One mississippi #WATTYS2020 [...

By BeatriceCi

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Un dolce nasino all'insù, delle labbra da far invidia e degli occhi da gatta verdi che ti rapiscono, Questa è... More

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PREMESSA E TRAILER
Presentazione del Cast.
Nuova scuola.
Nuovi amici.
PreParty
Party on!
Gelosia.
Il giorno dopo.
Fake smile.
Vecchie fiamme.
Serata tra donne
You're here
Take you
We meet again
wherever you want to go
Together
Party
Hangover
AVVISO
Al caffè con i ragazzi.
Casa al mare.
I segreti cominciano
"Ti presento ai miei"
Giugno.
Chi è Annie?
AVVISO
L'amore
TRAILER
Il messaggio anonimo.
Lei è...
Una casa per i ragazzi!
Silvia
TUTTI I CAPITOLI VERRANNO RIPUBBLICATI LA SETTIMANA PROSSIMA
CONSEGNA DEI DIPLOMI.
UN OSPITE INASPETTATO
STORIA SEGNALATA
La nuova casa dei ragazzi.
SOLE
I segreti pesano
tutto troppo veloce
Un fidanzato modello
AMICI O NEMICI?
Non ci voleva
Cena a lume di candele.
Quando tutto stava per sistemarsi
Momento di impatto.
Watch each other fall apart
Not anymore
SEQUEL
BUON ANNO

Why do I stay?

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By BeatriceCi

Quando non sai più qual è il tuo luogo, a chi appartieni, e sopratutto, chi sei, a chi ti rivolgi?

Quella sarebbe stata la mattina che avrebbe cambiato la mia vita perchè poche ore dopo il mio risveglio, mi sarei trasferita a New York con la mia "nuova famiglia".
Avevo scoperto dell'esistenza di mio padre, solo il mese prima, fino a quel momento mi era stato detto da mia madre, che ero stata il frutto di una relazione tra "adolescenti immaturi" e che quindi sarebbe stato inutile cercarlo perché lei aveva saputo che si era creato una nuova famiglia, in una nuova città, lontana da noi, ma la mia testardaggine, presente in tutto ciò che facevo nella vita, mi spinse a cercarlo ugualmente, contro il volere di mia madre.
Proprio per questo ho preferito cambiare aria e ad allontanarmi dalla mia città natale, Londra, quando il mio stesso padre, che ero riuscita a contattare tramite internet, dopo aver parlato a lungo mi aveva offerto di trasferirmi da lui per "recuperare un po' del tempo perso".
Queste furono le famose parole usate da lui.

Se ero spaventata? si.
Se sapevo cosa mi aspettava? assolutamente.
Andavo avanti alla cieca, volevo provare nuove emozioni, trovare nuovi amici e nuove passioni.
Volevo conoscere la famiglia di mio padre e il fratello che avevo scoperto di avere.
Volevo conoscere anche una nuova versione di me.
Tutto sarebbe cambiato, e all'inizio non sapevo che anche io l'avrei fatto.



Venni bruscamente svegliata dal rumore della sveglia che avevo impostato su telefono la sera prima.
Mi alzai dal letto sbuffando per l'assordante rumore e verificai l'orario, 5:00 A.M.
Avrei avuto il volo alle 7:30, per cui mi sarei dovuta sbrigare a sistemare le ultime cose e correre all'aeroporto.
Molte erano già pronte dalla sera prima.
L'ordine era il mio "punto forte"
Tutto intorno a me doveva avere il suo posto e doveva essere organizzato alla perfezione.

Mi alzai dal letto sbadigliando e alzai le braccia verso l'alto per stiracchiarmi.
Mi chiesi più volte per quale motivo non avessero ancora inventato una macchina del tempo che avrebbe potuto aiutare noi adolescenti a moltiplicare le poche ore di sonno che siamo soliti "soddisfare".

Siate sinceri, c'è veramente qualcuno che dorme almeno otto ore la notte?
Io non ci ho mai creduto.

Andai verso l'armadio e scelsi i vestiti che avrei indossato, una camicetta corta bianca senza maniche e dei jeans a vita alta della Levi's, i miei preferiti.
Mi avviai verso la porta e mi piegai per prendere le scarpe che avevo lasciato lì , la sera prima, le mie amate Converse bianche.
Amavo questo stile semplice da "ragazzina" anche se mi faceva sembrare molto più piccola di quanto in realtà non fossi.

