The girl who cried wolf | Tee...

Av unannosenzapioggia

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Derek Hale x Original Female Character | «Dove hai preso quella collana?» chiese, guardandola dritta negli o... Mer

Wide awake or dreaming
Middle of nowhere
All falls down
Big bad wolf
Monster
Wolves without teeth
Bite my tongue
Triskele
Remember we die
Poison the well
Lead me out of the dark
Broken bones
War of hearts
Rusalki
We must be killers
The girl who cried wolf
Black out days
Can you feel my heart
Find my way back

Human

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Av unannosenzapioggia

a/n: prima di lasciarvi al capitolo, ci tengo a fare qualche precisazione:
1) Questo capitolo è, probabilmente, la cosa più dolce e schifosamente diabetica che io abbia mai scritto in vita mia; ho cercato di contenere il grado di dolcezza e cliché, ma non ci sono riuscita molto bene;
2) All'interno della storia, è un capitolo di passaggio, anche se è importante sotto certi aspetti, perchè - come vedrete - sarà fondamentale per la consolidazione finale del rapporto tra due personaggi;
3) Se volete capire a pieno il capitolo, vi consiglio di leggerlo e nel mentre di ascoltare la cover fatta da Boyce Avenue di "Demons" degli Imagine Dragons (soprattutto nella parte finale).

E' tutto, ci vediamo alla fine del capitolo e buona lettura!

