PRICELESS

By JennaG2408

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"Le cattive abitudini generano pessime dipendenze" 🌘Dark romance 🔞Forbidden love 💰Crime romance 📚 SCELTA... More

Avviso
C'era una volta una dedica
PARTE I
Prologo Lea
Prologo Trevor
1. FACCIA DA STRONZA
2. Finché qualcuno non ti compra
3. Fallo stabilire a me
4. Così poco di lei, così tanto di suo padre
5. Se l'orgasmo fosse un suono
6. Mi aspettavo di meglio
7. La sua degna erede
8. Un errore da 15 dollari
8.1 L'autrice si è dimenticata un pezzo di capitolo.
9. Tienila d'occhio
10. Non è Trevor
11. Non vali così tanto
12. L'anomalia emotiva
13. Il valore dell'innocenza
14. Quasi tutto quello che mi interessa avere.
15 Stasera quello rosso
16 Il mese prossimo potremmo essere morti entrambi
17 Non puoi urlare
18 La Dea più capricciosa dell'Olimpo
19. Aspettami senza far danni (parte1)
20 (parte2)Sei tu, la mia sola cosa importante.
21 (parte 3) Seppelliscimi con le scarpe giuste
22 (ULTIMA parte) Voglio sapere se posso urlare.
23 Who needs a boyfriend when you have puppies?
24 Sei uno stronzo fortunato, Trevor Baker
25 Ogni regina ha il suo scettro
26 Non puoi toccarla
PARTE II
27 Stanco, ma non di lei
28 La prossima volta ti farà male
29 Un nome per il sesso e uno per l'amore
30 Dolce figlia di un figlio di puttana
31 Ah, Auguri.
32 Quello che sta intorno al cuore
33 L'inferno non va bene per Sebastian Baker.
34 Non sempre un uomo di successo è un uomo di valore
35 Fragola, cioccolato e una goccia di veleno: mortale tentazione
36 Non fare di lei la tua Harley Quinn
37 Due affamati nello stesso letto
38 Niente di male a sanguinare un po'
39 E comunque questo è un Valentino, stronza.
40 Cattive intenzioni e voglie pericolose
41 La mia bambina non si tocca
42 Scorre sangue immondo
43 La sua pelle e la mia fame (parte 1)
44 Groviglio di carne e abbandono (parte 2 )
45 La migliore cosa sbagliata della mia vita (parte 3)
46 Il sesso come strumento di guarigione
47 Facciamo finta di no
48 Tutti i per sempre portano il nostro nome
PARTE III
49 Quello che sono disposto a fare per te
50 Scelgo il profano e il blasfemo
51 Il sapore di una truce Apocalisse
52 Non abbastanza. Punto
53 Eppure Lea è viva
54 Effetto domino
55 Cinquanta sfumature di BlueDomino
56 Londra è la mia puttana
57 Questo non può essere peggio
58 Gli affetti veri muoiono, quelli falsi uccidono
59 Innalzare le mie depravate pulsioni
60 Non c'è differenza tra una danza e una guerra
61 Benvenuti a tutti quelli come noi
62 Dimmi cosa ti ha fatto
63 Fammi male
64 Io mi salvo da sola
65 Mister SeLaTocchiTiUccido
66 La differenza tra stimolare e godere
67 Il grillo che mette nel sacco il gorilla
68 Pietà e rispetto
69 Non ti darei mai meno di tutto
70 Incassare, elaborare, espellere (parte 1)
71 Stavolta puoi urlare (parte 2)
72 Non lasciarmi solo
73 Ci sarò sempre
74 Stai attenta, bambina
75 Più incazzato che lucido
76 Scolpiranno il mio nome sulla tua carne
77 Domani è già arrivato
78 Sembra un addio, signor Baker
79 Esisti per me
80 A fanculo un'ultima volta
81 Non morire senza di me
82 Soffrire ancora un po'
84 Quella vita non è mai la tua
85 Ma tu non ci sei (parte 1)
86 Scopami nel modo sbagliato
87 UNLOCKED
PARTE IV
88 Morirò da re
89 Sono il vostro dio
90 Uno stronzo senza cuore
91 Tre baci sulla punta del naso
92 Un sollievo breve e inaspettato
93 Ciò che mi è dovuto
94 Ci sarò io, con te
95 Roba così
96 Nessuno di noi avrà conti in sospeso

83 Mentre fuori il mondo cade a pezzi

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By JennaG2408

Mie Queens, nel capitolo c'è un errore. Non incide sulla trama, incide sulla scena.
Lo correggerò, scusate. Oggi ho uno dei miei mal di testa e proprio non ci riesco. Prendetela come una sfida, dai. Trovate l'errore. Poi, se vi va, accetto idee sul come correggerlo senza stravolgere tutto il capitolo ❤️

Vederla correre lungo quel breve corridoio guardandosi indietro era stato come tornare a respirare dopo una lunga apnea. Lo smartwatch mi aveva segnalato il suo battito e di conseguenza la sua persistenza in vita, ma vederla... vederla era un'altra cosa.

