemplando le mie parole come se fossero un indovinello da risolvere, le sue sopracciglia si aggrottarono chiedendosi se ascoltare o no. Finchè non sporsi fuori la mia mano per la pistola e fece finalmente una decisione. Senza nessun'altra parola, posò la pistola nella mia mano. Prendendola prima che avesse la possibilità di ripigliarla, la misi nella cintura dei miei jeans. "Grazie." "Non ringraziarmi," borbottò amaramente, l'esaurimento pesò su di lui mentre mise le sue mani nelle tasche bagnate dei suoi jeans con forza, "Buttiamo giù qualche figlio di puttana." Si addormentò sul divano tenendo una foto di Kelsey sul suo petto più tardi quella sera. Era triste vederlo così angosciato e timoroso che qualunque passo potesse fare sarebbe potuto finire nella distruzione. Di tutte le persone in questo gruppo, lui riuscì a prendere il meglio da tutti noi il che era la ragione per cui eravamo così protettivi con lui. Lui era il più giovane, ma anche il più intelligente. Aveva un modo di fare le cose, cose che noi non avevamo idea di che fossero, e anche se non andavano bene sempre, riuscì ad insegnarci cose ogni giorno.Eravamo tutti feriti a modo nostro, con le nostre storie che variavano da persona a persona, ma avevamo tutti una cosa in comune, oguno farebbe qualsiasi cosa per l'altro, anche se ciò significava che uno di noi sarebbe morto. E' stato grazie a lui se noi sapevamo cosa si sentiva davvero a essere una famiglia. "Ho chiamato Prince" Bruce ci informò mentre terminava la telefonata ed entrava nella stanza buia, "ha detto che sarebbe venuto in poco tempo." "L'ha contattato Lyndon?" Marco chiede curiosamente anche se tutti noi sapevamo già la risposta. "Sì , ma lui non ha risposto. Si rifiuta di far parte di qualsiasi suo bullo." Lasciandosi andare giù sul cuscino del divano, si appoggiò allo schienale, lasciando uscire fuori un respiro che non sapeva di aver trattenuto per tanto tempo. "Queste sono un mucchio di stronzate," scosse la testa mentre guardava in lontananza, analizzando con i suoi pensieri come il ginocchio galleggiava con l'anticipazione di quello che verrà. "E' quello che è," mormorò tranquillamente mentre lanciò un'occhiata a Justin con solo un paio di sweats e una t- shirt. Ha cambiato i suoi vestiti fradici e indossato alcuni asciutti quando abbiamo iniziato a discutere di alcune cose finché non si addormentò. "Alzatevi e brillate, stronzi!" Una voce gridò nel silenzio, poi sbattè la porta dietro di lui ed entrò nel salotto. Scuotendosi per svegliarsi, Justin gemette mentre teneva la testa nel palmo delle sue mani, "Porca puttana, che cosa era?" "Che cazzo?" Marco e Marcus interrogarono al tempo stesso come feci io. Bruce dall'altra parte non era troppo sorpreso di vederlo. "Scommetto che pensavate che non mi avreste più rivisto, eh?" Il sorriso sul suo volto mi fece raddrizzare tutti i peli sulle mie braccia. "Questa non era una parte del piano," Io ribattei bruscamente mentre i miei occhi trovarono Bruce, ma lui rifiutò di incontrare i miei. "Sì, beh, qualcuno qui intorno deve saltare la merda, e voi tutti sapete che parlo di me." Jason si tolse il berretto verso di me prima di girarlo all'indietro sulla testa. "Mi dispiace bella addormentata, ho disturbato il suo riposo di bellezza?" prese in giro scherzosamente Justin mentre si sistemava sulla sedia del braccio e girava il suo computer. "Qui," Bruce gli porse un po' di Advil e un bicchiere di acqua, "si ucciderà la sbornia un po'." Mormorò incoerentemente sotto il suo respiro, guardò la foto che ancora teneva in mano, bevve rapidamente l'acqua come se volesse che nessuno di noi lo vedesse e inghiottì le pillole. "Che cazzo stai facendo qui?" mormorò con un po' di un insulto nelle sue parole anche se l'alcool è stato praticamente prosciugato dal suo sistema. "Ho sentito che voi ragazzi avete bisogno del mio aiuto, e chi sono io per rifiutare un offerta oh-così-gentile?" sorrise subdolamente sapendo quanto l'abbiamo odiato. Ringhiando impaziente, gli occhi di Justin bruciavano nei suoi "tagliamo le corna al toro e iniziamo a parlare." "Voi ragazzi mi avete