La Regina di Spade

By ViolaDesiati

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- Ci ritroveremo. - urlò. - E ti amerò di nuovo, te lo prometto. Nella prossima vita. In cento prossime vite... More

La Regina di Spade
0. Il Matto - La Follia della Fine e l'Inizio del Destino
1.1 Il Mago - Parigi
1.2 Il Mago - I segreti della città
1.3 Il Mago - L'eredità del padre
1.4 Il Mago - Regina del Passato e del Futuro
1.5 Il Mago - Il Gioco delle Alleanze
1.6 Il Mago - La Pietra nel Fango
2.1 La Papessa - Dublino
2.2 La Papessa - Notti Insonni
2.3 La Papessa - L'Abilità del Ladro
2.4 La Papessa - Il Potere della Spada
2.5 La Papessa - Colui che Volse lo Sguardo alla Luna
3.1 L'Imperatrice - Singapore
3.2 L'Imperatrice - Come i Diamanti
3.3 L'Imperatrice - A Forma di Carta, A Forma di Uomo
3.4 L'Imperatrice - L'Eco dei Secoli
3.5 L'Imperatrice - La Ragazza Dietro l'Obiettivo
4.1 L'Imperatore - Kolkata
4.2 L'Imperatore - Al Crocevia del Destino
4.3 L'Imperatore - L'Ombra del Mago
4.4 L'Imperatore - Il Cavaliere del Lago
4.5 L'Imperatore - Nei Cieli D'Argento
5.1 Il Papa - Oceano
5.3 Il Papa - Il Tempio delle Tempeste
5.4 Il Papa - Notte di Fine Estate
5.5 Il Papa - Mondo Sottosopra
6.1 Gli Amanti - Amsterdam
6.2 Gli Amanti - Quello che Eri
6.3 Gli Amanti - Quello che Sei
6.4 Gli Amanti - Ladro in Catene
6.5 Gli Amanti - Il Mondo Fino a Domani

5.2 Il Papa - La Tessitrice, Il Custode e La Camminatrice

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By ViolaDesiati


Oceano Indiano, 25 Agosto 2011.

Verity non voleva sapere come Michael avesse fatto.

Si rifiutava di chiedere come fosse riuscito a ottenere quello yacht enorme, eliminare l'allarme e il GPS, avvolgerli tutti nella sua magia e farli salire a bordo.

Come era sorta la luna aveva visto Michael mutare, con gli occhi che gli brillavano di argento, mentre tesseva le sue trame nelle menti dei proprietari e del personale di bordo.

Li aveva convinti che la nave gli servisse in prestito, per quanto tempo non lo sapeva, e come vecchio amico di famiglia gli serviva questo favore.

A Michael era importato poco che Christian avesse messo in mano al portafoglio e avesse prenotato un volo di ritorno in prima classe verso casa per tutte quelle persone sfrattate dalla loro barca. Lo aveva detto con chiarezza: per quel che lo riguardava potevano tornare a casa a piedi.

Peccato che fosse in Nuova Zelanda e Verity avesse storto il naso a quella prospettiva, costringendo Christian a porre un rimedio al menefreghismo di Michael.

Lei non sapeva come ringraziare la Forza per quello che stava facendo, per averla aiutata a non sentirsi in colpa mentre metteva le sue poche cose nella cabina che avrebbe condiviso con Nyvie.

Mentre finiva di aiutare la bambina a vestirsi, sentì un nodo allo stomaco. Il rollare dello yacht, mentre affrontava l'oceano non le faceva molto bene e ora che si erano allontanati dalla sicurezza della costa avrebbe pagato per rimettere un piede a terra il prima possibile.

– Stai male? – le chiese Nyvie, mentre le allacciava le scarpe.

Voglio morire, pensò melodrammatica tra sé e sé. Si sforzò di farle un sorriso, prima che un nuovo beccheggio glielo cancellasse, sostituendolo con la nausea. – Sì. Tutto bene. – rispose invece.

