B.R.O.N.X.

By DREW94R

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Tralasciando il fatto che tutti e due vivono a New York, Justin e Brooklyn non hanno niente in comune. Mentre... More

1. Nice ride, shawty.
2. I'm everything but cute.
3. Wait, you know him?
4. Trouble is his second name.
5. You're no fun, Princess.
6.I believe you.
7. I love Disney Princesses so shut up.
8. Glad to know I have this effect on you.
9. I know who you were with.
10. I know you were enjoying that, e Brooke.
11. Have sweet dreams about me, Princess Non .
12. You're lucky you're cute or else I would have kicked your ass by t.
13. Let's say I don't believe in U love anymore.
14. Party & Bullshit
15. Drunk people never lie. Brooklynr
16."I was thinking about how much my life's changing because of you."
17. You're too beautiful to cry, Brooke.
18.I know things about Justin that would make you run away from him in a second.
19. Don't try that, Bieber.
20. I'm not good for you.
21. I like you, Justin Drew Bieber.
22. You want more of the Bieber Experience?
23"She still has to pass my test, Bieber."
24"You have one sexy ass."
25"You have to kiss a lot of frogs before you find your prince."
26"Bullets"
27"I think you're falling for her too. Hard."
28"You went all Bronx on her."
29"I love it when you become all protective."
30"What the hell were you two doing over there?"
31"You're not seeing him ever again."
32"You thought I wouldn't find out, Brooklyn?"
33"You're in deep trouble for this, sorry or not."
34"Badasses can fall in love too."
35"I had never seen him this way before."
36"family"
38"You sure you wanna do this?"
39"I would say I'm glad to see you, but it's not true."
40 "I'm dying to see you in a suit."
41"Are you ready?"
42"Subway"
43"Did you know your boyfriend has a criminal record?"
44 "Boys from my side of town don't get fairytale endings."
45 "He needs you."
46"Show me that you've changed, Justin."
47"I see you listened to me."
48"What were you doing with that prick?"
49"You truly are so naΓ―ve, girl."
50"You don't have to pretend that you're okay."
51"I think I will take you up on the car races, if the offer is still up."
52"I really hope you're not lying to me."
53"My life is already wrecked. There is nothing that can save it."
54"I don't want to be with you right now."
55"You're going to wish I had killed you today."
56"You're not you anymore."
57"Oh, I like being miserable."
58"He was close to dying."
59"He was playing with fire and so he got burnt."
60"If I had the chance, I'd take it all back and make it right."
61"I've seen how easily you can lose everything you have."
62 "Every saint has a past and every sinner has a future."
63"We're going to be okay, right?" "Yes. We'll be alright."

37"Were you trying to make me jealous?"

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By DREW94R


Brooklyn


La mattina seguente mi alzai con il sorriso. Sì, sarei dovuta andare a scuola. Sì, era mattina presto. Sì, ero stanca, ma ero felice.

Danzai fino alla cucina, determinata a non lasciare che nulla mi rovinasse la giornata. Quando ieri sera tornai a casa, dopo esser stata con Justin e la sua famiglia, dovetti ammettere di essere un po' preoccupata per lui. Nessuno dei miei genitori era a casa, Tommy stava dormendo e Blake era davanti al computer, ignorandomi completamente.

Così chiamai Justin, mordendomi nervosamente il labbro inferiore pensando a come stava. Dopo essersi aperto con me quel pomeriggio e, notando il fatto che avrebbe dato a suo padre un'altra possibilità, sperai davvero che avessero parlato seriamente.

Aveva risposto al primo squillo, come se stesse aspettando la mia chiamata. E, dovetti ammetterlo, iniziai a sentire un'ondata di farfalle invadermi lo stomaco per poi essere in procinto di uscire dalle labbra. La prima cosa che mi domandò fu se fossi arrivata a casa sana e salva - sempre con fare protettivo - dopodiché mi raccontò della conversazione avuta con suo padre.

Sospettai che avesse omesso alcuni dettagli che sicuramente avrebbe preferito tenere per sé, ma andava bene così. Tutti avevamo bisogno della nostra privacy.

Tuttavia, fui contenta di sentire che l'aveva perdonato e che ora erano in buoni rapporti, così come gli avevo detto di fare. Justin sembrava davvero felice e dovette poi agganciare perché avrebbe guardato un film con la sua famiglia al completo.

Non potei essere più felice per lui. Meritava di essere felice e di non sentirsi tormentato per via della mancanza di soldi, di un padre che non era mai a casa, dei nemici, dei suoi fratelli e di sua madre, o sul fatto che non si sentisse abbastanza...

Poco dopo, caddi in un sonno profondo non appena la mia testa toccò il cuscino. Avrei dovuto preoccuparmi degli esami imminenti, della mia punizione e degli altri problemi che avrei avuto il giorno dopo.

"Buongiorno." Canticchiai, entrando in cucina e dirigendomi verso il frigorifero.

"Da quando le giornate sarebbero diventate buone?" mormorò Blake, reggendosi la testa tra le mani.

"Fammi indovinare perché sei così felice." Disse improvvisamente Blake, facendo una smorfia divertita. Feci roteare gli occhi, immaginando che le mie gote fossero diventate già più rosee

"Per caso ha a che fare con il fatto che ieri tu abbia visto Justin?" inarcò le sopracciglia, masticando poi un pezzo di toast. Iniziò a mangiare come un maiale.

"Io davvero non so di cosa tu stia parlando." Mormorai, fingendomi sorpresa. "Ero con Kelsey ieri." Mi voltai, intenta a prendere del succo dal frigorifero.

"Potrai ingannare mamma e papà, ma non me." Dichiarò, bevendo il latte contenuto nel suo bicchiere tutto in una volta, lasciando sulle labbra il segno dei baffi bianchi. "L'espressione che hai dipinta sul volto parla da sé, è inevitabile dedurre che tu l'abbia visto." Feci una smorfia di disgusto e lo ignorai.

"Qualcuno mi ha per caso chiamata?" domandò una voce femminile entrando in cucina ed avvicinandosi alla macchina del caffé.

"Stavo solo chiedendo a Blake dove foste ieri sera, mamma." Il mio tono di voce era dolce ed innocente, ma non potei dire lo stesso dei miei occhi, mentre lanciavo sguardi di sfida a mio fratello, intimandogli di tenere la bocca chiusa non appena mia madre si voltò.

"Oh, ho lavorato fino alle tre del mattino. Tutto l'ufficio sembrava impazzito per via dello show di sabato."

Mormorò, corrugando la fronte. Notai delle occhiaie violacee sotto ai suoi occhi e i suoi capelli erano acconciati in uno chignon scomposto. Mia madre appariva sempre bellissima ed io volevo diventare assolutamente come lei quando sarei cresciuta, ma invece assomigliavo sempre pù a mio padre.

Non avevo i suoi grandi occhi verdi o i suoi capelli biondi dorati, o magari i suoi fianchi stretti. Non dimostrava nemmeno la sua età, perché era sempre stata ossessionata dall'utilizzare vari cosmetici che le avrebbero mantenuto un aspetto giovanile. "E anche tuo padre era al lavoro, tanto per cambiare." Abbozzò un leggero sorriso, portandosi la tazza bollente di caffè alle labbra.

"Sono sicura che ne varrà la pena. Lo show sarà un successo." Esclamai. Onestamente, ero davvero eccitata per quello spettacolo ed il fatto che Justin avrebbe sfilato aumentava il mio fomento. Sapevo che avrei dovuto star attenta alle ragazze che ci avrebbero provato con lui, ma avrei voluto vederlo in un aspetto completamente sexy.

E se una ragazza gli si fosse avvicinata troppo, avrei potuto incenerirla. Dopotutto io era la figlia della designer.

"Lo spero." si passò una mano sulla camicia bordeaux, sistemandola in modo da nasconderla all'interno dei jeans. Avrebbe potuto far sembrare di seta qualsiasi tipo di jeans soltanto abbinandoci i giusti accessori.

"Cosa stai indossando, tesoro?" fece scorrere il suo sguardo dai miei vestiti alle mie scarpe, per poi incrociare i miei occhi con fare disgustato. Evidentemente, non potevo.

