Fur

By SarahBianca84

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Se il giorno del tuo compleanno, qualcuno ti dicesse che la tua vita non è altro che una menzogna e che sei d... More

La Sposa dal dolce profumo
Adla
Il gatto nero dagli occhi di gialli
Il diciassettesimo genetliaco
Oltre la cortina di fumo
Cambiamento e Conoscenza
Conciliaboli e imposizioni
L' Anfiteatro di ghiaccio
Ciò che è dentro
I Diari delle Spose
Sogni Proibiti
Decisioni e Possibilità
Memorie e Risvegli
Tempus Fugit
La pelliccia dell'Orso

Il Corvo dagli occhi di ghiaccio

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By SarahBianca84

Mi sveglio lentamente, ho una forte emicrania, un leggero senso di nausea e il ricordo sbiadito di un incubo che mi ha fatto davvero paura.
Sono nel mio letto, accanto a me c'è un gatto nero profondamente addormentato.
Ha la testa posata sulla mia spalla e il corpo steso accanto al mio, nello stordimento nel quale mi trovo mi sembra abbastanza normale che dorma come un umano, visto che non è un vero gatto.
Chiudo gli occhi e li riapro piano.
È ancora lì, il torace che si solleva piano accompagnando il respiro.
Certo, non è un vero gatto... è un cavallo col cappello... come faccio a pensare a idiozie del genere...
Mi allungo per prendere il cellulare e controllare l'ora, sono le cinque e quaranta del mattino, troppo presto per chiunque, figuriamoci per me.
Sospiro, continuo ad avere dei flash in cui vedo un'ombra dagli occhi luminosi e terrificanti.
Il gatto si muove, sbadiglia, socchiude le palpebre e mi guarda.
Riesco a intravedere il giallo delle iridi e il cuore salta un battito.
Devo smetterla, i sogni sono solo sogni e non c'è bisogno di impanicarsi per cose come questa.
Lui è un animale che ho salvato dal morire affogato sotto una tonnellata d'acqua piovana.
Il gatto sbadiglia ancora, sembra non riuscire a tenere gli occhi aperti, come se fosse esausto.
Inizia a fare dolcemente le fusa e delicamente allunga una zampa che mi posa su una guancia.
-Sì, è presto, dormiamo ancora un po'.
Mormoro piano, lui sbadiglia ancora e muove piano la zampa dai cuscinetti vellutati, come se mi stesse accarezzando il viso.
Il sonno diventa così forte che è impossibile resistergli.
Mi addormento serena, il temporale è passato.
...
...
-Hai notato quanti uccelli ci sono ultimamente?
Alzo gli occhi al cielo e osservo uno stormo migratorio che compie le sue evoluzioni .
-No, non che volano, intendo quelli sugli alberi. Guarda, abbiamo la casa completamente circondata.
Nicolas allunga un braccio e indica i rami degli alberi che costeggiano il viale e i tetti dei palazzi vicini.
Effettivamente è pieno di uccelli di varie dimensioni, ma la cosa non suscita in me alcun tipo di allarme.
Faccio spallucce.
-È autunno, dovrebbe essere normale, no?
Prendo gli occhiali di Nicolas dalle stecchette e glieli tolgo gentilmente.
-Hey!
-Sono pieni di ditate, poi ti viene mal di testa e io sono costretta a tenere il volume della musica al minimo perché non riesci a riposare.
Li pulisco con l'orlo della maglietta e rimango un po' a guardarlo stropicciarsi gli occhi.
I contorni morbidi del viso, tipici dell'infanzia, stanno mutando sempre più velocemente in tratti più maturi, solidi, squadrati.
-Stai crescendo, non mi piace.
Mormoro passandogli un braccio intorno alle spalle e stringendolo contro di me.
Gli schiocco un bacio sulla testa, i capelli ricci e perennemente in disordine odorano di shampoo e di bambino.
Infastidito, si scrolla il mio braccio da dosso e mi strappa gli occhiali dalle mani.
-Ho dodici anni, sto diventando un uomo.
Mi dice guardandomi male.
Scoppio a ridere.
Il viso gli si scurisce di più, incrocia le braccia sul petto e punta i piedi per terra.
Adoro quando fa così, è la mia copia sputata.