La Signora delle Tempeste soffre il mal di mare, tutto qui.

Quando aveva accettato l'invito di Michael a mettere tra lei e l'Imperatore un oceano non aveva previsto che soffrisse il mal di mare.

Bussarono alla porta della cabina e Christian fece capolino. – Siete pronte? Siete riuscite a riposare? – chiese con un sorriso mesto.

Verity si chiese se quello sguardo derivasse dal fatto che era stato costretto a rubare uno yacht e, per quanto lussuoso ed enorme, condividere quegli spazi con Michael e Gabriel.

L'odio che la Forza e la Luna provavano per l'Eremita era tangibile, saturava l'aria nel momento in cui si trovavano tutti e tre insieme.

Aveva il dubbio che al termine della traversata non sarebbero arrivati tutti vivi, ma non osava esprimere quel pensiero ad alta voce. Lei non ricordava cosa le avesse fatto Gabriel, aveva nella testa solo l'eco del dolore e non provava odio nei suoi confronti. Solo paura e molta curiosità.

Si sentiva in pena quando lo guardava. Per tutto il viaggio fino a Chennai, Christian non aveva fatto altro che zittirlo in malo modo e bistrattarlo a ogni occasione e il ragazzo accettava tutto senza protestare.

Erano stati lei e Robert a mettere fine a quella situazione, ma Gabriel non aveva emesso una sola protesta. Lei non capiva come potesse accettarlo. Verity avrebbe dato un calcio a Christian, se fosse stata nella situazione dell'Eremita.

Sospinse con dolcezza Nyvie verso Christian, chiedendo un altro minuto per potersi sistemare i capelli.

Il caldo umido glieli appiccicava alla base del collo e nemmeno l'aria condizionata le forniva riparo. Il caldo la opprimeva, redendola nervosa.

Così, decise di prendersi il suo tempo per calmarsi.

Si sciacquò il viso nel bagno privato della cabina, chiedendosi come mai una persona avesse così tanto bisogno di ostentare le sue ricchezze mettendo un lavandino in marmo di Carrara e le applique d'ottone con i paralumi di seta.

Una scelta che perfino lei trovava pacchiana.

Ogni dettaglio della nave la stupiva e nonostante Michael avesse insistito che c'erano cabine a disposizione per tutti, lei aveva preferito dividere il letto matrimoniale con Nyvie, che aveva passato la notte prima a saltellare dal letto al divano, sconvolta da quanto fosse comodo e le lenzuola morbide.

Verity ricordava di aver dormito in un letto così comodo nella stanza degli ospiti di Christian e, soprattutto, in quello di Michael.

Represse quei ricordi. Era stata rapita e derubata da quel ladro, non poteva aver veramente pensato che il letto di Michael fosse comodo. Si era svegliata spaventata, eppure ricordava che per un secondo, uno solo, si era sentita al sicuro come non accadeva da tempo.

Nonostante non abbia dormito molto la notte precedente, aveva passato un momento nel dormiveglia in cui aveva sorriso sapendo che quel ragazzo era a pochi metri da lei e sarebbe corso, se ce ne fosse stato bisogno.

Si lavo il viso con più forza.

Stupida! Stupida, Verity! Come puoi pensare una cosa del genere?

A Kolkata, le parole di Michael avevano fatto breccia nella sua rabbia e nella forza che le aveva infuso la spada. Le aveva detto che ci sarebbe stato e lei lo aveva ascoltato e gli aveva creduto.

Guardandosi allo specchio cercò in se stessa l'immagine di Atlaeia, quella schiava di cui tutti parlavano e di cui lei possedeva solo qualche sensazione.

Le sfuggì un gemito quando qualcosa si fece strada nella sua mente, causandole dolore. Il ricordo di un paio di mani gentili sul suo corpo e parole mormorate al suo orecchio in una lingua ormai perduta.

Il dolore si fece più intenso e lei corse a vomitare.