"Vestiti?"

"Scarpe da ginnastica per andare a scuola? Brooklyn, frequenti una scuola privata di Manhattan, non una scuola pubblica in qualche disgustoso quartiere."

Mi trattenni a stento dal far roteare gli occhi. Blake ridacchiò, sembrava divertirsi parecchio. Era facile per lui perché mamma lo costringeva sempre ad indossare una camicia.

"Mamma, sono converse. Ai giorni d'oggi, le indossano tutti." Posai un toast nel piatto ed iniziai a spalmarci sopra della marmellata.

"Ti compriamo tutte le scarpe del mondo e tu decidi di indossare quelle?" puntò le sue dita esili contro le mie Chuck Taylor bianche come se fossero state sporche. Scosse il capo, bevendo una buona quantità di caffé contenuta in quella tazza, come se ciò le potesse cancellare il ricordo di avermi vista vestita così, come una senzatetto - ai suoi occhi, ovvio.

"Mamma ha ragione, Brooklyn, non puoi andare in giro vestita così, finirai per rovinare la reputazione a tutta la famiglia." Mio fratello si colpì il petto, fingendosi deluso, cosa che non fece altro che infastidirmi.

Si erano alleati per rovinarmi la giornata?

"Dio, cambierò le scarpe se questo ti farà sentire meglio, mamma." sbottai, finendo il mio toast. Le sue occhiatacce erano sufficienti a farmi cogliere le sue suppliche.

Sul suo viso comparve un sorriso soddisfatto. "Dove solo le Jimmy Choo che ti ho comprato per il compleanno?"

Ovviamente avrei indossato dei tacchi da dodici centimetri per andare a scuola. La cosa divertente era che lo facevo prima di conoscere Justin ed iniziai a preoccuparmi sempre meno di come mi vestivo e di più a come mi comportavo. Ma credo che a mia madre interessasse più il mio aspetto.

Blake sembrava essersi annoiato della nostra conversazione, perché ora era intento a smanettare sul telefono. "Stai aspettando che ti accompagni a scuola o...?"

"Ovviamente." Sbottò.

"Non hai idea di quanto voglia che tu compia al più presto sedici anni, così avrai la tua patente." Dissi a denti stretti.

"Tu adori portarmi in giro, sorellina." Mi schernì.

"Tua sorella ha ragione." Intervenne papà, entrando in cucina mentre reggeva Tommy tra le braccia. Lo fece sedere sul bancone della cucina e si avvicinò a darmi un bacio sulla guancia. Cosa potevo dire, ero la principessa di papà (oltre a quella di Justin.)

"Buongiorno, papà." Gli sorrisi dolcemente, come facevo quando volevo ottenere qualcosa.

"Buongiorno,Brooklyn." Mi sorrise a sua volta, prendendo una tazza di caffè mentre mamma si occupava di Tommy, il quale, stranamente, non era affamato quella mattina.

"Posso chiederti un favore, papà?" mantenni quella dolce espressione dipinta in viso, preparandogli un toast in modo che cedesse.

"Certo." Annuì, guardandomi con circospezione.

"Potresti passare a prendere Tommy a calcio oggi? Devo studiare per gli esami." Mi morsi il labbro, aspettando la sua risposta. La vera ragione per cui non volevo passare a prendere Tommy, era perché Justin sarebbe stato lì e, sebbene fosse stato un bene per me, non lo era per le mie buone intenzioni di studiare.

Mi avrebbe convinto a passare un pomeriggio con lui e sarei finita col non rivederlo per un bel po'. Così, la cosa migliore da fare era restare lontana dalle tentazioni.

"Oh, certo. Tommy ed io potremmo passare un pomeriggio tra soli uomini, che ne dici, ometto?" Tommy annuì energicamente a quell'idea, sorridendo apertamente mentre mamma cercava d'infilargli un biscotto in bocca.

"Fantastico." Battei le mani e dopodiché portai il toast a papà.

"Vuoi venire anche tu, Blake?" propose papà, ricevendo una smorfia da parte sua.

"No, grazie."

"Sei troppo figo per quello, fratello?" ora era il mio turno di prenderlo in giro.

"Oh, sta zitta!" mi spintonò, uscendo poi dalla cucina.

"No, tu stai zitto!" lo spinsi a mia volta, scherzosamente.

"Ragazzi, smettela di litigare e preparatevi, altrimenti farete tardi." Mamma ci zittì, costringendo Tommy a finire di mangiare. Quella donna viveva circondata dallo stresso.

"E non dimenticarti di cambiare scarpe, Brooklyn." Mi ricordò, come se potessi dimenticarmi delle sue insistenze.

"Cos'hanno di sbagliato le sue scarpe?" mio padre sollevò le sopracciglia, guardando le mie Converse come se fosse la cosa più normale del mondo - cosa che teoricamente era, ma non per la mia cara mammina alla moda.

"Sì, seriamente, cos'hanno le mie scarpe che non va?" chiesi di rimando, non ero dell'umore giusto per indossare i tacchi ed abbinarli così ai miei jeans scuri. "Papà sembra un senzatetto con quella barba e tu non gli hai detto niente."

"Hey! Credevo che stessimo dalla stessa parte." Mi dedicò un finto sguardo deluso, ma rise comunque. In tutta sincerità, mio padre era un uomo meraviglioso - e non lo dicevo solo perché ero sua figlia - e la barba gli stava bene.

"In realtà, Ben..." Ignorai la loro conversazione, che probabilmente si sarebbe conclusa con mia madre che gli chiedeva gentilmente di rasarsi la barba, e mi diressi in camera intenta a recuperare la mia borsa.

"Sei pronto?" domandai, passando davanti alla stanza di Blake, mentre mi sistemavo sulla spalla la borsa marrone firmata Bimba&Lola

Mamma me l'aveva portata dalla Spagna. Apparentemente, era una marca molto alla moda da quelle parti.

"Sì." Annuì e mi seguì fuori casa.

"Ciao famiglia!" gridai.

"Buona giornata, bambini!" mamma e papà ci salutarono a loro volta.

Blake sbuffò alla parola 'bambini'. "Non ti sei cambiata le scarpe?"

"Direi di no." Mi strinsi nelle spalle, pigiando il pulsante dell'ascensore.

"Wow, che ragazza cattiva." Scuoté le mani in aria in modo beffardo.

L'ascensore emise un suono e le porte si aprirono, facendoci entrare. Curvai le labbra formando così un sorriso terribilmente misterioso. "Non ne hai idea, fratellino. Non ne hai idea."

Blake sbuffò. "Sei una tale sfigata."

"Stai zitto." Feci roteare gli occhi e mi guardò con fare presuntuoso, come faceva sempre Justin. "Vorresti essere figa come me."

Mi aveva davvero guardata a quel modo. "Comuque, non sapevo che Justin cantasse."

"E come lo sai?" mi accigliai, guardandolo attonita.

"L'ho visto ieri, vicino a Time Square." Spiegò e le porte si aprirono.

"Quando?" non poteva essere nel pomeriggio, dato che era con me...

"Non lo so, verso mezzogiorno?" si strinse nelle spalle, avvicinandosi alla mia macchina.

Posai la mano sulla sua spalla, costringendolo a voltarsi. "Avresti dovuto essere a scuola quell'ora, cosa ci facevi a Time Square?" domandai.

"Rilassati, mammina. Ho pranzato fuori con alcuni amici." Alzò le mani in segno di resa.

"Faresti meglio a non mentire." Puntai l'indice verso di lui, aprendo poi la macchina.

"Parli proprio tu." Ribatté, facendomi abbassare la guardia, dato che aveva ragione. Avevo saltato un giorno di scuola solo tre giorni fa.

Serrai le labbra e salii dal lato guidatore.

"È davvero bravo. Perché non posta video su Youtube?" continuò, ignorando il nostro litigio.

"Credo non voglia diventare famoso." Mi strinsi nelle spalle, uscendo poi dal parcheggio.

Dopo alcuni secondi, in cui il suono della radio riempì l'abitacolo, decisi di portare avanti la conversazione.

