Paura d'amare (COMPLETA IN RE...

By Elizabethlc91

140K 6.8K 14.8K

Ci sono amori che sembrano durare nel tempo, sono eterni, nati per non essere mai divisi; questo erano Alessi... More

Prologo
Prestavolto
1•capitolo
2•capitolo
3•capitolo
4•capitolo
5•capitolo
6•capitolo
7•capitolo
8•capitolo
9•capitolo
10•capitolo
11•capitolo
12•capitolo
13•capitolo
15•capitolo
16•capitolo
17•capitolo
18•capitolo
19•capitolo
20•capitolo
21•capitolo
22•capitolo
23•capitolo
24•capitolo
25•capitolo
26•capitolo (prt.1)
26 capitolo (pt.2)
27•capitolo
28•capitolo
29•capitolo
30•capitolo
31•capitolo
32•capitolo
33•capitolo
34•capitolo
35•capitolo
36•capitolo
37•capitolo
38•capitolo
39•capitolo
40•capitolo "posso fidarmi di lui?"
Epilogo
Ringraziamenti

14•capitolo

2.9K 134 306
By Elizabethlc91

Alessio:

Vado via con il cuore in subbuglio. Me la sono voluta io questa situazione quando ho rinunciato a lei, eppure non riesco ad accettarlo di vedere la MIA Elena, mentre è con me, che va verso Stefano come se io non esistessi. Mi sono sentito come se mi rompessi in tanti microscopici pezzettini in un solo istante. Nello stesso momento so che è giusto così, che lei è felice con lui, che probabilmente ora ama lui e non più me. Che io le dica tutto o meno, come stavo facendo oggi, non cambierebbe nulla, perché ormai i suoi sentimenti, il suo amore appartiene ad un'altra persona che non sono io. Lo devo accettare, ma perché è così tanto difficile? Perché non sono riuscito a tenere con me l'unica persona che ho davvero amato nella mia vita?
Sono uno stronzo, lei non si merita un tipo come me, me lo sono sempre ripetuto in tutti questi anni quando il suo pensiero mi avvolgeva il cuore, quasi a soffocarlo perché non lasciava spazi per andare avanti, per andare oltre, per concentrarmi su altro. Mai ho pensato di sostituirla, anche perché a che servirebbe farlo se tanto rimango nello stesso modo? So che sono così, non posso cambiare e mi dispiace non poterlo fare, perché questo implica che non sarò mai felice.

Mi dirigo con la mia moto verso casa mia, o per meglio dire casa dei miei genitori. Mia madre mi ha chiesto se mangiavo li, vuole farmi riappacificare con mio padre, nonostante io sia già andato stamattina da lui per chiarire la faccenda. Tanto a che serve se lo odierò sempre? Sono andata da lui solo per mia madre, so quanto lei ci tenga che abbia un minimo di rapporto con lui. Di solito non le do retta, ma ora come ora, non voglio deluderla. Mia madre insieme a Elena è la persona più importante per me, quindi sapere di averla in queste condizioni, mi fa togliere l'orgoglio e pensare a ciò che la può rendere felice. Come d'altronde questa cena, so che avere per una sera la sua famiglia, una famiglia unita almeno all'apparenza, la può tranquillizzare e, se posso fare questo sforzo, lo faccio. Ma non cambierà mai ciò che provo per mio padre, non cambierà mai perché l'ho visto ferirla troppe volte, e l'ho visto con i miei occhi.

Scendo dalla moto e vado verso casa dei miei genitori, stranamente la macchina di mia madre non è più nel vialetto. Proprio ora che ho lasciato Elena, ma in ogni caso ha ragione: non posso organizzare la festa qui, perché capirebbe tutto.

Estraggo le chiavi di casa dalla tasca del giubbotto di pelle, le tiro fuori e infilo una di loro nella serratura di casa. Poi poggio la mano sulla maniglia e faccio pressione per incurvarla e aprirla. Non appena sono dentro casa, tolgo il giubbotto e mi dirigo di sopra, sento il rumore che proviene dall'ufficio di mio padre, in quel momento mi si blocca il cuore e la circolazione, mi riporta indietro nel tempo.

Sono incerto se andare avanti verso quella porta in cui c'è di sicuro lui, o entrare dentro la mia stanza e fare finta di niente. Scuoto la testa, porto le mani sul viso e faccio su e giù con le mani per strofinare il viso.
Abbasso le braccia e portandole ai fianchi, stringo le mani con tutta la forza, insieme ai denti che digrigno.