Ormai aveva capito che tutto quello che apparteneva al suo passato con la Luna le causava un forte dolore, lasciandola distrutta nel corpo e nello spirito. Quella parte di lei che non lo ricordava ne era felice, capendo che le era stata data la possibilità di amare qualcuno che non fosse una sola persona al mondo, l'altra, la sua anima che attraversava i secoli, si stava lacerando in due per il dolore.

Lei voleva ricordare. Scalpitava per avere il minimo ricordo sulla Luna per poter capire perché si soffermasse a pensare al profilo di Michael o al suo sorriso.

Non lo avrebbe mai ammesso, ma anche lei desiderava capire.

Capire perché il ricordo di Alessio iniziava a scomparire, nonostante lei si tenesse aggrappata ai preziosi momenti che aveva passato con lui. Li teneva stretti e ogni sera cercava di ricordare almeno una cosa che aveva fatto con lui.

Bussarono alla porta del bagno, con lei ancora in ginocchio davanti alla tazza.

– Posso? – chiese senza ritegno Michael. – Non stai molto bene o sbaglio? La nostra Regina soffre il mal di mare?

La stava prendendo il giro, mentre lei aveva le gambe che tremavano e un feroce mal di testa. Tutto perché si era sforzata di pensare a lui. Il suo sorriso ironico, mentre la soppesava con lo sguardo la fece infuriare.

Ma va' a morì ammazzato! – Imprecare contro di lui in italiano le veniva facile. Michael tirava fuori la parte peggiore di lei solo guardandola, come se il suo potere fosse la capacità di irritarla a morte.

Michael la guardò senza capire, poi si sedette sul pavimento al suo fianco con la testa contro la paratia ricoperta di finto legno e mattonelle da mosaico blu e oro.

Quel colore intenso, contro cui si stagliava Michael le portò a galla un altro ricordo. C'era stato un ragazzo, qualcuno di cui lei non poteva vedere il volto, che si era stagliato contro la Porta di Ishtar a Babilonia. Ricordava con chiarezza le maioliche in lapislazzuli delle porte e le decorazioni con tori alati e leoni, ma non il volto di quel ragazzo, che rimaneva in ombra.

Le sarebbe bastato così poco per arrivare a ricordarlo. Se avesse spinto un altro po', avrebbe potuto capire.

– La Porta di Ishtar – mormorò piano, studiando il volto di Michael come se potesse sparire anche quello da un momento all'altro. – Sento l'eco di una risata. Due risate.

Michael le afferrò i polsi. – E i cavalli – le rispose, seguendo il suo stesso ricordo. – L'esercito in marcia, mentre usciva dalla porta.

Le loro fronti si toccarono, come se ricordi e sensazioni di quel giorno potessero fondersi insieme e per un attimo Michael la strinse con più forza, prima di digrignare in denti e farsi indietro. – Smetti di ricordare – le intimò. – O ti farai del male.

– Non...

Michael le prese il volto tra le mani e le baciò la fronte. Non era mai stato così gentile con lei. Questa dolcezza la sconcertava. – Fidati. – le mormorò. – Non vuoi ricordare il resto.

Verity voleva protestare, ma Michael la aiutò a mettersi in piedi e le riempì un bicchiere d'acqua. – Perché stavi vomitando anche la cena del giorno prima? – domandò senza guardarla.

Verity strinse il bicchiere, studiando Michael che riordinava e puliva tutto con cura, senza scomporsi. Da uno schizzinoso come lui non se lo sarebbe mai aspettato. Era preciso e sul suo viso non trapelava il minimo disgusto.

– Basta! – gli intimò quando lui la costrinse a sedersi davanti lo specchio e le sciolse la coda ai capelli fatta male e prese una spazzola per sistemarglieli. – Posso fare da sola. Non dovresti... non dovresti...

– Che cosa? – domandò lui con un sorriso allo specchio. – Che razza di coda potresti mai farti con le mani che tremano?

Le raccoglieva i capelli con cura e la sorprese con quanta dolcezza riuscisse a dividere i suoi capelli in ciocche ordinate. – Pensavo che non ti piacesse avere a che fare con cose simili.