Mio fratello ed io non ci sentivamo mai in imbarazzo. "Allora, cosa cantava?" dovetti mantenere un'andatura piuttosto bassa, visto il traffico.

"Lil Wayne." Rispose Blake, spostando lo sguardo oltre il finestrino e guardando le macchine e i taxi che riempivano le strade.

"Lil chi?" feci una smorfia, sentendomi confusa. Non avevo mai sentito quel nome prima d'ora.

"Lil Wayne." Rispose, marcando il tono sul secondo nome.

"E chi è?" era chiaro che la sua risposta non aveva affatto risolto i miei dubbi.

"E ti consideri anche figa..." scosse il capo in un misto di pietà e delusione.

Respirai profondamente. "Perché si chiama in quel modo? È piccolo o...?"

"Non lo so, un sacco di rapper usano l'aggettivo Lil davanti al nome. Che importanza ha? È bello così."

Sembrava quasi che si stesse stancando della mia ignoranza in materia.

"Beh, cantami qualche sua canzone, magari le conosco." Gli proposi, voltando a destra ed imboccando così la via della scuola. Non sopportavo l'idea di essermi presa della sfigata dal mio fratello minore. Blake iniziò a canticchiare una canzone chiamata How to love e mi ritrovai a cantarla anche io.

"Aspetta, conosco quella canzone. Justin me l'ha fatta sentire dal suo telefono." Esclamai, non sentendomi più così ignorante.

"Oh, che romantico." Blake finse un tono di voce esaltato. "Tieni per te i dettagli sdolcinati, per favore."

"Da quando sei così cattivo? Ti servirebbe davvero una ragazza." Ridacchiai, rallentando e guardandomi attorno alla ricerca di un parcheggio libero.

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"Questo sarà nell'esame di domani." Il signor Smith dedicò uno sguardo severo a tutta la classe, come se ci stesse sfidando a lamentarci, protestare o perfino a batter ciglio.

"Quell'uomo ha bisogno di scopare. È aspro come un limone." Mormorò Kelsey, assicurandosi che il suo tono di voce fosse a malapena sussurrato.

"I limoni non sono aspri, Kelsey. Sono acidi." Ridacchiai leggermente, coprendomi la bocca con la mano.

"Qualunque cosa siano, hai capito." Fece roteare gli occhi, per poi ridere.

Proprio in quel momento, la campanella suonò segnando la fine della lezione e l'inizio dei lamenti da parte degli studenti contro l'insegnante

Kelsey ed io raccogliemmo le nostre cose, pronte per raggiungere la prossima lezione.

"Sai che odio storia, per cui la risposta è no." Imitò i miei movimenti, strascicando la 'o' per alcuni secondi.

"Kelsey! Non puoi fallire. Abbiamo decine di feste alle quali andare durante le vacanze di Natale e finirai in punizione se non superi tutte le materie." Mi sentii come una madre mentre rimproverava suo figlio, ma in quel momento Kelsey mi faceva innervosire.

"Rillassati, B. Tyson mi ha insegnato come usare questi foglietti." Sorrise mostrando i denti, mentre finiva di raccogliere le sue cose.

"E se ti beccano?" cercai di essere realista, visto che lei era fin troppo ottimista. Il signor Smith poteva anche essere vecchio, ma aveva la vista di un falco. Non sarebbe stata la prima volta che beccava qualcuno intento a copiare.

"Non mi farò beccare. Smettila di preoccuparti. Lo farò io, non tu." Si lasciò scappare una risata mentre camminammo lungo i corridoi, dirette al laboratorio di scienze.

Presi un lungo respiro prima di porle una domanda indiretta, la quale mi tormentava da due giorni, e credetti che Kelsey, dato che era la mia migliore amica, era l'unica che poteva aiutarmi. "Tyson ti ha insegnato un sacco di cose, vero?"

Kelsey si fermò a guardarmi. "Dimmi che non sembra una cosa brutta."

"No." Mi morsi il labbro, incitandola a continuare. "E' solo che, beh, sono curiosa."

"Potresti essere un po' più precisa? Perché non riesco a seguirti." Aggrottò le sopracciglia.

"Io..." come facevo a dirle ciò che realmente intendevo se non sapevo spiegarlo nemmeno a me stessa?

"Okay, ho capito." Sospirò, aprendo la porta del laboratorio e lasciando che un paio di bei ragazzi la tenessero per noi.

"Davvero?" ne rimasi sorpresa, ad essere sincera. Le sorrisi, prima di ritornare all'argomento.

"Sì, sei diventata imbarazzata tutto d'un tratto solo perché vuoi chiedermi qualcosa riguardo al sesso, ma sei dannatamente timida e non sai come chiedermelo." Disse e la sua espressione non mutò per niente.

Spalancai la bocca, sorpresa delle sue qualità di leggermi nella mente. "Credo di sì."

"Oh mio Dio, Brooklyn! Basta chiedere!" esclamò.

Un insegnante ci passò accanto dedicandoci un'occhiata fulminea ed intimandoci di abbassare i toni.

"Okay, sono solo nervosa perché so che Justin vorrebbe fare sesso." Spiegai. "Più che altro, ha bisogno di fare sesso e io sono così indecisa ed insicura. Non so se sono pronta, non voglio fare un casino e non voglio farmi male." Alzai le mani al cielo, compiendo strani movimenti, perché ero nervosa solo a pensarci e una parte di me avrebbe voluto compiere il passo successivo.

Kelsey fece roteare gli occhi come se fossi la persona più ingenua del pianeta e lei fosse quella esperta di sesso. "Se vuoi la mia sincera opinione, credo tu sia più che pronta e l'ho capito dal modo in cui lo guardi.
Per cui smetti di preoccuparti troppo delle tue insicurezze e tutta quella merda. Fallo e basta. Justin ti ama. Non sarà rude o poco romantico. Credo che tu sappia già che il tuo ragazzo è quello che tutte le ragazze sognano, per cui goditelo e smettila di essere codarda."

Quando terminò la sua predica, rimasi senza parole. Aveva ragione su tutto. Mi amava e io amavo lui. Le persone che si amavano facevano l'amoe.

"Brooklyn, non si tratta solo di far sesso. È un modo per dimostrargli quanto lo ami e che ti fidi di lui. Ma se credi di non essere pronta, sono sicura che Justin ti darà il tempo che ti serve." Kelsey posò una mano sulla mia spalla, dandomi conforto.

Annuii, ripensando a tutto.

"Ora, se vuoi scusarmi, degli animali morti mi stanno aspettando in laboratorio." Fece una smorfia al solo pensiero. Ecco perché non mi ero iscritta a biologia durante quel semestre.

"Grazie, Kelsey." Le dissi sincera, abbracciandola velocemente.

"Sono sempre qui per te, B. Ma se lo farai, devo essere la prima a saperlo." Mi sorrise, prima che prendessimo strade diverse e mi preparai mentalmente alla prossima lezione di Chimica con il mio caro Nate.

Justin

Verificai che l'indirizzo dell'edificio di fronte a me corrispondesse a quello che mi aveva dato Brooklyn, prima che scendessi dall'auto per poi chiuderla. Ovviamente c'erano dei valletti pronti a parcheggiare le varie macchine, dal momento in cui quel quartiere gridava ricchezza da tutte le parti.

Riluttante, porsi le chiavi della mia piccola ad un ragazzo dai capelli rossi con la faccia piena di acne, che mi fissava come se fossi venuto da un altro pianeta. Credo che si stesse trattenendo dall'esaltarsi di fronte a me. Cosa potevo dire, la mia macchina aveva stile.

L'edificio di fronte a me sembrava una sottospecie di hotel. Era un grattacielo di mattoni marroni, pieno di finestre, la maggior parte di esse erano illuminate. Sentii dei rumori provenienti dall'interno non appena aprii le porte per entrare. Sentii una strana sensazione invadermi lo stomaco.

Io non ero mai nevoso. Non quando dovevo cantare in pubblico, o consegnare della droga o vedere Anthony, e nemmeno quando rubavo qualcosa da un negozio. Tuttavia, iniziai a sentirmi teso riguardo a questa merda del modello. Non avrei mai dovuto accettare e, a mano mano che avanzavo, me ne pentivo sempre più.

