57"Oh, I like being miserable."

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Justin

"Hey, papà."

Mi sedetti sull'erba di fronte alla lapide. Il cimitero era deserto, fatta eccezione per l'addetto, il quale era impegnato a rifilare alcuni cespugli. Non ha detto nulla riguardo alla busta marrone che stavo portando. Credevo ne avesse già viste parecchie, le quali probabilmente contenevano calmanti o farmaci del genere. Svitai il tappo della bottiglia che mi ero portato e ne bevvi un sorso. Il Jack Daniels sembrava troppo drammatico e stereotipato e non avevo bisogno di aggiungere nulla del genere nella mia vita. Era già abbastanza simile ad una fottuta soap opera.

Ad essere sinceri, non sapevo realmente che cosa ci facessi lì, seduto davanti alla sua tomba di sabato mattina. Era troppo presto per me per essere già sveglio, ma dal momento in cui non avevo chiuso occhio tutta la notte, ho realizzato che non facesse differenza alzarsi e fare qualcosa di parzialmente utile. Inoltre, così facendo non avrei dovuto affrontare gli sguardi di disapprovazione da parte di mia madre o di Jazzy, sebbene sapessi che avrei dovuto farlo prima o poi. La lapide di mio padre sembrava la stessa di un mese fa, quando lo seppellimmo. Credevo che i vermi spuntassero dal terreno e che le lettere incise sulla pietra si rovinassero a causa del tempo. Certo, l'unica differenza era l'erba che era cresciuta ed un po' di terra aveva sporcato la pietra.

Mi ero ripromesso che non avrei iniziato a parlare con i resti di mio padre come fanno le persone in quei film malinconici per diverse ragioni. Una di quelle era che non avrei voluto assomigliare ad uno psicopatico. Avrei voluto conservare la mia sanità mentale. Un'altra ragione era perché mio padre era morto, e di conseguenza non avrebbe potuto sentirmi. Chiara e limpida come l'idea che mi era piombata in testa durante il tragitto da un'ora e mezza per arrivare qui, iniziavo a dubitare del mio scetticismo.

Avrebbe potuto sentirmi? Da dove diavolo era? Beh, speravo non fosse realmente all'inferno. Mi domandavo se la metà delle persone che credevano nel paradiso, credevano anche nell'esitenza del suo opposto. Nel caso in cui esistessero, sapevo dove sarei andato. Qualunque fosse il motivo, avevo salutato nuovamente mio padre e mi aspettavo che mi rispondesse. Se avesse potuto parlarmi, probabilmente non avrei voluto ascoltarlo. Forse è per questo che era finita così, perché una parte del mio cervello aveva bisogno di sapere che non ci sarebbero state possibilità di venir rimproverato. Mio padre non sarebbe tornato per darmi uno scappellotto sulla testa, sebbene l'avessi meritato.

"Ho fatto un gran cazzata." Mi sorpresi a dirlo ad alta voce. Mi guardai attorno per verificare se qualcuno mi avesse sentito. Il campo era deserto, non c'era nemmeno più l'addetto. Non sapevo cosa mi avesse incitato, ma continuai. "Si è rovinato tutto, in modo irreparabile. Ed è colpa mia e sapevo sin dall'inizio che tutto questo sarebbe successo. Non so cosa stavo cercando di fare," ammisi, e dirlo ad alta voce lo faceva risultare più vero, il che mi fece sentire più abbattuto. Bevvi un altro sorso. "Mi merito tutto quello che è successo, vero?"

Mio padre non rispose, ma potei comunque vederlo mentre inclinava la testa da un lato, deluso. Ingoiai l'amaro della birra. "Mi sto portando dietro tutto questo, lo so. Desidero solo non aver trascinato giù con me anche Brooklyn. Voglio dire, ho sempre saputo che sarei finito con il fare qualcosa che l'avrebbe abbattuta, per cui non dovrei esserne sorpreso. È solo che... sta durando così tanto..." abbassai lo sguardo verso la lapide in attesa di una risposta. Inutile dire che non la ricevetti.

"Non credo che riuscirò ad uscirne. Per tutto questo tempo ho cercato di farmi perdonare da Brooklyn, ma ora, non credo nemmeno di meritarmelo. Mi merito questo. Di essere ferito, abbattuto, di restare solo. È meglio così. È così che sarebbe sempre dovuto essere." Sbattei in modo troppo violento la bottiglia contro il terreno, provocando una crepa nel vetro. Fortunatamente il liquido non fuoriuscì. Affondai il viso tra le ginocchia, mugugnango tra me e me. Non ero solito a commiserarmi - l'odio verso me stesso era un'altra cosa - ma mi concesi qualche minuto per ribadire quanto facesse schifo la mia vita. Brooklyn era l'unica cosa positiva e l'avevo allontanata. Il pensiero di lei mi fece offuscare la vista. Non mi era mai piaciuto piangere. Difficilmente sentivo il bisogno di farlo, ma quando succedeva, cercavo di reprimerlo il più possibile, che facesse bene oppure no.

B.R.O.N.X.Where stories live. Discover now