(Un)expected

Door anna_storiess

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SPIN OFF DI (IM)POSSIBLE Ally. Chioma corvina. Postura sicura. Sguardo glaciale. Reputazione di ragazza faci... Meer

Book Trailer 🎬
Dedica✨🖤
Prologo
Chapter one
Chapter two
Chapter three
Chapter four
Chapter five
Chapter six
Chapter seven
Chapter eight
Chapter nine
Chapter ten
Chapter eleven
Chapter twelve
Chapter thirteen
Chapter fourteen
Chapter fifteen
Chapter sixteen
Chapter seventeen
Chapter eighteen
Chapter nineteen
Chapter twenty
Chapter twenty-one
Chapter twenty-two
Chapter twenty-three
Chapter twenty-five
Chapter twenty-six
Chapter twenty-seven

Chapter twenty-four

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Door anna_storiess

La luce del mattino filtra attraverso le finestre della mia camera, esattamente come il cinguettio di alcuni uccellini.

Tuttavia, non sono questi a svegliarmi, quanto più la porta della stanza che si chiude, e mi induce ad aprire gli occhi.

Sposto infatti lo sguardo su quest'ultima e noto la figura di Charlotte che - appena rientrata - cammina a passo felpato, cercando di fare il meno rumore possibile.

Intento praticamente fallito, poiché il mio sonno leggero sfrutta qualsiasi minimo rumore per farmi svegliare.

Perciò sbadiglio e stiracchio le braccia, per poi strofinare gli occhi con il dorso della mano.

Charlotte non sembra comunque notare che sono sveglia, poiché si sfila la giacca di jeans e la ripone con cauzione sull'appendi abiti accanto alla porta. Serra persino gli occhi non appena, per errore, sbatte contro un mobile e impreca sottovoce.

Sorrido divertita.

«Ti ho sentita, puoi tornare a camminare come un essere umano.»

I suoi occhi si catapultano su di me e si sgranano leggermente.

«Oh, scusa. Non volevo svegliarti.» si toglie anche le scarpe e si avvicina nella mia direzione per porgermi un sacchetto di carta.

Inarco un sopracciglio.

«Tieni, questo è per te.»

Sbircio all'interno e, inebriata dall'odore e dalla visione del cornetto al cioccolato che mi si presenta dinanzi, mi inumidisco le labbra, avvertendo un'improvvisa fame.

Trattengo un sorriso di gratitudine, e domando con il mio solito tono duro:
«È per farti perdonare per aver saltato la serata cinema?»

Dovevamo stare in camera ieri sera e guardare uno dei film sdolcinati che le piacciono tanto. Mi aveva torturato per circa tre settimane per cercare di convincermi a guardare "Endless love", e sono rimasta molto stupita del fatto che non si sia più presentata.

Inizia a mordersi l'interno guancia. «Hai ragione, è solo che Matt mi ha praticamente obbligata a non presentarmi. Aveva detto che doveva necessariamente parlarti e che non sarei dovuta essere "tra i piedi".» scrolla le spalle e porta una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio.

Io, invece, sposto lo sguardo altrove.

È stato Matt?

E, per quanto dovrebbe innervosirmi il fatto che abbia capovolto totalmente i miei piani per la serata di ieri, non posso che increspare le labbra in un lieve, minuscolo, impercettile... sorriso.

Afferro comunque il labbro inferiore tra i denti per trattenerlo e mi impongo di restare il più impassibile possibile.

Non so perché, ma uno strano compiacimento ha appena iniziato a tormentarmi il petto, insieme al solito piacevole formicolio.

«Immagino che dovrò rompere le gambe a lui, allora.»

Una scintilla attraversa lo sguardo di Charlotte e la porta a rispondere, senza la minima esitazione:
«Se non lo ha fatto già lui a te ieri sera, però.»

Sgrano gli occhi e le butto un cuscino addosso.

«Charlotte! Da quando sei diventata così sfacciata?» il mio tono ha appena assunto una sfumatura più ironica e questo sempre farla sorridere.

«Beh, ho avuto una buona maestra.» risponde la biondina, alludendo a me.

Roteo gli occhi al cielo subito solo ed estraggo il cornetto dal sacchetto, per poi iniziare a gustarne anche la minima briciola.

«Allora... è andata bene la serata?» si siede sul letto e incastra i suoi occhioni blu nei miei, in modo curioso.

Non rispondo subito, poiché i ricordi di ieri sera mi riaffiorano all'improvviso.