Prendendo un respiro profondo, raggiunsi l'ingresso, superando con successo le porte di vetro - con le quali ebbi dei problemi in passato. Così come c'eravamo precendetemente accordati, Brooklyn mi aspettava accanto all'ascensore color argento, guardandosi attorno mentre si mordicchiava le unghie.

Ridacchiai, notando come cercava di coprisi con quel piccolo abito rosa, che sembrava uscito da Victoria's Secret.

I pochi dipendenti nei paraggi le lanciavano alcune occhiate di tanto in tanto. Stronzi pervertiti. Mentirei se dicessi che non apprezzavo quella visuale. Le gambe di Brooklyn erano scoperte e la scollatura era parecchio larga. Mi inumidii involontariamente le labbra, facendola sorridere, ma si coprì ugualmente.

"Finalmente sei arrivato. Andiamo." Afferrò la mia mano, trascinandomi nell'ascensore e senza nemmeno darmi il tempo di salutarla. "Oh mio dio, è stato così imbarazzante. Mi stavano guardando tutti." Mormorò come se avesse commesso un peccato, pigiando poi un pulsante.

"Posso immaginare perché." Sussurrai con fare seducente, guardando il suo riflesso nello specchio. Alzò lo sguardo, permettendomi così d'incrociare i suoi occhi innocenti, cercando di trattenere un sorriso. Mi abbassai per baciarla, ma non me lo permise e mi allontanò.

"Sei eccitato?" domandò, sfoggiando un ampio sorriso.

"Non quanto te." Notai. Mi bastò vedere il luccichio nei suoi occhi, per poi posare nuovamente lo sguardo sulle sue gambe, sapevo che apprezzava. Le spostai una ciocca dal viso, ma strillò.

"Non rovinare tutto! Ho passato diverse ore davanti allo specchio con decine di persone che tentavano di sistemarmi i capelli e il trucco."

Non potevi evitare di scoppiare a ridere. "Beh, sei davvero bellissima." Mi complimentai con lei, ignorando le sue lamentele mentre si risistemava la frangia per cercare di coprire le guance arrossate

Mi volse un sorriso sbilenco. "Siamo arrivati." Le porte dell'ascensore si aprirono, ma pigiai un pulsante e si richiusero di nuovo. "Che intenzioni hai-"

Le impedii di continuare a parlare con un altro bacio, ma questa volta ricambiò, reggendosi al lembo del cappuccio della mia giacca. Mi persi in quel bacio metre feci scorrere la mano lungo il suo vestito.

"Mi sei mancata." Sussurrai contro le sue labbra, accarezzando la morbida pelle della sua coscia.

"Mi sei mancato anche tu." Non ci vedevamo da tre giorni, avreste anche potuto definirmi frustrato, ma mi era mancata da morire. La mia vita era noiosa e non avevo molto altro da fare se non uscire con i miei amici. Tuttavia, ne avevo approfittato per passare del tempo con mio padre.

Le porte dell'ascensore si riaprirono per la seconda volta e Brooklyn mi spinse dolcemente lontano da sé.

"Dobbiamo davvero andare adesso."

Assunsi la mia miglior espressione da faccia da cucciolo e lasciammo l'ascensore prima che capisse le mie intenzioni. "Non provarci nemmeno." Puntò minacciosamente un dito contro di me. "Dobbiamo far in modo che tu sia pronto. Andiamo, non vorrai far aspettare la parrucchiera." Afferrò la mia mano mentre io mi lamentai.

"Parrucchiera?" sollevai entrambe le sopracciglia. "Non mi farò truccare." Mi fermai di colpo, pronto a riprendere l'ascensore prima che le porte si richiudessero.

"Oh, certo che no. Non è uno show per travestiti." M'interruppe, strattonandomi per farmi camminare.

"Justin." Biascicò il mio nome con tono scocciato. "Ti sistemerà soltanto i capelli."

"I miei capelli vanno bene così." Replicai, incrociando le braccia.

Brooklyn sospirò. "Non si abbinano esattamente alla collezione di mamma."

Non sapevo perché, ma tutto ciò mi spaventava. Cosa avrebbero fatto ai miei capelli?!

"Non posso inventare la scusa che sono malato o cose simili? Non sentiranno la mia mancanza."

Assottigliò lo sguado, accentuando maggiormente il suo trucco scuro. "Perché ho l'impressione che tu sia nervoso?"

"Non lo sono." Sbuffai, facendo roteare gli occhi e lasciando che mi trascinasse lungo il corridoio, dove alla fine intravidi delle luci e sentii delle grida. Molto invitante.

"Justin Bieber è nervoso." Canticchiò sorridendo, godendosi ogni secondo della mia ansia.

Mi posizionai di fronte a lei, costringendola a fermarsi nel bel mezzo del corridoio dalle pareti gialle. "Justin Bieber non è nervoso." Pronunciai, dedicandole uno sguardo annoiato, mentre lei si limitò a ridacchiare.

Alla fine, serrò la bocca e la sua espressione mutò, diventando quasi infastidita. "Smettila." Mormorò.

"Smettere di far cosa? Movimentare il tuo mondo con i miei bellissimi occhi?" ammiccai presuntuosamente, continuando a mantenere lo sguardo posato su di lei.

"So cos'hai intenzione di fare, Justin Drew, e non funzionerà." Picchiettò il dito sul mio mento, prima di sfuggire dalla mia presa e riprendere a camminare.

"Mi hai appena chiamato Justin Drew?" domandai stupito, aumentando il passo per raggiungerla. Stava volutamente facendo ondeggiare i fianchi in quel modo?

"Ho sentito tua mamma chiamarti in quel modo quando vuole che tu faccia qualcosa." Si strinse nelle spalle. "E sembra che funzioni."

"Non osare farlo di nuovo." L'avvertii scherzosamente, avvolgendo le braccia attorno alla sua vita e sollevandola da terra.

Strillò. "Justin, mettimi giù!"

"Prometi di non dirlo di nuovo? Mi fa sembrare un bambino sfigato di cinque anni." Continuai a tenerla sollevata, solleticandole il collo con il mio respiro.

"Fai i paragoni più strani." Scosse il capo, ridendo. "Ma cercherò di non farlo."

"Hmm, ti conviene, o ne subirai le conseguenze, piccola." Ridacchiai malignamente contro al suo orecchio, riposandola a terra. Ridacchiò, punzecchiandomi il petto con la forza di un moscerino.

Presi un respiro profondo non appena raggiungemmo le porte che ci avrebbero condotto dove tutte le altre modelle si stavano preparando.

"Andrai bene, Justin. Te lo prometto." Disse sinceramente, alzandosi in punta di piedi per baciarmi la guancia.

"Mi devi un favore per avermi costretto a fare tutto questo per tua madre." Sospirai, portandomi una mano tra i capelli mentre lei aprì le porte per farmi entrare.

"Non preoccuparti, avrai la tua ricompensa." Disse con uno strano tono di voce. "Ora entra in quella stanza sulla sinistra e verrò da te non appena sarò pronta." Con un ultimo sorriso, sparì all'interno di una stanza alla nostra destra, dove alcune ragazze vestite di rosa entravano ed uscivano, sfoderando risatine ed espressioni snob tipiche delle ragazze di Manhattan.

Tuttavia, non riuscii a focalizzarmi su nessun'altracosa che non fossero le ultime parole di Brooklyn. Avrai la tua ricompensa. Tuttavia, non volevo che le mie speranze venissero infrante, immaginando ciò che quelle sue parole avevano lasciato intendere - e sperai davvero di non sbagliarmi - ma cos'altro avrebbe potuto essere? Inizialmente credetti che stesse parlando di soldi, ma il modo in cui lo disse lasciava intendere... tutt'altro.

Mi diressi a passo incerto verso il camerino maschile, guardandomi attorno con aria circospetta.

