L'insostenibile leggerezza de...

By Koira91

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Mi è capitato sotto mano un libro di fiabe e, dandogli un'occhiata, mi sono resa conto di quanto gli eventi d... More

Cenerentola - Perrault (Pt 2)
Cenerentola - Perrault (Pt 3)
Cenerentola - Perrault (Pt 4)
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La bella addormentata nel bosco - Perrault (Pt 5)

Cenerentola - Perrault

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By Koira91

"C'era una volta, in un paese lontano, un gentiluomo vedovo che viveva in una bella casa con la sua unica figlia. Egli donava alla sua adorata bambina qualsiasi cosa ella desiderasse: bei vestiti, un cucciolo, un cavallo... Tuttavia capiva che la piccola aveva bisogno delle cure di una madre. Così si risposò, scegliendo una donna che aveva due figlie giovani, le quali, egli sperava, sarebbero diventate compagne di giochi della sua bambina. Sfortunatamente, il buon uomo morì poco tempo dopo, ed allora la matrigna mostrò la sua vera natura".

Già l'inizio mi lascia un po' di perplessità.

Punto numero uno: quale genitore non regalerebbe un cavallo alla figlia?
Ma certo, è all'ordine del giorno ricevere cavalli per il compleanno.
Pure io ho chiesto a mia madre un cavallo per il mio dodicesimo compleanno... Ancora lo aspetto, ma sono fiduciosa che, un giorno, come per miracolo, puff!
Me lo ritroverò davanti casa.

Ma sul serio?
Cioè, la cosa che ci si avvicina di più è il "pony" (Bart e Milhouse) regalato a Lisa per Natale in una puntata dei Simpson.
E va bene, direte, erano altri tempi.
E ve lo concedo.
Forse avete ragione.

Punto numero due: lo stereotipo, così amato nelle fiabe, della matrigna.
Mai che una matrigna sia buona, gentile.
Mai.
E mai che un vedovo sia sveglio, aggiungerei.
O che abbia un puntino di intelligenza, giusto un minimo.
Va bene la necessità di risposarsi, ammettiamo pure perché la bambina "ha bisogno delle cure di una madre" (sì, va bene. Sicuramente è per quello... ), per puro spirito altruistico paterno, ma, dico io...
Si sa che le matrigne sono cattive! Il nome stesso, probabilmente, cercato nel vocabolario, riporta la definizione "donna cattiva che tenta di rimpiazzare la madre e fregarti l'eredità, ammazzandoti".
Ma no.

Il padre non lo capisce mai.

Se la sposa, muore, chissà perché, dopo pochi giorni/mesi, e chi ci rimette?
La povera bambina viziata.
Eh, già.
E così l'innocente piccola passa dallo status di viziata a quello di bistrattata, il tutto nel giro di poco tempo.

Perché la matrigna mostra la sua vera natura dopo che il padre schiatta.
Certo.
Prima si finge perfetta, buona, innocente e candida.
E il cretino ci casca, ovviamente.
Qualcosa mi dice che in realtà non l'avesse sposata per le doti morali, ma per altri tipi di doti...

"Era dura e fredda, e profondamente invidiosa della dolcezza e bontà della sua figliastra, perché queste qualità facevano per contrasto apparire le sue due figlie, Anastasia e Genoveffa, ancor più meschine e brutte. Le sorellastre andavano riccamente vestite, mentre la povera ragazza era costretta ad indossare un vestito semplice e grossolano, ed un grembiule, e a compiere in casa tutti i lavori più pesanti".

Ecco.
Mi correggo: la piccola passa dallo status di viziata a quello di serva di casa.
Sfruttamento minorile senza neppure un minimo di paga.
Cose da chiamare Barbara D'Urso e tutta la troupe di "Pomeriggio cinque".
Ci avrebbero fatto uno speciale, altro che Belen e Stefano.
Chiaro che quel cretino del padre, prima di spirare, non abbia pensato a lasciare qualcosa, che so, un testamento, per esempio.
Insomma, qualcosa che indichi come sua erede la povera bambina, alla quale - RICORDIAMOLO - non è stato attribuito alcun nome.
A noi interessano i nomi delle sorellastre, però.
Anastasia e Genoveffa.
E ovviamente quelle due se ne vanno in giro vestite Dolce e Gabbana, mentre alla protagonista fanno indossare un vestito semplice e un grembiule, giusto perché le vogliono molto bene...

E la cosa scioccante è che lei accetta passivamente tutto.

Bah.

Evidentemente, neppure lei è così sveglia.

La genetica non è un'opinione, ragazzi.