-Io cresco...tu invecchi.
Sussurra in tono lugubre girandosi e dandosela a gambe per il giardino nella speranza che io non lo acchiappi e lo torturi senza pietà.
Tre minuti dopo siamo sdraiati per terra, che lottiamo col solletico e ci minacciamo di morte a vicenda.
-Tra una settimana sarai così vecchia che ti regalerò la crema antirughe della mamma!
-Tra una settimana entrerò nella tua stanza mentre dormi e ti incollerò delle caccole sulla faccia!
-Bleeaaaaaah che schiiiiiiifoooooooooo!
Approfittando della sua distrazione, gli blocco le mani sopra la testa e gli lecco una guancia facendo in modo di lasciarli una lunga scia di saliva.
-Adla! Non vale! Lasciami!
La sua espressione è impagabile, ridendo così tanto da non riuscire a stare in piedi lo lascio libero.
Nicolas si sta pulendo la guancia con il dorso della mano, osservando ogni mio movimento per paura che gli faccia qualche altro dispetto.
-Sei il mio cugino preferito, lo sai?
Dico avvicinandomi e tendendogli la mano in segno di pace.
-See, lo so.
Siamo in piedi, in mezzo al praticello del giardino che mia nonna mantiene scrupolosamente verde e in ordine e ci stiamo togliendo fili d'erba dai vestiti e dai capelli, quando sopra di noi passa un'ombra, accompagnata da un possente frullio d'ali.
Nicolas mi afferra il polso all'improvviso e mi tira violentemente.
-Guarda...
Smetto di esaminarmi i pantaloni e scopro di trovarmi a meno di due metri da un enorme corvo nero.
Il sole sta tramontando, siamo in quel periodo dell'anno in cui le giornate diventano improvvisamente corte e i raggi del sole obliqui donano alle sue penne delle bellissime sfumature che vanno dal violaceo al rosso prugna.
Sono incantata.
Il corvo gira lentamente la testa di lato, per osservarci meglio e in quel momento noto che i suoi occhi sono di uno limpido azzurro ghiaccio.
-Adla, non mi piace, entriamo dentro.
Nicolas mi stringe con forza il polso e mi strattona verso la porta a vetri della cucina dei nonni.
Vedendo il movimento, il corvo si avvicina a noi, ma non lo fa salterellando nel modo buffo che hanno gli uccelli di muoversi sul terreno, lo fa camminado, passo dopo passo.
-Nic, smettila di tirarmi. È un pollo con le piume nere, cosa vuoi che ti faccia.
Cerco di scherzare, ma il suo comportamento sta iniziando a inquietare anche me.
Il corvo avanza fino ad arrivare a un palmo dai miei piedi, mio cugino è talmente terrorizzato da essersi nascosto dietro le mie spalle piagnucolando.
Ci fissiamo in silenzio per un lunghissimo secondo, poi la porta a vetri si apre sbattendo e mio nonno esce di casa urlando.
-Via! Vai via!
Io e Nic facciamo un salto per lo spavento, l'animale invece, si volta a osservare il nonno che sta marciando verso di lui a passo spedito con educato interesse.
-Giuro su Dio che se non sparisci immediatamente, ti farò rimpiangere di essere nato.
Il nonno ci raggiunge e si piazza tra noi e il corvo, posso vedergli le vene del collo pulsare ingrossate e le chiazze rosse che associo alle sue incazzature, comparire un po' ovunque.
Passa lentamente il tempo di tre respiri, nella posizione in cui mi trovo non posso vedere niente, ma la situazione inizia a diventare paradossale e assurda.
-Nonno è solo un uccello, io...
-Zitta. Nicolas, prendi tua cugina Adlartok ed entrate in casa.
Con gli occhi resi grandi dalla paura, Nic mi lascia il polso per prendermi la mano e mi scorta silenziosamente dentro casa.
Appena superata la soglia della porta finestra, ci giriamo per osservare la scena.
Il nonno e il corvo sono ancora fermi uno davanti all'altro, si fissano in silenzio, ma è un silenzio strano, che mette disagio.
In quel momento, da oltre il muro di cinta della palazzina, compare il gatto nero che mi si è segretamente installato in casa da una settimana.