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CAPITOLO QUINDICI: HUMAN

«Prova di nuovo»
La ragazza sbuffò, passandosi una mano sulla fronte per asciugarsi il sudore. Le pareti del loft di Derek la intrappolavano in quel piccolo spazio ed il ragazzo le stava di fronte, con zanne e artigli in bella vista e gli occhi azzurri, come il cielo d'estate, che brillavano ed illuminavano la stanza.
Assunse la posizione corretta che Derek le aveva insegnato e su cui la stava allenando ormai da ben due settimane; mise i pugni, chiusi dentro ad un paio di guantoni, di fronte al viso e si preparò a colpire. Il ragazzo aspettò invano di ricevere un pugno.
«E poi» s'interruppe di nuovo lei «Dove hai trovato questi guantoni?»
Derek sbuffò, infastidito, lasciando cadere le braccia lungo il corpo, con fare stanco. Avevano mangiato una pizza velocemente e poi avevano ripreso l'allenamento. Adesso era quasi notte fonda, a stento riuscivano a rimanere svegli, eppure erano ancora fermi l'uno di fronte all'altra, pronti a scattare.
«Sono di Isaac» rispose «Prima di diventare un licantropo, faceva un po' di kick-boxing, ogni tanto. Adesso riprova, forza»
Emma si posizionò esattamente come aveva fatto prima e si preparò a cadere a terra per l'ennesima volta. Erano stati rari i casi in cui era riuscita a mettere Derek al tappetto, anche perché era praticamente impossibile stendere uno come lui.
Entrambi fecero qualche passo avanti, l'uno verso l'altra: nonostante la stanchezza, Emma cercò di rimanere il più possibile vigile, cercando di capire quale fosse il momento migliore per colpirlo. Come al solito, il fatto che artigli e zanne fossero onnipresenti non l'aiutava per niente. Sapeva che Derek non si sarebbe mai spinto oltre, non le avrebbe mai fatto del male, ma ogni tanto le capitava di immaginarsi con uno di quegli artigli infilzati nel petto e non poteva far altro che sentirsi estremamente a disagio ed impaurita.
Continuarono ad avvicinarsi finchè non ci fu soltanto un metro di distanza tra di loro: Derek fece brillare gli occhi, pronto ad attaccarla e quello fu il momento in cui Emma riuscì a difendersi, sganciando un pungo e subito dopo un calcio.
Quelle mosse non spostarono Derek di un centimetro, così la ragazza lo attaccò di nuovo, senza dargli tregua, fino a costringerlo ad indietreggiare. Fu a quel punto, che – mentre stava per sferrare l'ennesimo calcio – afferrò con forza la sua gamba, facendole perdere l'equilibrio. Emma cadde a terra, rimanendo sdraiata per qualche secondo in più.
«Basta, ti prego, sono stanca» si lamentò, con un tono di voce che a Derek sembrò la cosa più tenera del mondo. Sorrise a quel pensiero, ma cercò di non darlo a vedere «E poi, non serve a niente: perché non posso semplicemente imparare a controllare il mio potere?»
Le porse una mano, aiutandola ad alzarsi.
«Il tuo potere non funziona se non c'è acqua» le ricordò, addolcendo il tono di voce, come se stesse spiegando qualcosa di estremamente difficile ad una bambina. Le prese lentamente le mani tra le sue e le sfilò i guantoni, gettandoli malamente sul divano.
Emma sbuffò, facendo ricadere lo sguardo sul fisico tonico ed asciutto di Derek. Il fatto che si allenasse sempre indossando solo un paio di pantaloncini di tela non le rendeva l'impresa più semplice. Forse lo faceva proprio per quel motivo, o forse, perché voleva essere spudoratamente guardato da qualcuno – lei – e sentire come il suo cuore battesse furiosamente nel petto. Odiava essere così prevedibile e scontata; odiava sentirsi come un libro aperto quando si trovava con lui. Era come se non potesse nascondergli nulla, nemmeno un  pensiero, un sentimento, una reazione fisica a qualcosa. Però, la cosa che odiava di più era che lui fosse un scrigno chiuso a chiave, al quale nessuno – lei compresa – aveva accesso pieno. Aveva cercato di dimenticare il fatto che non avesse risposto al suo "ti amo", anche se lo aveva trovato comprensibile. Durante i primi giorni, in cui Derek aveva fatto esplicitamente finta che niente fosse accaduto, aveva pensato di essere stata una stupida a sganciare una bomba del genere; in un secondo momento, aveva ripensato alle sue parole ed era arrivata alla conclusione che forse il ragazzo non fosse ancora pronto a fare un passo del genere e lei, certamente, non voleva mettergli fretta.
«Se ti trovassi senza acqua, da sola e circondata da un branco di lupi, cosa faresti?» riprese, riportandola alla realtà.
«Scapperei, forse...?»
Lui trattenne un sorriso e le si avvicinò, chiudendo il viso della ragazza tra le sue mani «Emma, non ti sto insegnando a proteggerti» inspirò, cercando di trovare le parole giuste «Sto cercando di insegnarti a combattere e voglio esser certo che tu lo sappia fare, anche nel caso in cui io non sia presente» 
Emma annuì lentamente «Però non sta funzionando... Ed in più non riesco a controllare il mio potere e finisco sempre per bruciare qualcosa»
Derek si abbassò lentamente verso di lei, ascoltando quanto martellasse il suo cuore e crogiolandosi nel fatto che fosse tutto merito suo, e appoggiò le sue labbra su quelle della ragazza. Non ci volle molto prima che entrambi decidessero di intensificare il bacio: Emma ancorò le braccia al suo collo e le mani di Derek le attraversarono letteralmente tutto il corpo prima di arrivare alle sue gambe. Strinse di scatto la presa sulle sue cosce e la tirò su di peso, in modo che le agganciasse al suo bacino. Senza interrompere il loro contatto, mentre si alternavano baci più intensi, più leggeri, sorrisi, respiri caldi l'uno contro la pelle dell'altra, finirono malamente sul divano, scoppiando a ridere ed interrompendo il tutto.
Per un po' ci fu silenzio: i loro occhi che si scrutavano come se fosse la prima volta erano l'unica cosa che parlasse davvero. Derek sarebbe rimasto a guardare quegli occhi azzurri come il mare per tutta la vita e avrebbe voluto dirle talmente tante cose da costringerla a zittirlo, ma come al suo solito, non ci riusciva. Quel "ti amo" pieno di paure che le aveva rivelato Emma ancora si aggirava nella sua mente, come un'anima in pena. Si era sentito così felice, cambiato, migliore in quel momento. Si era sentito accettato e amato per la prima volta in vita sua, eppure non era riuscito a rispondere a sua volta. L'amava, di questo ne era certo. Se c'era qualcosa su cui non aveva alcun dubbio erano proprio i suoi sentimenti per Emma, però non riusciva a trasformare quelle emozioni in parole. Si giustificava, pensando di non essere ancora pronto per un passo del genere, ma la verità era che nemmeno lui capiva il suo stesso comportamento.
«A cosa stai pensando?» la voce della ragazza lo fece ripiombare nella realtà. La guardò sorridendo, mentre era malamente sdraiata sopra di lui e non sembrava essere nemmeno un po' in imbarazzo. Gli piaceva sempre sentire l'odore di eccitazione che aleggiava intorno a lei quando la beccava a fissare il suo corpo mezzo nudo, però gli piaceva. C'erano momenti in cui sapeva che Emma avrebbe preferito scomparire piuttosto che ammettere di aver dato una sbirciatina al suo fisico più del dovuto, ed altri – come in quel caso – in cui la loro intimità superava il limite possibile e non c'era niente di cui vergognarsi.
«Niente di importante» rispose, allungando una mano verso di lei, per metterle una ciocca, uscita malamente dalla coda, dietro all'orecchio.
«Non mi stai mentendo, vero?» sussurrò «Se ci fosse qualcosa che non va, me lo diresti, no?»