Portai il tutto con me in bagno e dopo essermi lavata e vestita, mi truccai come ero solita fare, Ombretto marrone, mascara e tinta nude sulle labbra.
Non amavo mettere rossetti troppo forti, poiché le mie labbra erano già abbastanza grosse e non volevo risultare volgare.
Un po' di blush sulle guance ed ero finalmente pronta.
Non appesantivo neanche il viso con il trucco, poiché i miei lineamenti, come diceva sempre mia madre, ricordavano quelli di una bambina, e troppo trucco mi rendeva simile ai clown che si trovavano al circo.
Lasciai i capelli sciolti , erano abbastanza lunghi, neri e adoravo il modo in cui si creavano dei boccoli naturali sulle lunghezze.

Guardai la mia figura allo specchio, rimasi lì davanti per qualche secondo.
Mi sentivo strana. Stavo per lasciare tutto ciò che conoscevo e si dice che le persone, quando fanno questo genere di cose, dimenticano anche com'erano fatte prima di intraprendere un nuovo cammino.
Ma io no, volevo fissare ogni minima cosa nella mia testa, non volevo dimenticare la "vecchia" Kim, così alzavo lo sguardo dal mio viso al mio corpo.

Io sarei rimasta me stessa, sempre.

Presi le mie valige e le portai nella macchina di Jo, il compagno di mia madre.
Jo era una persona fantastica, si era da sempre preso cura di noi con tanto amore.
Avevo cinque anni quando lui e mia madre si sposarono.

<<Non avrai esagerato con le valige, Kim?>> Chiese Jo quando portai l'ultima, che era la quarta e anche abbastanza grossa, vicino la macchina.

Lo so, viaggiavo molto leggera.

Jo era un uomo davvero affascinante, per questo aveva conquistato mia madre.
Era premuroso, bello e aveva un gran carattere, grazie al quale riusciva sempre a farsi qualche amico in più.
I suoi occhi erano azzurro cielo, mentre i capelli erano di un bellissimo biondo cenere, anche se si intravedevano parecchi capelli bianchi tra questi, dato l'avanzarsi dell'età.

<<No Jo, ti ricordo che mi sto trasferendo>> Risposi accennando un mezzo sorriso.

Il sorriso che aveva in viso scomparve in pochi secondi non appena realizzò ciò che avevo detto e annuì fingendo anche lui un mezzo sorriso.
Un velo di tristezza fu visibile nei suoi occhi e mi pentii all'istante per aver parlato così velocemente senza prima riflettere.

<<Non mi sembra ancora vero. Se ci stai ripensando, basta dirlo Kim>>
Disse con un sorriso malinconico sperando di convincermi.

Sperava di farmi rimanere lì, a casa mia, un po' per cercare di sistemare le cose tra me e mia madre, che non la pensavamo allo stesso modo sul mio trasferimento, un po' perché sarei mancata anche a lui, un po' perché mi conosceva, solitamente non riuscivo a stare più di una notte lontana da casa mia, ma avevo già preso la mia decisione e non mi sarei tirata indietro all'ultimo, nonostante avessi un po' di paura.
Ero sempre stata ferma nelle mie decisioni.
Mia madre mi aveva insegnato ad esserlo fin da quando ero alta poco più di un metro e pochi centimetri.


Sospirai e mi avvicinai a Jo che attendeva una mia risposta, lo abbracciai e poggiai la guancia sul suo petto mentre lui mi stringeva a se.
<<Devo farlo per me stessa Jo, ma tornerò. Non temere, non ti libererai facilmente di me>> Dissi con un ghigno al quale lui rispose con un accenno di risata mentre strofinava il palmo della sua mano sulla mia schiena.

Ci staccammo dall'abbraccio e ci scambiammo dei sorrisi malinconici.
L'atmosfera venne interrotta da mia madre, Julie , che uscì sbattendo alle sue spalle la porta di casa , per poi andare verso la macchina.
Al contrario di Jo, lei aveva dei colori completamente diversi.
Occhi marroni ma tendenti al verde scuro e capelli lunghi neri, uguali ai miei.
Fisicamente sembrava una ragazzina di vent'anni, quando invece era prossima ai quarantatré.
Non le somigliavo molto in viso, anche se entrambe avevamo un perfetto naso all'insù di cui eravamo sempre andate fiere.