I girasoli.

Le scuse.

I baci.

Le sue mani.

I suoi occhi.

Il suo corpo che si fondeva con il mio.

Le parole che mi ha detto...

"Sei mia".

"Non c'è stata nessun'altra".

"Nessun'altra..."

Il modo in cui ha baciato le mie cicatrici...

Una strana e intensa fitta mi colpisce il petto, mentre qualcosa inizia a svolazzarmi all'altezza dello stomaco.

Le sensazioni che ho provato ieri sera si rifanno vive all'istante, esattamente come quello strano legame tra di noi che ho sentito rafforzarsi ieri sera più che mai.

C'è stato infatti qualcosa che è cambiato nei miei occhi, nel mio modo di guardarlo, di reagire alle sue parole, alla sua vicinanza...

Dio, è orribile ammetterlo, ma sento che questa situazione mi sta sfuggendo totalmente di mano, e non so fino a quando riuscirò a controllarla.

«Mh, a giudicare dal sorrisino che ti è spuntato...» constata dopo un po' Charlotte, ghignando sotto ai baffi.

La fulmino con un'occhiataccia, che però non sembra intimidirla più di tanto, e rispondo: «Ci siamo chiariti. Punto.»

Potrebbe risultare un po' riduttivo, in effetti, ma non voglio assolutamente che la biondina cominci a tormentarmi con le sue solite congetture e i suoi film mentali riguardo Matt e il nostro rapporto.

Un rapporto di solo sesso.

Me lo ripeto da ieri sera, eppure c'è una parte di me che non ha alcuna intenzione di crederci totalmente.

Mi alzo quindi dal letto, avvertendo una lieve sensazione di disagio per il discorso trattato, e getto il sacchetto ormai vuoto nella spazzatura sotto la mia scrivania.

«Ho visto i girasoli, è stato lui?» Charlotte non sembra comunque demordere e si alza di conseguenza, seguendomi con lo sguardo.

Annuisco semplicemente.

«Ti sono piaciuti?»

Annuisco un'altra volta.

«È stato carino, non è vero? Dovrò complimentarmi con lui.» emette un verso di entusiasmo e saltella sul posto in modo euforico.

Un'euforia che si scontra con il modo in cui roteo gli occhi al cielo e mi volto verso di lei.

Se non la fermo, penserà che Matt mi ha chiesto di sposarmi e che avremo dieci bambini, una bella casa e persino un pesciolino rosso.

È una ragazza innamorata dell'amore e questa cosa mi disgusta. Terribilmente.

Ammetto anche che qualcosa ieri sera è cambiato, per lo meno da parte mia, ma Charlotte si sta entusiasmando troppo. Eccessivamente, direi.

Mi volto quindi verso di lei e pronuncio con tono brusco: «Se parli di fiori, sorrisini e saltelli un'altra volta giuro che ti strappo i bulbi oculari e li metto nella mia prossima macedonia.»

La biondina schiude le labbra, inizialmente attonita per le parole usate. Dura poco però, poiché - ormai abituata dopo cinque mesi ai miei modi di fare - rotea gli occhi al cielo e solleva le mani in segno di resa.

«Eh va bene, la smetto. È solo che... tifo per voi.»

Aggrotto le sopracciglia.

«Non esiste nessun noi. Mi ha solo regalato dei fiori, con sopra probabilmente persino della pipì di insetti.» minimizzo appositamente il gesto di Matt, seppure ieri sera, non appena ho visto il mazzo di girasoli che teneva in mano, ho avvertito il battito cardiaco aumentare e una strana felicità irradiarsi in tutto il mio petto.

Questo, però, è meglio che Charlotte non lo sappia, a meno che non voglia farle esplodere il cuore di gioia.

«Comunque adesso devo prepararmi, ho un esame tra poco.»

Chimica e propedeutica biochimica.

Un esame per cui ho studiato in tutte queste settimane, nonostante il casino di questo periodo. Tra il ritorno di mio padre, i bigliettini, il ruolo da capitano delle cheerleader e... Matt, non ho avuto poi così tanto la mente libera, eppure ho cercato di impiegare più tempo possibile allo studio.

Non sono molto agitata, ma vorrei comunque usufruire di qualche ora per ripetere un'ultima volta.

Per questo inizio a prepararmi già da ora, seppur manchino ancora due ore.

Charlotte sospira.

«D'accordo. Vado a fare una doccia...» mi saluta posandomi una mano sulla spalla, per poi prendere il cambio dall'armadio e andare via.