Sembravano tutti modelli di Abercrombie, sorridendo ed atteggiandosi come se fossero i figli di puttana più sexy del pianeta. Persi il conto di quante volte alzai gli occhi al cielo. Fortunatamente non dovevo avere a che fare con queste cazzate tutti i giorni.

Non sapevo nemmeno come facesse Brooklyn ad avere a che fare con certa gente ogni singolo giorno.

Ricevetti diverse occhiate sprezzanti per i miei vestiti - scusatemi tanto se non indosso magliette firmate Ralph Lauren e pantaloni, ma preferisco essere vero nei miei jeans e nelle mie felpe. Ovviamente, li guardai nello stesso modo in cui loro guardarono me e, ammettiamolo, io sapevo incutere più paura.

Se solo sapessero dove vivevo e cosa ero in grado di fare, ci avrebbero pensato due volte prima di guardarmi in quel modo.

"Scusami, potresti dirmi il tuo nome?" una voce alquanto stridula, che apparteneva ad una ragazza dai capelli rossi, mi strappò dai miei pensieri. Indossava una giacca nera ed una gonna bianca, abbinate ad un paio di tacchi che però non la rendevano poi così alta. Un sorriso gentile le fasciava il volto e tra le mani reggeva un blocchetto ed una penna.

"Justin Bieber." Risposi, inumidendomi le labbra. Tutto ciò era alquanto imbarazzante ed avrei voluto scappar via finché potevo.

La donna fece scorrere lo sguardo lungo la lista fino a che non lesse il mio nome. "Eccolo qui." Il suo tono era simile a quello di una civetta, stava flirtando. C'erano solo dieci donne in questa stanza e tutte cercavano di impressionare uno di quei cazzoni.

Abbozzai un sorriso, sperando di lasciarmi la sua faccia inquietante alle spalle ed aspettando che qualcuno mi dicesse al più presto che cosa dovevo indossare. "Seguimi, Shana ti sta aspettando."

Tuttavia, il destino aveva altri piani per me dal momento in cui mi parlò di nuovo.

Le dedicai un'occhiata interrogativa. Chi accidenti era Shana?

"Shana sarà la tua parrucchiera." Spiegò, come se avesse intuito la mia domanda inespressa.

"Oh." Mugugnai, cercando di sembrare quanto meno eccitato.

"Non sembri troppo felice di essere qui." Commentò la rossa, ridendo di nuovo.

Ero quasi sicuro di aver avuto un'espressione terrorizzata stampata in faccia. Quella donna era davvero inquietante.

"È stata un'idea della mia ragazza." Chiarii, smontando il suo entusiasmo.

Si lasciò sfuggire una risatina forzata, prima di presentarmi a Shana e tornando a flirtare con qualche altro ragazzo, possibilmente single.

"Ignora Valeria, è strana." Quelle furono le prime parole che pronunciò Shana non appena mi fece sedere su di una sedia di fronte allo specchio.

"Sì, l'ho notato." Ridacchiai, picchiettando nervosamente il piede sul pavimento.

"Senza offesa, ma non ti ho mai visto qui prima d'ora e non sembri assolutamente come gli altri ragazzi." La sua schiettezza mi sorprese. Solitamente mi piacevano le persone che non avevano paura di essere oneste e decise.

"Non mi offendo, fidati." Risposi sinceramente. "È la prima volta per me. Ma non sembri per niente come le altre parrucchiere." Puntualizzai, notando i tatuaggi che le ricoprivano le braccia ed i piercing sul suo viso. I suoi capelli erano biondi platinati e più lunghi da un lato.

Shana rise. "Non sono per niente come le altre, ma so fare bene il mio lavoro, per cui il capo mi tiene qui."

Si strinse nelle spalle come se non fosse un problema. Shana aprì un cassetto colmo di alcuni strumenti come pettini e gel, ma poi lo richiuse. "Sai cosa, i tuoi capelli mi piacciono. Usi mai il gel?" si concentrò ad esaminare parte dei miei capelli.

"Sì." Annuii, sentendomi un po' a disagio per il fatto che mi stesse toccando i capelli. Odiavo quando le persone lo facevano, eccetto per quelle persone che portavano il nome di Brooklyn Reed.

"Lasciamoli così allora." Il suo sguardo incrociò il mio tramite il riflesso dello specchio. Rilasciai un sospiro di sollievo quando realizzai che non mi avrebbe scombinato i capelli. Avrei preferito rasarmi a zero piuttosto che assomigliare ad un fottuto ebete.

"Okay." Ero già stufo di restare lì.

"E la tua pelle è abbastanza liscia e senza macchie. Usi qualche crema?" domandò di nuovo, facendo scorrere un dito sulla mia guancia. Ed io che pensavo che quella ragazza fosse normale. No, erano tutte strane.

"Veramente, no." Sono un ragazzo, non me ne fregava niente dei cosmetici.

Dio mi aveva solo dato il dono di avere una pelle fantastica, cosa potevo dire?

"Hmm, interessante." Dopo aver dato un'ultima occhiata ai miei capelli, si alzò di scattò, facendomi sobbalzare leggermente. In quel momento iniziai a pensare che lei fosse la più strana di tutte. "Puoi vestirti ora, troverai i vestiti dentro a quel camerino." Sorrise, indicando una piccola cabina con la porta aperta.

"Grazie." Dissi, sorridendole a mia volta.

Serrai la porta del camerino e mi appoggiai contro di essa, inspirando ed espirando un paio di volte. In che guaio mi sono cacciato?

Osservando i vestiti sugli appendiabiti, realizzai che la mia più grande paura si stava per verificare. Mi sarei vestito come uno sfigato. Dopo essermi sfilato la felpa grigia, l'appesi ad un gancio, per poi togliermi la maglia bianca. Quei ragazzi non avevano nulla a che vedere con ciò che avevo io.

Abbozzai un sorriso al solo pensiero e mi sfilai i jeans dopo essermi tolto le Supra. Indossare i vestiti che la mamma di Brooklyn aveva disegnato, fu uno dei compiti più difficili. Non perché, fisicamente, non riuscii ad indossarli - avevo imparato a vestirmi da solo da quando avevo cinque anni - ma perché le pareti erano ricoperte di specchi e potevo vedere qualsiasi cosa. Rabbrividii quando vidi l'intero look.

Un fottuto frocio. Ecco a cosa assomigliavo. Pantaloni beige a piege, scarpe marroni e camicia.

C'era anche una stola di velluto a strisce appeso all'attaccapanni, ma non riuscii a vedermi con quello addosso. Ero già abbastanza osceno, mi sentivo come quei ragazzini in Gossip Girl, i quali non erano molto diversi dai ragazzi che si stavano cambiando nella stanza accanto. Come Nate, il quale non avevo ancora visto, ma ero sicuro che sarebbe stato qui. Afferrai la stola e lasciai il camerino con quella in mano, imprecando mentalmente.

Quando uscii, la stanza si era svuotata e i parrucchieri stavano dando gli ultimi ritocchi agli altri ragazzi.

Sfortuntamente, Shana mi vide e corse verso di me.

"Stai benissimo." Esclamò, al che sbuffai. "Ma lascia che ti aiuti ad indossare questo. È il top della moda."

Mi prese di mano quella strana sciarpa ed iniziò ad avvolgermela attorno al collo.

Cercai di dinvincolarmi, ma mi zittì. "Ora sei pronto per spaccare la pista." Il suo entusiasmo non era affatto contagioso e divenni sempre più impaziente. Volevo solo che quella giornata terminasse.

L'unica cosa che mi fece sentire meglio erano quei ragazzi che sembravano addirittura messi peggio di me.

"Ti sta bene qualsiasi look, eh?" Persino lei ci stava provando con me?

Le dedicai un sorriso falso, pregando che mi lasciasse fianlmente da solo fino a che Brooklyn non ritornasse.

"Valeria, Lucy, Shana!" la voce potente di una donna le chiamò, facendo in modo che tutti si zittissero all'istante. Chiunque essa fosse, doveva davvero essere qualcuno d'importante. "Venite qui e portate degli occhiali a tutti." Ordinò e le ragazze si precipitarono accanto a lei, prendendo diverse paia di occhiali da nerd da una scatola di cartone.