<<Non vorrai tardare spero!>> Disse irritata mentre prendeva posto sul sedile davanti.

Ecco, fermi tutti.
Non vi sto per raccontare una di quelle storie dove la madre della protagonista è la tipica "matrigna cattiva".
Quella non era la vera "mamma Julie", ma solo una versione molto più arrabbiata e triste di lei.
Era ancora arrabbiata con me per la mia decisione, e da una parte la capivo.
Non sentiva mio padre da anni e versava nei suoi confronti molto rancore, anche se negava tutto quando parlava con me.
Mi aveva pregata più volte di rinunciare a questa folle avventura, ma alla fine ebbi sempre la meglio io.
Amavo mia madre con tutto il mio cuore.
Nonostante il clima "freddo" che quel giorno c'era tra di noi, ogni volta che la guardavo mi veniva voglia di correrle incontro, abbracciarla e dirle che tutto sarebbe andato bene, come avevamo sempre fatto.
Aveva sacrificato tantissime cose per me, aveva avuto tanta pazienza quando ero più piccola, dato che ero una vera e propria peste.
Nessuno avrebbe potuto prendere il suo posto, sapevo che era spaventata da questo, credeva l'avrei sostituita, ma come avrei potuto sostituire la mia più cara amica con qualcun altro?
Non avrei vissuto un giorno senza di lei e le sue ramanzine sempre pronte all'appello.

Arrivammo in aeroporto alle 6:30 A.M, dopo avermi aiutato a posare le valige, Jo mi abbracciò di nuovo. Non credevo di poter ricevere così tanti abbracci durante una giornata.
<<Stai attenta, non dare troppa confidenza a chi non conosci bene e guardati sempre attorno..e..>> Fece una pausa sospirando.<< Per qualsiasi cosa, noi siamo qui Kim.>>

Sorrisi per le sue parole mentre ricambiavo affettuosamente l'abbraccio. <<Stai tranquillo, grazie Jo. Vedrò di non cacciarmi in nessun guaio e di non partecipare a nessuna corsa clandestina>> Scherzai facendogli l'occhiolino.

Mi girai verso mia madre che, anche se non voleva darlo a vedere, aveva gli occhi pieni di lacrime. Non appena avrei lasciato la mia "terra" e sarei salita su quell'aereo, lei avrebbe dato il meglio di se con il pianto. Ne ero più che sicura.

Si schiarì la voce. <<Chiama subito quando arrivi, ok?>> Interruppe il silenzio lei, trattenendo le lacrime e cercando di mantenere un tono "freddo", ma la sua voce quasi tremolante la tradì.

Mamma, non ti crede nessuno. Pensai.

<<Certo mamma>> Mi avvicinai a lei e l'abbracciai senza pensarci due volte.
Non volevo lasciarla senza prima darle un'abbraccio.
Sapevo già che mi sarebbe mancata tantissimo.
Nonostante avessimo litigato tutta la settimana per la mia decisione, non riuscivo ad avercela con lei, perché in fondo voleva solo proteggermi e io non potevo darle torto su questo.
Dopo qualche secondo anche lei, che prima era un pezzo di legno, si rilassò sospirando e mi strinse ancora più forte chiudendo gli occhi.<<Ricordati che sei e sarai sempre la mia bambina.>>

Sorrisi e poco dopo mi sentii soffocare, per quanto forte mi stava stringendo.
<<Mamma così mi uccidi, non respiro>> Mi staccai con fatica, mentre lei tirava su con il naso e la sua prima lacrima si faceva strada sul suo viso. <<Tu sei la mia mamma, anche se alcune volte, quando urli, desidero di essere figlia di Angelina Jolie>> feci una pausa accennando una risata ironica <<non ti cambierei con niente e nessuno al mondo.>>

Anche lei rise scuotendo la testa per la mia battuta e asciugò velocemente una lacrima che le bagnava la guancia mentre ci staccavamo, sperava non l'avessi vista.<<Scusami, qualsiasi cosa succeda tu chiamami, non ascoltare nessuno e non..>>

La interruppi alzando gli occhi al cielo, mentre sistemavo la mia borsa in spalla.<<Non dare confidenza agli sconosciuti..lo so, lo so mamma, non preoccuparti.>>

