LU/CE

By GabrieleDelfino3

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#FINE PRIMA PARTE!# #LA SECONDA PARTE VERRÀ PUBBLICATA A BREVE!# "Quando l'oscurità è dentro di te, non sei m... More

CAPITOLO 1
CAPITOLO 2
CAPITOLO 3
CAPITOLO 4
CAPITOLO 5
CAPITOLO 6
CAPITOLO 7
CAPITOLO 8
CAPITOLO 9
CAPITOLO 10
CAPITOLO 11
CAPITOLO 12
CAPITOLO 14
CAPITOLO 15
CAPITOLO 16
CAPITOLO 17
CAPITOLO 18

CAPITOLO 13

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By GabrieleDelfino3

"Che cosa rende speciale una vita umana?" domanda il reggente guardando fuori dalla finestra del suo ufficio e accarezzando le tende anonime.

"Prego signore?"

"Ogni giorno milioni di persone nel mondo muoiono senza che nessuno faccia una piega. È una cosa che ci lascia indifferenti. La consideriamo inevitabile. Semplice routine."

Si volta e lo scruta con occhi grandi e penetranti. La barba bianca appena accennata sul volto.

"Quindi che cosa rende così speciale una vita umana?"

"Immagino che sia il legame emotivo con le altre persone. Il decesso di una persona a noi vicina ci segna mentre quello di una persona lontana, ci lascia insensibili."

Si accarezza la guancia ruvida e rubiconda.

"Interessante. Una prospettiva interessante."

Un corvo nero come la notte picchia con il becco sulla finestra per farsi aprire.

"Quindi qualcuno che non conosciamo, ipotizziamo un bambino africano che non abbia parenti né amici..."

Il reggente lo fa entrare e poi si dirige verso il mobiletto di mogano sotto l'enorme quadro che lo ritrae in posa regale

"...che non abbia, per così dire, alcun legame... può essere ucciso senza remore?"

Si versa un bicchiere di whiskey Inish Turk Beg Single Malt, liscio, senza ghiaccio.

È uno dei pochi vizi che gli siano rimasti con l'età, dopo una vita intera vissuta nella morigeratezza.

"Intende sottintendere che esista un valore a priori della vita umana?"

"Intendo dire, mio caro Dougal, che siamo stati attaccati. E che dovremo per forza, volenti o nolenti, rispondere a questo attacco."

"Capisco" risponde il Guardiano "si riferisce ad Augustus, non è vero?"

Il corvo fa un balzo sulla scrivania e da lì alla spalla del suo padrone.

"Precisamente. Il povero Augustus non aveva famiglia. E a dirla tutta, era una persona parecchio sgradevole. È sufficiente questo perché la sua vita sia sacrificabile?"

"Sa bene che non sono la persona giusta a cui porre queste domande, signore."

"Giusto... giusto."

Accarezza la testa dell'animale e poi si lascia cadere a peso morto sulla poltrona in pelle preferita; il bicchiere oscilla e luccica nella penombra.

"Nondimeno lo hanno ucciso insieme alle nostre guardie pensando che non lo avremmo mai saputo. Abbiamo fatto bene a mettere Huginn sulle loro tracce. Ci considerano deboli e sprovveduti."

"È quello che volevamo: passare inosservati."

"E così faremo. Non possiamo permettere che interferiscano nei nostri piani e uno scontro aperto non conviene a nessuno. Quando tutto sarà finito però, la testa di Lord Sebastian Brisnow penderà  dall'asta di quella bandiera" dice indicando fuori dalla finestra "e insieme a lui, anche quella della bambina odiosa".

Dei passi in fondo al corridoio echeggiano nel silenzio dell'edificio deserto.

"A proposito signore, che cosa ne facciamo della sorella?"

Un ghigno di disprezzo si dipinge sul suo volto.

"Il famiglio in condivisione...che idea stupida. È bastato aspettare che l'altra lo evocasse per lasciarla indifesa. Non sono così pericolosi dopotutto."

Da quanti anni serve l'ordine fedelmente? E cosa ne ha ricavato? Un bel niente, questa è la verità. Ma adesso è il suo momento, il momento della rivalsa: non lascerà che glielo portino via.

