Shen-L'ombra del dannato

By READformyDREAM

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Juno è all'apparenza una ragazza normale, ma una notte, mentre sta tornando a casa, il ciondolo regalatole da... More

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Contatti
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Volto ai personaggi
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Brevissimo stop!
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17

Capitolo 10

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By READformyDREAM

L'aria asettica della struttura e l'odore pungente del disinfettante, mi solleticarono il naso. Il silenzio sembrava regnare sovrano, data la tarda ora in cui ci trovavamo. Se mi fossi concentrata abbastanza, avrei potuto udire chiaramente il suono dell'orologio da polso della nonna, la quale mi osservava con espressione sorpresa. Avrei voluto abbracciarla e constatare la sua salute in modo migliore; invece, mi ritrovavo davanti a lei con una morsa tediosa alla bocca dello stomaco. Sapevo benissimo di cosa si trattasse: frustrazione, odio, paura... Un cocktail atomico da non assumere mai assieme.

«Avresti potuto dirmi tutto!» La rabbia era davvero una cattiva consigliera, eppure in quel momento si rivelava una valida alleata. Sentivo le mani prudere per il nervoso che circolava all'interno del mio sangue, un luogo in cui misteri e segreti sembravano celarsi sotto strati massicci di bugie. Guardai la donna davanti a me e, a stento, riuscii a riconoscerla. Colei che mi aveva cresciuta per tutti quegli anni, era divenuta una fonte inesauribile di menzogne. Stentavo a crederci. Aveva avuto varie occasioni per rivelarmi la mia vera natura, la mia storia, il mio passato e le mie origini, ma aveva continuato a tacere, nascondendo quella che era una verità inevitabile.

«Juno...» Tentò di dire sollevando le mani grassocce e piene di strani simboli. Uno tra tutti lo riconoscevo, era la runa della salute, ma stentavo a credere che funzionasse davvero, tanta era divenuta precaria la sua situazione. Dopo il suo giochetto dell'unire la mia vita a quella di Xavier, il suo fisico sembrava aver ceduto all'età. Si alzava poco dal letto e le passeggiate nel giardino erano divenute sporadiche, tanto che i fiori nella serra avevano iniziato a risentire della sua assenza.

«Guardami! Sono orribile!» Gridai sollevando le ciocche biancastre dei miei capelli. Lei li osservò rapita, come se ciò che portavo addosso come un marchio, fosse una benedizione da tanto aspirata. Avrei tanto voluto fare a cambio...

«Tu non sei "orribile". In te risiede il sangue più prezioso al mondo. Essere una Sorella non è una condanna, ma un privilegio», disse alzandosi in piedi con fatica. La fissai incredula. Davvero aveva il coraggio di dirmi una cosa simile? Eppure, più la guardavo, più la sua espressione non tendeva a mutare. Era seria.

«Sul serio? Io non credo che sia così...» La nonna sorrise, come se stesse cercando di far comprendere a un cieco quanto fosse fortunata la propria condizione. Io, però, ci vedevo benissimo e in ciò che mi stava accadendo, non riuscivo a cogliere niente di così positivo. Mi ritrovai a sospirare, mentre le sue dita callose avvolgevano le mie in una morbida carezza. I suoi occhi scuri catturarono i miei, spingendomi a cedere a quella bontà che risiedeva dentro di lei.

«Un giorno riuscirai a capire quanto importante sia il legame tra uno Shen e una sciamana. L'energia della vita che si lega a quella mancante e la conoscenza che si unisce all'ignoranza. Due mondi contrapposti, ma che insieme si fondono in uno solo.» Le sue parole furono dette con solennità. Leggendo il manuale, avevo intuito il ruolo di uno sciamano, ma il modo in cui la nonna venerava quel mestiere era qualcosa che per me rasentava l'assurdo. Due mondi uniti in uno. Entità che si completano a vicenda. Se il loro legame era così bello, perché si erano combattuti?

«Lo Shen è fuggito, non credo che scoprirò mai ciò di cui parli.» Risposi staccandomi dalla sua presa e aumentando le distanze. Fuori dalla finestra perfettamente pulita, il sole sorgeva, colorando di arancione il cielo. Gli irrigatori si accesero all'istante, iniziando a bagnare il prato verde della struttura. Tutto sembrava aver ripreso a vivere normalmente, ma io no.

«Oh cara, siete più legati di quanto immagini», mi distrasse facendomi sussultare. Io e Xavier eravamo uniti? Da cosa? La donna sorrise teneramente, andando a sedersi sul letto disfatto.