E sentirla, cazzo, cos'era stato sentirla piombarmi addosso con il suo peso piuma, stringermela contro con un braccio così forte da sentir dolore persino io, avvertire l'odore dei suoi capelli come fosse il primo giorno nonostante il puzzo di carne cotta che impestata quelle quattro mura?

Ah, io sarei potuto resistere così, con lei stretta stretta, una pistola puntata contro e una impugnata, negli occhi la figura distorta di Viktor anche tutta la vita. Mi stava bene, perché quella situazione così in bilico tra dramma e soluzione era fottutamente meglio di tutto quello che avevo avuto prima di avere lei, prima della mia bambina.

Potevo resistere senza vederla, se la sentivo accanto a me, le sue manine che mi stringevano la camicia, il suo sguardo che mi bruciava la pelle anche se non potevo fottermi il cervello guardandola in quegli occhi grandi che avevano visto cose brutte nonostante fossero incastonati nella cosa più bella che l'universo avesse mai generato.

Adesso ti porto via, porca puttana. Ti porto da qualche parte, amore mio, un posto fatto baci sulla punta del nasino, baci abbandonati all'angolo della bocca, baci sull'ombelico che ti fanno ridere. Ti porto lì, per un po'. Ti convinco ad aspettarmi mentre faccio passare Viktor attraverso un tritacarne. Forse prima provo a fargli dire quello che ha tentato di farti in questo lasso di tempo in cui io accoltellavo il mio migliore amico. Forse tu non vuoi che lo sappia, ma io credo di volerlo sapere. Non perché mi piace farmi i cazzi tuoi, dopo posso anche dimenticare, sai?

Non importa il dopo. Ma durante voglio sapere. Mentre il suo corpo si trasforma in poltiglia voglio sapere: voglio essere molto incazzato perché poi certi modi di morire sono fastidiosi anche per chi la morte la procura e non la subisce.

Mi è già capitato, anche se piuttosto raramente. È roba da psicopatici e io, tutto sommato, non sono proprio del tutto andato.

Ma per vedere Viktor che sopporta una morte abbastanza orribile da far vacillare anche la lucidità di uno come lui, sono ben disposto a farmi perseguitare dal ricordo di quello che ho fatto per tutta la vita. Posso ben accettare di rivedere l'orrore per tutte le notti a venire, a vomitare al ricordo del rumore delle sue ossa che si sciolgono, della sua carne che sfrigola, dei suoi bulbi che scoppiano mentre è ancora vivo e presente a sé stesso e al suo dolore folle.

Sono disposto a tutto, per te.

E poi, coperto del suo sangue e delle sue maledizioni, torno a prenderti in quel posto fatto di carezze e baci,  e mi faccio guarire l'anima da te. Dal tuo sorriso che si allarga quando mi vede, dai tuoi occhioni che si illuminano quando mettiamo la granella di pistacchio sul gelato, dalla tua manina che a volte, di notte, si spalanca sul nulla per vedere il luccichio dell'anello che ti ho regalato infrangere il buio. Amo tutto di te, mi faccio guarire da te, e intanto di te mi prendo cura. Non ti lascio più, mentre fuori il mondo cade a pezzi e noi scopiamo come ricci nel nostro angolo perfetto e isolato. Per sempre, Lea. Per sempre.

Dicono che quando muori ti passa tutta la vita davanti. Ma siccome la mia vita era Lea, quando sentii il dolore io vidi solo lei, dal primo giorno, quello in cui era uscita dall'ufficio di Vitale dopo aver parcheggiato sul marciapiede, all'ultimo, quello che le aveva portato via Denis e, ne ero quasi certo, anche Alice.

So che è banale dirlo, però fa male essere colpiti da una pallottola.

Sapete cosa è meno banale?

Il dolore che si prova quando la pallottola colpisce qualcuno che ami. E quindi quando avvertii distintamente il proiettile trapassarmi la carne senza fermarsi dentro il mio corpo, il mio unico pensiero fu che c'era la possibilità che Lea venisse trafitta comunque, nonostante avessi cercato di proteggerla.