Michael rise e le baciò la base del collo.

Una scossa le percorse sul collo e lui si tirò indietro, studiando i loro riflessi, sorpreso. – Non c'era bisogno che mi fulminassi. Bastava dire no.

Verity gli fermò le mani, con un senso di frustrazione e desiderio. Avrebbe voluto che lui continuasse, ma non gli piaceva questa sua gentilezza. Sapeva di finzione. – Come quando ti ho detto no a Parigi e tu hai continuato fino a rapirmi? Quel no?

Intravide un'ombra di dispiacere sul volto di Michael, prima che lui le scostasse le mani e ricominciasse. – Quelle erano circostanze particolari. Non avevo capito chi fossi. E per tua informazione, non sono mai stata con una donna che non lo volesse. Sono loro che mi cercano, io non faccio altro che dare quello che mi chiedono. Quello che voglio in cambio, lo decido con il tempo.

Verity arrossì, sentendo una domanda nascerle spontanea sulle labbra. – Ti... vendevi? – Si pentì subito di quello che aveva detto. Non era una cosa da chiedere a una persona, ma Michael le fece un sorriso.

– Sono un ladro. Lavoro su commissione. Cosa faccio, se non vendermi al miglior offerente?

Le sistemò di nuovo i capelli, raccogliendoli in una treccia alla francese e Verity si chiese dove avesse imparato a fare una cosa del genere. Michael aveva fatto di tutto per sembrare il tipo che trattava le donne come giocattoli, ma l'abilità con cui la stava sistemando parlava di tutt'altro. – E per quanto riguarda le donne?

Le mani di Michael si fermarono. Non avrebbe dovuto chiederlo. – Scusa – mormorò.

– Ho fatto anche quello – rispose lui guardandola attraverso lo specchio. – Per sopravvivere nel mio mondo ho fatto molte cose, tra cui andare a letto con donne che potevano darmi in cambio delle determinate cose. Sono andato con alcune di loro perché dovevo raggiungere un certo obiettivo nella loro casa e da altre sono stato mandato per poter raccogliere informazioni. E non mi sono mai pentito di nulla.

Diceva cose del genere con un sorriso, ma Verity si chiese quanto ci fosse di vero nella sua ultima frase e per quale motivo avesse iniziato a fare il ladro e se avesse imparato a fare una treccia come la sua nel letto di un'altra. Non aveva il coraggio di chiederglielo, quindi lo lasciò finire senza dire un'altra parola.

– Vieni – le disse facendole strada verso la camera da letto. – Abbiamo perso anche troppo tempo e dobbiamo decidere cosa fare.

Guardò la sua schiena, avvolta in una camicia di cotone della migliore fattura. Michael era questo. Vestiti costosi, sorrisi disarmanti e charme. Quello che le aveva detto al porto di Chennai aveva dei limiti.

Sapeva che prima o poi se ne sarebbe andato.

Era stato attirato in una trappola, coinvolto nei suoi problemi e aveva rischiato tanto per accontentarla e recuperare quanto ci fosse di più prezioso per lei, ma Verity aveva l'impressione che la schiena di Michael si stesse allontanando una volta per tutte e che non le avesse detto tutta la verità.

Quell'anima dentro di lei che viveva attraverso i secoli si lacerò in due.

Si intimò di ricomporsi e di ricordare cosa le avesse sottratto Michael. Il ragazzo aveva ancora il suo anello di fidanzamento e con esso tutte le promesse che le aveva fatto Alessio. I sogni di una vita diversa, di una famiglia diversa erano tutti rinchiusi in quell'anello.

Doveva ricordarsi questo.

Gettò un ultimo sguardo al letto che aveva rifatto quella mattina, soffermandosi sulle zanzariere che scendevano dall'alto come una cortina e i cuscini sparsi da Nyvie, mentre giocava.

Lei era in mezzo al mare, al sicuro, ma per quanto ancora? Con quella domanda nella mente raggiunse gli altri sulla terrazza del secondo ponte.