Lei annuì e mi fece un cenno con la testa indicandomi la direzione verso la quale dovevo andare. <<Vai o mi costringerai a chiuderti in macchina e portati di nuovo a casa.>>

Accennai una risata e salutai entrambi un'ultima volta, prima lei e poi Jo con la mano, entrambi ricambiarono mentre si stringevano l'uno all'altro.
Subito dopo mi girai con il cuore che batteva a mille per andare verso la mia nuova vita.
Più avanzavo, più mi allontanavo dai "miei" , più realizzavo di avere paura, molta paura.
Paura di quello che avrei potuto trovare.
Di quello che mi sarebbe potuto mancare.
Ma non volevo e non potevo più tirarmi indietro, così affrontai quella paura e presi l'aereo diretto verso la mia nuova vita.

La compagnia con cui volavo era la British Airways e sarei arrivata a New York, solo sette ore e sette minuti dopo.
Fortunatamente avevo preparato una lunghissima playlist nel telefono che mi avrebbe tenuto compagnia per tutto il viaggio.
Andavo avanti a pane, acqua e musica.
'Un giorno diventerai sorda'
Era la frase che avevo sentito più volte durante la mia vita.

Quando arrivai a New York, erano le 2:30 A.M.
Durante metà viaggio ero crollata, così venni svegliata da un'assistente di volo che gentilmente mi informava dell'arrivo.

<<Signorina, siamo arrivati.>> Mi sorrise. <<Devo chiederle di scendere dall'aereo>>

Annuii. << Si >> Accennai confusa. << Mi scusi. >>
Mi alzai accennandole un sorriso cordiale e riposai velocemente le mie cose dentro il bagaglio a mano. A ricevermi, sarebbe stato l'autista di mio padre.
Essere un medico di un certo livello, aveva i suoi privilegi, chi avrebbe mai pensato che sarei salita nella macchina di un'autista privato? Faceva tanto Anastasia Steele.

Quando recuperai i bagagli mi avviai verso l'uscita e lì notai un uomo abbastanza alto, in smoking, che teneva in mano un foglio con su scritto il mio nome "Kimberly Evans" .
Andai verso di lui e dopo le presentazioni salimmo subito in macchina, verso la mia nuova casa.
Entrammo in quella che pensai fosse la zona più ricca di New York e non potevo fare a meno di ammirare dal finestrino, le splendide case che avevo davanti.
Mio padre se la passava abbastanza bene a giudicare dal suo tenore di vita.
Arrivammo davanti una grande villa bianca, con le porte nere e le ringhiere in vetro, e ovviamente non poteva mancare un perfetto prato inglese, curato nel minimo dettaglio.
Vicino alla casa, c'erano molte altre villette simili a quella.
Scesi dalla macchina e proprio in quel momento la porta d'ingresso si aprì.

Un uomo che, a giudicare dalle foto che mi aveva mandato, avevo capito fosse mio padre,venne verso di me sorridendo.
Non era la prima volta che lo vedevo in realtà, avevamo parlato su Skype diverse volte prima del mio trasferimento. Non avrei mai affrontato tutto quello che stavo per affrontare, senza prima conoscerlo un minimo.

<<Finalmente sei arrivata!>> Mi rivolse un sorriso affettuoso.<<Ciao Kim!>>

I suoi capelli neri erano curati in una perfetta acconciatura, accompagnata dalla giusta dose di gel, il suo profumo mi era arrivato al cervello, dato che ne emanava un'elevata quantità e il suo sorriso mi disarmò in pochi secondi, mio padre era un bellissimo uomo.
Alto e ben impostato, sembrava che la polo e i pantaloncini beige che indossava, fossero capi di altissima moda addosso a lui.
Beh, probabilmente lo erano.

Averlo faccia a faccia mi fece capire il perchè non assomigliassi moltissimo a mia madre, ero proprio uguale a lui, tranne per la bocca, la sua era piu' sottile rispetto alla mia, ma il taglio di occhi era lo stesso.
Mia mamma li chiamava "occhi di gatto".
Sapevo già che era un bellissimo uomo, ma non mi aspettavo fosse particolarmente alto.
Ovviamente l'altezza era una delle poche cose che , a quanto pare , non avevo di certo preso da lui. Lo guardavo dal mio umile metro e sessantacinque di altezza.