Non dovrei andare, non vorrei farlo, ma ancora una volta, oggi come allora, decido di andare verso l'ufficio di mio padre.

Faccio qualche passo, e in quel momento sento i miei stessi passi come se rimbombassero, il mio cuore lo sento in gola, ho un senso di nausea. Cammino, faccio qualche altro passo ancora, ancora e ancora, fino a ritrovarmi dietro quella maledetta porta.

Porto la mano sulla maniglia della porta che al contatto con la mia pelle la sento gelida, esattamente come il mio cuore in questo momento che è come diventato congelato, come se mi trovassi al polo nord in un secondo e batto i denti fra loro come se in casa ci fossero 10 gradi sotto 0.

E in quel secondo appare tutto nella mia mente, come se mi trasportasse indietro nel tempo, come se fossi in grado di rivedere le stesse scene, come se mi trovassi ancora lì:

"Papà", mormorai con il sorriso tra i denti, e la mia macchinina tra le mani mentre la facevo scorrere nel muro. "Papà". Lo cercai nel frattempo che giocavo. Volevo che lui giocasse con me, sapevo che mia madre era uscita, e mio padre era solito giocare con me. "Papà", mormorai un po', mentre con le labbra tuonavo: "pi pi", imitando il clacson di un auto.

Mio padre non mi sentì e continuai a cercarlo per tutta la casa, guardando in ogni angolo di essa. Poi capii dove poteva trovarsi, ero davanti allo stesso ufficio in cui mio padre si rifugiava ogni volta che stava lavorando, guardai la maniglia della porta che era più alta di me di qualche centimetro e, saltai per afferrarla ma non ci riuscii. Però, mi accorsi solo in quel momento che la porta era leggermente dischiusa. Così, con tutte e due le mani feci pressione per aprirla, tenendo ben salda la macchinina tra le mani per non farla cadere e non romperla. Riuscii ad aprire la porta, un sorriso in volto di un bambino che non vedeva l'ora di poter giocare con il suo papà, ma dei suoni ovattati risuonarono sul mio udito, che allora non potevo capire di cosa si trattasse.

"Papà", dissi ancora, mentre vidi una scena che un bambino non dovrebbe mai vedere. Una donna, che se vedessi oggi riuscirei anche a riconoscere, era sdraiata sul tavolo del suo ufficio. Lui le teneva saldamente la coscia, non accorgendosi di me si muoveva su di lei, con i pantaloni slacciati. Strizzai gli occhi, delle lacrime cominciarono ad uscire dai miei occhi Perché quella donna non era mia madre, e mi sentii colpevole di tutto ciò che stava succedendo.

In quel momento, i suoi occhi scuri si voltarono sui miei, si spalancarono e raddrizzò subito la schiena.

"Ehi Alessio", mormorò fingendo un sorriso. Ero un bambino si, ma non ero stupido. Anche se non potevo capire ogni cosa, sapevo che c'era qualcosa di sbagliato. "Tesoro". Si avvicinò a me, ma i miei occhi erano puntati sulla donna che si stava aggiustando la gonna.

Mi allontanai di qualche passo, con il cuore che accelerò di colpo. Mio padre, però, continuava ad avvicinarsi cautamente.

Girai le spalle e cominciai a correre verso la mia stanza, per chiudermi dentro, ma ovviamente non mi era possibile perché ero ancora troppo basso per poterlo fare e inoltre, mia madre aveva tolto tutte le chiavi per paura che potessi metterle in bocca o riuscire a chiudermi dentro.

Mio padre fu veloce ad arrivare in camera mia. Io ero sul mio letto, con la testa tra le gambe mentre le stringevo a me, volendo piangere ma non lo feci subito.

"Ehi piccolo", sussurrò avvicinandosi a me. Si mise accanto a me, sentendo le molle del letto che si mossero sotto il suo peso. Mise una sua grande mano sulla mia piccola spalla e la carezzò con amore e gentilezza.

Mi chiesi chi fosse mio padre: quello che avevo appena visto sdraiato su un'altra donna, o quello amorevole che ora stava accarezzando suo figlio. Sapevo solo che sentivo un peso opprimermi il petto e pensai a mia madre quando glielo avrei detto. Avrebbe pianto ancora? Sarei stato causa di quel pianto?

"Alessio, guardami!" Disse ancora.

A quel punto, alzai gli occhi sui suoi, ormai i miei erano imperlati di lacrime trasparenti. Lui con i pollici tolse quelle piccole lacrime, carezzandomi anche la bocca.