«Va tutto alla perfezione, tranquilla» rispose, confortandola «Finiamo l'allenamento e poi a dormire»
Emma sbuffò di nuovo, rimanendo seduta sul divano. Il ragazzo, invece, si alzò, s'incamminò verso la sua piccola cucina e dopo qualche minuto, tornò con una bacinella piena d'acqua.
L'appoggiò a terra e, come ormai facevano ogni volta, si sedettero entrambi l'uno di fronte all'altro. A dividerli, c'era solo un po' d'acqua.
«Cosa devo bruciare questa volta?» chiese sarcastica.
«Me» rispose Derek serio.
Emma aggrottò di scatto le sopracciglia, sorpresa. Aveva sicuramente sentito male: non poteva averle veramente chiesto di essere la sua cavia. Non lo avrebbe fatto nemmeno sotto tortura, perché la sola idea di fargli del male le faceva venire la nausea.
«Non ci pensare nemmeno» rispose duramente.
«Invece, sì» scattò lui.
«Perché non posso bruciare... Non so, una maglietta, una forchetta, i miei libri di scuola?»
«Perché i lupi mannari non sono forchette, sono persone» rispose, sarcasticamente, accennando un sorrisino divertito, in modo da irritarla ancora di più.
«E se ti faccio male?» domandò Emma, abbassando lo sguardo e fissando l'acqua. Era cosi strana quell'attrazione e la spaventava a morte. Molte volte, quando era a casa con i suoi genitori, e si avvicinava all'acqua per puro caso, la colpiva una paura lancinante e dolorosa di poter far loro del male «...O peggio, se ti...? Deaton ha detto che-»
«Non mi ucciderai» la interruppe lui.
«Come fai ad esserne così sicuro?»
Derek sospirò e, se pensava di non poter rispondere a quella domanda, allora aveva commesso un gravissimo errore. La risposta si presentò nella sua mente con una facilità, semplicità e naturalezza disarmanti, come se l'avesse saputa per tutta la vita e quello fosse solo il momento migliore per lasciarla uscire definitivamente. Avrebbe solo voluto che Emma, in quel momento, avesse potuto sentire il suo cuore, pregno di verità, battergli forte nel petto.
«Perché mi fido di te» disse infine, con tono fermo e sicuro «Non mi succederà niente, promesso»
Credeva alle sue parole, ci credeva con tutto il cuore e per un momento, si sentì sollevata. Ciò a cui, però non credeva – e di cui nemmeno si fidava – era il suo potere. Nei giorni precedenti, c'erano stati momenti in cui era riuscita a controllarlo, ma era più semplice visto che si trattava di avere a che fare con un oggetto senza storia e significato. Ora, invece, stava mettendo in pericolo la vita della persona a cui tenesse di più. Proprio come aveva detto Deaton.
Nonostante questo groviglio di pensieri, non rispose. Era stanca e voleva finire quell'allenamento il prima possibile, così cercò di concentrarsi al massimo.
Chiuse gli occhi e – come le aveva insegnato Derek – cercò di pensare al motivo principale della rabbia sepolta dentro di sé. Velocemente le immagini di Deaton, del branco, i pochi ricordi dei suoi veri genitori e la vecchia casa abbandonata della famiglia Hale si fecero spazio nella sua mente, invadendola completamente. Cominciò a tremare dalla rabbia e sentì il solito calore salire dal petto, lungo la gola, fino ad arrivare al suo cervello. Quello era il momento peggiore, perché non riusciva a pensare razionalmente, tutto ciò che occupava la sua mente ed i suoi pensieri erano una rabbia ed una voglia di vendetta accecanti. Aprì di scatto gli occhi, guardando Derek di fronte a sé: l'acqua lo aveva già circondato e stava stringendo sempre di più la sua presa su di lui.
Voleva fermarsi, voleva che quel liquido fluttuante tornasse ad essere qualcosa di completamente innocuo. Le sue mani si muovevano lentamente, senza che potesse controllarle in qualche modo. Era come se dirigessero il flusso d'acqua indicando chiaramente come e quanto soffocare la vittima.
Derek stava dando i primi segni di dolore lancinante: lo vedeva dall'espressione del viso, dagli occhi blu che brillavano e chiedevano pietà e dalle zanne conficcate nei palmi delle mani, nel tentativo inutile di reprimere il dolore. L'acqua bruciava troppo anche per uno come lui e ben presto nuvole di vapore bianco cominciarono ad alzarsi verso il soffitto.
Cercò con tutte le sue forze di spegnere quel fuoco che aveva dentro di sé, ma non era così semplice. Non poteva semplicemente accenderlo e spegnerlo, era molto più di quello. Tentò in tutti i modi di reprimere quel senso di rabbia, ma non ci riusciva e le condizioni di Derek stavano peggiorando. Non poteva lasciarlo morire.
«Non ce la faccio» ammise alla fine, distogliendo lo sguardo da quell'orrendo spettacolo che si presentava ai suoi occhi. Ritornò a fissare l'acqua e attese la fine.
«Emma, guardami» la voce debole di Derek le arrivò chiara e nitida «Puoi farcela»
«No, non posso» rispose, mentre qualche lacrima faceva capolino e scendeva velocemente lungo le sue guance.
«Sì, invece, guardami» ripetè il ragazzo, mentre la sua voce si affievoliva sempre di più «Guardami»
Emma alzò gli occhi su di lui e si concentrò solo su quelli. Le aveva detto molte volte che, per riprendere il completo possesso della propria mente e del proprio corpo, l'unica cosa da fare fosse trovare un appiglio. Non importava quanto fosse grande o importante, la cosa fondamentale era trovarne uno e usarlo per recuperare il controllo.
Gli occhi del ragazzo stavano perdendo la loro vivacità, ma erano l'unica cosa che la tenesse ancorata al presente e alla realtà. I suoi occhi erano la parte che preferiva, erano ciò che la facevano sentire al sicuro, a casa, che c'erano sempre per lei e che contenevano ogni risposta alle sue domande. Erano l'unica porta d'entrata che Emma aveva per la mente ed il cuore di Derek ed, infine, erano l'unico sostegno che aveva a disposizione.
Si ripetè di concentrarsi su quei due zaffiri e di non pensare ad altro. Dopo qualche secondo, la sua mente cominciò a riempirsi di cose riguardanti la sua vita, ma soprattutto di Derek. La rabbia che l'aveva accompagnata fino a quel momento stava lentamente scemando, lasciando spazio alla razionalità totale. Chiuse gli occhi, cercando di far tacere definitivamente quel fuoco e quando li riaprì il ragazzo la stava guardando, mezzo distrutto e sdraiato a terra in una pozza d'acqua.
«Mi dispiace tanto, scusami davvero, io non volevo, non-» Emma cominciò a parlare a macchinetta, mentre si alzava, scavalcava la bacinella ormai vuota e si sedeva di nuovo vicino a Derek. Adesso, erano entrambi bagnati, vista l'acqua che si allargava sotto i loro abiti, sul pavimento, ma a nessuno dei due importava.
«Ce l'hai fatta» sorrise lui, con gli occhi stanchi.
«Ti ho quasi ucciso, dio!, se solo-»
«Ehi» la richiamò lui, costringendola a scontrarsi di nuovo con i suoi occhi verdi smeraldo «Sei riuscita a controllarti ed è questo che conta»
«Ma ti ho fatto male»
«Sto bene» la consolò lui «Guarisco in fretta»
Emma provò a credergli, ma il dolore glielo leggeva negli occhi. Sapeva che sarebbe guarito nel giro di qualche minuto, ma temeva che avrebbe avuto paura di lei. Si accorse dei suoi movimenti solo quando il ragazzo le allungò una mano per aiutarla ad alzarsi.
«Che c'è?» le chiese alla fine, quando furono di nuovo faccia a faccia.
Sospirò «Non hai paura di me, vero?»
«No, non mi fai paura» esclamò, rendendo il suo tono di voce quasi cavernoso e allo stesso tempo ridicolo, facendola scoppiare a ridere «Andiamo a farci una doccia e poi giuro che non lascerò il letto per due giorni»