«Dovresti visitare Riverbridge!» Affermò convinta. Il suo cambio di umore mi destò timore, ma poi qualcosa dentro di me si accese. Per quale motivo sarei dovuta andare in un simile luogo? Ricordavo benissimo le verdi montagne e i boschi massicci in cui era possibile trovare specie protette. Avevo visitato da piccola quel posto sperduto e non mi era affatto piaciuto, ma non ricordavo bene il motivo. Forse, la mia mente mi stava proteggendo da qualcosa, magari da un ricordo lontano avvenuto in quel luogo dimenticato da Dio.

«Quel paesino sperduto? Perché mai?» Chiesi perplessa aggrottando le sopracciglia. Lei si coprì la bocca con la mano, per celare un risolino divertito, poi la sua espressione divenne solenne e cupa. Gli occhi, prima scintillanti di gioia, vennero coperti da una patina scura di mistero e le sue parole uscirono vibranti e tese, come corde di violino.

«L'ultima famiglia delle Sorelle si trova lì. Le uniche sopravvissute al massacro. Raggiungile e scopri la tua vera natura, collegati con gli spiriti e apprendi l'arte dell'occulto, solo allora sarai libera di scegliere chi essere davvero.»

Scegliere chi essere davvero. Come se fosse possibile! Allora perché ero salita in macchina e avevo raggiunto casa in tutta fretta, per afferrare le prime cose che mi erano capitate davanti e affrontare una simile avventura? Ero impazzita. Non vi era nessun'altra ragione valida per dover ascoltare la nonna in quel modo, se non la follia. Ero malata. Ecco la risposta giusta! Allora perché non facevo dietrofront e non mi facevo ricoverare? Perché continuavo a guidare e a tamburellare le dita sul volante con l'ansia di arrivare a destinazione il prima possibile? La risposta era una e una soltanto: desideravo conoscere e se ciò avesse significato dove raggiungere un paesino ai confini del mondo, avrei percorso tutte le strade di montagna possibili e immaginabili pur di farlo.

L'auto sfrecciò lesta sull'asfalto scuro. Il sole, ormai alto, picchiava con prepotenza sul parabrezza. Istintivamente abbassai il finestrino, lasciando che il vento sferzasse la mia pelle accaldata e mi lasciai andare a un sospiro stanco. Guidare senza qualcuno accanto a fare compagnia era una delle cose che più odiavo al mondo. Detestavo l'idea dei viaggi lunghi in cui il silenzio regnava sovrano, neppure la radio sembrava alleviare la noia che mi stava intorpidendo gli occhi ormai stanchi. Sbuffai, osservando il navigatore. Mancava davvero poco a raggiungere quella dannata cittadina sperduta.

Una ciocca bianca si schiacciò sulla mia guancia e, infastidita dalla sua presenza, mi ritrovai a posizionarla dietro l'orecchio. Il mio volto venne catturato dallo specchietto retrovisore. Gli occhi erano verdi, non avevano alcuna traccia di quelle pagliuzze dorate di qualche ora prima. Erano svanite nel nulla, così come erano apparse.

«Dove stai andando?» La voce di Xavier mi fece sobbalzare dallo spavento e istintivamente mi ritrovai a ruotare il volante prima a destra e poi a sinistra. Il piede schiacciò con forza il pedale del freno e le gomme della macchina stridettero con un sonoro fischio. L'auto dietro di me iniziò a suonare il clacson e, poco dopo, l'autista mi superò mostrando un magnifico dito medio. Ferma e immobile, con le mani serrate su quel cerchio scuro, fissavo il ciglio della strada davanti a me chiedendomi quale santo mi avesse preso sotto la propria custodia, poi l'attenzione ricadde sulla figura possente al mio fianco che, immobile e incurante del fatto che avevo rischiato di ammazzarci, osservava l'abitacolo con aria annoiata. Era sbucato dal nulla, come un fottuto fantasma. Lo osservai stranita e non potei fare a meno di notare che aveva cambiato abbigliamento, sembrava aver studiato la moda umana del periodo e si era adattato alla perfezione. La giacca di pelle marrone risaltava i suoi capelli biondi e l'incarnato bronzeo. La figura massiccia si sistemò meglio sul seggiolino, muovendo le gambe toniche al fine di distenderle meglio, poi i suoi occhi di giada si posarono su di me, come se attendesse risposte, che non tardarono ad arrivare.

«Ma dico, hai perso la testa?! Stavamo per ammazzarci!» Urlai indispettita fissandolo con sguardo truce. Avrei voluto aggiungere altre infamie, dall'avermi abbandonata in una specie di cantiere nel cuore della notte, all'avermi maltrattata per tutto il tempo trascorso insieme, ma mi bastò la sua espressione indecifrabile a farmi comprendere che sarei andata a sprecare fiato con un muro.

«Dove stai andando?» Ripeté nuovamente.

