Aleestrya [Completa]

By vyandersen

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Myrindar ha diciassette anni e un marchio nero sul petto. Una maledizione che l'accompagna da sempre, che le... More

~ Avviso ~
Prologo. La bambina dagli occhi di foschia
1. Mya
2. Cavalieri
3. Torce, incubi, ombre
4. La Città di Confine
5. Il guerriero nero
6. Qualcosa di impossibile
7. La battaglia di Thora
8. Leggende
9. La Foresta Dorata
10. L'udienza
11. Keeryahel
12. Corsa
13. La fine e l'inizio
14. Mano d'Ombra
15. Cenere e scintille
16. Addestramento
17. Ritorno in superficie
18. Sui bastioni di Antya
19. Duello
20. Trame e partenze
21. Incontro
22. Torg
23. Pirati
24. Le cose precipitano
25. Attese
27. Parole nel buio
28. Fiamme
29. Verso terra
30. Zerisha Ynahar
31. Riscossa
32. Consiglio di guerra
33. La Notte degli Spiriti
34. La rivincita di Anser
35. L'ultima battaglia
36. Fratello e sorella
37. Il Demone
Epilogo. Un mattino di primavera
Mappa dei Regni dell'Ovest
~ Note finali, muffin e seguiti ~
~ 13 cose che non sapete su di me ~
~ EXTRA: Estratto da "Oltre le nebbie del tempo" ~

26. Anser

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By vyandersen

Aveva annodato i capelli in un'infinità di treccine, li aveva sciolti di nuovo e li aveva intrecciati ancora, gli occhi chiusi, mentre scrutava i dintorni con i suoi poteri. Ellana se n'era andata subito dopo averla accompagnata in camera e aver chiuso la porta a chiave – "Questi sono gli ordini", aveva detto con lo sguardo colmo di dispiacere – e nessun altro si era avvicinato alla casa.

Se Keeryahel non fosse stata nella situazione in cui si trovava, avrebbe apprezzato la camera, con il tetto a spiovente di legno chiaro, il pavimento ricoperto di folti tappeti colorati e il grande letto a baldacchino – che occupava quasi interamente lo spazio della stanza – circondato da cortine color prugna e ingombro di cuscini. Ma ora avrebbe preferito essere in qualsiasi altro posto.

Sorrise lievemente mentre il cuore accelerava i suoi battiti e le mani continuavano imperterrite a intrecciare. Temeh stava salendo le scale, e non le serviva la magia per capirlo: i suoi passi pesanti facevano tremare il pavimento su cui l'Elfa era seduta – aveva scelto l'angolo più lontano possibile dal letto, e da lì aveva una perfetta visuale della porta senza le fastidiose cortine in mezzo.

Aprì gli occhi e si alzò in piedi, lasciando perdere le ultime ciocche che le scendevano informi sulle spalle. Era arrivato il momento.

La magia ribolliva dentro di lei, pronta ad esplodere, si condensava in sporadiche scintille candide che vorticavano intorno alle sue dita. L'incantesimo era complesso e richiedeva la maggior parte delle sue forze, per cui doveva riuscirle. Non c'erano altre possibilità.

I passi rimbombarono strascicati e si fermarono dietro la porta chiusa. Keeryahel si concesse un respiro profondo – per quanto l'odioso corsetto le permetteva. L'incantesimo sembrava sul punto di prendere autonomamente vita dalle sue mani, ma mancava una componente fondamentale: il contatto visivo. E quello era il problema. Non poteva prendere il controllo dei sogni di Temeh senza aver sondato le profondità dei suoi occhi.

Lo sferragliare del chiavistello che veniva sbloccato la riportò alla realtà; per concentrarsi normalizzò il respiro cercando di scacciare l'ansia, anche se il suo cuore sembrava voler esplodere fuori dalle costole.

La porta si spalancò di colpo e andò a sbattere contro la parete opposta. La sagoma torreggiante di Temeh apparve sullo stipite, barcollando. I suoi occhi assenti la individuarono dopo qualche istante, scorsero sul suo corpo seminudo accendendo il volto di un fuoco irrazionale e quasi bestiale. Keeryahel non aveva mai rimpianto tanto il suo arco; la voce dell'istinto le perforava la mente gridando di piantargli una freccia in un occhio.

Temeh mosse un passo barcollante all'interno, e Keeryahel esultò dentro di sé: era ubriaco fradicio. Sarebbe stato ancora più facile.

Se solo mi guardasse gli occhi. Alza lo sguardo, bestia, guardami negli occhi, ringhiò mentalmente.

«Sei ancora più bella di quanto sembravi. Sei una Fata?» articolò a fatica, ingarbugliandosi nelle sue stesse parole. Senza attendere risposta, le si fiondò addosso molto più rapidamente di quanto l'Elfa potesse aspettarsi. D'istinto frappose le braccia tra se stessa e l'uomo, e si trovò schiacciata tra il muro e il suo corpo. Temeh puzzava di alcol e sudore; Keeryahel trattenne un conato di vomito quando cominciò a sentire le sue mani sulle gambe, sui fianchi e poi sempre più su, mentre la protuberanza ingombrante della sua erezione le premeva sul ventre.