Quando la luce del sole oltrepassò i vetri ingialliti della finestra e colpì direttamente il suo viso, fu costretto ad aprire lentamente i suoi occhi. Si mosse leggermente in modo da non essere più esposto ai suoi raggi e si passò una mano sul viso, cercando di svegliarsi definitivamente. Si sentiva ancora stanco: aveva i muscoli doloranti e gli occhi che non volevano rimanere aperti per nessuno motivo. Allungò una mano verso il comodino, toccando vari oggetti senza nemmeno guardarli. Quando fu sicuro di aver afferrato la sveglia, si voltò in quella direzione per vedere che ora fosse. L'orologio segnava quasi le undici, ma non gli importò più di tanto, visto che era domenica mattina.
Infine si mise seduto sul materasso e si stiracchiò per bene, prima di voltarsi verso Emma.
Stava ancora beatamente dormendo ed in alcuni momenti avrebbe voluto essere un dormiglione come lei: l'unica cosa positiva che riguardava il sonno di entrambi era che nessuno dei due avesse più incubi. In realtà, ogni tanto, capitava che Emma sognasse di venir rapita di nuovo, ma i casi erano rari.
Si sdraiò di nuovo senza distogliere lo sguardo dalla sua figura: dormiva in una posizione strana e questo lo faceva sempre sorridere. Era in pancia in giù, con una gamba stesa ed una piegata, e le braccia che circondavano e stringevano il cuscino. La maglietta che indossava le aveva lasciato scoperta la parte inferiore della schiena e Derek fu costretto a trattenersi per non toccarla e sentire quella scintilla, che tanto amava, comparire ogni qual volta venisse in contatto con il suo corpo.
Non ricordava l'ultima volta in cui si era abituato a dormire con qualcuno. Aveva sempre vissuto da solo, notte e giorno, e pensava che sarebbe stato complicato dover condividere il letto con qualcun altro. Invece, con Emma, era avvenuto tutto in modo naturale: era entrata così lentamente e silenziosamente nella sua vita che lui nemmeno se ne era accorto, eppure adesso non riusciva più a farne a meno. La voleva sempre al loft, perché gli piaceva vederla girare per casa come se non fosse una semplice ospite, ma come se quella fosse casa loro; gli piaceva averla intorno quando era triste, oppure quando era felice; gli piaceva addormentarsi con lei e sentire la sua presenza vicino, e poi svegliarsi e trovarla addormentata in quella strana posizione. Era bello aprire gli occhi al mattino e trovarla lì, sapere che non se ne fosse andata e che, forse, non lo avrebbe mai fatto.
Ma, probabilmente, la cosa che in quel momento amava di più era il ricordo di quello che era successo la sera precedente. Emma lo aveva quasi ucciso e questa cosa lo divertiva, ma era davvero contento che avesse trovato la sua ancora. Non era facile trovarne una così presto e per un po', durante la notte, era rimasto sveglio a chiedersi come mai fosse lui. L'aveva capito che la ragazza si era aggrappata all'unica cosa che la tenesse davvero con i piedi per terra, ma non riusciva a credere che fossero stati i suoi occhi.
Per lui era stato tutto più semplice e quasi ovvio: la sua ancora era Emma, perché era l'unica che vedesse il meglio di lui, che fosse riuscita ad amarlo per quello che era davvero, ma lui come faceva ad essere la sua? Lui che non aveva quasi niente da dare ad una persona che non aveva bisogno di cambiare, di migliorare; ad una persona che non aveva mai odiato o ucciso in vita sua.
Molte domande gli affollavano la mente, ma non voleva pensarci.
Ripiombò nella realtà quando Emma si mosse sotto le coperte e aprì lentamente gli occhi, sorridendogli in modo pigro, con il viso contro il cuscino.
«Ehi» sussurrò semplicemente.
Derek si sdraiò di nuovo vicino a lei e le si avvicinò, premendole le labbra sulla fronte «Buongiorno, dormito bene?»
Emma gli sorrise di nuovo e si crogiolò nel calore che emanava il suo corpo «Sì, tu?»
«Benissimo» rispose, senza distogliere lo sguardo da quello della ragazza.
Emma ne approfittò per prendere coraggio ed avvicinarsi ancora di più, fino a far combaciare perfettamente le loro labbra. Il ragazzo appoggiò una mano sulla sua gamba e la tirò contro di sé, intensificando il bacio. Nel giro di pochi secondi, si ritrovarono l'uno sopra all'altro, con i loro corpi che si sfioravano e tremavano di eccitazione. Le labbra di Derek lasciarono la bocca della ragazza, per spostarsi lungo la mascella, fino al collo, lasciando una scia di baci caldi e morbidi che fecero rabbrividire Emma. Il ragazzo continuò così per un po', quasi ipnotizzato dalla fusione dei loro battiti cardiaci notevolmente accelerati. Continuò la sua lenta e dolce tortura, fino ad arrivare alle clavicole sporgenti della ragazza, lasciate scoperte dal colletto ormai troppo slargato della maglietta che le aveva prestato e che lei stava indossando in quel momento. Quando si fermò, alzò lo sguardo, incrociando gli occhi di Emma e tutto ciò che riuscì a vedere furono le sue labbra arrossate, gli occhi che brillavano e quell'espressione diversa, più luminosa che aleggiava sul suo volto. Probabilmente, era la stessa espressione che aveva lui, ma cercò di non pensarsi in quel preciso frangente. Ciò che lo riportò alla realtà furono di nuovo le labbra di Emma che si univano alle sue in un bacio veloce e che, poi, scendevano verso il basso e si soffermavano sul suo collo. La ragazza amava quella sua parte del corpo, perché sapeva quanto fosse sensibile e quanto gli desse fastidio che qualcuno la usasse contro di lui. Lo spinse lentamente verso il materasso, fino a che non si trovò malamente distesa sul suo corpo. Scoprì i denti, mordicchiandogli la pelle, proprio vicino al pomo d'Adamo e sorrise diabolica e soddisfatta, quando lo sentì gemere di piacere. Non ebbe il tempo di continuare, che Derek scattò, sedendosi sul letto e tirandola verso di sé, facendola finire seduta sulle sue ginocchia.
«Sei una stronza, lo sai che-»
«Che ti piace tanto quando faccio così» lo interruppe la ragazza, sorridendogli dolcemente come una bambina. E Derek poteva resistere a tutto, ma non ad Emma.
La baciò di nuovo, stringendo lievemente la presa sui suoi fianchi, sorridendo contro le sue labbra ogni qual volta Emma si lasciasse scappare qualche gemito di troppo. Però adorava quel rumore così pregno di eccitazione e piacere e avrebbe potuto ascoltarlo per tutta la vita.
Quando la ragazza interruppe il bacio, si lamentò silenziosamente e mise il broncio come un bambino insoddisfatto facendole alzare gli occhi al cielo.
Senza nemmeno rendersene conto, guardò ipnotizzato Emma sfilarsi la maglietta e gettarla a terra, in un punto indefinito. Non ebbe tempo di replicare, che la sua bocca era di nuovo contro quella della ragazza. I loro corpi, adesso a stretto contatto, erano pelle contro pelle, erano caldi, si incastravano alla perfezione, come se fossero stati creati l'uno per l'altra. Derek strinse la presa sui suoi fianchi, per rimanere ancorato alla realtà ed impedirsi di spingersi troppo oltre e perdere il controllo. Voleva disperatamente Emma; la voleva sin dalla prima volta che l'aveva vista ed era quasi doloroso dover essere sottoposto a quella tortura senza fare un passo avanti. Era completamente drogato di quei baci così intensi e pregni d'amore, eppure sapeva che ci fosse ancora qualcosa in lui che gli impedisse di andare avanti.
La sua schiena toccò di nuovo il materasso, mentre sentiva le piccole mani di Emma appoggiate sul suo petto. Quando la guardò dal basso e notò le sue guance arrossate ed il suo sguardo imbarazzato capì quali fossero le sue vere intenzioni.
Colto di sorpresa ed impreparato, con un unico movimento, si mise di nuovo seduto, interrompendo ogni contatto avessero avuto fino a quel momento.
«Che c'è?» chiese Emma, confusa.
«Che stai facendo?» rispose lui, con un'altra domanda.
Le guance della ragazza si tinsero ancora di più di rosso, però cercò di prendere coraggio e rispondere a quella domanda così difficile. Alla fine riguardava entrambi, alla fine era solo Derek quello che aveva di fronte, quindi perché avrebbe dovuto avere paura?
Inspirò, per poi lasciare che l'aria uscisse lentamente dai suoi polmoni «Voglio fare l'amore con te...O, almeno credo- No, lo voglio davvero-»
«E' meglio di no» tagliò corto Derek.
Emma aggrottò le sopracciglia e si sentì tremendamente stupida. Come poteva prendere una cosa del genere dalla stessa persona che non aveva nemmeno risposto al suo "ti amo"? Come poteva essere così innamorata di una persona che non esprimeva mai i suoi sentimenti e della quale non sapeva mai cosa le passasse costantemente per la testa? Come aveva potuto agire in modo così impulsivo e sconsiderato? Per un attimo, tutte le certezze che aveva riposto in loro due si disintegrarono sullo stesso pavimento di legno di quella stanza. Emma poteva sentirle benissimo toccare il suolo e rompersi in mille pezzi.
Rimase in silenzio per un po', cercando qualcosa da dire, mentre gli occhi di Derek vagavano per la stanza, senza incontrare i suoi «Perché?»
«Perché sì, adesso non è il momento più adatto»
Emma scosse lentamente la testa, cercando di capire il perché di quel cambiamento repentino di Derek e soprattutto del perché le stesse spudoratamente mentendo. Non poteva sentire il suo cuore, ma aveva imparato dalle sue espressioni del viso e dai suoi atteggiamenti a capire quando non stesse dicendo la verità. E quello, purtroppo, era uno di quei momenti.
Si mosse dalla postazione in cui era rimasta immobile per tutto quel tempo e scese una volta per tutte dal letto «Sono stata una stupida» mormorò più a se stessa, per rimproverarsi, che a lui.
«Non è colpa tua, è solo che-» tentò il ragazzo, ma fu costretto a fermarsi quando si accorse che Emma non lo stava affatto ascoltando. Si mosse di conseguenza, arrivandole da dietro, mentre la ragazza cercava di infilarsi i jeans, ma non appena sentì le sue mani grandi sulla propria pelle, si ritirò come scottata.
Derek si allontanò di scatto, colto di sorpresa da quella reazione e si rese conto di aver combinato un casino. Per l'ennesima volta. Perché non riusciva mai a dire di sì? A trovare un modo per farla felice, per farla sorridere? O, semplicemente, per far sì che le cose potessero funzionare?
«Emma...» sussurrò, cercando di fermarla. La ragazza, adesso, era completamente vestita. Non doveva far altro che scendere al piano di sotto, recuperare la propria borsa e tornare a casa.
«Ho capito» disse lei, con tono freddo e distaccato «Non importa che tu lo ripeta all'infinito; devo andare adesso»
La guardò infilarsi le scarpe e poi correre giù per le scale. Ascoltò il suo cuore battere, la rabbia, la frustrazione e la delusione farsi spazio dentro di lei ed infine, dopo aver sentito il portone del loft sbattere con una forza quasi disumana, non potè far altro che ricadere a peso morto sul letto e nascondere la testa sotto il cuscino. Perché non riusciva mai ad essere felice?