Quella donna indossava un abito di seta viola che le arrivava fino alle ginocchia e stretto in vita, attorno al collo portava una collana di perle che si abbinava perfettamente al vestito. I suoi capelli castani erano acconciati in qualche modo - non ne sapevo molto di acconciature per signore - e i suoi occhi verdi sembravano davvero stressati sotto a quel chilo di trucco.

"Figa, eh?" sentii un gomito punzecchiarmi le costole, costringendomi a voltare il capo a sinistra dove un ragazzo, più o meno della mia età, sorrideva come un idiota.

Evitai di rispondere. L'espressione che gli fasciava il viso era fin troppo stupida per meritare le mie parole.

Tuttavia, non sembrò accorgersi della mia scortesia e continuò a fissare la donna vestita di viola. Feci roteare gli occhi disgustato. Le vecchie signore non facevano per me, sebbene quella non avesse più di quarant'anni. Giocherellai con il cellulare, mentre vedevo persone correre avanti e indietro per soddisfare le richieste della donna.

Sperai di passare inosservato ed evitare così di indossare quegli spessi occhiali marroni che mi avrebbero fatto sembrare ancor più stupido di quanto già non fossi.

"Qui." Qualcuno mi posò qualcosa davanti agli occhi ed improvvisamente realizzai che si trattava di quel fottuto paio di occhiali. Avrei voluto protestare, ma, quando scostai lo sguardo dal display del mio cellulare, vidi la Donna Importante davanti a me. "Oh, tu sei uno dei nuovi ragazzi che ha portato Brooklyn?" la sua espressione era un misto di curiosità e sorpresa, ma le sue labbra mi sembravano familiari.

"Credo che sia così." La fissai attraverso il vetro degli occhiali. Se non altro non mi facevano vedere le cose in modo diverso.

Brooklyn

"Oh mio Dio, ho appena visto il ragazzo più carino del mondo entrare nell'altra stanza." Strillò una ragazza, correndo verso una sua amica con un'espressione eccitata dipinta in viso.

Avevo appena lasciato Justin da solo per andare a vestirsi e ora stavo cercando tra gli scaffali qualcosa che potesse piacermi. Essere la figlia della designer aveva i suoi vantaggi e potevo scegliere da sola quel che volevo indossare.

"Non sembrava essere di qui. Era vestito in modo strano, come se fosse povero o qualcosa del genere." Continuò la ragazza, catturando la mia attenzione. Un ragazzo carino vestito in modo diverso da tutti gli altri. Era chiaro come il sole che stesse parlando di Justin. Tuttavia, quei commenti sui suoi vestiti m'infastidirono.

"Ma era così bello." Quella ragazza iniziava a farmi incazzare.

"Hey ragazze, se siete pronte, potete uscire." Utilizzai il tono più gentile che potei, sentendo quelle due sfigate sbuffare, ma si allontanarono comunque.

"Mia mamma dice sempre che i soldi sono molto più importanti degli sguardi di un uomo, sempre." Si allontanarono, ma potei sentire comunque le solo stupide risate. Sarebbero andate davvero molto lontante con quella mentalità, per favore, notate il mio sarcasmo.

Sospirai annoiata, prendendo un vestito dallo scaffale ed entrando nel camerino. Mi sfilai il vestito rosa e tolsi le ciabatte. Il vestito che avevo scelto era giallo ed era colmo di fronzoli dalla vita in giù, mentre il corpetto era liscio e le maniche davvero molto corte. Infilai un paio di scarpe e ritoccai il trucco quando sentiii che le ragazze ritornarono nella stanza, continuando a parlare di quel ragazzo come se si fossero appena intrufolate nell'altra stanza e fossero state bellamente beccate. Quanti anni hanno, cinque?

Trovai un paio di scarpe dal tacco sottile nere, con un fiocco sul retro e le indossai, cercando di ignorare le loro voci stridule.

"Non riesco a credere che tu sia così sciocca, Mary!" sbuffò la mora, rivolta alla sua amica bionda. Non potei fermarle. "Ti ha visto di sicuro mentre lo spiavi e io non ho potuto vedere come stava con i vestiti nuovi." Sbatté il piede contro il pavimento come una bambina ed incrociò le braccia al petto.

Continuai ad applicare il trucco sul viso come se non le stessi ascoltando, ma le osservavo dal riflesso dello specchio. Una volta posato il pennello, portai le mani tra i capelli per dargli un po' di volume, prima di voltarmi a guardare la scollatura sul retro del vestito. "Non posso farci niente, sembra un Dio." Mary la guardò, imitando la posizione della sua amica.

"Ovvio che lo è!" gridò la ragazza sconosciuta, sbattendo ancora una volta il piede.

Mi stavano irritando. "Ragazze, quel ragazzo ha una fidanzata, per cui girate al largo." Mi avvicinai a loro con l'intenzione di lasciare la stanza e cercare Justin.

"E tu come lo sai?" sbottò Mary, sollevando un sopracciglio e guardandomi con aria superiore.

"Perché la conosco. E, fidatevi, non vorreste avere niente a che fare con lei." Scuotendo velocemente i capelli, m'incamminai verso l'uscita, assicurandomi di sbattere la porta alle mie spalle.

La sala principale era gremita di persone già pronte, dal momento in cui lo show sarebbe iniziato tra dieci minuti. Il mio stomaco era in subbuglio, ma era un buon segno - mi sentivo come se avessi avuto davanti un ragazzo che aveva intenzione di baciarmi - perché io amavo fare cose del genere.

M'intrufolai nell'altra stanza, salutando alcune delle persone che incrociai sul mio cammino, per poi avvicinarmi a Justin. Ma non era solo.

Merda.

Mi precipitai accanto a lui, cercando di non far rumore con i tacchi. "Mamma." esclamai, cercando di mantenere un'espressione seria così da non lasciarle opportunità di iniziare a pensare a varie cose. Gli occhi di Justin si spalancarono ed io gli lanciai un'occhiata, intimandogli a non dire una sola parola.

"Tesoro, sei stupenda." Si complimentò con me, apprezzando la scelta che feci per il vestito ed i vari accessori. "Grazie." Le sorrisi, cercando di restare composta. "Allora, hai conosciuto Justin?"

"Al momento mi sta dicendo che lo hai convinto a venire." Mia madre sembrava contenta e, per ora, non sembrava avere alcuna avversione verso di Justin. Ma non potevo rischiare, lei era davvero difficile da accontentare.

"Sì, credo abbia del potenziale." Spostai lo sguardo dovunque tranne che su Justin, ma potei facilmente capire che si sentisse a disagio, almeno quanto me.

"Beh, sono sicura che sia così. Sta benissimo." Fece un cenno d'approvazione, squadrandolo dalla testa ai piedi per la decima volta.

Risi e Justin arrossì. Justin Bieber arrossì. Mi persi qualche secondo a guardare come fosse vestito. Diciamo che non sembrava sé stesso - i suoi capelli erano rimasti intatti ed ero certa che ne fosse grato per questo - ma era comunque figo. Quelle ragazze avevano ragione, dovetti ammetterlo.

"Come avete fatto a conoscervi? Credevo di conoscere tutti i tuoi amici." Eccoci. Mia madre e le sue domande trabocchetto.

Dedicai un'occhiata a Justin, lasciandogli intendere che me ne sarei occupata io. "È un'amico di Kelsey. Ci ha fatto conoscere lei. È simpatico." Lo so, non avrei potuto risultare più stupida nemmeno se mi fossi impegnata. Justin trattenne una risata, ma colsi un guizzo nel suo sguardo.

"Così tu e Kelsey siete solo amici?" domandò mia madre curiosa e potei vedere Justin accigliarsi nuovamente, ma annuì comunque.

"Mamma." sbuffai, entendomi in imbarazzo.

"Aw, sareste carini insieme. Brooklyn, apparentemente, sembra essere fuori dal mercato, ma credo che stia solo cercando di dimenticare il suo ex." Continuò, come se non fossi stata presente e non sapevo cosa fare per fermare l'uragano Kate Reed.