Con un balzo che a rigor di logica avrebbe dovuto rompergli tutte e quattro le zampe, entra nel giardino e corre verso il corvo a rotta di collo.
La scena che segue è piuttosto bizzarra, perché il nonno si gira ed entra in casa, spingendoci via per non permetterci di guardare cosa sta accadendo, mentre riesco a cogliere con la coda dell'occhio movimenti di lotta e urla animali.
-Nonno, cosa sta succendendo?
Nicolas è ancora aggrappato alla mia mano, ha il viso pallido e la voce sottile di chi si è preso un gran bello spavento.
-Niente Nic, niente. Sarebbe meglio che smetteste di uscire fuori a giocare per adesso, gli uccelli stanno diventando sempre più aggressivi, non vorrei vi succedesse qualcosa di male.
Mentre parla, provo a mettermi in punta dei piedi per sbirciare dietro le sue spalle, ma una decisa spinta verso il salone, mi fa desistere da ogni altro tentativo.
-Vado di sopra, ho delle cose da fare.
Dico sperando di riuscire ad arrivare in tempo per vedere dalle finestre dell'ultimo piano cosa stia succedendo nel giardino che è diventanto sospettosamente silenzioso.
-Aspetta, voglio parlarti.
Il nonno ha un'espressione mortalmente seria, fa cenno a Nicolas di andare via e mi porta in cucina, dove mi fa sedere accanto a lui su di una sedia.
-Voglio che tu rimanga a casa per i prossimi giorni, telefonerò io a scuola, dirò che sei malata.
Lo guardo come guarderei un folle vestito da contessina dell'ottocento, che afferma di essere la rincarnazione di Cleopatra.
-No che non rimango a casa e perché poi dovrei farlo?
Nonno incrocia le braccia davanti al petto e la ruga che gli solca la fronte diventa più profonda.
-Non posso dirtelo, non ora, ma è per il tuo bene. In questo momento andare fuori è pericoloso.
Pericoloso?
-Nonno... mi stai spaventando.
Sento dei passi, la nonna arriva con un'espressione agitata sul viso.
-Cos'è successo? State bene?
Il nonno la guarda e le fa un rapido cenno con la testa, poi torna a posare lo sguardo su di me e io mi sento nuovamente come quando a cinque anni diedi fuoco per errore al forno.
Effettivamente avevo bruciato a un sacco di cose negli scorsi anni, forse avevo un piccolo problema col fuoco.
-Adla, ci sono delle cose che adesso non posso dirti, ma devi credermi, devi avere fiducia in me. Tutto quello che sto facendo è per salvaguardarti da delle situazioni che non puoi gestire. Ci sono cose... ci sono persone, fuori, che farebbero di tutto per metterti le mani addosso e portarti via da noi. Devi rimanere in casa per qualche giorno e devi promettermi che non cercherai di scappare per nessun motivo al mondo.
-È uno scherzo?
Mi giro verso la nonna, ma nonostante sia pallida, la sua espressione è risoluta e mortalmente seria come quella del nonno.
No, non è uno scherzo.
Lo stupore si trasforma in nervosismo e la rabbia inizia a prendere il sopravvento.
-Io non faccio proprio un bel niente se voi non mi spiegate immediatamente chi sono queste persone che vogliono rapirmi.
La nonna si muove a disagio, il nonno posa i gomiti sul tavolo e con due dita si pizzica delicatamente la base del naso.
Io ho le braccia incrociate davanti al petto e lo sguardo corrucciato, non ho intenzione di cedere a questa assurda follia.
-Il lavoro dei tuoi genitori...
Faccio un salto per lo spavento e mi volto di scatto, alle mie spalle è sopraggiunto Zio Lauro, fratello maggiore di mio padre, persona con la quale ho avuto più contrasti in assoluto nella vita e genitore di cinque bambini tra cui Nicolas.
I nonni accolgono il suo arrivo con evidente sollievo.
-Nic mi ha detto quello che è successo, tra un po' i telegionarli daranno la notizia che dopo la mucca pazza, abbiamo fatto rimbecillire anche gli uccelli.
Commenta andando a sedersi con assoluta calma e tranquillità accanto a suo padre.
La rabbia che sto covando si sta lentamente trasformando in furia cieca, cosa ne sa lui del lavoro dei miei genitori?