"Oberon ha deposto la spora?" domanda sorseggiando il distillato. Riesce a distinguere dolci note di rovere e vaniglia. Non solo, anche un sapore fruttato fatto di buccia d'arancia, mele mature, cagliata di limone e biscotti allo zenzero. Costa caro ma ne vale la pena: è un lussuoso whisky single malt, lanciato nel 2010 in maniera limitata, solo 2.888 bottiglie. Non si concede molte gioie nella vita ma quelle che si concede, vuole che siano eccezionali.

"Si. La bambina adesso è nella stanza a fianco."

"Bene" annuisce pensieroso "bene."

Col senno di poi, è stato un grave errore mandare Augustus da solo. Avrebbe dovuto essere più previdente. Chi si aspettava però che arrivassero a tanto? Non bisogna fidarsi degli inglesi, questa è la verità. Arrivano spadroneggiando come se l'America fosse ancora una loro colonia, pensano di essere superiori agli altri. Se solo si fossero fatti vivi dopo Halloween, li avrebbero potuti schiacciare come insetti. Ora invece è necessario procedere con cautela, senza farsi prendere alla sprovvista. Sono furbi e infidi.

"Allora proseguiremo come concordato prima del loro arrivo."

Assaggia un altro sorso di whiskey.

Solo qualche mese, devono resistere solo qualche mese.

"Come desidera signore" risponde Dougal.

È il suo unico Guardiano. Del resto, ufficialmente non ci sono mai stati portali a Ray Falls e un presidio più consistente avrebbe attirato inutilmente l'attenzione.
Senza contare che, quando si nasconde un segreto, è consigliabile che ne sia a conoscenza il minor numero di persone possibile: più guardiani, avrebbe significato più persone a cui rivelare l'esistenza del portale. E la sede di Londra lo avrebbe saputo in un attimo. Che ne sarebbe stato dei suoi sogni di grandezza? Avrebbero fatto la fine di Augustus. No, decisamente non sarebbe stata una buona idea.

"Che cosa ne pensi invece dei ragazzi? Secondo te possono rappresentare un pericolo?"

Dougal, impassibile, ci pensa su.
È in piedi davanti a lui. Le braccia incrociate dietro la schiena, il petto in fuori.

Le sue origini scozzesi lo portano a odiare qualsiasi inglese e malgrado abbia ormai 60 anni, il fisico imponente lo rende ancora un avversario temibile.

"Il portale ha presentato un'attività anomala e non sappiamo che cosa sia successo laggiù" risponde.

Non vuole sbilanciarsi, non è nella sua indole. E se c'è una cosa buona, è che misura sempre le parole e non le utilizza mai a vanvera: una qualità apprezzabile in un consigliere.

"D'altra parte non possiamo certo aspettarci che quei bastardi Sassenach* ce lo dicano" replica il Reggente.

"Se vuole posso stare alle loro calcagna. Dei ragazzi, intendo."

"No. No. Non credo che sia una buona idea."

L'occhio destro di Dougal, attraversato da una vistosa cicatrice che corre lungo tutta la guancia, brilla di una luce sadica, malgrado la bocca non lasci trapelare alcuna emozione.

Ha ragione il Reggente però: non è saggio farsi distrarre. In fin dei conti, tra qualche settimana sarà più semplice sorvegliarli. Si, Dougal gli serve per monitorare le attività di quel damerino di Londra.

"Dobbiamo rimanere focalizzati e assicurarci che Sebastian e le sue inquietanti bambine non utilizzino il portale." risponde deciso.

È proprio quello che vorrebbero: agire indisturbati mentre loro sono distratti da un mucchio di mocciosi. Non si farà fregare così: venderà cara la pelle. Se vogliono prendere il controllo del portale, dovranno passare sul suo cadavere.

Il Guardiano annuisce e il Reggente per un attimo rimane in silenzio.
Nel corridoio il rumore dei passi si fa più deciso. In principio avevano pensato che fosse la donna delle pulizie ma adesso è chiaro che non sia così. Chiunque sia, si sta dirigendo verso di loro.
Dougal porta la mano sinistra al petto, accarezza l'anello ed evoca il famiglio con parole impercettibili. Il Reggente afferra il bastone del serpente, il simbolo del comando che viene consegnato a tutti i responsabili delle sedi dell'ordine, in grado di proteggere dagli attacchi magici. La maniglia gira senza che la porta si apra. Rimangono immobili, i muscoli in tensione.