Io, perciò, per la mezz'ora successiva comincio a prepararmi e - una volta pronta - afferro le chiavi della camera e mi avvicino alla porta.

Proprio lì, però, posato sul mobile in legno, è presente il mazzo di girasoli che Matt mi ha portato ieri sera.

Un minuscolo sorriso mi scappa a quella vista.

Devo ammettere che vederlo davanti alla porta con i miei fiori preferiti in mano, con la speranza di poter essere "perdonato" per tutto ciò che era successo in questi giorni ha smosso qualcosa. Ho infatti cercato di ascoltare la parte di me che urlava di mandarlo a farsi fottere e ignorarlo, eppure... non ci sono riuscita.

Perché la verità è che sentire la sua consapevolezza di essere stato un coglione e di aver combinato una cazzata dopo l'altra, mi ha fatto piacere.

Un lato di me si è sciolto non appena ho incastrato i miei occhi nei suoi, esattamente come nel mio stomaco ha iniziato a svolazzare chissà cosa non appena il suo profumo e la sua figura mi hanno avvolta totalmente.

Intrappolo il labbro inferiore per bloccare il disgustoso sorrisetto che mi stava spuntando.

Tuttavia, i ricordi di ieri sera rimangono nitidi nella mia testa e portano il mio corpo a essere attraversato da una serie di emozioni indefinibili.

Rilascio un sospiro e osservo l'orologio.

Tra due ore ho l'esame, perciò - poiché voglio utilizzarle per ripassare - sbatto le palpebre più volte e infilo i fiori in un vaso con dell'acqua, per poi uscire subito dopo dalla stanza.

Percorro l'intero dormitorio femminile e - una volta arrivata nella sede dove si terrà l'esame - attendo fuori dalla porta che inizi.

Le ore passano abbastanza in fretta, dopo le quali tutti noi studenti ci dirigiamo in aula.

Prendo posto a un banco della terza fila e lego i capelli in una coda bassa, quando però una voce maschile e familiare mi giunge all'improvviso:

«Anche lei qui, dottoressa?»

Volto il capo alla mia sinistra e, a due banchi da me, trovo proprio la figura alta e scultorea di Matt che mi osserva con uno dei suoi soliti sorrisetti impertinenti.

Frequentiamo questo corso insieme, perciò anche lui ha il mio stesso esame questa mattina.

Non rispondo e sposto lo sguardo altrove, in modo da non soffermarmi troppo sul modo in cui il suo pomo d'Adamo si abbassa in modo virile.

«Dormito bene?» continua però a un certo punto, con un tono ora molto più provocatorio.

Schiocco la lingua sul palato e assottiglio lievemente le palpebre.

«Benissimo, grazie.» incastro nuovamente i miei occhi nei suoi, perdendomi un attimo nella distesa d'indaco che mi avvolge all'improvviso.

Beh, non è propriamente la verità che ho dormito benissimo.

Questa notte mi sono alzata diverse volte per andare in bagno, a prendere un bicchiere d'acqua o semplicemente perché avevo bisogno di fumare per l'assenza di sonno, e ogni dannatissima volta che mi sollevavo, facevo fatica a camminare.

Le gambe mi tremavano, mentre incombeva su di me l'impotenza di riuscire ad avanzare come un normale essere umano, dato il modo in cui Matt mi aveva distrutta totalmente.

Le sue spinte di ieri notte sono state mordaci, profonde e ritmiche per tutto il tempo. Mi ha penetrata con un'intensità e una forza diversa dal solito e... mi ha destabilizzata.

E probabilmente questo, lui, deve saperlo molto bene, poiché il ghigno malizioso che gli compare sul volto tradisce il fatto che non mi abbia creduto neanche un po'.

Non interferisce però più di tanto, poiché mi riserva uno sguardo divertito e si inumidisce il labbro inferiore.

Deglutisco alla viste del sorrisetto affascinante che gli appare involontariamente e sposto lo sguardo altrove.

Sul professor Robinson, in particolare, che ha appena fatto il suo ingresso in aula con una pila di fogli in mano.

«In bocca a lupo.» pronuncia comunque Matt alla fine, afferrando una penna e cominciando a picchiettarla sul tavolo.

Lo sguardo mi ricade inevitabilmente sulle vene accentuate delle sue mani, che spuntano in modo virile ma non eccessivo, con le dita adornate di anelli in acciaio. Il desiderio di risentirle avvolte attorno ogni centimetro del mio corpo si fa da subito vivo, ma cerco di trattenerlo e di concentrarmi sul foglio che mi viene posto inanzi.