Erano passati due giorni dall'ultima volta che aveva visto Derek e ciò che le era rimasto era un misto di rabbia e delusione. Era stanca di dover soffrire e sentirsi costantemente in colpa per ciò che faceva, persino quando era evidente che la colpa non fosse sua, quindi aveva trasformato tutta quella tristezza in rabbia.
Cercò di non pensare alla sua emotività instabile, concentrandosi sui libri che teneva tra le mani e che avrebbe dovuto riporre nell'armadietto. Quella giornata era stata interminabile: ore e ore passate sui libri, ma con la testa completamente da un'altra parte. Non era stato per niente semplice.
Si fermò di fronte al proprio e lo aprì di scatto, gettandovi malamente tutti i suoi libri. Di solito, era una persona meticolosa ed ordinata, che non avrebbe nemmeno lasciato una penna fuori posto, ma in quel momento non le importava e quella stupida scuola le sembrava del tutto irrilevante. Con aria frustrata, sistemò i quaderni meglio che potè ed infine, con uno scatto veloce e tagliente, chiuse lo sportellino di metallo e recuperò lo zaino, che aveva appoggiato a terra.
«Giornataccia?» la voce di Isaac risuonò nel corridoio ormai del tutto vuoto.
La sua presenza la fece sentire a disagio per qualche secondo: da quando lo aveva quasi ucciso, non avevano avuto molte occasioni per parlarsi, o meglio, lei aveva sempre cercato di ignorarlo per paura che non volesse rivolgerle la parola.
«No, sto bene» rispose, ancora ferma di fronte al suo armadietto, senza guardarlo.
«Stai mentendo» rispose lui, accennando un sorriso.
«Non mi importa!» sbottò Emma «Non sono obbligata a dirvi sempre la verità e voi non siete obbligati ad ascoltare costantemente e in modo quasi ossessivo-compulsivo il mio cuore!»
Il ragazzo rimase per un attimo sorpreso e sul suo viso, si fece spazio un'espressione confusa. Alzò un sopracciglio, ma rimase in silenzio, mentre Emma si rendeva lentamente conto di essersela presa con lui, per un motivo così stupido.
«Scusami» disse infine, mentre sentiva i suoi occhi inumidirsi «Non volevo prendermela con te e-»
«Non preoccuparti, tranquilla» la interruppe lui.
«E mi dispiace averti quasi ucciso» continuò, ignorando le sue parole, mentre qualche lacrima lasciava i suoi occhi e la sua voce si incrinava sempre di più «Non so più cosa sto facendo, non so più cosa fare per mettere fine a questa situazione e mi dispiace averti messo in pericolo, dimmi come-»
Il suo flusso di parole fu interrotto dalle braccia di Isaac che l'afferrarono e la strinsero al petto. Si aggrappò a lui con tutta la forza che aveva in corpo, perché le sembrava di essere sull'orlo di un precipizio ed una sola folata di vento avrebbe potuto farla cadere.
«Shh» cercò di consolarla lui, massaggiandole la schiena «Va tutto bene, Emma»
Lei scosse la testa contro il suo petto e Isaac si allontanò di quel poco che bastava per guardarla negli occhi. Era una delle sue migliori amiche e gli faceva male vederla così «Non sono arrabbiato con te, quella... Cosa non eri tu e l'importante è che non sia successo nulla di grave» le sussurrò, asciugandole le lacrime «Ormai è passato, non pensiamoci più, va bene?»
La ragazza accennò un sorriso e si pulì il viso da quel pochissimo trucco che probabilmente era colato sulle guance e la faceva assomigliare ad uno zombie «Amici come prima, allora?»
«Più di prima» rispose Isaac, sorridendo. Poi, però, si fece di nuovo serio «Sei sicura che non ci sia altro?»
Annuì, cercando di essere il più convincente possibile. Il beta, ovviamente, non le credette, ma non disse niente, per evitare che si arrabbiasse di nuovo. Probabilmente, aveva solo bisogno di stare un po' da sola e pensare. Così, le promise che l'avrebbe chiamata quella sera e scappò, ormai troppo in ritardo per gli allenamenti di Derek.

