L'Amore che Resta

littlefrancy द्वारा

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"L'Amore che Resta" racconta l'amore di due ragazzi, uomini e anziani nel corso di 50 anni. Si parte da una... अधिक

Prologo
Capitolo 1
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Continua...
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Capitolo 2

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littlefrancy द्वारा

Imbocco la via di casa e ,finalmente, mi sento al sicuro.

La mia abitazione è molto grande, a due piani. Tutta la struttura è stata costruita ,qualche secolo scorso, totalmente in pietra.

Qualsiasi persona sana di mente darebbe qualsiasi cosa pur di abitare lì dentro.

Mi avvio al cancello e noto la nuovissima e fiammante Lancia Flavia blu di Patrizia, una amica di mia madre.

Gli amici dei miei genitori, per qualche motivo, sono tutti estremamente ricchi e comprano oggetti costosi solo per il gusto di farlo.

Patrizia è sposata con Carlo, un imprenditore Milanese che, secondo mio padre, quando non sta con la moglie, passa il suo tempo con la segretaria, alla quale piace stare sotto la scrivania dell'uomo.

Patrizia è originaria di Rapallo, ma si è trasferita con i suoi genitori, anni addietro, in provincia di Siracusa.

Andata a studiare a Milano, ha conosciuto Roberto, un tipetto secco e con i denti storti, ma figlio di una delle famiglie più ricchie di Italia.

Patrizia non ha finito nemmeno l'Università, poiché è rimasta incinta di Sara, sua figlia, che non fa altro che rompermi le scatole.

Tutte le estati, Patrizia e Sara passano le vacanze nella loro casa al mare che hanno comprato.

Faccio un sospiro ed entro in casa.

Sento il chiacchiericcio provenire dalla veranda. Nella speranza che nessuno mi senta, provo ad andare, con passo felpato, verso camera mia.

"Non saluti nemmeno?"

Mi fermo di scatto e mi volto. Mi trovo davanti il viso di Sara. Non è molto alta e ha i capelli castani raccolti in una coda di cavallo. Indossa un vestitino giallo molto corto e mi sorride in modo beffardo.

"Non...Volevo disturbare." Le dico, ma è una scusa troppo debole.

Lei piega la testa e mi studia con i suoi occhietti curiosi, da cima a fondo.

"Non volevi disturbare o non volevi che tua madre vedesse quello?"

Mi indica la ferita sul braccio che mi sono fatto poco prima.

"Ma i cazzi tuoi quando?"

Lei scoppia a ridere.

"Non ti preoccupare, ci sono qui io. Non dirò nulla a tua madre. Vediamo cosa possiamo fare per quello."

La fisso per un istante, cercando di capire se è seria o se mi sta prendendo in giro. Lei sbuffa e mi prende per la mano, portandomi in bagno.

"Dove tiene la cassetta d'emergenza, tua mamma?" Mi domanda.

Io faccio spallucce.

"Certo che sei proprio sveglio. Voglio proprio vedere come andrai quest'anno al liceo. Sai che dovrai studiare il triplo di quanto hai studiato alle medie?"

Inizia a parlare del greco e del latino, della storia e ,persino, dell'inglese, mentre cerca la cassetta.

"Trovata!"

Dallo sportello del bagno, estrae una cassetta bianca con sopra il simbolo di una croce.

"Vieni qui."

Prende un po' di acqua ossigenata e dei cerotti. Con un po' di cotone, mi ripulisce e disinfetta la ferita e ,poi, applica il cerotto.

"Quindi, il greco è parecchio difficile, ma mio padre ha assunto una professoressa privata e mi darà lezioni prima ancora che inizi la scuola." Si vanta lei.

In realtà, mio padre mi ha fatto studiare Greco e Latino qualche anno fa. Mi ha spiegato le basi della grammatica e , di volta in volta, come compiti extra, mi ha dato delle versioni da tradurre col dizionario.

All'inizio, ho avuto delle difficoltà ,ma poi ho imparato e ,adesso, faccio traduzioni di testi molto lunghi.

Non ho voglia di vantarmi con lei, non sono un tipo che ostenta quello che sa fare, per cui annuisco a tutto quello che dice, nella speranza che la smetta al più presto.

Mio papà è ossessionato dai testi classici e non ha altri interessi. Vive per l'insegnamento e per i suoi studenti, mettendomi sempre al secondo posto.

Di solito, i padri della zona portano i figli a pescare, insegnano loro il proprio mesterie e ,se questi ultimi non si impegnano, si infuriano come le bestie.