chiamato, ricordate? Sono qui solo per lavoro." "Che cazzo-" "E'stata la nostra unica opzione," Bruce rispose a tutti noi che chiedevamo la stessa cosa - perché c'era Jason McCann nel nostro salotto. "A questo punto, non c'è molta gente da cui possiamo andare dopo che ci siamo sciolti. Prince ci ha suggerito di fare ammenda in modo da cominciare a tirare qualche peso." "Non sapevo che si contasse anche la spazzatura" Justin brontolò mentre guardò la bionda ad un piede di distanza da lui. Potei vedere l'odio nei suoi occhi che bruciava come un fuoco e il modo in cui le sue mani strette a pugno confermarono l'idea che non era confortevole con tutti. E chi era per dare la colpa a lui? "Ci ha fottuto prima, cosa ti fa pensare che non lo farà di nuovo?" "Non vi ho mai fottuto. Ho fatto il mio dannato lavoro, non è colpa mia, Delgado mi ci ha messo contro come la progenie di Satana." "Vedo che andate tutti d'accordo." Voltandomi vidi Prince lì, ho fatto una doppia presa, non realizzando ancora che avesse messo piede in casa. "McCann? Davvero Prince, davvero?" Si strinse nelle spalle. "E' stato il meglio che ho potuto fare con breve preavviso." "Vaffanculo." "Fai silenzio, abbiamo tutte le ragioni per volere il tuo culo fuori, ma tu sei l'aggiunta alla squadra che è l'unico motivo per cui sei qui e respiri ancora. 


Posso garantire che il tuo culo sarà gettato nelle discariche se continui a parlare dietro, ora comportati come un bravo ragazzo e chiudi quella cazzo di bocca." Spostando il computer lontano da lui, iniziò a digitare le cose prima di trasferire i file nella sua USB e scaricarli sul suo tablet. "Devo dire, però, che non ero sorpreso quando voi ragazzi mi avete chiamato." "Sì, e perché?" "Perché sapevo che sareste tornati." Alzò lo sguardo verso di noi, prima spingendo il suo computer via momentaneamente e bloccando le dita nel mezzo in modo che pendessero tra le ginocchia. "Un King non si arrende facilmente. E' o uccidere o essere uccisi, se uno ne vuole uscire vivo, cosa che sapete. Rinunciare così? Troppo facile. Lyndon ha tutto sotto patto qui intorno. Si è appena sparsa la voce che voi ragazzi avete mollato, la gente parla chiedendo chi sarebbe potuto essere stato a farlo. Ora tutti sono nel proprio caso, vogliono vedere che cosa riguarda, ciò che vi ha fatto scappare come avete fatto. Se nessuno è nessuno qui intorno, devi buttare fuori il tuo meglio, e tecnicamente, lui l'ha fatto. Sacrificare voi stessi alle sue sporche opere era probabilmente la cosa peggiore che avreste potuto fare, ma anche una delle migliori. Mentre tutti corrono a fare ammenda con lui per fare in modo che non tocchi i loro territori, gli altri stanno complottando. Vogliono lui andato. Preferiscono avere voi ragazzi che uno come lui. Lui è come un uragano, ovunque cammina, si lascia un pasticcio nella sua scia. Vogliono assicurarsi i loro acquisti e si occupa di tutti, ma non possono farlo con Lyndon qui cercando di prendere tutto." "Allora, che cosa? Pensi che dovremmo collaborare con loro?" "Il resto può essere gestito separatamente, ma Lyndon ha un sacco di gente sotto il suo braccio. Sta andando a prendere più di un paio di voi per portarlo giù. Ha un intero esercito di persone in attesa per l'occasione perfetta per colpire quando necessario. Dovete essere preparati. Questo non è solo qualche piccolo lavoro sciocco. Sto parlando di migliaia di persone stanno per entrarci e solo pochi ne usciranno vivi." Justin fu il primo a parlare. "Siamo pronti." "Sei sicuro?" "Positivo. Ci siamo sempre tirati indietro perché avevamo paura che uno di noi avrebbe potuto fare la cosa sbagliata e ottenere un mandato in prigione, ma adesso non c'è niente che mi trattiene dall' uccidere ognuno di loro." "E quella tua ragazza?" "Che dire di lei?" disse, come se sfidandolo a dire qualcosa su di lei. Alzando le mani in segno di resa, si appoggiò allo schienale, "va bene. Basta che mi dica quando e avrò tutto il gruppo insieme. Comincerò a reclutare mentre aspettiamo, ma non metteteci troppo. Lyndon è già troppo arrogante com' è. Non dategli più di un motivo per gonfiare la testa." 