Trovò Nyvie a colorare con dei pastelli sul pavimento di linoleum, mentre Christian e Robert discutevano qualcosa davanti a un caffè. Christian ogni tanto annuiva convinto e lanciava occhiate sospettose a Gabriel, che stava fissando i bicchieri disposti in ordine sul bar con l'aria di chi avesse bisogno di bere qualcosa di molto forte nonostante fosse mattina.

Michael studiava una collana con calma, rigirandosi quello che sembrava un grosso diamante tra le dita. – Sciocca, signora – disse fra sé e sé, esaminando le gemme. – Una combinazione tanto semplice per gioielli di questo valore.

Verity si schiarì la gola e lo guardò male. – Non avresti dovuto rubarle una cosa del genere. Oltre agli anelli, rubi anche collane?

Michael le fece un sorriso calcolato, prima di tornare a studiare un paio di orecchini di smeraldi. – Questa nave vale molto di più di questi gioielli messi insieme. So scegliere bene i miei obiettivi e non mi sarei accontentato di qualcosa di meno.

Verity gli strappò gli orecchini dalle mani. – Ciò non toglie che non dovresti frugare tra gli oggetti privati di una persona. Non nella sua vita. Non nella sua cassaforte.

Michael rise, con Verity che aveva la vaga consapevolezza di star attirando l'attenzione degli altri. – Mia cara, – mormorò lui con fredda cortesia – spiegami di grazia che differenza c'è tra te e me oggi. Tu hai dormito in uno dei letti di questa nave, che ho rubato per portarti al sicuro. Avrei accettato la tua paternale ieri, non oggi. Non dopo che ti ho trovata in quel bagno. Non dopo che hai addosso l'odore di un sapone costoso e non dopo aver dormito in lenzuola di satin.

Verity si sentì presa in fallo e lui ne approfittò per tirarla a sé e rubarle un bacio mettendole contemporaneamente al collo la collana di diamanti. – Ma guarda un po'! – le disse contro le labbra. – Ti sta sorprendentemente bene. Hai l'aria elegante e non la solita ragazzina di paese.

Lo schiaffo che gli tirò fece voltare tutti e Verity sapeva che perfino Nyvie aveva smesso di colorare per guardarla con sorpresa.

Michael fece finta di nulla, ignorando il segno rosso che si stava formando sulla sua guancia. – Dicevi sul non baciarti mai più? Hai le labbra morbide, sarebbe uno spreco non farlo.

Verity si fece avanti per colpirlo di nuovo, stavolta con più forza. Gli aveva rotto il naso in passato, poteva tranquillamente farlo di nuovo.

– Bambini, basta – disse piano il Mago formando una barriera tra loro e separandoli con la forza. Si ritrovò seduta sul divano di fronte a Michael, costretta dalla magia del Mago. – Per cortesia, comportiamoci da persone civili. Verity, dissanguare Michael sul divano di pelle potrebbe creare qualche problema. La nave è in prestito e la tintoria ci costerebbe un occhio della testa. Letteralmente. Michael, baciare Verity in quel modo non è molto cavaliere. Hai degli istinti, lo capisco. Contienili. Non sei un animale. Christian, minacciare di rompere tutte le ossa di Michael, nominandole una dopo l'altra, ti regala un trenta in anatomia, ma poca soddisfazione personale. Rimandare a più avanti? E tu, Gabriel... – si soffermò un attimo sull'Eremita, che stava studiando una bottiglia di vino dall'aria costosa, con l'aria assorta. – Tu potresti prestarci un briciolo di attenzione.

Verity contené appena la rabbia, sperando che bastasse il solo pensiero per sventrare Michael. Gabriel appoggiò la bottiglia dove l'aveva presa e andò a sedersi accanto a Robert.

A Verity non sfuggì che per un attimo aveva studiato l'ambiente, soffermandosi su ognuno dei presenti prima di decidere dove sedersi.