La nonna deve accorgersi di qualcosa, perché posa una mano sulla spalla del figlio in segno di monito.
Zio Lauro sospira e torna a rivolgere l'attenzione su di me, come se fossi una dannata seccatura e la mia esistenza non fosse altro che un'inutile spreco di spazio vivibile.
-I tuoi genitori stanno cercando dei giacimenti petroliferi e aurei, pare siano riusciti a trovare un modo per analizzare il terreno e calcolare a secondo della composizione, dove scavare e a che profondità, con uno scarto di errore di pochi metri. La concorrenza vuole l'algoritmo che hanno ideato e per farlo li stanno ricattando attraverso te.
Il cuore inizia a battermi all'impazzata e vengo sommersa dall'ansia.
-Mamma e papà sono in pericolo?
Chiedo alzandomi dalla sedia e oper ventilando.
-Solo se tu sarai tanto stupida da farti rapire. Ora vai in casa tua e restaci, noi penseremo al resto.
Come obbedendo a un ordine silenzioso, la nonna mi abbraccia dolcemente e mi scorta fuori dalla stanza, lungo la tromba delle scale e fino alla porta socchiusa della mia casa.
-Più tardi ti porto qualcosa da mangiare, so che è un brutto momento, ma devi fidarti di tuo Zio, lui sa come fare per proteggerti e non permetterà che ti succeda niente di male.
-Lui mi detesta e io lo odio, ma non ti preoccupare, non andrò in giro a farmi rapire dai cattivi delle multinazionali.
Commento mentre le chiudo sonoramente la porta in faccia.
L'ultima cosa che vedo è la sua espressione addolorata.
Ma io non provo il minimo senso di colpa, perché tutta questa storia da film di contro spionaggio non regge minimamente.
I miei genitori sono due miti geologi dall'animo candido, mi avrebbero chiamata e mi avrebbero avvertita se fossero stati sicuri che qualcosa poteva minacciarmi.
E poi perché tirare fuori questa storia dei rapitori così all'improvviso.
No, c'era dell'altro...
E anche se non ho idea di come ricollegare la cosa, tutte le ansie sono iniziate con l'attacco del corvo di dieci minuti fa.
No, non era un vero attacco, lui se ne stava lì a guardarmi e basta...
Mi dirigo in camera e mi butto sul letto, la rabbia stava tornando più forte di prima.
Quello che ignoravano tutti quanti era che nonostante avessi l'aspetto di una disadattata anoressica e lo stile di vita di una punk degli anni settanta, il mio quoziente intellettivo era superiore a quello di tutti gli abitanti della palazzina.
Me lo aveva rivelato un test che avevo fatto alle scuole medie, un centinaio di fogli che mi aveva portato in classe la mia professoressa di matematica di allora, l'unica che abbia mai apprezzato.
Quindi potevano anche risparmiarmi tutte quelle evidenti bugie, stava succedendo qualcosa di grosso e io dovevo capire cosa fosse.
Un lieve raschiare alla finestra mi fa alzare la faccia dal cuscino.
Gatto, l'originalissimo nome con cui avevo chiamato il felino nero che aveva iniziato a stalkerarmi da quella sera al parco, era appollaiato sul davanzale della finestra, in attesa di entrare.
-Un giorno mi spiegherai come cavolo fai ad arrivare fin qui e se potessi, vorrei che mi spiegassi subito cosa è successo con quel corvo, in giardino.
Borbotto sedendomi sulle coperte e lasciando che lui mi salga sulle gambe, facendo le fusa con un'aria estremamente soddisfatta.
Mi lascio cadere all'indietro e Gatto ne approfitta per allungarsi su di me e posare il muso sul solco tra i miei seni.
Le vibrazioni delle sue fusa mi rilassano immediatamente.
-Non mi piace quando mi vengono nascoste le cose... non sono stupida, come gli viene in mente di raccontarmi delle storie così assurde. Se solo quel maledetto telefono satellitare non fosse sempre fuori portata, potrei chiamare i miei genitori e farmi spiegare da loro cosa sta realmente succedendo.
Gatto alza la testa e spinge il naso bagnato contro il mio mento, immagino che sia un modo per dirmi che non vale la pena prendersela tanto nella vita, finchè c'è latte, sonno e coccole, cosa può andare storto?