L'ansia cominciava a invaderle il petto. Doveva lanciare quell'incantesimo, non si sarebbe lasciata usare, ma Temeh non sembrava voler schiodare gli occhi dai suoi seni.

Le sue mani la afferrarono sui fianchi, e all'improvviso si trovò distesa tra i cuscini, immobilizzata dal peso di Temeh. Non riusciva a respirare, soffocata dall'uomo, dall'ansia e dal corsetto troppo stretto.

L'uomo cominciò ad armeggiare con i lacci del corsetto e l'Elfa si ritrasse schifata. Non poteva aspettare ancora. In un moto d'orgoglio liberò le braccia da sotto il petto di Temeh, e prima che i suoi riflessi insonnoliti dall'alcol lo allarmassero e lui si accingesse a bloccarla, gli afferrò la testa e la sollevò, incrociando i suoi occhi annebbiati e confusi.

Senza perdere un istante, Keeryahel rilasciò la magia: un lampo di luce argentea si sprigionò dalle sue mani e circondò la testa di Temeh. I suoi occhi si spensero e si chiusero nel sonno magico, il suo corpo si afflosciò contro la ragazza con tutto il peso.

L'Elfa spinse con tutta la sua forza l'uomo da sé, facendolo rotolare scomposto tra le coperte. Respirando affannosamente, Keeryahel si alzò: tremava, dovette sorreggersi alla parete per non cadere. Restò ferma, la schiena appoggiata contro il muro e il corsetto mezzo slacciato, con i nastri che pendevano disfatti intorno alla vita.

Un po' alla volta normalizzò il respiro, e sulle sue labbra apparve un sorriso. Aveva vinto, ce l'aveva fatta. Ora doveva parlare con Anser, ma era molto più tranquilla.

Sistemò alla bell'e meglio il corsetto, senza però stringerlo all'impossibile, in modo che la coprisse; estese le sue percezioni al circondario, avvertendo due presenze. Una era Ellana, nel piano inferiore della casa che cucinava per la cena, la mente un'unica matassa di pensieri intrecciati, tra preoccupazione, angoscia e rabbia. L'altra persona era fuori dalla casa da qualche parte, Keeryahel era sicura di averla incontrata prima ma non avrebbe saputo dire dove. Senza perdere tempo, la ragazza uscì dalla stanza, aprì la porta del corridoio che Temeh aveva lasciato semichiusa e si avventurò a passo felpato giù dalle scale. I folti tappeti, dalle fantasie geometriche e colorate, le permettevano di essere silenziosa; alla sua destra, finite le scale, si apriva una stanza annebbiata dal vapore entro cui Ellana si muoveva sicura.

Le si avvicinò da un lato ma la donna non se ne accorse finché Keeryahel non le sfiorò una spalla; a quel punto Ellana cacciò uno strillo soffocato e quasi rovesciò la pentola colma d'acqua bollente che teneva in mano.

«Cailis, sei tu!» esclamò, gli occhi grandi dallo stupore e il respiro accelerato. «Credevo fosse uno di quegli animali con chissà che richiesta... ma» si bloccò, realizzando chi aveva davanti. Buttò un'occhiata fuori dalla finestra, oltre la quale si vedeva un cielo dai colori smorzati dal quale il sole era appena tramontato «come mai sei qui... ora? Temeh non ha...»

«Era ubriaco» tagliò corto lei, evitando di sbilanciarsi. «Appena arrivato in camera è crollato addormentato. Devo parlare con Anser, ora che ne ho l'occasione.»

Ellana si guardò intorno in apprensione.

«Non posso farti uscire, per cui gli dirò di entrare da una delle finestre sul retro» sussurrò. «Torna alla stanza della tinozza e apri finestra e imposte.»

Keeryahel obbedì senza pensarci due volte. Non sapeva per quanto tempo l'incantesimo si sarebbe mantenuto: il fatto che Temeh fosse ubriaco l'aiutava, ma non poteva permettersi perdite di tempo.

Sovrappensiero, seduta sulla tinozza rovesciata in modo da avere sotto controllo sia la porta che la finestra, si accorse dell'arrivo di una persona solo quando colse un movimento all'esterno con la coda dell'occhio. Dandosi della stupida scattò in piedi ed estese le sue percezioni.

L'Elfa si rese conto che la presenza che si stava arrampicando sul davanzale era la stessa che aveva percepito dopo aver addormentato Temeh. Dunque Anser stava tenendo sotto controllo la casa già da un po'.

Bene.

La presenza si materializzò in un uomo ammantato e vestito con gli abiti scuri di chi non vuole essere individuato nell'oscurità del crepuscolo. Accucciato sul davanzale della finestra le ricordava un lupo a caccia, sul punto di balzare addosso alla preda.