"Mamma, seriamente. Questo è più che sufficiente. Stai spaventando Justin." Dissi a denti stretti, sentendomi ancor più a disagio.

"Va tutto bene." Le volse il suo sorriso più gentile e vidi mia madre arrossire. Per favore, ditemi che sto sognando.

"Signora Reed, abbiamo bisogno di lei sul palco entro tre minuti!" gridò Valeria dall'ingresso della stanza.

Eravamo quasi soli, dal momento in cui tutti si stavano preparando per sfilare.

"Auguratemi buona fortuna. Ci vediamo dopo, ragazzi." Abbozzò un sorriso prima di riprendere a camminare sui suoi tacchi.

"Non ne avrà bisogno, signora Reed." La richiamò Justin e mia madre lo salutò velocemente, come avrebbe fatto una studentessa.

"Oh mio Dio." Sospirai non appena rimanemmo soli.

Le mie mani iniziarono a sudare per la tensione.

"Allora sarei un amico di Kelsey, eh?" disse Justin con tono fermo, non me l'aspettavo del tutto.

"Scusa, era una bugia. Non sono riuscita ad inventarmi qualcosa di meglio da dire." Mi scusai, aspettando di ricevere un suo sorriso o un abbraccio, ma non accadde niente di tutto ciò.

"Perché non hai detto la verità?" ribatté, assottigliando lo sguardo a due fessure.

"Non era il momento giusto per sganciare la bomba su mia madre. È stressata per via dello spettacolo e hai visto anche tu quante domande faceva. Ti avrebbe fatto sentire ancor più a disagio." Aggiunsi poi, sperando che non si arrabbiasse, ma, a giudicare dall'espressione sul suo viso, le mie preghiere non vennero assolte.

"E supponevi che mi sarei incazzato, non è vero?" assottigliò maggiormente lo sguardo, ben visibile attraverso quegli occhiali che mamma gli aveva fatto indossare. Presi un respiro profondo per cercare di calmarmi.

"Avrebbe voluto sapere tutto sulla tua famiglia, sul tuo passato, sulla tua carriera e ti avrebbe anche chiesto che lavoro fai o se vai al college e non volevo inventassi bugie sulla tua vita solo per essere accettato da lei." Spiegai, sperando di far centro. Lo stavo facendo per lui. Perché non riusciva a capirlo?

Si lasciò sfuggire una risata nervosa. "Perché la mia vera vita non va abbastanza bene? Non puoi pretendere che tua madre mi accetti se persino tu ti vergogni di me." E, con quelle dure parole che mandarono in frantumi il mio cuore, si allontanò.

Rimasi immobile nel bel mezzo di quella stanza per un minuto, totalmente sbigottita. Una lacrima riuscì a scappare dal mio occhio, ma la fermai prima che potesse far colare il mascara.

Non avevo mai fatto nulla per far sì che la pensasse in quel modo. Non mi sarei mai vergognata di Justin. Lo amavo esattamente com'era. Ma mia madre non l'avrebbe accettato, almeno, non per ora. Avevo bisogno di tempo per farle capire che Justin fosse un bravo ragazzo, con un cuore d'oro, e che, soprattutto, andasse bene per me. Ma lui non era una fetta di torta.

Per cui ora, per colpa di mia madre, il mio ragazzo mi odiava. Improvvisamente, non ebbi più voglia di lasciare quella stanza. Ma dovevo farlo. Così, cancellando per un momento i miei sentimenti, e sistemandomi il vestito, lasciai la stanza per seguire il resto delle ragazze. Raggiunsi appena in tempo il retro del palco, giusto per vedere le ragazze sfilare sulla passerella. I gruppi erano organizzati per stagione e collezioni.

Justin sarebbe stato il prossimo e non c'era nulla che desiderassi di più che abbracciarlo per dargli conforto e dirgli che tutto sarebbe andato per il verso giusto. Tuttavia, i nostri sguardi non s'incrociarono per più di un secondo, preferì chiacchierare con alcuni ragazzi della mia scuola, apparendo così indifferente.

Me ne fregai e finsi di star bene anche io. Se ci riusciva lui, avrei potuto farlo anche io.

Quando fu il suo turno, potei facilmente capire quant'era nervoso dal modo in cui si morse il labbro inferiore, ma andò alla grande. L'espressione seria disegnata sul suo viso fu di grande aiuto per farlo apparire perfetto su quella passerella, senza contare tutti gli sguardi che aveva puntato addosso.

Era evidente che gli piacesse avere l'attenzione su di sé e non sembrava mai in imbarazzo quando si esibiva in pubblico.

Mentre pensava che io mi vergognassi di lui.

Quando fu il mio turno, scacciai ogni pensiero e mi concentrai solo a non cadere da quei tacchi. Sorrisi al pubblico quando arrivai alla fine della passerella. Solitamente non riuscivo mai a contenere l'emozione, ma oggi scaricai tutto grazie alla mia stupidità.

Dovetti aspettare che l'intero show terminasse e che il ricevimento cominciasse prima di cercare Justin.

Optando per indossare l'ultimo vestito con il quale avevo posato - era di un rosa acceso e con la scollatura a cuore, mentre la gonna sembrava quella di una ballerina - iniziai a cercarlo.

Cambiai le scarpe nere ed indossai i sandali dorati - i quali erano decisamente più comodi - ma riuscivano comunque a mantenermi ad una certa altezza, in modo che potessi sovrastare le altre teste.

Avrei voluto chiamare Kelsey e dirle di venire ad aiutarmi, ma suo padre stava subendo un intervento chirurgico e non volevo addossarle anche i miei problemi d'amore. Il resto dei miei amici non sapeva nulla di Justin oppure non erano abbastanza affidabili da far sì che gliene parlassi. Così ero sola, faccia a faccia con il pericolo.

Passando tra la sala affollata, dove file di tavoli ospitavano cibo e bevande, ricevetti abbracci, strette di mano e complimenti per lo spettacolo. Tutti conoscevano mia madre. E parlando del diavolo...

"Mamma, hai visto Justin?" dedicai un sorriso di scuse alle persone che le stavano parlando, prima di porgerle quella domanda.

"Sì, probabilmente sarà attorniato da metà delle ragazze presenti in questo posto. L'hanno praticamente divorato con lo sguardo durante lo show." Ridacchiò, come se fosse diverte.

Certo, l'avevo notato, solo che a me non faceva ridere. Mi ero innervosita parecchio, avevo persino sbuffato quando vidi tutti quegli sguardi puntati addosso al corpo del mio ragazzo e lui sembrava averlo apprezzato, tutto ciò mi aveva reso un po' gelosa.

Beh, aveva fatto un buon lavoro, perché divenni parecchio furiosa quando vidi una ragazza ridere di gusto a qualcosa che lui aveva appena detto. Si trovavano nell'angolo della stanza, la ragazza mi dava le spalle. Lo sguardo di Justin lasciava intendere che non era interessato a lei, ma lo faceva per farmi alterare.

Cercai di mantenere la calma e mi nascosi dietro ad una colonna, da dove potei sentire la loro conversazione mentre fingevo di mangiare.

"Sei abbastanza grande per bere?

Quella voce. Non riuscii a credere che Justin stesse davvero parlando con quell'idiota. Da ciò che vidi oltre la mia spalla, potei confermare le mie supposizioni. Era lei, quella stupida morettina a cui importava più dei soldi che dell'aspetto, ma che sembrava avere una cotta per il mio ragazzo.

Justin alzò il bicchiere colmo di Martini, dicendo: "Beh, tu che dici?" Bugiardo. La risatina odiosa di quella ragazza riempì nuovamente l'aria, costringendomi ad afferrare un bicchiere di cocacola dal vassoio di un cameriere per evitare che le mettessi le mani addosso.

"Allora, Justin, hai la ragazza?" la vidi giocherellare con una ciocca di capelli tra le dita, cercando di essere seducente. Strinsi la presa attorno al bicchiere, aspettando pazientemente di sentire la sua risposta.

"Perché vuoi saperlo?" raggirò velocemente quella domanda e fui grata del fatto che non mi escluse del tutto.

"Lei lo sa?" Justin sogghignò amaramente.