Non si ode più alcun suono. Il Guardiano fa un passo in avanti in direzione dell'entrata e una risata spezza la tensione alle loro spalle. Avviene tutto in un attimo: uno schiocco di dita, Dougal cade a terra legato e imbavagliato come un salame, un calcio fa volar il bastone dall'altra parte della stanza e il Reggente si ritrova sdraiato sulla poltrona con la suola di uno stivale da biker premuta sulla gola.

"Buonasera signori."

Lo stupore si condensa in una tensione palpabile. Huginn e Muninn, i due corvi, schiamazzano sbattendo le ali e spargendo piume dalla sommità della libreria. Nemmeno loro hanno il coraggio di avvicinarsi. L'aria si impregna del profumo di vaniglia.

"Ti dispiace? È un whiskey da 600 dollari" mormora il Reggente con voce strozzata.

L'intrusa, una ragazza poco più che ventenne, alza il cappello a punta dalle larghe tese e sorride con tutto il viso.

"Oh, ma certo" esclama togliendo la scarpa dal suo collo "non sono certo qui per farvi del male".
Douglas si agita furioso sul pavimento e lei si siede divertita sulla scrivania, accavallando le gambe.

Indossa un paio di pantaloni in pelle e un curioso collare ornato d'argento. Alle orecchie, due pendenti gialli brillano emanando un leggero pulviscolo luminoso.

"Mi chiamo Selima Cavendish, è un piacere conoscervi."

Il suo tono è ossequioso in maniera ilare. È chiaro che non sappia cosa siano né il rispetto né la buona educazione.

"Ha l'abitudine di presentarsi sempre così signorina Cavendish?" risponde piccato il Reggente, aggiustandosi il collo della camicia.

"Oh, mi piacciono le entrate a effetto. Questo è solo per farvi vedere ciò di cui sono capace: si risparmia tempo e mette le cose in chiaro. È meglio per tutti, non crede?"

"E anche legare il mio consigliere fa parte del suo teatrino?"
Il tentativo di ritrovare nell'alcool una voce sufficientemente ferma non ha molto successo e così tenta di giocare la sfida sul piano dello sguardo, conficcandole addosso la sua migliore occhiata di disprezzo.

"Oh, ma non è nulla di personale. Un'arma è un'arma e ho pensato che fosse meglio disinnescare la sua prima che sparasse, tutto qui. Non dovete prendervela: lo libererò quando avremo finito."

Quanta insolenza. Ma cosa poteva aspettarsi? Si chiama Cavendish: un'altra inglese che viene in America a spruzzare arroganza come polline in primavera.

"E cosa le fa credere che starò qui a sentirla, signorina?"

"Beh, innanzitutto perché non ha molte possibilità. Dougal era la sua unica difesa e al momento non è disponibile."

La pancia del Reggente si attorciglia per la rabbia ed emette un fastidioso brontolio.

"E per quanto riguarda il bastone..."

Il bastone! Deve recuperarlo! Lo guarda bramoso con la coda dell'occhio ma è del tutto inutile perché lei lo precede e gli toglie qualsiasi velleità di riscossa.

"Esatto: il bastone è troppo lontano."

Serra le mani sui braccioli della poltrona e valuta se sia il caso di tentare una mossa disperata.

"Sul serio: io non lo farei se fossi in lei. Prima di riuscire a raggiungerlo, si ritroverebbe a gracchiare sul tappeto. Mi dia retta, limitiamoci a due chiacchiere, poi deciderà che cosa fare."

In effetti non ha molta scelta. Deve mettere da parte l'orgoglio e capire che cosa voglia questa intrusa. Certo che sta andando tutto male ultimamente: ci mancava solo una ragazzina indisponente a complicare le cose.

"Avanti. Si brighi allora. Che cosa avrebbe di così importante da dire?"

"Abbiamo un nemico in comune caro mio. E io posso togliervelo dai piedi."

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