«Non sono affari che ti riguardano.» Che cosa si aspettava? Certamente non gli avrei gettato le braccia al collo con la gioia di rivederlo, mi aveva umiliata e detto apertamente che non aveva alcuna intenzione d' interagire con me per via del mio sangue. Senza attendere ulteriori domande accesi nuovamente il motore e ripresi il viaggio. Mancava veramente poco a Riverbridge. Sarei arrivata in tempo per cercare un posto in cui dormire e magari trovare qualcuno capace di dirmi qualcosa su questa strana famiglia di Sorelle. La mano di Xavier scivolò lungo i miei capelli e subito il suo dito ne attorcigliò una ciocca intorno. Lo fissai con aria truce, ma ciò non bastò a intimorirlo.

«I tuoi capelli sono bianchi» proruppe all'improvviso facendomi sospirare.

«Perspicace! Dimmi, da cosa lo hai notato?» Lo rimbeccai seccata immettendomi in una rotatoria e inserendomi, poco dopo, in una stradina di campagna.

«Dal colore.» Avrei voluto fermare l'auto e colpirlo con tutta la forza che avevo in corpo, ma invece mi ritrovai a lanciargli una rapida occhiata con l'espressione più seccata che potessi fargli. Xavier non sembrò indispettirsi, se c'era una cosa che avevo imparato era certamente che quello Shen non comprendesse affatto il mondo umano e neppure i nostri sentimenti. Non gli risposi, continuai a guidare scuotendo la testa in segno di disapprovazione per la sua presenza. Avrei dovuto essere furiosa con me stessa per non essere riuscita a sbarazzarmi di lui, eppure dentro di me si era accesa una scintilla di gioia, probabilmente per l'idea di poter terminare la missione datami dalla nonna. Il silenziò calò prepotente, lasciando che fossero solo le ruote sulla strada sterrata a fare rumore, poi la sua voce tornò nuovamente a infastidirmi.

«Deve essere stato l'anello. C'era un motivo se non te lo facevano togliere. Magari attenuava i tuoi veri poteri...» Aggrottai la fronte. Perché non ci avevo pensato? Era sensato! Dopo il rituale l'anello si era rotto ed era iniziato tutto da lì. Mi ritrovai a mordermi il labbro inferiore, tentando di pensare a una risposta plausibile pur di non dargliela vinta. Se avevo imparato a conoscerlo, mi avrebbe derisa per quella mancanza di attenzione a quel piccolo dettaglio. Xavier non attese risposta, si limitò ad afferrare il parasole e ad abbassarlo, poi lo risistemò con aria stizzita.

«Che cosa vuoi? Cosa ci fai qui?» Gli domandai distogliendo lo sguardo dalla strada. Il navigatore segnava pochi chilometri alla destinazione e certamente non potevo permettermi di cercare delle Sorelle con uno Shen al mio fianco.

«Credo che tu possa essere legata alla donna del rubino» biascicò stiracchiandosi la schiena.

«Magdalena? Ci credo, era mia nonna!» Era come sostenere che uno Springer Spaniel inglese assomigliasse strettamente a un Cocker, dopotutto è la razza originaria!

«Fossi in te non lo direi troppo in giro. Dove stai andando?» Continuò portandosi le braccia dietro la testa. Ne avevo davvero abbastanza della sua presenza.

«Vattene!» Gli ordinai e lui in tutta risposta scrollò le spalle.

«Come vuoi.» La sua risposta mi stupì, ma ciò che mi colpì maggiormente fu che il suo corpo ruotò interamente verso di me e non potei fare a meno di distrarmi dalla guida per guardarlo in piena faccia. I suoi occhi gialli scintillarono di una luce accecante e per un momento la mia testa iniziò a vorticare.

«Dimmi, dove stai andando?» Scandì attentamente ogni parola, insinuando una melodia dolce in ognuna di essa che inebriò i miei sensi. Mi stava facendo qualcosa, ne ero stranamente consapevole, stava cercando d' ingannarmi o peggio ancora d' incantarmi con uno dei suoi poteri ultraterreni. Come poteva un comune Shen fare una cosa simile? Sentii qualcosa vibrare dentro il mio corpo e allo stesso fluire dentro il mio sangue. Istintivamente portai una mano alla tempia e scossi la testa.

«Cosa sta succedendo?» Chiesi turbata. I miei occhi presero a bruciare con intensità anomala e non potei fare a meno di notare l'espressione esterrefatta di Xavier.

«Tu sei...» Le sue parole non terminarono, sentii un forte tonfo provenire dall'esterno e l'auto si ribaltò. Gridai portando le mani alla testa mentre gli airbag esplodevano colpendomi, poi qualcosa mi avvolse e il caos si arrestò. Una densa coltre di fumo scuro iniziò ad avvinghiarsi intorno alla mia figura e, senza rendermene conto, iniziai a tossire. Le gambe cedettero al terreno e non appena fui certa di essere ancora viva, spalancai gli occhi verso il campo erbaceo in cui mi trovavo. L'auto si era schiantata poco più giù, i finestrini erano devastati e lo stesso per il resto di quella ferraglia usata. Osservai la macchina lasciar fuoriuscire il fumo scuro dal parabrezza e subito mi domandai come potessi essere riuscita a fuggire da un simile incidente, poi la mia attenzione ricadde sul ragazzo al mio fianco, le cui braccia erano ancora avvinghiate al mio corpo.