Prima che Keeryahel potesse proferire parola, lo sconosciuto entrò e chiuse nuovamente le imposte e la finestra, sprofondando la stanza nelle tenebre. Se prima la tenue luce blu della sera filtrava nella stanza, ora l'oscurità era fitta. Keeryahel avvertì un brivido lungo la schiena.

Non aveva acceso la lampada perché dall'esterno non si capisse dov'era, provocando sospetti, ma ora si trovava chiusa in una stanza immersa nelle tenebre con uno sconosciuto. Allungò la mano verso la lampada e la accese con una scintillina magica, sperando che l'uomo non facesse caso al dettaglio. La luce irregolare della lampada si posò dorata sulla stanza e sulla sagoma dello sconosciuto. Era davvero alto, ma non massiccio come Temeh: aveva il fisico asciutto di un giovane, le braccia che spuntavano dalle maniche erano un fascio di muscoli nervosi.

«Sei tu Anser?» chiese la ragazza a bassa voce.

Lui annuì e tolse il cappuccio con un gesto lento, probabilmente per non allarmarla.

Keeryahel dovette trattenere un'espressione di sorpresa. Ricordava i lineamenti spigolosi, la mascella pronunciata, gli zigomi alti di quel volto, ricordava gli occhi scuri coperti da ciuffi di selvaggi capelli corvini in parte trattenuti in una coda: quel ragazzo era la sentinella che li aveva accolti alla spiaggia, prima che arrivasse Temeh con i suoi uomini a catturarli.

Dunque era lui Anser.

«Io sono Keeryahel» gli rispose, tendendo una mano. Decise che con lui era meglio rischiare ed essere sincera. «Non credo di avere molto tempo prima che Temeh si svegli.»

Il ragazzo annuì. «Sarò breve, allora. Ellana mi ha parlato di te, ha detto che sosterresti un'insurrezione.»

La fissò di sbieco come per chiedere conferma.

«Io e i miei compagni la sosterremo» rispose, decisa. «Ma i miei compagni non potranno fare nulla finché sono in prigione. E inoltre» riprese prima che il giovane cominciasse a parlare «ricorda che abbattere Temeh non è la nostra priorità, né ciò per cui siamo qui. Quello che sta accadendo nei Regni dell'Ovest non può aspettare.»

Anser ascoltò senza battere ciglio o mostrare alcuna emozione. Non era uno sprovveduto, notò l'Elfa. Sembrava del tutto certo di quello che faceva.

«Torg è mio padre» disse, fissandola da sotto quel ciuffo di capelli mossi. «Sono certo che se ha fatto credere di essere morto a Temeh e a me per quattordici anni ci sia un motivo serio, e se ora ha deciso di sprecare tutto questo per aiutarvi a trovare il talismano dev'esserci una ragione.»

Si interruppe il tempo necessario a prendere un respiro profondo, poi si volse a fissarla negli occhi. Le sue iridi nere erano infiammate di determinazione.

«Il talismano di cui ha parlato la tua amica è uno dei tesori più preziosi di Temeh. Lo rubò a mio padre quando tentò di ucciderlo... e ora, a quanto ne so, lo tiene in un luogo segreto della sua stanza.»

Keeryahel sentì il cuore accelerare. Forse una soluzione c'era.

«A molti in città farebbe comodo che Temeh cadesse. Ho parlato con alcuni di loro, e siamo pronti. Domani, se il cielo lo permette, lui e alcuni dei suoi partiranno per una razzia; a quel punto libererò i prigionieri e prenderemo il controllo del porto. Sfruttando il caos, tu dovrai frugare la stanza per trovare il gioiello, raggiungerai i tuoi compagni sulla spiaggia e ve ne andrete pressoché inosservati.»

L'Elfa annuì e non rispose. Era un buon piano, ma lo stesso distrusse il suo entusiasmo in briciole e le causò un brivido lungo la schiena: fino all'ultimo aveva sperato che Anser le consentisse di andarsene dalle grinfie di Temeh, e invece non era stato così.

«Ce la farai a sopravvivere un altro giorno?» le chiese Anser, lo sguardo intenso puntato sui suoi occhi.

Keeryahel deglutì, ma si fece coraggio e annuì ancora. Questa volta il sogno magico avrebbe fatto credere a Temeh qualsiasi cosa avesse voluto fare di lei, ma era riuscita a lanciare l'incantesimo per miracolo. Cosa sarebbe successo se Temeh fosse stato un po' meno ubriaco e lei non fosse stata in grado di usare quella magia?

«Mi dispiace» riprese Anser, e sembrava davvero rattristato «ma credo che non ci sia altro modo.»

«Lo so» sussurrò lei mentre il giovane apriva le imposte e spariva nel buio, dopo averle gettato un'ultima occhiata. «Ce la farò» promise a se stessa.

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