E quella cosa lì mi fece più male di tutto il resto.

Fu veloce, un vortice di dubbi e certezze, possibilità e vicoli ciechi, sangue e successi: vidi le dita di Viktor saltare via come aeroplani di carta artigliati dal vento, poi avvertii la pelle e i muscoli lacerarsi al passaggio del colpo di pistola, e subito dopo sentii le manine pallide di Lea spuntarmi ai fianchi, la sinistra sporca di sangue, mentre la sua vocina gridava il mio nome e nel suo tono disperato riconobbi il suono di un cuore che si spezza per la centesima volta, o forse di più.

Cercai di restare in piedi perché caderle addosso avrebbe decretato la morte di entrambi a prescindere dai danni causati dal proiettile. Le gridai il mio avvertimento nella speranza che stesse bene e potesse correre meglio di me: «Sa sparare anche con la sinistra!»

E nel sentire il suo corpo piccolo e caldo staccarsi velocemente dal mio mi abbandonai al sollievo: forse stava bene.

Mi permisi di indugiare giusto un attimo sulla sua figura che scattava oltre la mia per recuperare l'arma di Viktor, il tempo di scandagliarle il corpo con gli occhi in cerca di fori di proiettile che, almeno da dietro, non vidi.

Tenne la sua arma puntata contro il russo, da bravo cecchino, anche mentre si chinava per raccogliere la pistola che a lui era sfuggita dalla mano dilaniata, ma dovevo immaginare che l'avrebbe attaccata non appena si fosse piegata troppo sulle ginocchia perdendo il vantaggio della propria agilità. Viktor le afferrò una caviglia e la trascinò verso di sé, facendola cadere sdraiata a terra.

Le fu addosso in un secondo bloccandole i polsi anche con l'ausilio della mano ferita, evidentemente comunque più forte di quella di Lea.

E io divenni un grumo di rabbia solida: il sangue che mi sgorgava fuori dal fianco sinistro non si era portato via la forza necessaria a saltargli addosso. Lo staccai da lei strappandogli via anche un pezzo di carne ustionata e morta insieme ai capelli bruciati.

«Non la devi toccare, Cristo di Dio!»

Gli fui sopra, il mio sangue che si mischiava con il suo, infierendo sulla faccia, ma lo stronzo aveva la forza di un cazzo di immortale.

Con un solo gancio alla mascella si liberò di me, invertendo in fretta le nostre posizioni.

Puzzava come un barbeque abbrustolito.

«L'ho già toccata, Baker. Mi è bastata un'ora con lei per rovinartela per sempre.»

Poi, Lea gli sparò. Una, due, tre, quattro volte.

E io, che a quella frase che insinuava che fosse possibile rendere Lea un po' meno miracolosa di quello che era, avrei voluto rispondere con una scarica d'odio e pugni sui denti, dovetti sopportare il mio rancore senza sfogarlo su Viktor.

Il suo corpo sussultò come una marionetta a ogni colpo, accasciandosi accanto a me. Fissai la scena come se i miei occhi stessero registrando un fenomeno assurdo, il verificarsi di un evento inspiegabile che mette in discussione le più semplici e banali leggi della fisica.

«Quando non vuoi o non puoi uccidere un nemico, devi renderlo inoffensivo» recitò, come un bellissimo automa pieno di grazia, il mio bene più prezioso, a pochi passi da noi.

E infatti Viktor non era morto, ma decisamente inoffensivo. Lea gli aveva fatto saltare entrambe le rotule e i gomiti.

Cazzo, quanto era brava e cazzo, quanto imparava in fretta.

Alzai gli occhi per guardarla e porca puttana, mi ritrovai ad ammirarla, con un broncio super incazzato che mi portò via un paio di battiti dal cuore, un cipiglio che mi sequestrò una manciata di neuroni e uno sguardo corrucciato che s'impadronì di un'altra fetta di ogni parte di me.

«Vaffanculo, Baker... » il ringhio sofferente di Viktor non mi convinse a spostare gli occhi da Lea, che invece lo guardava come se attendesse un segnale prima di decidere cosa fare di lui. «Anche se mi uccidi, mi porto via un pezzo della tua troia. Te l'ho danneggiata, non c'è rimedio.»

E vidi il dubbio piegare le labbra della mia bambina, causare un po' di tremore nelle sue manine che impugnavano una pistola troppo grande per lei.