«Perché non sei venuto a prendere Emma a scuola oggi?» fu la prima cosa che disse Malia, una volta entrata nel loft.
«Aveva da fare» rispose Derek, indifferente, senza nemmeno guardarla «Iniziate subito ad allenarvi che siete in ritardo, vi aspettavo più di mezz'ora fa»
Nessuno osò proferire parola e cominciarono il solito allenamento, mentre Derek di tanto in tanto dava loro un'occhiata, per poi tornare a guardare Stiles e Lydia studiare, e decidere o meno se parlarne con loro, se chiedere consiglio, oppure – come al suo solito – fare di testa propria.
Alla fine, dopo aver corretto un paio di volte Isaac e Scott, decise di mettere da parte il suo orgoglio e chiedere aiuto, perché non ci stava capendo più niente e doveva smetterla di rischiare sempre di perdere Emma. Era stanco di quella situazione e del brutto carattere che aveva, quindi l'unica cosa che potesse fare per cambiare e rimediare era quella di chiedere aiuto a qualcuno di esterno.
Scosse la testa e si staccò dal tavolo, cercando di reprimere quell'imbarazzo che lo caratterizzava ogni volta che si sentiva costretto a chiedere aiuto a qualcuno, e si avviò verso il divano, in un angolo della stanza, su cui erano seduti i due ragazzi. Per un momento, valutò la possibilità di parlare ad entrambi, ma poi decise di rivolgersi solo a Stiles. Forse tra maschi, tutto quel discorso e tutti quei dubbi sarebbero apparsi meno imbarazzanti.
«Posso parlarti un attimo?» chiese, guardandolo.
Stiles annuì, lievemente sorpreso, e si alzò per seguirlo. Quando furono entrambi in cucina e lontani da orecchie indiscrete, Derek si chiuse la porta alle spalle e guardò l'amico, senza però dire niente.
«Che succede?» indagò Stiles.
«Ho fatto un casino»
«Come se non ne facessi un milione al giorno» replicò il ragazzo, con tono divertito e sarcastico, che però si preoccupò di nascondere non appena incontrò gli occhi furiosi di Derek.
«Ho fatto un casino» ripetè «Con Emma»
«Ed io cosa dovrei fare?»
«Devi aiutarmi» rispose il ragazzo, con tono ovvio. Stiles rimase in silenzio, ma lo spronò comunque a parlare. Era difficile trovare le parole che potessero esprimere al meglio quello che Derek sentiva in quel momento, ma se non si fosse sfogato con qualcuno, non sarebbe sopravvissuto a quel macigno che sentiva all'altezza del petto «Mi ha detto che vuole fare l'amore con me»
«Oh...» commentò Stiles, sorpreso. Non si sarebbe mai aspettato che uno come Derek si sarebbe rivolto a lui per un consiglio in fatto di ragazze. Non che lui fosse il più esperto, ovviamente, ed in tutta la sua vita aveva aiutato solo Scott, ma da una parte gli faceva piacere. Significava aver superato quella fase della loro amicizia fatta solo di battutine scadenti, sarcastiche ed idiote, fatta di odio, di poca pazienza e sopportazione. Adesso erano al livello successivo: la fiducia.
«Ecco, lo sapevo» esclamò spazientito Derek, di fronte al silenzio dell'amico «Non avrei dovuto dirti nulla, hai solo 17 anni, come puoi capire una cosa del genere?»
Scosse la testa, dandosi dello stupido e si voltò di scatto, deciso a lasciare quella stanza e a recuperare un po' della dignità che aveva perso nel confidargli quell'accaduto.
«Perché lei hai detto di no?» la voce di Stiles lo bloccò sul posto.
Il beta si voltò lentamente e lo guardò incuriosito «Come fai a sapere che...?»
Stiles si strinse nelle spalle e accennò un sorriso «Altrimenti non saresti qui adesso: allora, perché?»
Derek si grattò la fronte, cercando di trovare le parole giuste «Non lo so, io- Ho avuto altre donne nella mia vita, ma nessuna di loro è come Emma» si fermò, inspirando profondamente «Non voglio darle false speranze, non voglio che soffra per uno come me. Si è avvicinata così tanto a me che ho quasi paura a lasciarla entrare, perché se solo lo facesse, tutto ciò che vedrebbe sarebbero i demoni e l'oscurità che ancora mi perseguitano, tutti i peccati e le colpe che ho accumulato nella mia vita e di cui mi vergogno. Non penso di essere pronto per fare un passo così grande»
«E' normale avere paura» rispose Stiles, avvicinandosi «La ami?»
«Sì» rispose il ragazzo, come se fosse la cosa più normale al mondo «Ma finisco sempre per rovinare tutto»
«Se vuoi un consiglio da uno che non ha mai la cosa giusta da dire...» iniziò, facendolo sorridere «Se ti fidi di lei, diglielo. Non importa quali parole userai o quale sarà la situazione in cui glielo dirai, tu... Diglielo e basta e per lei sarà abbastanza»
Derek annuì pensieroso e per un momento un silenzio imbarazzante calò tra di loro. Erano entrambi imbarazzati, perché non era una cosa da tutti giorni che si ritrovassero a scambiarsi consigli sulle ragazze, a cercare di conoscersi di meglio e di capire come fossero fatti all'interno.
Il silenzio fu rotto dalla voce stanca di Malia, che cercava Stiles con una certa insistenza. Il diciassettenne non le dette nemmeno il tempo di ripetere il suo nome per la terza volta, che si precipitò spedito alla porta.
«Stiles» Derek lo richiamò, fermandolo sul posto. Il ragazzo lasciò andare la maniglia della porta, che aveva appena aperto e si voltò verso di lui, incitandolo a parlare. Prese un respiro e pronunciò l'unica parola che pensava non gli avrebbe mai detto in tutta la sua vita «Grazie»