Certamente svolgere un esame di questa portata con le note di vaniglia, muschio e menta di Matt non è poi così semplice, ma tento ugualmente di non farci troppo caso, o passerei queste due ore a pensare a lui piuttosto che al test.

Chimica e propedeutica biochimica, Ally.

Solo chimica e propedeutica biochimica per i prossimi centoventi minuti.

Mi ripeto queste parole per un po', fino a quando il professor Robinson non dà avvio al tempo dell'esame.

Rispondo inizialmente alle prime tre domande, per poi però essere - inevitabilmente - catturata dal modo in cui lo sguardo concentrato di Matt passa in rassegna ogni singola domanda. Le sopracciglia sono aggrottate in un'espressione attenta, mentre la penna che tiene in mano risponde con maestria e facilità a praticamente tutte le domande.

Le svolge con una semplicità impressionante, come se stesse solamente rispondendo a delle curiosità e non a domande di un esame universitario.

Mi inumidico il labbro inferiore, attratta dall'espressione concentrata che ha indosso, e mi schiarisco la voce, tornando subito dopo al mio foglio.

Nella ora e mezza successiva riempio anche io le pagine delle risposte, completando quelle multiple e argomentando quelle aperte.

Compilo tutte e quattro le pagine del test e - dopo averlo riletto circa cinque volte in modo da trovare eventuali errori - scrivo il nome e mi alzo in piedi.

Finisco prima del tempo e consegno il mio foglio al professore.

Lui mi guarda sorpreso, poiché soltanto due persone sono riuscite a terminarlo prima delle due ore.

In realtà la cosa non mi sorprende più di tanto, poiché questa materia - così come tutte le altre scientifiche - mi attirano sempre. Mi piace studiarle e averne una conoscenza totale, perciò non mi pesa poi così tanto passare pomeriggi interi su libri di chimica , biologia, fisica, anatomia...

«Arrivederci.» saluto con il mio solito tono freddo il professor Robinson ed esco dall'aula, mettendomi la borsa di tela in spalla.

Non appena, però, supero la porta della classe e avanzo di qualche passo, ecco che due mani si arpionano ai miei fianchi e mi tirano all'improvviso.

Il metro e novanta di un ragazzo dagli occhi azzurri e dalla chioma bionda mi porta da subito a sollevare il capo e a deglutire nel momento in cui realizzo che si tratta di Matt.

«Finito l'esame, girasole?» mi domanda sottovoce, con tono roco.

Dei brividi mi percorrono l'intera colonna vertebrale e ci metto una manciata di secondi a riattivare le mie capacità cognitive e ad annuire.

Il mio corpo è praticamente attaccato al muro delle scale nelle quali mi ha trascinata, mentre il suo sempre più vicino al mio. Soprattutto nel momento in cui appoggia un braccio sulla parte della parete sopra la mia testa e affonda i suoi nei miei.

«È molto bella quando è concentrata, lo sa, dottoressa?»

Un battito vola via dal mio petto.

«Smettila di chiamarmi così.» lo rimprovero, seppur con un tono per nulla perentorio.

«E perché? Non vuoi forse prendere medicina?» mi posa distrattamente una mano sul fianco, mentre inclina il capo di lato.

«Sì, ma non è detto che diventi dottoressa.» scrollo una spalla.

Gli scappa un sospiro divertito e irrisorio al contempo, che lo porta a inumidirsi le labbra e a rispondere:

«Sei capace di prenderti il mondo con un solo schiocco di dita, tigre, figuriamoci se non superi degli stupidi esami universitari.»

Incrocio le braccia al petto, in modo da trattenere l'impulso di attirarlo a me e fondere nuovamente ogni singola particella dei nostri corpi.

«Per quanto li consideri stupidi li passi comunque a pieni voti. Non pensavo volessi fare anche tu il medico.» faccio spallucce e fingo di non notare il modo in cui il suo bicipite risalta comunque pienamente sotto la felpa grigia.

«Infatti non voglio.» scrolla le spalle, mentre io aggrotto le sopracciglia.

«E allora perché-»

«Perché mi serve un piano B, perché mi piace conoscere, e perché...» conta sulle dita le motivazioni che mi sta dando, per poi incupirsi all'ultima. «perché ne ha bisogno il mio orgoglio.»

La mia espressione diventa ancora più curiosa, mentre i miei occhi si spostano dalle sue iridi alle sue labbra.