"Quindi la conosci?" la morettina - nuovo soprannome - sollevò entrambe le sopracciglia ed io commisi l'errore di gridare quando qualcuno mi calpestò il piede.

Justin mi notò e sorrise. Dannazione. Non avevo scusanti per ribadire il fatto che non stessi ascoltando, ma potevo ancora avere la mia vendetta.

Uscii allo scoperto e, prendendo qualcosa da mangiare - sfilare metteva appetito - passai dietro alla morettina. Involontariamente la urtai e versò il contenuto del suo bicchiere sulla maglietta bianca di Justin.

"Ups." Misi il broncio, stringendomi nelle spalle prima di allontanarmi e assicurandomi di ancheggiare sensualmente.

Justin voleva farmi ingelosire? Avremmo giocato in due a questo gioco.

Notai la vittima perfetta sulla strada che portava ai camerini. "Nate!" puntai il dito contro di lui, assicurandomi che Justin potesse vederci. La morettina stava utilizzando dei tovagliolini per rimediare al disastro che aveva combinato e Justin non aveva ancora notato né me né Nate.

"Sei ubriaca o mi stai davvero chiamando?" Nate mosse qualche passo verso di me, mantenendo però una distanza di sicurezza.

Agitai la mano, ridendo, come se avesse detto qualcosa di divertente. "Oh, Nate. Avevo dimenticato quanto fossi simpatico.

"Stai bene, Bella?" la sua confusione non sembrava essere svanita.

"Ma certo, volevo solo parlare, ehm, di..., uhm, di Chimica." Schioccai le dita quando mi venne in mente quella parola. Sarebbe stato un argomento perfetto. Non amavo fare quel genere di cose, ma ero davvero gelosa della morettina e avrei fatto in modo che Justin si sentisse come me.

"Riguardo a cosa?" ebbe il coraggio di restare abbastanza vicino a me, in modo che potessi almeno toccargli il braccio con la mano.

Con la coda dell'occhio osservai Justin: il suo sguardo era cupo e la mascella contratta. Stava funzionando.

"Vuoi che continuiamo a lavorare in coppia anche durante il prossimo semestre?" domandai, temendo ciò che sarebbe successo.

"Sei davvero tu, Bella?"

"Dio, smettila di chiamarmi Bella." Mormorai, cambiando all'istante tono di voce. "Sì, sono io. Volevo solo mettere da parte le nostre divergenze e concentrarmi sul compito." Sorrisi. "Voglio dire, è l'ultimo anno."

Non ebbi il tempo di notare la reazione di Nate che qualcosa lo colpì sulla guancia. Sobbalzai. "Justin, che stai facendo?"

"No, tu cosa stai facendo?" gridò a sua volta. Grazie a Dio la musica era abbastanza alta da sovrastare le nostre grida perché, se qualcuno avesse visto la scena... beh, non sarebbe stato carino.

"Tu parli con le ragazze e io parlo con i ragazzi." Spiegai, determinata a mantenere la mia posizione e non a crollare tra le sue braccia senza una discussione.

"Non si tratta di ragazzi normali," puntualizzò, lasciando Nate attonito, il quale si massaggiava la mascella con la mano. "Questo è il tuo fottuto ex ragazzo."

"Quindi? Qual è il punto?"

"Tua madre mi ha appena detto che non l'hai dimenticato del tutto. È abbastanza per te?"

Il tono di voce iniziava ad essere davvero alto, tanto che qualcuno ci fissò.

"E che mi dici di quella troia?" la morettina si allontanò quando capì cosa stava succedendo. Cercai di ignorare lo sguardo supplichevole di Nate, misto a sorpresa, quando sentì ciò che aveva detto Justin riguardo a quel che sentivo per lui. In quel momento, era una delle mie preoccupazioni più grandi.

"Era solo una troia." Sbottò. E quella poveraccia che sperava di avere una possibilità..

"Stai cercando di farmi ingelosire?" ribattei, sentendo la terra mancarmi sotto ai piedi.

"Oh, ha funzionato?" sogghignò.

"Tu che dici, Justin?" domandai retorica. Nate era ancora lì e ci fissava. "Scusa, Nate, ma... ciao."

Afferrando la mano di Justin, lo trascinai fuori dalla stanza, evitando gli sguardi indiscreti.

"Dove stiamo andando?" sospirò, seguendomi lungo il corridoio che portava ai camerini.

"In un posto dove potremmo avere un po' di privacy." Dissi semplicemente. Era chiaro che dovessimo parlare.

Nessuno parlò più fino a che non raggiungemmo il camerino maschile. Era deserto dal momento in cui tutti erano fuori a divertirsi, mi sedetti sul divano ed aspettai che Justin mi raggiungesse. La sua maglietta era ancora macchiata e ben aderente al petto, mostrando così i suoi addominali.

"Hai finito di fissarmi?" la sua voce mi riportò alla realtà ed ero certa che fossi diventata rossa come un pomodoro. Justin ridacchiò, camminando avanti e indietro per la stanza. "Sei così prevedibile."

"Che cosa vuoi dire?" mi tolsi le scarpe, per poi sedermi più comoda sul divano.

"Ti avrei fatta ingelosire così tu avresti fatto lo stesso con me, usando il tuo cazzo di ex ragazzo."

"Beh, ha funzionato?" se non altro i miei sforzi non furono vani.

"Quel pugno non è stato sufficiente a fartelo capire?" il divano si abbassò quando si sedette e le nostre ginocchia si sfiorarono. Inizialmente, credetti che si allontanasse da me, ma non lo fece, per cui credetti che fosse un buon segnale.

"È stato totalmente fuori luogo. È stata una fortuna che non ti abbia colpito a sua volta." Dovetti zittirlo, altrimenti avrebbe pensato che non fosse affatto sbagliato prendere a pugni i propri ex.

Justin rise di gusto. "È uno sfigato. Non sarebbe stato capace di colpirmi nemmeno se l'avesse voluto." Calò poi il silenzio tra noi e sentii il bisogno di romperlo. "Mi dispiace, Justin."

I suoi occhi si posarono su di me e dall'occhiata che mi dedicò, capii che dovevo continuare.

"Non mi vergogno affatto di te. Sono fiera di dire che sei il mio ragazzo. Ma i miei genitori sono complicati e non ti vedranno mai nel modo in cui ti vedo io. Giudicano senza sapere e la maggior parte delle volte sono superficiali, per cui devo prepararli prima di presentarti a loro. Oggi non era la giornata adatta per quello."

Spiegai, avvicinandomi a lui in modo che le nostre cosce si toccassero.

"Perché hai detto a tua madre che non hai ancora dimenticato Nate?" domandò Justin a tono, ma volevo che mi credesse e che capisse ciò che intendevo.

"Non lo so. Per lei, Nate è come se stesse su un piedistallo e credo che pensi che sia il miglior ragazzo del mondo, anche sapendo cosa mi ha fatto. Continua a credere che un giorno torneremo insieme."

L'espressione di Justin mutò. "Ma non succederà, perché sono cambiata, lasciando il ragazzo snob per quello cattivo, Mozart per Drake e lo studio per uscire di nascosto ed incontrare così il ragazzo che amo."

Sorrisi, facendo intrecciare le nostre dita, mentre mi portai l'altra mano dietro all'orecchio.

"Mi piace questo cambiamento." Mormorò, sorridendo.

"Bene, perché d'ora in poi sarà così." Mi avvicinai per baciarlo, sentendo le sue labbra dolci ricambiare quel bacio, facendomi sentire al sicuro. Posò la mano sulla mia guancia, facendomi piegare la testa di lato per approfondire il bacio.

"Scusami per aver reagito male." Si allontanò di poco. "Di nuovo."

Ridacchiai contro le sue labbra. "Dovremmo liberarci di questa maglietta sporca e bagnata. Non vorrai prenderti l'influenza adesso, no?" sussurrai, assumendo il tono più seducente che potei.

Justin scosse la testa e tornò a baciarmi, mentre mi sollevò le gambe e, sedendomi a cavallo della sua vita, iniziai slacciargli la camicia, un bottone dopo l'altro.

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