Come Gabriel si mise comodo Christian si sedette tra Verity e Nyvie. Gli sarebbe bastato un attimo per muoversi in difesa delle due ragazze e la rabbia sul suo volto lo stravolgeva, dandogli un'aria letale.

Lei non si aspettava tutta quella rabbia da parte dei due ragazzi, soprattutto verso Gabriel, che aveva l'aria abbattuta rimanendo vicino a Robert.

Verity si alzò e si sedette al suo fianco. – Posso? – domandò con un sorriso cordiale. – Dall'altra parte c'è troppa aria.

Michael sbuffò spazientito, cambiando posizione. – Con lui ti avvicini e sei cordiale. E quando ti ho invitata io, mi hai rovesciato un cocktail addosso.

– Tu sei uno stronzo. – Verity lo fulminò con lo sguardo, sopra la testa di Robert e Gabriel.

– Ma non ti ho assassinata. – ringhiò Michael di risposta e puntò gli occhi su Gabriel. – Se la toccherai, se la sfiorerai. Se le respirerai troppo vicino, Mago o no, ti pianto un coltello tra le costole.

Le gambe di Verity scattarono, rispondendo alla rabbia che le provocarono quelle parole. Si avvicinò a Michael con un sorriso letale e gli accarezzò piano la mascella. – Michael, caro. – sussurrò con finta dolcezza. Chiamò la sua spada e gli sfiorò la gola con la lama. – Spara un'altra volta una boiata simile e ti stacco la testa dal collo.

Si avvicinò, premendo il pomo d'Adamo contro la spada, sfidando Verity apertamente. – Mon cher, ti amo quando mi provochi così. – Spostò la lama con due dita senza tagliarsi e sorrise. – Ma mi hanno puntato una pistola in faccia e non ho tremato e loro volevano uccidermi. So riconoscere un bluff e tu non sai mentire. Smetti di essere così rigida o ti verranno le rughe.

Le fece cenno di sedersi accanto a lui, sempre con quel sorriso che la irritava a morte. E accidentalmente, Verity gli fece un taglio poco profondo sulla gola.

Una goccia di sangue macchiò la camicia vicino al colletto. E un lampo di rabbia attraversò lo sguardo di Michael, prima di alzarlo su di lei. – È cotone egiziano, mon trésor. La lavanderia mi chiede una fortuna per lavare questa camicia.

– Allora potresti sporcarti le mani e lavartela tu. Non è difficile.

Erano pericolosamente vicini, Verity lo sapeva. L'unica cosa che li divideva era la spada, mentre si fissavano negli occhi con i loro respiri che si mescolavano.

Sarebbe bastato un nulla perché finissero per lottare, o peggio, strapparsi i vestiti di dosso e baciarsi con forza.

Verity non sapeva quale fosse l'alternativa peggiore.

Si sentì strattonare indietro da una strana forza e si ritrovò seduta sulla poltrona, con Robert che camminava tra loro muovendo le dita.

– Bambini, – disse prendendoli in giro. Verity sapeva che Robert non mostrava molto di più della sua stessa età, ma li trattava come se avessero cinque anni. – vi prego. Posso evitare di dovervi spiegare come nascono i bambini e come fare sesso sicuro? Tra l'altro c'è una minore e immagino che non gli sia stato fatto il discorso delle api e dei fiori.

Christian si schiarò la gola dal divano. – In realtà sì. Gliel'ho fatto quasi un anno fa.

Verity, Gabriel e Robert lo guardavano allibiti, mentre Nyvie annuiva convinta. Michael rise.

– È stato chiaro. – disse la bambina.

– Non voglio sapere! – esclamò Robert. – E non voglio vederlo applicato sulla terrazza da questi due. Parliamo di cose serie. – proseguì il Mago, mettendosi comodo su un pouf tra i divani, forse me tenere separati Michael e Verity. – La nostra destinazione. Dobbiamo decidere dove andare.

Christian si mosse a disagio e guardò Mikelich facendogli un cenno con la testa.