«Mi hai salvato la vita!» Gli dissi quasi scioccata fissandolo incredula. Xavier ammirò l'auto con aria quasi preoccupata, poi si voltò verso di me. I suoi occhi scivolarono su ogni centimetro del mio corpo e, solo dopo aver osservato tutto con attenzione, sembrò rilassarsi.

«Muori tu, muoio io, ricordi?» Rispose serio non staccandosi affatto dal contatto fisico che si era andato a creare. Eravamo avvinghiati l'uno all'altra, come due metà che si incastravano alla perfezione. Il mio sguardo scivolò automaticamente sulle sue labbra, tese e dure come al solito e per la prima volta mi ritrovai a pensare che fossero irresistibili.

Improvvisamente una forte folata di vento si alzò intorno a noi. Xavier digrignò i denti e abbandonò la presa dai miei fianchi. L'aria iniziò a farsi pesante, come se qualcosa stesse rimuovendo il nostro ossigeno. Xavier snudò le zanne e liberò gli artigli scuri dalle mani, ma non appena la sua figura demoniaca si palesò, una sferzata improvvisa lo sbalzò indietro. Sentii un dolore lancinante colpirmi la schiena e caddi a terra prona. Non impiegai molto a capire che il dolore non era il mio, ma quello dello Shen. Digrignai i denti e sollevai lo sguardo verso una figura femminile. I suoi capelli erano sollevati dal vento impetuoso che la sua mano emanava. Il candore di essi risaltava le guance rosee e gli occhi di un rosso cremisi. Era bellissima, una dea della guerra vestita di nero e colorata dei colori della battaglia.

«I Demonium non sono ben accetti nel regno dei vivi!» Gridò rabbiosa scagliando un'altra tempesta di vento su Xavier. Lo Shen venne schiantato a terra per la seconda volta e un forte dolore all'addome si propagò nel mio corpo. Non seppi cosa fu a farmi reagire, ma quando vidi Xavier tentare di sollevarsi, mi parai di fronte a lui, facendogli scudo. La ragazza affilò lo sguardo sulla mia figura. Era sbucata dal nulla, ma era riuscita a comprendere la natura di Xavier all'istante.

«Fatti da parte o perirai con lui» disse boriosa sollevando il mento. Farmi da parte? Perché mai avrei dovuto farlo? Se Xavier fosse morto, avrei fatto io stessa la medesima fine.

«Mai!» Digrignai i denti. La figura femminile davanti a noi non sembrò sorpresa dalla mia reazione e un sorrisetto sghembo dipinse il suo volto.

«Allora morite!» La sua mano destra, prima contenente una strana sfera fluttuante, si sollevò in alto. La raffica di vento aumentò di colpo e una specie di tromba d'aria iniziò a vorticare verso di noi. Era violenta e furiosa come una vera tempesta. Sentii il sangue gelarsi nelle vene e istintivamente portai le mani alla testa, nel vano tentativo di difendermi. Era giunta la mia ora, saremmo morti sicuramente e io non avrei mai raggiunto il mio obiettivo. Scoraggiata all'idea di morire in un campo, chiusi gli occhi, lasciando che la tempesta d'aria mi avvolgesse a sé, ma ciò non accadde.

ANGOLO AUTRICE

Eccomi qui con un nuovo capitolo tutto per voi. Devo dire che questo pezzo non mi è riuscito particolarmente bene e credo che ci rimetterò mano molto presto. Avrei voluto trasmettere più emozioni, ma più scrivevo e più diventava asettico.

Vorrei usare questo angolo per ringraziare tre profili, tre autrici con cui ho avuto il piacere di fare uno scambio con Shen. Avrei dovuto scegliere solo una di loro, ma credo che tutte meritino un piccolo spazietto su questa storia. Le loro creazioni mi hanno concesso dei piacevoli momenti di svago e di interazione che da molto non riuscivo a trovare su questa piattaforma e vorrei ringraziarvi per questo. Le trame articolate, i personaggi, le descrizioni e il loro stile mi hanno fatta tornare a quando avevo scritto il primo capitolo di Infernale su questa piattaforma. Spero che possiate passare sui loro profili o a leggere le loro storie, troverete delle persone davvero fantastiche.

Alex_Apollyon Lafrittata11 e andreaaurora500 Grazie! Questa è stata una bellissima esperienza!

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