-Il tuo punto di vista non è sbagliato.
Convengo ad alta voce, seguendo il filo contorto dei miei pensieri.
Gatto sospira.
Improvvisamente mi sento molto sola, istintivamente circondo con le braccia il corpo del gatto e lo tengo stretto contro di me.
-Promettimi che non mi lascerai mai e che non mi mentirai mai.
Mormoro con le lacrime che scendono piano a bagnarmi le guance.
E lui miagola piano, insinuandomi la testa nell'incavo tra il mento e il collo, come se volesse consolarmi, come se capisse cosa significa essere profondamente soli al mondo.
...

-Hanno mandato te perché sanno che ti avrei lasciato entrare?
Nicolas è in piedi davanti alla porta socchiusa, ha una busta per mano e un'espressione stanca, molto adulta, che stona terribilmente.
-Aprimi, pesano.
Mi faccio da parte, lui si dirige verso la cucina e lascia tutto sul tavolo da pranzo.
-La nonna ti manda del latte, dell'insalata fresca e tutto l'occorrente per farti dei panini. Se vuoi altro puoi chiederglielo direttamente tu, non mi piace fare il corriere.
Prendo le buste e le metto nel frigo vuoto, senza neanche controllarne il contenuto.
Nicolas mi guarda senza commentare.
-Siamo tutti bloccati in casa, sai? Possono uscire solo papà, lo zio e il nonno.
Quindi anche Zio Lidio era invischiato nella cosa... qualunque cosa fosse.
-Dovrebbe essere quasi ora dei programmi su come si costruiscono le cose, li guardi con me?
Provo a cambiare argomento, non mi piace il modo in cui ha la mascella serrata.
-See, tanto ho in programma di rimanere qui a lungo.
Lo guardo sollevando un sopracciglio, che novità era mai quella?
-Non guardarmi con la faccia storta, è da ieri che giù sta succedendo di tutto, i grandi sono in continuo consiglio di guerra e le ragazze non mi lasciano in pace.
Il consiglio di guerra era quando i genitorsi si chiudevano nella cucina dei nonni e decretavano nuove e inquietanti leggi alle quali avremmo dovuto sottostare nel prossimo futuro.
Come quando mia cugina Matilda era stata beccata in ginocchio davanti al suo fidanzato, chiusi in camera dei suoi genitori, mentre si presupponeva che dovesse fare da babysitter ai più piccoli.
Il consiglio di guerra si era riunito per una pomeriggio intero e alla fine era stato emanato un decreto che vietava ospiti dell'altro sesso per i figli di età superiore ai quattordici anni.
-Come mai ti danno fastidio?
Gli chiedo sedendomi accanto a lui e allungando una mano per accarezzargli i riccioli ribelli.
Lo vedo arrossire violentemente.
-Vogliono che mi fidanzi con un'amica di Martina...
Borbotta prendendomi il telecomando e mettendosi a fare zapping tra i canali.
Provo una punta di gelosia, lui era il mio cuginetto adorato, non ero pronta a condividerlo con nessuno, figuriamoci con un'altra ragazza.
-Chi è questa? Quanti anni ha? La conosci, è carina?
Ha ancora le guance rosse e gli occhi incollati sullo schermo della televisione, non l'ho mai visto così imbarazzato.
-Si chiama Sandra, ha tredici anni ed è carina.
Provo a ricordare se nella mia cartella mentale dei volti ci sia una qualche Sandra di tredici anni, ma non trovo niente.
-Se ti piace, perché non ti ci fidanzi?
Gli chiedo per stuzzicarlo.
Scuote la testa, ecco di nuovo quell'espressione adulta di profonda stanchezza, rabbrividisco, non mi piace, non voglio vederlo così.
Lo abbraccio stretto e gli do un bacio sulla tempia sinistra, rimanendo con le labbra premute contro la sua pelle, per sentirlo più vicino.
-Perché sono innamorato di un'altra.
Dice piano.
La gelosia torna a farsi sentire, ma cerco di ignorarla, prima o poi troverà una ragazza che gli piace più di me e io dovrò dargli la mia benedizione e rassegnarmi a vederlo diventare grande.