<<Io sono Kim>> Riuscii a dire solo questo, dopo averlo fissato per non so quanti imbarazzanti secondi. <<cioè sai già che sono Kim. Dio, che sbadata>> Scossi la testa e portai la mano sulla fronte mentre mi maledicevo da sola. <<Scusa..ciao Papà>>

Se mi stavo già impanicando con lui, che conoscevo già, cosa sarebbe successo con il resto della famiglia?
Sembrò molto divertito dalla mia reazione, ma non fece alcun commento, probabilmente per non farmi entrare ancora di più nel pallone.
Mi accompagnò dentro la casa e mi disse di non preoccuparmi per i bagagli perché ci avrebbe pensato Rob, l'autista.
Povero Rob, c'era il mondo dentro quelle valige.
Non avevo risparmiato neanche il più piccolo oggetto della mia vecchia stanza.
Avevo riempito una delle valigie con tutte le cose che avevo sopra gli scaffali o sopra la scrivania.


La casa all'interno era ancora più bella rispetto a fuori, l'arredamento era tutto sui colori del bianco, nero e grigio.
I mobili erano moderni e studiati alla perfezione,nella loro disposizione.
La porta dell'entrata dava su un ampio salotto con un grande divano ad "ELLE" grigio, arricchito dai cuscini neri e bianchi.
C'era un camino con sopra moltissime foto, e l'angolo TV.
La tv era attaccata ad una parete in pietra, illuminata dal basso, da due faretti blu.

<<Wow, questa casa è fantastica.>> Esclamai, mentre mi guardavo attorno sbalordita e lo seguivo su per le scale che portavano ad un lungo corridoio, con varie porte.
Avevo visto quel genere di casa solo nei giornaletti di Ikea.
Non scherzo.
E forse anche nel film "50 sfumature di grigio".

<<Grazie, è tutto merito di Marie, mia moglie. Lei è un'arredatrice>> Spiegò.
Aveva sicuramente dimenticato che me l'aveva già raccontato tramite messaggi, ma decisi di fare finta di nulla, non volevo metterlo in imbarazzo.


Per ogni porta, vi era sopra un faretto che la illuminava.
Mi elencò le varie stanze, mostrandomi la camera da letto, il suo studio, lo studio di Marie, La stanza del figlio Andrew e infine aprì la porta di quella che sarebbe stata la mia stanza.
Rimase fuori così da permettermi di entrare per prima e guardarla per bene.
Era fantastica, avevo da sempre sognato una stanza del genere.
Il letto era molto alto, per cui dedussi che ci fossero due materassi.
Le pareti erano bianche e i mobili erano quasi tutti neri.
Davanti al letto, una tv era attaccata alla parete che era colorata a strisce bianche e nere.
Sotto vi era una bellissima scrivania in legno nero, con sopra un porta penne e una lampada bianca.
Nella parete sopra il mio letto c'erano delle mie foto con alcune amiche di Londra, non appena le guardai, avvertii una fitta al cuore, molte di quelle persone non facevano più parte della mia vita, ma erano state importanti per me.

Girai il viso verso mio padre, incuriosita. <<Da dove vengono quelle?>> Domandai indicando le foto.

<<Marie ha preso le foto da internet, voleva che ti sentissi a casa e pensava che quelle ti avrebbero aiutato di più>> Disse indicando anche lui le foto con la mano.

Sorrisi per il dolce pensiero. <<Vi ringrazio, tutto questo è anche troppo per me>>

<<So che non posso comprarti con le cose materiali Kimberly, ne abbiamo già parlato, ma voglio che tu sappia che sono pronto a darti quello che non ti ho potuto dare fino ad ora>> Mi rivolse un sorriso sincero.

Fino a poco tempo prima, avevo portato nei suoi confronti lo stesso rancore di mia madre. Quando ci parlai la prima volta, non avevo assolutamente voglia di aprirmi con lui, ma dopo due settimane di lunghe chiamate, dove per lo più era lui a parlare, mi convinse ad aprirmi.
Mi stava facendo entrare nella sua vita e questa non era una cosa da poco.

Annuii sorridendo.<<Ti prego papà, chiamami Kim. La mamma usa il mio nome per intero solo quando è arrabbiata.>>

<<Ok..Kim>> sorrise divertito. <<Ora ti lascio un po' da sola ad esplorare la tua camera, quando sarai pronta, scendi al piano di sotto e vieni nella sala pranzo per mangiare. Conoscerai il resto della famiglia.>> Uscì e chiuse la porta.