"Non fare così, non è successo niente"

"Perché fai soffrire mamma? Lei piangerà ancora!", dissi, ricordando tutte le volte in cui vidi mia madre singhiozzare durante le notti.

"Hai ragione, mi dispiace, ma io sono così. Forse un giorno mi capirai, adesso sei piccolo. Però una cosa te la posso dire: io e te siamo uguali, non vogliamo far soffrire la mamma giusto?"

Io annuii leggermente, continuando a guardare gli occhi di colui che mi aveva messo al mondo.

"Si o no, Alessio?" Chiese ancora per aver conferma. Voleva sentirselo dire.

"Non voglio veder piangere mamma!", dissi imbronciato, ma con sicurezza.

"Allora piccolo mio, è quello che vogliamo entrambi. Nemmeno io voglio, quindi possiamo tenere per noi ciò che è successo questa sera? Ti prometto che non succederà più, non mi troverai più così. Ma non possiamo far piangere mamma!", esclamò.

"Non possiamo", dissi in un sussurro, ripensando solo agli occhi di mia madre da dove avevo visto molte volte scorrere lacrime.

"Bravo piccolo mio", mise una mano sui miei capelli, cominciando a muovere la mano e farmi sorrisi. "Allora mi prometti che non glielo dici?"

Io a quel punto annuii ancora, non potevo far ancora soffrire mia madre pensai.

"Va bene, papà". Lui mi prese tra le braccia e mi strinse forte a se, ma in quell'abbraccio non ci trovai più nulla da allora. Mi sentivo come se fossi vuoto, in colpa per quello che stavo facendo a mia madre e come se il sentimento puro che un bambino prova per i propri genitori, quello sincero in cui affidi la tua vita a loro, fosse improvvisamente sparito..

***
Abbasso la maniglia della porta, consapevole che trovarlo un'altra volta nella stessa posizione di quando ero piccolo, questa volta mi darebbe la certezza di cosa fare: fargli del male, farlo uscire dalle nostre vite. Ero solo un bambino ma sapevo che mia madre era giusto che sapesse, ma non ebbi il coraggio di farlo. Gli anni passarono, mia madre sapeva in fondo cosa faceva mio padre, l'ho invitata parecchie volte a liberarsi di lui, ma non l'ha mai fatto. Avrebbe dovuto fare come ho fatto io con Elena che, sapendo come sono fatto a causa del mio dna, l'ho lasciata e le ho evitato di farla vivere nel dolore. Di sicuro le ho procurato male lo stesso, ma il mio pensiero era: meglio che soffra una volta ma poi si riprende, che per sempre con uno come me in grado solo di farle del male.

Quando ho aperto la maniglia della porta, pronto a picchiare mio padre, mi accorgo invece che lui è di fronte a me. Tiene tra le mani una penna e, dal momento che mi ha sentito entrare ha alzato gli occhi verso di me. Io però, sto tremando perché quelle immagini continuano a venirmi in mente, facendo venire scosse al mio corpo incontrollate. Lui non sta facendo nulla, eppure ai miei occhi è come se lo stesse facendo, perché è come se lo guardassi e rivedessi la stessa immagine.

Passano gli anni ma alcuni ricordi sono indelebili dentro di te. Basta un suono, un momento simile, che è come se nulla fosse accaduto dopo di allora.

"Alessio", mi fa un sorriso e, nel momento in cui lo fa, ancora una volta ripenso allo stesso sorriso che mi fece quel giorno.

Si alza dalla sedia, e corruga le sopracciglia in un espressione perplessa. Si aggiusta gli occhiali e viene verso di me, ma oggi come allora, arretro come d'istinto. Lui mi guarda e sono sicuro che sta percependo il mio disagio.

"Alessio, tutto bene?", chiede con un espressione preoccupata.

"Io...", mormoro con le immagini che si ripetono a ripetizione.

Noi siamo uguali Alessio

Noi siamo uguali Alessio

Noi siamo uguali Alessio

Vorrei fare un urlo disperato, allontanarmi come feci quel giorno in cui corsi nella mia stanza ma, mi avvicino a passo spedito verso di lui prendendolo dal collo e guardandolo con paura, tensione, rabbia.

"Ma che stai facendo?", continuo a tenerlo stretto, quando sento mia madre che mi chiama a gran voce.

"Alessio, che stai facendo?", urla disperata. La sua voce è piena di paura.

Mi volto verso di lei, solo in quel momento mi sveglio e capisco che sto facendo una grandissima cavolata. Non devo, non dovrei, eppure sono lì, in quel giorno, in quel secondo, in quel momento. Riesco a sentire l'odore di quella donna che odorava di una fragranza forte, riesco a sentire il suo odore di dopobarba di quel giorno.