Diverse emozioni sembrano attraversargli lo sguardo, tra un mix di consapevolezza, malinconia e rassegnazione.

«Orgoglio?» domando perciò a un certo punto.

Matt scrolla una spalla e finge una nonchalance che in questo momento non ha, per poi rispondere: «Sì, orgoglio.» fa un piccola pausa, forse non molto convinto di affrontare questo argomento.

Io, invece, rimango in silenzio, non riuscendo a motivare la parte di me che ha bisogno di sapere cosa lo ha fatto improvvisamente incupire.

E, fortunatamente, lui sembra propenso a spiegare, poiché pronuncia:

«Mio fratello, Simon, si è laureato ed è diventato amministratore delegato dell'azienda di mio padre. La Taylor's Enterprise. Ho perso due anni anche io prima di iniziare il college perché in realtà voleva che fossi io a prendere in mano le redini della sua compagnia. Voleva che mi occupassi di uno dei settori più importanti, seppur avessi solo diciannove anni. Ho provato a farlo, sono riuscito a imparare le tecniche di marketing e business che mi insegnava fin da quando ero un ragazzino. Mi parlava di vendite, entrate, uscite, strategie commerciali anche a dieci anni.» un sorriso rassegnato gli scappa a queste parole, come se raccontarlo facesse sembrare ancora più assurdo ciò che ha appena detto. «Così sono entrato a farne parte. Le azioni sono persino salite di molto, mio padre era sempre più fiero di me e tutti mi vedevano come il futuro erede di tutto il suo impero.» si allontana da me e abbassa lo sguardo. «Più però andavo avanti, facevo tirocinio e vedevo materializzarsi davanti ai miei occhi la stessa strada percorsa da mio padre... capivo che non era quello che desideravo. Per niente.»

Alterno lo sguardo da una sua iride all'altra, notando la tonalità più scura che hanno appena assunto.

«Perciò ho lasciato e gli ho confessato di volermi dedicare alla fotografia, ma lui non ne è stato molto contento.» si passa una mano fra i capelli. «Scattavo foto sin da quando avevo cinque anni. Ricordo che il primo a cui le facevo vedere era lui, eppure non si complimentava mai con me. Gliele regalavo e lui le gettava l'attimo dopo nella spazzatura, dicendo che catturare momenti e stamparli non mi avrebbe creato alcun futuro, mi avrebbe soltanto fatto perdere tempo. Tempo che - secondo lui - avrei dovuto dedicare in futuro esclusivamente al lavoro, al denaro e all'azienda.»

Posa entrambe le mani sulla balaustra dietro di sé, per poi incastrare nuovamente i nostri occhi.

«Dopo aver rinunciato al comando della Taylor's Enterprises, il suo atteggiamento nei miei confronti è diventato sprezzante, indifferente, quasi rinnegatore. Ha perciò iniziato a concentrare la sua attenzione su Simon, che - pur essendo molto più grande di me - non ha mai tenuto realmente in considerazione per ruoli importanti. Da quando però ho rinunciato io, gli ha improvvisamente affidato i ruoli più importanti, il comando dei settori più redditizi, accettando le sue idee di marketing e le sue strategie finanziarie.» sospira. «E più la stima, la reverenza e la soddisfazione nei suoi confronti aumentava, nei miei riusciva soltanto a covare delusione. Un manichino che non era riuscito a plasmare come lui desiderava. Ecco cos'ero realmente.» incrocia le braccia al petto, mentre cerca di controllare lo strato di malinconia che lo ha appena attraversato. «Me ne sono fottuto e ho iniziato a dedicarmi alla fotografia, eppure la sua voce costante che mi diceva che non sarei mai riuscito a trasformarlo in un lavoro, era sempre costante.» fa spallucce. «Perciò ho deciso di iscrivermi al college due anni fa, soltanto per chiudergli quella maledetta bocca, per avere un piano B, e per...» affonda le sue iridi, ora più fredde del solito, nelle mie. «Orgoglio.»

Schiudo le labbra e mi lascio andare anche io a un'emozione praticamente mai mostrata: il dispiacere.

Niente di ciò che mi viene detto dagli altri mi tocca mai. Di solito dimostro di fregarmene quasi completamente e non sono per niente propensa ad ascoltare ciò che hanno da dire.

Forse perché non mi interessa, o forse perché so che me ne importerebbe anche troppo.

Eppure oggi, con Matt, è stato... diverso.