-E lei non ti vuole?
-... per lei non esisto...
-Se non sa che tu le piaci! Certe volte non ci accorgiamo di quello che abbiamo davanti agli occhi perché siamo troppo presi da mille altre stupidate. Prova a dichiararti, magari scopri che anche lei è interessata a te.
Nicolas rimane in silenzio, capisco che non vuole più parlare dell'argomento, così lo lascio andare e vado a liberare Gatto che avevo chiuso in camera quando avevo sentito suonare alla porta.
Solo che lui non c'è, la stanza è vuota.
Controllo bene d'appertutto, ma non riesco a trovarlo.
Stranita me ne torno in salone, dove trovo Nicolas raggomitolato sul divano che mi guarda con gli occhi tristi.
-Se c'è qualcosa che non va, dovresti dirmelo.
Ci sistemiano come facciamo da anni, io sdraiata su di un fianco e lui con la testa posata sulle mie gambe, infilo una mano tra i suoi capelli e li accarezzo pigramente, mentre sullo schermo iniziano i programmi del primo pomeriggio.
Non riesco a seguire niente, la mia mente continua ad andare al casino che sta succedendo e al fatto che non ho abbastanza elementi per cercare di capirlo.
-Adla?
-Mmm?
-Se per qualche motivo tu dovessi andare via, ti dimenticheresti di me?
Mi tiro su e mi chino su di lui per guardarlo negli occhi.
Cosa aveva sentito al piano di sotto?
Ci fissiamo in silenzio.
-Chi ha detto che devo andare via?
-Nessuno.
-Nicolas, chi ha detto che me ne devo andare?
-Nessuno!
-Tu lo sai cosa sta succedendo?
Rimane in silenzio, poi si solleva sui gomiti e mi da un leggero bacio sulla punta del naso.
Presa in contropiede, lo guardo stupita.
Nicolas non mi dimostra mai il suo affetto fisicamente, sono sempre io che lo spupazzo fino a farlo protestare.
-No, credimi, vorrei saperlo. Ma non mi hai risposto, ti dimenticheresti di me?
Scuoto la testa con decisione.
-Mai.
-Me lo giuri?
-Nic, mi stai spaventando.
-Giuramelo.
-Te lo giuro.
Sembra soddisfatto, si alza e si stiracchia allungando le braccia al cielo.
Lo osservo attentamente.
-Nicolas, sei... sei cresciuto in altezza?
Lui ritorna composto, si guarda l'orlo della felpa che lascia scoperti i polsi e un pezzetto di avambraccio e sorride senza allegria.
-Te l'ho detto Adla, ho dodici anni, sono diventato un uomo.
Mi risponde prima di girarmi le spalle e andare via.
Sto ancora riflettendo su quello che mi ha detto Nicolas e sul comportamento assurdo della mia famiglia, quando un'ombra nera mi salta accanto, facendo volare per terra il posacenere con tutte le cicche.
-Gatto! Non ti ci mettere anche tu, ho già i miei problemi.
Sbotto mentre mi do da fare per pulire quel casino.
Sono fuori, sul terrazzino della cucina e sto pulendo dalla cenere le setole della scopa, quando un rumore di piume e un tonfo mi mettono sul chi vive.
Davanti a me, sulla ringhiera di ferro dipinto, è appollaiato il corvo dagli occhi di ghiaccio.
Nel becco ha un fiore che lascia cadere ai miei piedi, dalla cucina sento provenire dei tonfi, segno che Gatto sta correndo qui a tutta velocità.
Anche il corvo se n'è accorto, perché lancia un'occhiata alle mie spalle, poi apre le ali e se ne va.
Gatto arriva soffiando, col pelo ritto e gli occhi giallo scuro così luminosi da rischiarare la sera.
Mi chino per prendere il fiore, ma Gatto è più veloce di me, ci salta sopra e lo fa a brandelli.
-Hey! Ma che diavolo ti prende!
Gli urlo contro, mentre guardo sconsolata i resti di quello che doveva essere il mio regalo.
Come se non avessi parlato, Gatto butta con una spazzata di coda i pezzetti di verde e li osserva cadere nel prato del piano terra, poi si gira e rientra in casa.
All'improvviso ho voglia di urlare.

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