Justin's Point of View: 

"Sei sicuro di questo?" Bruce chiese insicuro della situazione. Incerto di me. "Sì." Avevamo discusso la prima parte del nostro piano quando abbiamo chiamato Carly sopra. Ha detto che avrebbe aspettato fino a quando Kelsey non si sarebbe addormentata per venire. E' maledetta per sempre, ma ha fatto in tempo. "Saremmo potuti morire nel momento in cui sei venuta, cazzo," scattai, sedendosi sul bordo del divano. "Non sono qui per te," morse lei, sapendo quello che ho fatto e le piacevo per quello. Può farsi fottere, perché niente riguarda lei. Cosa succede tra Kelsey e me, è solo tra Kelsey e me. Restringendo gli occhi verso di me, borbottò sottovoce quando John delicatamente pizzicò il suo fianco per alleviare la sua rabbia dopo aver fatto la strada verso di lui. "Dicci quello che sai." "C'era un gruppo di loro, ma Cole è venuto prima. Doveva essere stato a guardare la casa perché è venuto poco dopo che l'ho lasciato. Non so come, voglio dire, tutto sembrava a posto. Non c'era niente di strano che stesse succedendo." Guardando verso il basso le sue mani, si morse il labbro, "aprì la porta perché pensava che fossi io. Ma non era così. Provò a correre ma Sammy bloccò la porta." Alla menzione dei loro nomi, potei sentire l'aumento bile in gola. Ognuno di loro, tutti delle cagne di Lyndon e mi ha fatto male allo stomaco. "Ha fatto una corsa per le scale, ma Cole la raggiunse prima che potesse scappare. Ha combattuto duramente, cercò di convincerlo di lasciarla andare, ma lui era troppo forte. C'erano tutti. Sammy la teneva giù mentre tutti la picchiavano, merda. Lei lo pregò di fermarsi, ma lui non ebbe ascoltato. Nessuno di loro lo fece. Loro fecero cosa voleva Cole, hanno seguito gli ordini, o almeno questo è quello che lei ha detto prima di morire fuori." Il pensiero di mettere le mani su di lei mi fece desiderare di prendere a pugni il muro ancora e ancora fino a quando lo dipinsi di rosso, il loro sangue sulle mie mani un'immagine che ho voluto per, per anni. La mia mascella era serrata come i miei occhi dilatati, concentrandosi su nulla mentre fissavo in lontananza. Sentivo la rabbia crescere dentro di me, tutta la tensione repressa finalmente raggiunse il suo picco come pensai. Tutto dall'inizio fino alla fine, tutte le stronzate che ha dovuto sopportare solo per finire dove mi trovo ora. "Li ucciderò," esclamai. "Facile lì, tigre. " Jason parlò, "non si può solo colpire senza pensare. Rilassatevi e sedetevi." 

Raggiungendo il culmine, lo afferrai per il colletto della camicia spingendo sul tavolo rotto, facendo in modo di avere un paio di scivoloni di vetro che sfiorassero la pelle abbastanza per tagliarlo, "Io non ho chiesto il vostro parere." "Toglimi le tue cazzo di mani di dosso," ringhiò, spingendomi indietro. Senza esitare, afferrai il suo collo, tenendolo a bada premendo le mie dita intorno allo spessore, "una torsione e ti romperò il collo. Non mettermi alla prova stanotte, cazzo." "Va bene, basta!" Prince chiamò proprio quando lui e Bruce mi tirarono indietro. "Non si andrà da nessuna parte se si finisce per uccidersi a vicenda." "Chi ha parlato di me?" Mi misi a ridere. "Quel figlio di puttana finirà in una tomba più veloce di quanto ognuno di voi può lampeggiare. Sarò quello che lo metterà lì e ci piscerà sopra. Sarà come una fottuta giornata di campo. Mi assicurerò anche di portare l'alcool." "Sei fottutamente pazzo." "Forse lo sono, cazzo, ma farò in modo che pagherai per quello che hai fatto alla mia sorellina. Questi stronzi possono non fare una merda, cazzo, ma io non potrò mai dimenticare. Tutto questo fottuto schifo proprio ora iniziato con voi e che io sia dannato se mai ti lascerò vivere per questo." Tutti gli occhi erano su di me, a questo punto, ma non me ne fregava un cazzo. Lui era la colpa di tutto e non avevo intenzione di lasciare perdere. Qualunque altra persona potrebbe essere in grado di dimenticare e andare avanti, ma ha preso una parte di me quella sera e la rivoglio a tutti i costi. "Forse è ora di andare" John sussurrò silenziosamente all'orecchio di Carly mentre la accarezzò dolcemente, baciando il lato della testa. Annuendo tranquillamente, si chinò a baciarlo sulle labbra prima di afferrare la sua borsa. Passando