Le sue parole hanno davvero colpito qualcosa dentro di me e sono riuscite a smuovere qualcosa.

Qualcosa che mi porta ad avanzare nella sua direzione e a pronunciare, forse per la prima volta nella mia vita:

«Mi dispiace...»

Gli poso due dita sulla guancia e sfioro la pelle liscia e sbarbata, cercando di mettere da parte la vocina nella mia testa che mi ordina di non toccarlo e smetterla di compiere un gesto così... umano.

La sua mano, molto più grande, si posa sulla mia e centinaia di brividi mi arrivano dritti al petto.

«Non voglio la tua pietà, girasole. Non me ne frega poi più di tanto di quello che pensa, ho smesso di farlo da molti anni ormai.» scrolla una spalla e allontana la sua mano dalla mia con lentezza, forse infastidito dalla compassione che pensa di star ricevendo.

Annuisco impercettibilmente.

«Hai continuato però con la fotografia, non è vero?» domando quindi a un certo punto, sistemando dietro l'orecchio una ciocca di capelli che era sfuggita dalla coda bassa.

«Sì, ma con i miei soldi.»

Aggrotto le sopracciglia.

«Non ti ho mai visto lavorare.»

Ed è dopo quelle sei parole che qualcosa nel suo sguardo cambia. Sembra improvvisamente pentirsi di ciò che ha appena detto, come se non sapesse come... rispondere. Non ne capisco il motivo, eppure sposta lo sguardo altrove ed esita qualche istante, pensando a chissà cosa.

Assottiglio le palpebre.

Che succede?

Quando sto per chiederglielo, però, lui mi anticipa e pronuncia, in modo frettoloso e indifferente: «Risparmi. Mi dava comunque un compenso non attestato per i due anni in cui ho fatto parte dell'azienda.»

Aggrotto nuovamente la fronte, indecisa se credergli o no. Il modo in cui il suo sguardo è cambiato non appena si è reso conto di ciò che gli avevo detto mi ha lasciata confusa, eppure probabilmente era semplicemente in difficoltà per il modo in cui si era aperto.

Magari non è stato facile raccontarmi di come per il padre non fosse altro che un progetto fallito.

Deglutisco e mi inumidisco le labbra, cercando di credere a questa seconda opzione.

Anche perché, in realtà, non ho la minima voglia di rovinare l'atmosfera che si è creata da ieri sera.

Ed è abbastanza strano, poiché di solito adoro le liti, i conflitti e prendermela con le persone.

«Andiamo in mensa? È quasi mezzogiorno.» Matt vira improvvisamente l'attenzione su altro e ciò mi porta a riguardarlo.

Lascia perdere, Ally.

Lascia perdere e smettila di farti domande.

Mi ripeto queste parole come un mantra, per poi alla fine riuscire a dare loro retta e ad annuire.

«D'accordo.»

Allunga il braccio verso l'uscita dalle scale e, dopo aver fatto passare prima me, mi posa la mano sul fianco. La sua presenza accanto a me, insieme al suo profumo irresistibile, porta un formicolio intenso a farsi spazio fra le mie gambe, ma riesco comunque a trattenerlo e a comportarmi in modo neutrale.

Decine di sguardi si puntano però nella nostra direzione, diventando allibiti non appena realizzano che stiamo camminando l'uno a fianco dell'altra, in modo così... vicino.

«Ci stanno guardando tutti.» sussurro a un certo punto, per niente intimorita da quello che potrebbero pensare.

Perché, sinceramente, non me ne è mai fregato un cazzo.

«Secondo me si stanno tutti domandando com'è possibile che la regina di ghiaccio tenga qualcuno così vicino per più di dieci secondi.»

Mi scappa un lieve sorriso a queste sue parole, che porta a far bisbigliare delle ragazze, come se avessero appena assistito a un miracolo.

Roteo gli occhi al cielo.

Ammetto che è molto strano anche per me camminare con il braccio di Matt avvolto ora attorno alle mie spalle, eppure non riesco ad allontanarlo e neanche lontanamente a convincermi di volerlo fare.

«Adesso magari ti tiro un calcio nelle palle, così torno a regnare come si deve.» pronuncio con ironia.

Matt increspa le labbra in un ghigno.

«Questo potrebbe più eccitarmi che intimorirmi, però.» mi stringe maggiormente a se, mentre tiene aperta la porta che conduce alla mensa.

Anche qui, gli sguardi di praticamente tutti gli studenti si posano su di noi.

