Capitolo 3

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«Xavier, aspettami!» Gridai saltellando sui ciottoli nel tentativo di non perdere l'equilibrio a causa delle decolleté che si incastravano ovunque. Il ragazzone non si fermò neanche un momento e io mi ritrovai a pronunciare nuovamente il suo finto nome.

«Non mi chiamo Xavier», rispose seccato voltandosi appena. Inciampai in una specie di tombino e per poco il manuale della nonna non cadde a terra.

«Come dovrei chiamarti allora?» Chiesi esasperata. Guardai l'ora all'orologio che tenevo al polso. Era tardissimo e sicuramente il fornitore aveva lasciato gli scatoloni alla porta. Xavier non rispose e si limitò a lanciarmi un'occhiataccia. Sapevo che non voleva dirmi niente su di sé, ma in qualche modo avrei dovuto chiamarlo, non potevo certo andare in giro a gridare "Shen".

«Vedi?» Sorrisi soddisfatta di aver vinto almeno una sfida.

«Allora, Xavier, dove andiamo?» Domandai aprendo la portiera della macchina.

«A prendere un rubino.»

«Certo... Dove?» Chiesi incuriosita, pur sapendo che non aveva idea di dove cercarlo, ma preferii far finta di niente e godermi un'altra vittoria della giornata. Xavier mi fissò con i suoi occhi ambrati e uno strano senso di vertigini mi avvolse all'istante. Dovevo assolutamente scoprire se fosse un dono che usava su di me o fosse soltanto soggezione, non potevamo continuare in quel modo.

«Chiedo! Sai che prezzo hanno sul mercato? Io non dispongo di tutti quei soldi, e tu?» Continuai distogliendo lo sguardo e posando borsa e manuale nella macchina.

«Sei fastidiosa.»

«Sono realista.»

«Cosa proponi allora?» Domandò stizzito facendo una strana espressione schifata.

«Miriam ha una gioielleria, le chiederemo di prestarci un rubino!», dopotutto era mia amica e un prestito non le sarebbe costato niente. Noi avremmo usato la pietra e poi gliel'avremmo restituita senza alcun problema.

«Allora andiamo da questa donna.» Ringhiò entrando in macchina come un fulmine.

«No, oggi è chiusa. La troveremo al Rift, questa sera», lo corressi accendendo il motore. Non ero molto vogliosa di uscire con un demone alle calcagna, ma se volevo togliermelo di torno, quello era l'unico modo possibile.

«E allora dove andiamo?»

«A lavoro. Sono già in ritardo!» Sorrisi vittoriosa quando lui non provò neppure a ribattere. Si lasciò andare a un sospiro e poggiò la testa bionda sullo schienale.

***

«Puoi rilassarti eh...» Dissi alzando appena la testa dalla fattura. Il negozio era deserto, non era entrato ancora alcun cliente e l'ansia di chiudere l'ennesima giornata senza neppure una vendita si faceva sentire. Fissai l'ora sull'orologio posto all'ingresso. Erano le cinque del pomeriggio e dalla vetrata davanti al bancone il sole si tingeva di arancione.

«Cosa ci facciamo qui?» Domandò lo Shen seduto su una poltrona verde stile vintage. Avevo decorato tutto seguendo i colori marroni e le tonalità di verde. Avevo creato dei piccoli salotti di lettura e degli angoli dedicati al tè. Gli scaffali delle librerie circondavano ogni salotto e la luce lieve della vetrata risplendeva in tutto il negozio, facendo scintillare le foglie delle piante cadenti.

«Lavoro.»

«Perdiamo tempo», ringhiò infastidito sistemandosi meglio sulla sua seduta. Lo guardai con più attenzione, era un magnifico uomo. Se avesse rimosso quell'espressione dura, molte donne si sarebbero avvicinate senza pensarci troppo.

«Allora affrettati ad andartene, non piangerò la tua partenza», risposi tornando a fissare la bolla cartacea. Mancava l'ultimo codice da spuntare e poi avevo terminato lo scarico. Improvvisamente un tonfo mi fece sobbalzare. Davanti a me, la libreria lasciava fluttuare i suoi tesori in aria, uno dei quali era steso a terra completamente aperto. Lanciai uno sguardo al demonio seduto, aveva un'espressione divertita e la mano destra sollevata in aria con il dito medio e il pollice a contatto.

Shen-L'ombra del dannatoWhere stories live. Discover now