verso di me, lei guardò John per un attimo davanti ai suoi occhi incontrarono i miei di nuovo, "So che questo probabilmente non è il momento— "Allora non dire nulla, cazzo." avvertii. Non ascoltò. "L'hai distrutta, lo sai." I miei occhi brillarono pericolosamente. "Porta il culo fuori da qui." Scuotendo la testa, i suoi occhi erano determinati come se volesse dire che non era finita, lasciò la casa, sbattendo la porta dietro di sè. "Possiamo aspettare fino a quando non sei pronto. Non dobbiamo farlo in questo momento, possiamo- " "No, Bruce." Lo interruppi, non volendo spiegarmi ulteriormente. "L'ultima volta che abbiamo aspettato, abbiamo fatto una cazzata - Ho fatto una cazzata. Ho chiuso con il lasciare che quei bastardi la facciano franca con tutto. Pagheranno. Ognuno di loro, a cominciare da quella piccola stronza di Sammy." Mettendo i guanti sulle mani, afferrai la pistola dalla mia credenza, lasciando che il freddo metallo si sciogliesse contro la mia pelle a causa del contatto con il mio palmo. I ricordi mi ritornarono in mente da quel momento sul tetto che mi costrinse quasi a fare marcia indietro e cadere, ma poi ricordai del perché ero qui e stavo facendo questo in primo luogo e lo rifarei una volta di più. Facendolo scorrere dietro di me sotto i miei jeans dove mi assicurai fosse fisso in posizione, camminai davanti a lui e fuori dalla porta dove Prince mi aspettava sulla porta. "Sei pronto?" sorrisi. Parcheggiai davanti alla porta che conduce agli appartamenti dove Sammy viveva, spensi il motore, in attesa che le luci nella sua casa si fossero spente per andare avanti. "Quando viene?" "da un momento all'altro," Prince guardò l'orologio. "Hanno appena finito l'incontro con Anthony Larosa a Main Street." "non fa parte degli Axes? Che cazzo sta facendo incontrando Lyndon?" "Te l'ho detto. E' tutta una questione di legami tra i nemici, tieni stretti gli amici e i nemici più vicini. Non sono come voi, ragazzi. Loro giocano sporco". Lo derisi, rilassai il collo, stringendo le nocche come per alleviare la tensione nel mio corpo, non importa quello che ho fatto, è solo andata peggio. "Eccolo." sottolineò e lo individuai quasi immediatamente. Camminando con le mani nelle tasche della giacca, con la testa china verso il basso a causa dei venti d' aria fredda, nascose il suo naso sotto il colletto. Girando l'angolo, entrò nel cuore dell'edificio. Non passò molto tempo prima che lui fosse arrivato al quinto piano ed ebbe acceso la luce, dandoci il via. Dopo aver aperto la portiera della macchina, ripercorremmo i suoi passi. Prince ottenne una copia della sua chiave molto tempo fa nel caso in cui noi ne avremmo avuto bisogno per una pausa se ci avessero derubato. Arrivando faccia a faccia con la sua porta, lentamente girò la chiave prima di girare la manopola e aprendo la porta lentamente. Dopo essere entrati non passò molto tempo prima che sentimmo la doccia funzionare. "Perfetto." disse camminando lungo il corridoio verso la porta in cui era nascosto, fischiettando una melodia fissata nella sua testa, ricordai del modo in cui Kelsey lo faceva sempre e sentii crescere più caldo e rabbia in me. Lui era il motivo per cui la mia ragazza stava male ed era giusto che provasse la stessa quantità di dolore che ha provato lei. Appena mettemmo piede nel bagno, l'aria nebbiosa ci inondò come se fossimo in una stanza fumante. Guardando attraverso il vetro, vidi l' occasione perfetta per prenderlo, quando meno se l'aspettava. Afferrando l'asciugamano dal bancone, lo intrecciai nelle mie mani, facendo attenzione a tirare velocemente in modo che si fosse sentito il suono di una frusta. Accennando verso la porta della doccia, Prince oscillò rapidamente aprendola proprio quando avvolsi l'asciugamano intorno al collo di Sammy, tirandolo fuori e oltre. Stava lottando per respirare, le dita graffiarono il tessuto, ma strinsi solo la presa su di lui. "Sai, è divertente" cominciai "Mi aspettavo di più da te, Constentino, ma credo che sia sempre la quiete che crea la maggior parte dei problemi." "Non so di che cazzo stai parlando." si sforzò di parlare come si girò, sforzandosi di respirare. La mancanza di aria nel suo sistema causò una tonalità di rosso sul suo viso e la vista da vicino