– Con tutto il rispetto, signori. – disse il gigante – Abbiamo abbastanza carburante per raggiungere Kuala Lumpur o Singapore, ma visto chi abbiamo a bordo, propenderei per Colombo in Ski Lanka.

Michael si rabbuiò. – Per chi intendi me? Non ci sono prove che si possano attribuire a me. Solo il messaggio per il destinatario.

Verity ci mise un po' a capire la conversazione tra loro, per poi ricordarsi delle Sail Towers di Singapore e i vetri in frantumi.

– Non possiamo andare lì! – proruppe con più preoccupazione di quanta si aspettasse. Sorprese tutti, perfino se stessa. – Ti staranno ancora cercando. Parlavano di attacco terroristico. È una follia!

Michael si alzò con calma e sfidò la magia del Mago, Verity percepì due forze a confronto, quella della Luna e del Mago. Robert sorrise e gli fece cenno di passare, infrangendo quello strano muro che li teneva separati a tre metri di distanza.

Michael si sedette al suo fianco. Sembrava rilassato, mentre guardava gli altri per poi rivolgersi a lei come se la vedesse per la prima volta. – Sei preoccupata per me.

Non era una domanda. Verity sapeva che quel senso di oppressione che aveva all'addome era preoccupazione profonda per qualcosa che voleva evitare e che l'avrebbe tenuta sveglia fino a notte fonte, spaventata per cosa avrebbe potuto accadere se fossero andati a Singapore.

– Non mi farò prendere. – le disse piano, giocherellando con a treccia e una ciocca sfuggita all'acconciatura all'altezza dell'orecchio. – Non mi farò mai prendere da degli insulsi poliziotti. Invece, dobbiamo pensare all'Imperatore. Colombo è troppo vicina all'India. Lo Ski Lanka è troppo vicina all'India. – Le parlava all'orecchio, ma era convinta che tutti lo stessero ascoltando, mentre Michael tirava fuori una strana rabbia che non conosceva in lui. – Il Golfo del Bengala non è abbastanza tra te e lui. L'Oceano Indiano non è abbastanza per tenerti lontana da lui. Sfideremo Singapore e ti metterò sul primo aereo in partenza per l'Europa. Non mi interessa dove, mi importa che ti stia lontano.

– Farla viaggiare da sola potrebbe essere pericoloso. – insistette Robert. – E ha ragione lei su Singapore. Non è sicura. Sarà blindata con una delle torri distrutta e per te non sarà facile.

Passò qualcosa nello sguardo tra Michael e Robert, come se stessero facendo una comunicazione tutta loro e gli altri ne erano esclusi.

Il ladro si portò una mano alle tasche, serrando la mascella di forza. – Non così difficile come credi tu. Alanna può dire quello che preferisce. Lo scambio per me non esiste.

– Chi ci dice che non sia ancora lì? – domandò Robert, soppesandolo.

Verity era completamente esclusa da quella conversazione a due, così come gli altri che li guardavano perplessi.

Michael strinse i pugni. – Perché a Kolkata è arrivato così vicino da entrare nella sua testa! – ruggì, scattando in piedi. – O non ti sei accorto di questo particolare, Robert? Le hai messo un muro e non ti sei accorto che qualcuno ha cercato di violarlo!

– Quindi lo sai? Alanna te lo ha detto? – Robert si raggomitolò, con la testa appoggiata sulle ginocchia e le punte delle dita che si toccavano tra di loro. Rimase in quella posizione, immobile per diversi minuti a fissare il vuoto.

– Di cosa state parlando? – chiese Verity.

– Del motivo per cui non ricordi niente di noi. – le disse Michael con dolcezza. La rabbia di qualche minuto prima completamente svanita dal suo bel viso. – Hai qualcosa in testa che ti impedisce di ricordare i trascorsi con la Luna.

– Un muro. – spiegò Robert in un sussurro. Si alzò con un movimento fluido e puntò lo sguardo sull'oceano. – Un muro costruito da me, il Custode della Memoria, dal Sole, la Camminatrice del Sentiero alla Luce del Sole e dalla Tessitrice di Illusioni.