Non ricordo che mio padre mi abbia mai rimproverato o insegnato qualcosa se non a tradurre dal greco e dal latino all'italiano.

Una sera di fine estate (quell'anno avrei iniziato a frequentre la prima media), si avvicnò a me e mi disse che voleva insegnarmi greco e latino e che mi sarebbero serviti.

Tutti i giorni mi passava dei fogli da leggere e con cui far pratica. Anche se lui si limitava solo a correggere gli esercizi di grammatica e le versioni tradotte, mi sentivo più vicino a lui che mai.

Una volta imparato bene, ha smesso di passarmi esercizi e versioni e io ho continuato per conto mio.

Soltanto durante la cena,spesso, mi fa domande sull'etimologia di una parola e discutiamo dei classici che ho letto.

Ho capito, però, che non ama quando faccio il saputello, infatti, se la prende a male e la conversazione muore lì, quindi cerco di far finta di non conoscere alcune cose, così che lui possa spiegarmele nei minimi dettagli, come se fossi uno dei suoi studenti.

"Quindi andrai al liceo Gargallo? Pronto?"

Sara mi riporta alla realtà e mi distoglie dai miei pensieri.

"Come? Ah sì."

Lei si acciglia e torna a studiarmi con i suoi occhi.

"Che ti è successo?"

Faccio spallucce.

"Al braccio intendo."

Guardo la parte ferita e bendata e ripenso al volto di Alfredo. Biondo e con gli occhi azzurri, alto e con il fisico asciutto e perfetto.

Provo nuovamente quella strana sensazione di eccitazione che ho provato prima.

"Sono caduto con la bicicletta." Mi invento.

Sara fa una cosa che mi sconvolge, porta le sue mani nella zona pelvica e mi tocca il pene.

Solo in quel momento mi accorgo che è duro e turgido come la pietra. Rimango sconvolto. Non perchè Sara abbia le mani sopra, ma perchè mi sono eccitato pensando ad Alfredo.

"Che fai?" Le domando curioso e imbarazzato, ma non faccio nulla per allontanarla.

"Ho visto che ti sei eccitato e... La mia amicha Ketty è stata con uno e mi ha detto che la fa divertire. Volevo solo capire cosa ci trovasse di tanto speciale in questo...Coso."

Sara è sempre stata una tipa curiosa e sfacciata, ma non avrei mai pensato che potesse essere così sfrontata.

"Ti va se io ti faccio vedere la mia patatina e tu il tuo coso?" Mi propone lei.

Io deglutisco e poi annuisco.

"Spogliamoci al mio tre, va bene?"

"Okay..."

"Uno. Due. Tre."

Mi abbasso i pantaloncini ed esco il mio pene in erezione, mentre lei mi mostra la sua vagina abbsstanza pelosa per avere solo quattordici anni.

Mi prende il pene in mano e inizia a fare su e giù con la mano.

"Ti piace?" Mi domanda quasi in un sussurro.

Io annuisco, ma non è la verità. Le sue mani mi danno fastidio e sento che il mio pene si sta afflosciando.

"Toccami anche tu." Mi esorta lei.

Io porto la mia mano sulla sua vagina e provo a massaggiarla con le dita, ma non mi piace per nulla.

Tutti quei peli e quella roba appiccicaticcia che esce da lì dentro, mi danno un senso di ribrezzo.

"Che c'è?" Mi domanda, quando vede che il mio pene che si è letteralmente ritirato.

"Non ti piaccio?"

Io faccio spallucce, non sapendo cosa risponderle.

Grazie al cielo, sentiamo la voce di Patrizia chiamare la figlia, così ci ridestiamo e usciamo dal bagno.

"Che ci facevate voi due chiusi lì dentro?" Ci domanda mia madre accigliata.

"Oh, beh..." Farfuglio.

"Ho solo messo un cerotto a Tonino. E' caduto con la bici e si è fatto male."

La guardo in cagnesco e le sussurro: "Spia maledetta!"

Mia madre alza gli occhi al cielo.

"Sara, dobbiamo andare adesso." Dice Patrizia alla figlia.

"Alla prossima Tonino." Mi saluta lei con un sorriso beffardo.

Le vedo andare verso la porta, accompagnate da mia madre. Rimano un attimo a riflettere su quello che è accaduto poco prima, in bagno.

Può essere che la mia erezione fosse dovuta al fatto che pensassi ad Alfredo?

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