Li ignoro volutamente e mi avvicino al bancone della mensa. C'è una lunga fila da aspettare, ma - sinceramente - ho troppa fame per rispettarla, perciò, non curandomi del fatto che dovrei aspettare il mio turno, afferro un vassoio e li supero tutti.

«Ehi, ma che diavolo fai?» domanda perciò una voce maschile sconosciuta.

Volto il capo nella sua direzione e gli rivolgo un occhiolino, seguito da un sorriso perfido.

Il ragazzo, dai ricci castani, perciò, rimane in silenzio - forse riconoscendomi all'istante, ma non può fare a meno di passare in rassegna il mio intero corpo.

Si sofferma in particolare sulle gambe fasciate dai jeans, posando i suoi occhi lì un minuto di troppo. Una scintilla di malizia gli attraversa persino le iridi e lo porta a deglutire.

Quando, però, sto per dire qualcosa, ecco che il corpo di Matt, molto più alto e imponente del suo, gli passa accanto. La sua mano si posa subito dopo sulla sua spalla, come se fosse più uno schiaffo,  e induce il tipo a posare i suoi occhi su di lui.

«Sguardo alto, ragazzo. O qualcuno potrebbe farti del male senza che tu neanche te ne accorga.» gli rivolge un occhiolino non molto amichevole, mentre il tono risulta falsamente rassicurante.

Il ricciolino osserva attentamente le iridi ora dilatate di Matt e, cogliendo la nota minacciosa, fa un passo indietro e annuisce frettolosamente.

«Sì, m-mi dispiace.» si scusa come un patetico codardo e abbassa il capo, per poi iniziare a grattarsi la nuca a disagio.

Subito dopo, Matt avanza nella mia direzione, mentre io continuo a fissarlo per chissà quanto tempo, affascinata dalla sua aura intimidatoria e al tempo stesso sarcastica che ha appena dimostrato.

Lui sembra notarlo, eppure non fa altro se non sollevare il braccio a indicare il bancone e pronunciare: «Si serva pure, signorina.»

Trattengo un sorriso, mentre qualcosa mi svolazza per forse la milionesima volta nel petto.

Sbatto comunque le palpebre più volte e risposto l' attenzione sul cibo davanti a me.

Dopo essermi servita della carne e delle carote, afferro il vassoio e scelgo un tavolo. In particolare, mi avvicino insieme a Matt a quello occupato da Samantha, Finn, Travis, West, e alcuni giocatori di basket.

Giocatori che salutano immediatamente Matt con una pacca sulla spalla e un ampio sorriso, per poi fargli spazio e farlo sedere accanto a loro.

Io, invece, prendo posto accanto a Sam, i cui occhi verdi sono puntati ssu di me e mi fissano con intensità, curiosità e... stupore.

Si alternano infatti da me a Matt, per poi portarla a domandarmi sottovoce: «Ho le allucinazioni o aveva davvero un braccio attorno alle tue spalle?»

Infilo la forchetta in un pezzo di carne e lo addento subito dopo, sperando che questo possa farle intuire che non ne voglio parlare.

Eppure fermare la curiosità della rossa al mio fianco è molto più difficile di trovare del ghiaccio nel deserto. E io lo so bene, poiché non posso fare altro se non sospirare e annuire.

«Questo vuol dire che state insieme?»

Sgrano gli occhi a quest'affermazione e aggrotto le sopracciglia, assumendo un'espressione scioccata.

«Cosa? No! Ma che dici?» agito una mano in aria, mentre cerco di mantenere il tono di voce non troppo alto. «Sai che odio questo... genere di cose. Non potrei mai.» assumo un'espressione disgustata, seppure ci sia una poi non così piccola parte di me che ha pensato che forse stare con lui-

Oh mio Dio, Ally. Piantala!

Mi rimprovero mentalmente per aver anche solo lasciato che questo pensiero mi sfiorasse e punto i miei occhi in quelli di Samantha, la quale - però - non sembra molto convinta.

«E allora cosa siete? Amici?» domanda con un sopracciglio inarcato.

«Andiamo a letto insieme, nulla di che.» torno a concedere la mia attenzione alla carne e ne addento un altro pezzo.

Avverto però lo sguardo di Sam studiarmi a fondo e cercare di captare ogni mio pensiero, fino a quando non assottiglia le palpebre e continua:

«Cosa mi stai nascondendo?»