– Chi? – domandò Gabriel.

– La Papessa.

Michael si passò una mano sul viso, frustrato. Non era il solito ragazzo freddo e scanzonato che lei aveva conosciuto. Dopo Kolkata c'era qualcosa di irrequieto in lui, una luce febbrile che Verity non riusciva a spiegare.

– Io e la Papessa abbiamo lo stesso tipo di magia, anche se con limiti differenti. Se raggiungessimo Alanna potrei prendere il suo posto. – propose infine.

– Impossibile. – Robert continuava a fissare con insistenza l'oceano, rifiutandosi di guardarli. Guardare lei. – La Papessa ha fatto un lavoro certosino, cercando ogni ricordo e ricostruendolo con cura, legandolo con una fitta rete magica. Non a caso viene chiamata la Tessitrice. Non c'è modo di sbrogliare l'incantesimo, a meno che non lo faccia lei.

Verity si toccò la fronte inconsciamente, quasi si sentisse menomata da qualche parte, ma dall'esterno non traspariva nulla. – Perché mi avete fatto una cosa del genere? Perché a me?

Robert si voltò, guardandola con rammarico e tristezza. – Dovevamo un favore a tua madre. Dovevamo un favore a tutte le Regine di Spade, passate, presenti e future. Lei lo sapeva ed è venuta da noi quando avevi dodici anni. – Verity ebbe il fugace ricordo di aver visto Robert, in passato, ma come provò ad afferrarlo, quello fuggì via, causandole mal di testa.

– Non provare a ricordare. – La ammonì. – Sono il Custode della Memoria e so cosa ti ho tolto e come. Tua madre ci chiese di farlo affinché tu non andassi a cercare la Luna. Ci chiese di toglierti ogni ricordo perché la tua vita non finisse in tragedia.

Verity scosse la testa, rifiutando quel discorso. Sua madre. La stessa madre che per anni l'aveva costretta a una vita miserevole, costringendola a crescere troppo in fretta in modo che potesse prendersi cura di entrambe.

Vedendo la sua sofferenza, Michael le strinse una mano e Robert si avvicinò. Ma come provò ad allungare una mano per consolarla, Michael gli puntò un pugnale nascosto alla gola. – Non toccarla. – ringhiò. – Non osare mai più toccarla.

– Perché? – chiese Verity con le mani tra i capelli, cercando di trattenere il dolore che cresceva man mano che cercava in tutti i modi di ricordare. – Perché dovrebbe aver fatto una cosa del genere.

– Perché tu hai già incontrato l'Imperatore. – disse Robert, triste per lei. – Quando eri una bambina. E ti ha marchiato come sua. Ti ha concesso di vivere, lo ha concesso a tua madre, finché non avresti incontrato la Luna.

Michael impallidì. – Quindi a Parigi...?

Robert annuì. – Qualcuno ha messo in moto gli eventi costringendola a Parigi. Quando vi siete incrociati, l'Imperatore ha iniziato a darvi la caccia.

Il mal di testa di Verity aumentò, minacciando di spaccarle la testa in due, ma ebbe il fugace ricordo di qualcun altro in quella stanza. Un bambino, come lei. Biondo come lei che le teneva la mano.

– Jaime. – disse tra i denti, riconoscendo in quel volto confuso quello del suo fratellastro. – Cosa avete fatto a Jaime?

Prima che potesse rispondere, Robert le sfiorò la fronte con le dita. – Non ricordare questo. Jaime sta bene. È a casa di vostro padre. Dormi, Verity Jensen. Il tuo fratellastro è al sicuro.

L'ultima cosa che lei sentì fu Michael che si scagliava contro il Mago e lei che prendeva sonno sul divano. Il ricordo di suo fratello che le teneva la mano scomparve, sostituito da quello in cui lui le intimava di non farsi più vedere o sentire perché la odiava.

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