era a dir poco mozzafiato. Ucciderlo era un euforia che aspettavo da settimane. Guardai come Prince cominciò a riempire la vasca con acqua invece di lasciare scorrere la doccia, la mia voce si diffuse facilmente per i quattro angoli della stanza, facendo eco abbondantemente a causa dello spazio ristretto. "Ah sì?" Alzai un sopracciglio, ridendo come se quello che disse fosse la cosa più divertente del mondo, ma sapevamo tutti che non era quella la ragione. "Tu stavi lì e guardavi come quel figlio di puttana picchiava la mia ragazza e allora facesti lo stesso." alzai le spalle, sorrisi con soddisfazione all'idea, "forse dovrei farti ricordare" Con l'asciugamano ancora intorno alla gola, strinsi la mia presa su di lui per poi farlo sbattere la faccia nel lavandino di marmo causandogli la rottura del naso. Un urlo strozzato uscì dalle sue labbra mentre cercava di spiegarsi, ma non glie ne diedi la possibilità. Non quando la mia ragazza li pregò di fermarsi e loro non lo fecero. "È abbastanza?" "La tua puttana ha urlato più forte di così" tossì, sputando sangue "Avresti dovuto vedere la sua faccia, Bieber, era isterica, chiedendosi perché il tuo culo non era lì per salvarla." contraendo la mia mascella, feci in modo di mettere pressione sul suo collo ancora una volta, questa volta più forte di prima al punto in cui sembrava che la sua testa fosse sul punto di rotolare fuori dalle spalle. "Sono sicuro che la sua figa è abbastanza stretta, ma io e i ragazzi e non abbiamo avuto abbastanza tempo per scoparla. E' un vero peccato, stavamo tutti chiedendo come ci si sente quando stai per essere montata. Forse la prossima volta, eh?" Tutto dentro di me era in frantumi come schegge di vetro nel mio petto e la mia sanità mentale era stata gettata fuori dalla finestra nel secondo in cui aprì di nuovo la bocca. Strinsi le dita dell'altra mano le estremità del telo insieme, aggrovigliai le dita dell'altra mano tra i suoi capelli prima di sbattergli ripetutamente la faccia nel lato dell'armadio sotto il lavandino. "Non ci sarà una prossima volta. Siete tutti un branco di figli di puttana malati e ho sempre detto che il karma fosse una puttana, cazzo. Certo tua madre è l' esempio migliore, ma non preoccupatevi, siete in alto in quel rango". Lo voltai verso di me, sganciai un paio di pugni brutali sul suo viso e prima che lo sapessi, un paio si trasformarono in un sacco. Tutta la rabbia, tutto, le immagini di Kelsey sdraiata lì mentre lui le faceva del male scorsero nella mia testa e non vidi più niente. Appena Prince mi chiamò che era pronto gli tirai la testa indietro per vedere il danno. Sembrava che non avesse nemmeno un volto, e mi fece sorridere sapere che avevo portato un certo tipo di giustizia stasera. Tirandolo con me, scartai il collo prima di afferrare la parte posteriore della testa costringendolo ad andare giù nell'acqua. Dimenandosi più che poteva per il dolore degli attacchi che ha appena subito, riuscì a tirare la testa fino alla superficie, ma lo spinsi nuovamente, questa volta, di più, causando una colorazione rossa dell'acqua. Passarono pochi secondi prima che il suo corpo cominciò a rinunciare. Anche quando cadde inerte sapendo che era morto, continuai a tenere premuto, volendo che lui asoffrisse la mancanza di aria come feci io. Mi hanno rubato tutto ed era giusto che feci la stessa cosa in cambio. "Basta" tirando Sammy via, Prince scaricò il suo corpo nella vasca, mettendo in scena tutto per sembrare un suicidio come avevamo inizialmente previsto. Uscimmo dalla stanza, assicurandoci di lasciare la porta del bagno aperta, ma la porta dell'appartamento chiusa a chiave, lasciammo tutto come era, avendo cura di prendere qualsiasi prova con noi. I venti sbatterono su di me provocandomi un senso di vanità per rilassarmi dentro, come se avessi finalmente ottenuto un po' del mio orgoglio indietro. Sapevo che questo era solo l'inizio e anche se ne ho fatto fuori uno, ce n'era più. Molto di più. Ma ero pronto. In lontananza, si sentì un esplosione e un sorriso sollevò l'angolo delle mie labbra. Prince mi guardò, ma tutto quello che ho fatto è stato concentrarsi su come arrivare alla parte due. "Un bastardo andato, ancora due."

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