Rimango in silenzio, fingendo che il motivo dell'assenza delle mie risposte sia la bocca piena di cibo. Neanche questo, però, riesce a convincerla, perciò non posso fare altro se non arrendermi alla sua testardaggine.

«Andrò a letto esclusivamente con lui, e Matt farà la stessa cosa.» scrollo le spalle e cerco di usare la massima indifferenza possibile.

Sam, tuttavia, sgrana ancora di più gli occhi e la bocca e mi guarda come se mi fosse appena spuntata una seconda testa.

«Cosa???» si sporge verso di me e attira gli sguardi di praticamente tutti i presenti al tavolo su di noi.

Cerco però di dissuaderli con una scusa banale e le intimo di abbassare la voce.

«Abbiamo un rapporto di solo sesso, Sam, non essere così scioccata.»

Inarca le sopracciglia. «Un rapporto in cui però vorreste ammazzare chi tocca l'altro, non è vero?»

Beh, sì.

Non posso negare che non appena una ragazza si avvicina a Matt o posa semplicemente gli occhi su di lui per più di tre secondi, una sensazione di rabbia diversa dal solito comincia a corrodermi dall'interno e a portare ogni mia cellula a covare un istinto assassino. Il sangue mi ribolle nelle vene, i nervi mi si tendono e le budella mi si attorcigliano per l'ira.

Non so se si tratti di gelosia o chissà cosa, eppure... c'è. È radicata dentro di me e non ha alcuna intenzione di alleviarsi.

E, a giudicare dal modo in cui Matt fulmina con lo sguardo chiunque sia a meno di un metro da me, sono abbastanza sicura che provi anche lui la stessa cosa.

«Esatto, penso che possa essere riassunto così.» scrollo una spalla e bevo un sorso d'acqua.

Sam sospira divertita al mio fianco e scuote il capo, per poi sussurrare tra sé e sé. «Quando capirò come funzionano le cose nella tua testa, amica mia, probabilmente inventerò un nuovo software per controllare tutti i dispositivi elettronici del mondo.»

Mi scappa un sorriso divertito, che mi porta a scuotere il capo e a roteare gli occhi al cielo.

Poco dopo, però, senza sapere neanche il perché, mi ritrovo a spostare lo sguardo su Matt e noto che i suoi occhi erano già puntati su di me.

Un ragazzo castano vicino a lui gli sta parlando di chissà cosa, probabilmente di Basket, eppure lui non fa altro che annuire impercettibilmente e guardare... me.

Schiudo le labbra.

Nei suoi occhi è presente una strana luce che non gli vedo quasi mai indosso, mentre il suo sorriso non è di derisione, sarcasmo o provocazione. Sembra diverso.

Come se fosse provocato dalla mia vista.

E questo, non so perché, mi provoca una fitta di piacere incontrollato e travolgente.

Mantiene il contato visivo per un paio di minuti, senza distogliere un solo secondo le sue iridi dalle mie. Mi penetra con le sue gemme personali, spogliandomi totalmente senza neanche toccarmi.

A un certo punto, però, sono costretta a guardare altrove a causa del piacere crescente che si stava formando tra le mie gambe. I miei capezzoli sono infatti già turgidi per lui e per i suoi occhi, così come il formicolio alla mia intimità sempre più preponderante.

Mi schiarisco perciò la voce e fingo di immergermi nel discorso corrente tra West e Samantha. Un tentativo che però si frantuma all'istante, poiché il suono di una notifica richiama la mia attenzione.

Sposto quindi lo sguardo sul telefono e noto che si tratta di un messaggio. Di Matt.

"Stasera, alle otto. Indossa un vestito elegante."

I miei occhi ricadono immediatamente nei suoi, non riuscendo a capire se mi abbia davvero dato un... appuntamento.

Lui si limita però semplicemente a sorridere e a lasciarsi andare sullo schienale della sedia, assumendo un'espressione da sornione.

Assottiglio le palpebre e cerco di leggerne i pensieri, eppure non posso fare altro che inumidirmi le labbra e nascondere un sorrisetto compiaciuto.




💖SPAZIO AUTRICE💖

Hola, amici! Finalmente un primo vero appuntamento tra Matt ed Ally! State ben attenti, però, perché per loro questo non significa che stanno insieme... 🙄

Beh, almeno noi riconosciamo che qualcosa nei loro cuori di ghiaccio sta cambiando, e crescerà sempre di più.

Durerà, però?

Questo lo scopriremo soltanto con il tempo. 👀

Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto, se così e se vi va lasciate una stellina 🌟

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