Il vialetto della casa di Emma sembrava non finire più: forse era l'ansia che l'attanagliava o forse la ricerca inutile delle parole giuste da dire. Sta di fatto che, una volta arrivato di fronte al portone, la sua mente era di nuovo una lavagna vuota su cui avrebbe voluto scrivere di tutto. Non aveva il gesso per scrivere, però, e adesso si ritrovava con un peso all'altezza del petto, il cuore che batteva furiosamente, la gola secca e la mente offuscata. Era davanti alla sua porta e non aveva niente da dire. Tutto ciò a cui aveva pensato, tutti i discorsi che si era preparato si erano disintegrati nell'esatto momento in cui aveva superato il piccolo cancello bianco in fondo al vialetto di quella casa.
Nonostante questo, non poteva rimanersene lì come uno stupido: così prese un bel respiro e suonò il campanello. Nella sua vita, aveva attraversato pericoli e situazioni ben peggiori e raramente aveva avuto paura, ma in quel momento era come se si trattasse di vita o di morte ed era abbastanza sicuro che non sarebbe finita bene. Emma avrebbe avuto tutte le ragioni del mondo, se gli avesse sbattuto la porta in faccia, dopo l'ennesima delusione.
La chiave che girava nella toppa della porta lo riportò alla realtà. Sentiva il suo respiro affannato, al di là di quel pezzo di legno e una manciata di secondi dopo, fu in grado di vedere anche i suoi occhi sorpresi e confusi.
«Che vuoi?» chiese, atona.
«Possiamo parlare?»
«Non c'è niente da dire» stesso tono, stesso sguardo indifferente.
«Per favore» la pregò.
Emma lo guardò in silenzio per qualche secondo, prima di farsi da parte e lasciarlo entrare. Non appena fu dentro, si chiuse la porta alle spalle e s'incamminò verso la cucina, in cui troneggiava un grande tavolo di legno su cui stava studiando fino a qualche minuto prima. Si sedette, ma non invitò il ragazzo a fare lo stesso, così rimase in piedi.
«Mi dispiace» iniziò.
«Anche a me» lo interruppe secca la ragazza.
«Ti prego, dimmi cosa ti passa per la testa, perché non riesco a-»
Emma si alzò di scatto e gli si piazzò davanti. In quel momento, ringraziò Dio di non avere dell'acqua a portata di mano, perché, altrimenti, avrebbe fatto una vera e propria strage «Vuoi davvero sapere cosa penso?! Cosa penso di te?!»
Derek annuì, così riprese a parlare «Che sei la persona più egoista che abbia mai conosciuto, che non te ne importa nulla di quello che provo, di quello che dico, di quello che mi rende felice o delle mie paure! Che tutto ciò di cui t'importa è sopravvivere in questa cittadina fatta di gente psicopatica e creature soprannaturali! Ti odio, perché non ci provi nemmeno, Derek! Lo dici di continuo, ma non ci provi nemmeno un po' a fidarti di me, a lasciarmi entrare, a considerarmi parte della tua vita-»
«Non è così» affermò lui, offeso.
«Allora non sei per nulla bravo a dimostrarlo!»
«Ti ho salvata, cazzo!» esclamò, mentre sentiva la rabbia crescere sempre di più, ma sapeva di non poter perdere il controllo.
«Ah, giusto! Perché adesso salvarmi il culo significa tenere a me!» rispose Emma, sarcasticamente «Bhè, complimenti, bella dimostrazione d'affetto!, soprattutto piena di sentimento... Oh, aspetta tu non sai nemmeno cosa siano i sentimenti»
Lo sapeva. Sapeva benissimo che ogni parola lo stava ferendo sempre di più, gli stava facendo un male cane, ma era arrabbiata così tanto con lui e con il suo comportamento che non riusciva più a fermarsi. Aveva solo diciassette anni e tanta voglia di vivere la sua vita. Era innamorata di lui, cavolo se lo era!, ma se lui sosteneva di non provare la stessa cosa, qual era il senso di quella relazione?
«Dio!, certo che so cosa sono!» esclamò, perdendo completamente le staffe «Il fatto che ti ami non lo devo considerare un sentimento?!»
Emma spalancò gli occhi di fronte a quelle parole e Derek si accorse troppo tardi di aver dato voce ad una parte di pensieri che avrebbe preferito rimanessero ben nascosti nel suo cuore e nella sua mente. Un silenzio tombale e tagliente cadde tra loro, tanto che il ragazzo pensò di scappare a gambe levate, pur di non dover affrontare quella situazione.
«Non avrei dovuto dirlo così» parlò infine, con tono sommesso. Ovvio che l'amava e ovvio che desiderasse che lei lo sapesse, ma non così. Avrebbe dovuto essere più delicato, avrebbe dovuto fare un discorso d'introduzione e convincerla veramente dei suoi sentimenti. Invece, gliel'aveva urlato in faccia e adesso non sapeva come gestire la cosa.
«No, non avresti dovuto» confermò Emma.
Il ragazzo fece un passo verso di lei e sospirò «Quello che ti ho detto due giorni fa non cambia, perché... Non voglio mentirti dicendoti che non ti amo o non mi fido di te, perché, in realtà, sono gli unici due punti fermi della mia vita, ma non voglio lasciarti entrare per paura che tu veda quello che c'è dentro»
«Derek-»
«Sono cresciuto da solo, ho incontrato persone che ho lasciato entrare e che si sono approfittate della mia fiducia; ho commesso peccati che nemmeno Dio potrà perdonarti e vivo con sensi di colpa e demoni che porterò sempre con me. Non mi piace questo lato di me e non dovrebbe piacere nemmeno a te» sospirò, mentre la guardava fare un passo verso di lui «Non voglio che tu ti avvicini, non voglio lasciarti entrare, perché qui dentro è tutto buio»
Le sue labbra si incresparono lievemente in un sorriso «Perché non me l'hai detto subito?»
Lui scosse la testa, sincero «Non lo so»
«A me non importa quanto buio ci sia, perché, se me lo permetti, posso essere la tua luce» disse «E sono sicura che se tu mi lasciassi entrare, sarei in grado di ritrovare la strada di casa. Anzi, saremmo entrambi in grado di farlo» gli sorrise, avvicinandosi e intrecciando le dita a quelle di Derek «Non dobbiamo farlo per forza adesso, possiamo rimandare e procedere a piccoli passi»
Per la prima volta in vita sua, si ritrovò costretto a reprimere le lacrime. Erano lacrime di gioia, lacrime che gridavano al mondo che finalmente uno come lui, Derek Hale, avesse trovato qualcuno per cui valesse la pena combattere e amare; qualcuno che fosse così importante da lasciare entrare, qualcuno che fosse al suo fianco ogni volta si fosse trovato ad affrontare il suo passato e la sua oscurità, qualcuno di cui fidarsi.
Tirò su con il naso, come se fosse un bambino, facendo sorridere Emma e si piegò su di lei, facendo combaciare le loro labbra. Quel bacio non fu intenso e mozzafiato come i precedenti, ma leggero, libero da pesi e macigni, un bacio semplice che sigillava il loro rapporto una volta per tutte.
Quando Emma lo interruppe, Derek la guardò con lo sguardo più innamorato che avesse mai avuto ed inspirò, cercando di contenere la felicità «Grazie»
Ed Emma lo sapeva che quello era il suo modo normale per dirle che l'amava.