Io mi girai e guardai il mio grandissimo e bellissimo letto, poteva essere possibile che io mi fossi innamorata di un mobile? si lo era.
Feci la prima cosa che mi passò per la testa, d'altronde stavo vivendo il sogno newyorkese e in quel momento ero un cliché vivente. Presi la rincorsa e mi gettai sul letto, rimbalzai più volte e solo dopo realizzai che il mio materasso fosse ad acqua.
Si, mi ero innamorata per la prima volta nella mia vita, di un letto.

Dopo aver conosciuto per bene il mio letto, decisi di scendere al piano di sotto, dopo le scale c'era il salone e dopo il salone mi guardai intorno per capire da quale parte dovessi andare, scorsi il bancone della cucina in lontananza e andai verso quella che pensavo fosse la sala pranzo. Quando entrai nella stanza, le voci delle persone sedute a tavola si fermarono e sei occhi si posarono su di me.

Sorrisi timidamente e dopo qualche secondo di silenzio decisi di parlare.
<<Ciao.>> Mi schiarii la voce con lo stesso imbarazzo di prima. <<Piacere io sono Kimberly, per gli amici Kim>> Dissi tutto d'un fiato in maniera incerta.

Dovevo smettere di fare quelle figure da idiota.
Sembrava che avessi ingoiato una di quelle bambole che parlavano a comando e dicevano sempre le stesse cose.

La donna seduta a capotavola alzò il viso per incrociare il mio sguardo e rimasi sbalordita quando notai quanto fosse bella.
Il suo viso leggermente allungato e chiarissimo di carnagione, era contornato da due ciocche rosse, mentre il resto dei capelli era trattenuto in un'elegante pettinatura.
I suoi occhi erano azzurri e per qualche secondo mi sembrò di caderci dentro per quanto fossero belli e profondi.


<<Ciao cara, Oliver ci ha parlato tanto di te! ti prego siediti>> Disse indicandomi una sedia. <<oh che sbadata>> Posò una mano sulla fronte ridendo. <<Quasi dimenticavo, io sono Marie>> Mi sedetti vicino a lei.
Alla mia destra avevo mio padre e davanti, quello che doveva essere mio fratello, che mi osservava senza dire una parola.
Mi stava studiando?
Beh io ero più brava di lui in quel gioco.
La psicologia era la mia più grande passione.

<<Il piacere è tutto mio.>> Risposi timidamente.

Marie mi sorrise e poi si girò verso il figlio, piegò la testa lanciandogli uno sguardo che diceva tante cose.
<<Andrew? ti devo presentare io o sai parlare?>> Chiese con un tono infastidito ma pacato.

Il ragazzo la guardò e poi torno a guardare me.<<Piacere Kimberly, io sono Andrew, ma solo per gli amici, Drew>> sottolineò l'ultima frase e io accennai un sorriso incerto.

C'era davvero bisogno di essere così simpatico?
Notai che in effetti i nostri lineamenti avevano qualcosa di molto simile.
Anche lui aveva i capelli scuri e le labbra abbastanza carnose.
I suoi capelli, leggermente scompigliati, erano di un castano scuro lucido, così come i suoi occhi, meno amichevoli di quelli della madre.

<<Kim, domani è Lunedì, comincerai il tuo primo giorno alla Brown>> Mio padre catturò la mia attenzione. <<Ovviamente andrai con Andrew che farà di tutto per farti sentire a tuo agio, vero Andrew?>> Anche lui sottolineò l'ultima frase con un tono severo, guardando il figlio.

Lo stava rimproverando per il tono scontroso che aveva usato prima con me?
Un punto per te papà, pensai.

//spazio autrice
Ciao a tutte!!
Finalmente sono riuscita a pubblicare il primo capitolo,ho lavorato a questa storia per tutta la notte,per capire come dovevo impostarla e cose così.
che dire, spero vi piaccia!
Mi piacerebbe tantissimo vedere qualche vostro commento qui sotto, per capire se vale la pena continuare con questa trama o capire, eventualmente, se non piace abbastanza.
Quindi,se leggete fatemi sapere in un commento se vi è piaciuta questa prima parte e se volete sapere come sarà la prima giornata di Kim alla Brown.
Un grande bacio!

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