Guardo mia madre con aria dispiaciuta, mi avvicino a lei e sussurro un "mi dispiace, devo andare"

Corro di sotto senza voltarmi indietro, apro la porta di casa e prendo la mia moto facendola partire a tutto gas. Sfreccio a tutta velocità per le vie di Napoli, arrivando dritto a casa mia.

Vorrei averti adesso, perché non sei qui con me? Perché non posso averti, perché sono così, perché ti ho lasciata andare? Perché devo sopportare che qualcun'altro sia vicino a te e non io?

Solo lei saprebbe curare il dolore che sto avvertendo, solo lei c'è riuscita a farlo.

Scendo dalla moto, vado di corsa verso il mio appartamento e, quando lo faccio, trovo qualcuno ad aspettarmi dietro la porta di casa.

"Alessio!", esclama la voce femminile che conosco bene. "Ti aspettavo", fa un sorriso malizioso.

Sospiro frustrato, lei non è quella che voglio. Volevo un'altra persona ad aspettarmi davanti alla porta, a dirmi che lei c'era per me, che io c'ero per lei, ma so che sono io che me la sono cercata. Non posso tornare indietro, devo prendere in mano la mia vita, dimenticarla, cancellarla, ma so che se non ci sono riuscito in questi cinque anni, non ci riuscirò mai. Mai altri occhi potranno provocare in me quello che solo lei provoca.

"Ciao Gabriella", dico, guardandola. "Come mai sei qui?", le domando.

"Non ci vediamo da un po', avevo voglia di passare un po' di tempo con te"

Si avvicina a me, con la solita minigonna da cui non lascia nulla all'immaginazione, il sorriso che mostra con le labbra carnose ricoperte da un rossetto rosso porpora, i denti bianchissimi.

Alza il braccio e con la mano accarezza il mio braccio, ma niente fa il suo tocco alla mia pelle. Fa un sorriso malizioso, avvicina il suo viso al mio per assaporare le mie labbra da cui so che vuole anche molto altro, ma nel momento in cui lo fa, scuoto la testa.

"Mi dispiace, oggi non mi va!", dico, non riuscendo a darle oggi ciò che vuole. No, se sento ancora i suoi occhi perforarmi l'anima. No, se sento ancora i brividi sotto cutanei che solo una sua carezza mi hanno portato. Adesso non ce la faccio, non oggi che sono stato in sua compagnia e che ho sentito il mio cuore lacerarsi nel vederla andare via con un altro.

So di averla persa, che probabilmente è felice adesso e non voglio farle del male, ma vorrei tanto stringerla ancora tra le mie braccia e sentire che è mia, che non l'ho mai lasciata andare. Continuo a chiedermi se è giusto continuare a far finta di non amarla, se in realtà è quello che sento.
Non dovrei almeno provare a cambiare per lei? Posso davvero riuscirci? E anche se ci riuscissi, lei mi amerebbe ancora dopo tutto il dolore che le ho causato?

Alessio sembra tentato di provare a riconquistare Elena, ma è la cosa giusta? Oggi abbiamo scoperto un po' di cose sul passato di Alessio, spero non vi abbiano annoiato.

Comunque come avete notato ho aggiornato anche oggi, questo soprattutto per dirvi che ho deciso di non aggiornare più il lunedì (causa lavoro) e quindi da adesso in poi aggiornerò il martedì e il giovedì. 

Vi consiglio un'altra storia oggi, si chiama: falling slowly di ItisjustmeAmy

E ora viene il meglio, il momento che più amo perché si parla di manzi. Vi presento il protagonista della storia 🤤🤤🤤🤤🤤

Continue Reading

You'll Also Like

15.3K 365 24
Ayla Yildiz, sorella della stella juventina, per via di uno stage lavorativo finisce a Barcellona con un suo amico, i due vanno a vedere una partita...
95.8K 3.2K 66
Katherine, bella, forte, impavida, ma con un dolore dentro se stessa che la segue costantemente. E' la ragazza nuova, lei che odia i cambiamenti, lei...
90.8K 4.2K 52
Charlotte, un'alunna come tante altre, inizia un nuovo percorso scolastico: le superiori. Lei sta superando una fase molto delicata della sua vita e...
65.4K 2K 32
SEQUEL DI "COME BACK TO ME". Rachel e Dom sono tornati a Washington insieme. Rachel, però, ha recuperato solo parzialmente alcuni dei suoi ricordi...