—————

a/n: salve lupetti!
Come avevo promesso nell'ultimo post pubblicato in bacheca, sono riuscita ad aggiornare!
Intanto vi voglio ringraziare dal profondo del cuore per aver letto/stellinato/commentato la storia. Siamo giunti alle +13k letture e abbiamo raggiunto quasi 1k stelline e quindi niente, per me è incredibile davvero, non mi sarei mai aspettata tutto questo successo. So che su questa piattaforma ci sono un sacco di storie molto più belle e più votate, ma per me questo traguardo è già tantissimo, quindi grazie davvero! E' merito vostro se questa storia continua ad esistere ed io sono sempre molto entusiasta di scriverla!

Venendo alla storia: come ho detto all'inizio, è un capitolo fin troppo dolce (infatti, a me non piace), che avrei potuto scrivere diversamente, ma si sa, il caldo confonde un po' e quindi questo è ciò che mi è venuto fuori. La cosa più importante e che tutti stavate aspettando è il fatto che Derek finalmente si sia deciso a confidarle i suoi sentimenti. Non è andata proprio come Emma sperava, ma sappiamo tutti come è fatto Mr Hale e quindi ci accontentiamo! La parte finale, relativa a demoni, sensi di colpa, oscurità e cose varie, mi è venuta in mente ispirandomi appunto a "Demons" degli Imagine Dragons e ad una citazione della serie tv "Arrow", che dice "Once you let the darkness inside, it never comes out", che mi sembra molto appropriata ad uno come Derek.
Inoltre sono anche molto soddisfatta del rapporto che sta cambiando e crescendo tra Derek e Stiles. La battute sarcastiche ci saranno sempre, ma il loro rapporto sta diventando lentamente più profondo e duraturo.

Poi, che dire? Ah, sì: abbiamo un po' tralasciato la vera e propria trama di questa storia (tra Rusalki, ti amo e litigate varie), ovvero il mistero della morte dei genitori dei Demma, ma non dovete preoccuparvi perchè verrà ripresa a partire dal prossimo capitolo e sarà la protagonista di tutti i capitoli fino alla fine della storia. Mancano solo 5 capitoli (già piango çç), quindi scopriremo molto presto ciò che è accaduto veramente alle loro famiglie.

L'ultima cosa che voglio dire, anzi chiarire è: alcuni di voi - sia nei commenti, ma soprattutto nei messaggi privati - hanno mostrato il loro poco consenso nella differenza di età tra i Demma, arrivando quasi a definire Derek un pedofilo o addirittura pensando che fossero fratelli.
Quindi ci tenevo a chiarire che 1) Emma ha 17 anni, mentre Derek 23. E' vero, Emma è minorenne, ma la loro differenza di età è di soli 6 anni; Derek non è un adulto e Emma non è una bambina (e per di più, è matura, intelligente e completamente consenziente), quindi non capisco davvero da dove vi siano venute queste idee strane. Hanno ancora bisogno di crescere come coppia, sono ancora "piccoli", quindi state tranquilli che prima di arrivare all'atto vero e proprio, ne deve passare di acqua sotto i ponti!; 2) Se davvero pensate che siano fratelli, lasciatemelo dire... Non avete proprio capito nulla della storia.

Con questo chiudo, spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto (e scusatemi per questo papiro, ma avevo da dire un po' di cose).

un bacio, Giulia

Fortsätt läs

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