"Si alzava prima dell'alba, andava a prender l'acqua, accendeva il fuoco, cucinava, lavava e puliva i pavimenti. Quando aveva finito di sbrigare tutti i lavori, per riscaldarsi era solita sedersi vicino al camino accanto al carbone ed alla cenere. Perciò cominciarono a chiamarla Cenerentola".

Ok, esiste un limite all'umana sopportazione.

La matrigna le uccide il padre, ma va bene.

Va tutto bene.

Le due sorellastre le fregano i vestiti, ma, ok.

Ci può stare.

Anche io frego i vestiti a mia sorella, quindi.
Rientra nell'ampio concetto di condivisione.

Ma questo no!
Alzarsi prima dell'alba!
E non per studiare, che ci può stare.
No.
Per prendere l'acqua, accendere il fuoco, cucinare (verbo che mi è totalmente sconosciuto), lavare e pulire i pavimenti.

Ma mettere un'autoclave in casa, no?
O magari, in realtà, la fiaba è ambientata a Messina (probabilmente è così).
Installare dei termosifoni?
O un condizionatore?
Assumere una domestica?

No, perché mai dovrebbero farlo.
C'è nostra sorella che fa tutto gratis, senza fiatare, quasi ringraziandoci!
Sorella che, ricordiamolo, non ha un nome.
E così le due fashion blogger, Anastasia e Genoveffa, hanno un'idea: visto che non sappiamo come si chiama, pensano, diamole un nome noi!
Ma sì!

Quanto le vogliono bene.

E visto che è sempre sporca di cenere, pensano, perché non la ribattezziamo "Cenerentola"?

Così fanno, ovviamente.

E lei ci sta, ovviamente.

Che genio di ragazza.

"La matrigna e le sorellastre dormivano in belle stanze, mentre la piccola camera di Cenerentola era in soffitta, proprio sotto il tetto della casa, deve vivevano dozzine di topi".

Ecco.
E io qui avrei fatto le valigie e... Addio a tutti, vi auguro un futuro felice, amen.

Io.

Lei no.

Certo che no.

"Nonostante tutto questo, Cenerentola rimase gentile e cortese, sognando che un bel giorno la felicità sarebbe arrivata".

Infatti.

Povera, stupida ragazza.

"Fece amicizia con gli uccelli che la svegliavano tutte le mattine. Fece anche amicizia con i topi con cui divideva la soffitta, diede a ciascuno un nome, e cucì loro dei minuscoli vestiti e cappelli. I topi amavano Cenerentola e le erano grati, perchè talvolta li liberava da una trappola o li salvava da Lucifero, il malizioso gatto della matrigna".

Ok, ammetto di aver dovuto leggere almeno una decina di volte quest'ultima parte.
Diciamo che mi ha fatto capire perché Cenerentola si è mantenuta gentile e cortese.
Ci avrà pensato Biancaneve, no?
Scusate, ma una che fa amicizia con gli uccelli e con i topi, e si affeziona a loro a tal punto da cucirgli vestiti e cappelli, non è che dia l'idea di essere tanto sana di mente.
Qui le cose sono due: o c'entra Biancaneve, o ha qualche disturbo psichiatrico in fase delirante.

Ah, dimenticavo.
Ovviamente anche il gatto ha un suo nome, e che originalità.

Lucifero...

"Ogni mattina, Cenerentola, preparava la colazione per tutti gli abitanti della casa: una scodella di latte per il gatto, un osso per il cane, avena per il suo vecchio cavallo, granoturco e frumento per le galline, le oche e le anitre del cortile".

Il cavallo!
È ancora vivo!

E a quanto pare è messo meglio di lei.

Il disagio.

"Poi portava al piano di sopra i vassoi della colazione per la matrigna e le sorellastre Anastasia e Genoveffa. "Prendi questa roba da stirare e riportala entro un'ora" ordinava Genoveffa. "Non dimenticare il mio rammendo, e non impiegare tutto il giorno a finirlo!" la rimproverava Anastasia. "Stendi il bucato e vai avanti col tuo lavoro" ordinava la matrigna. "Batti il grande tappeto della sala, lava le finestre, pulisci la tappezzeria!".

.........

Ma sul serio?

Arrivati a questo punto, il lettore pensa: "Evviva! È arrivata per Cenerentola l'occasione di vendicarsi!".

Ma la genetica, ripeto, non è un'opinione.

Tale padre, tale figlia.

Insomma, io, fossi stata in lei, avrei accidentalmente dimenticato il ferro da stiro sui vestiti di Genoveffa, o dato fuoco al rammendo di Anastasia, o lavato, sempre accidentalmente, bianchi e colorati assieme, rovinando gli abiti della matrigna...

Ma lei no.

Perché lei è Cenerentola.

****

La storia continua, ma per oggi mi fermo qui.
Scriverò ancora solo se interesserà a qualcuno!
Koira

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