Afferrai il figlio di puttana per il colletto della camicia e lo trascinai lungo il pavimento. Avrei potuto alzarmi in piedi, ma sarei stato più alto di Lea e no, era lei che ci avrebbe guardati dall'alto tutti e due. Rimasi a terra con il pezzo di merda che aveva desiderato uccidermi per quindici anni, e in fondo il desiderio di fargli il dispetto di sopravvivergli era stata una delle pochissime motivazioni che mi avevano sostenuto in una vita piena di stimoli ma priva di valide intenzioni. Finché non avevo incontrato Lea, e tutto era cambiato.

Lo costrinsi ad alzare il mento e a guardarla, steso ai suoi piedi, ferito, ormai consapevole che sarebbe morto, ma ancora convinto di portarsi via una vittoria. Volevo incenerire la sua convinzione.

«Guardala, Viktor. Il mondo è pieno di stronzi ignoranti e stupidi che non l'hanno capita. Ma tu sei solo stronzo e ignorante, non stupido. Guardala, perché entri a far parte di quelli che sono convinti di averla rovinata, senza davvero esserci riusciti.»

Gli occhioni verdi di Lea parevano due pozzi pieni di incertezze. Stava facendo i conti con quello che le aveva fatto Viktor e io nemmeno lo sapevo, quello che le era successo. Ma che importanza aveva? Io l'avrei guarita, prima o poi. Lei stava incassando, ma poi avrebbe elaborato e infine espulso. Come sempre. Per forza. Perché dannazione, non poteva essere sopravvissuta di nuovo solo per morire dentro una volta per tutte. No che non poteva, cazzo.

Viktor gorgogliò una risata crudele, ma io rimasi concentrato su di lei, cercando di ignorare il puzzo osceno che emanava la sua testa mezza calva e ustionata. «Puoi restarne convinto per un po', Baker. Ma di là c'è la registrazione della nostra performance e tu...»

Io un cazzo.

Oh, io sapevo bene che stava cercando di colpire Lea con un'arma che poteva usare anche meglio della pistola: le parole. Lea superava tutto ma non per questo io potevo permettere che lei sopportasse. Quindi misi a tacere Viktor sbattendogli la faccia contro il pavimento.

«Stai per morire, Viktor. Ma non è per questo, che hai perso. Hai perso perché non mi hai portato via niente. Muori, e io ho per le mani una ricchezza che rende inservibili tutte quelle che avevo prima. Io e lei resistiamo, perché esistiamo. Non potevi vincere.»

Lea si sedette a gambe incrociate per terra, forse un po' provata dalle conseguenze di quello che stava per accadere. Stringeva la pistola con meno convinzione, ma non l'aveva abbassata.

Viktor grugnì sporcando il pavimento con un ventaglio di goccioline di sangue che gli partirono dalle narici.

«Ci siamo dati la caccia per quindici anni e lasci che a uccidermi sia la tua ragazzina? Vaffanculo, Baker.»

«Se ti fa sentire meglio, può ucciderti Trevor.»

«Lui non deciderà un cazzo, Lea. Né il chi, né il come.»

La vidi fissare Viktor, e avrei voluto indovinare quali pensieri le attraversassero la testolina rossa. Sembrava così immersa, impegnata. Quando alzò gli occhi su di me, lo fece sospirando.

«Deciderà lui. Non mi pare che quest'uomo abbia avuto facoltà di scegliere abbastanza, nella vita. Lascia che scelga nella morte, Trevor.»

«Io non voglio la tua pietà, piccola puttana italiana!»

La risposta di Lea mi intenerì più del dovuto. «Non è pietà, forse nemmeno rispetto, ragazzone. È solo... giustizia, credo. O comunque, credo abbia a che fare con il bisogno universale di equilibrio e... ribilanciamento.»

Appoggiò l'arma al pavimento e si alzò.

«Ci vediamo di là» mi disse. Poi spostò lo sguardo su Viktor. «E anche noi. Anche noi ci vediamo... di là. Prima o poi. Credo.»

Lea ci lasciò in quel corridoio, chiudendosi la porta di servizio alle spalle.

In quel momento la concretezza della situazione mi piombò addosso: forse uccidere Viktor non sarebbe stato davvero un sollievo. Era un gesto dal quale nessuno sarebbe più tornato indietro: né io, né Lea, e tantomeno Viktor. Sapevo fin troppo bene cosa mi attendeva dopo. Sempre che io ci avessi visto davvero giusto su Andrey, e che nel frattempo non fosse morto pure lui. 

C'era stato davvero un tempo in cui ero certo di sopravvivere alla mia fastidiosa ricchezza e al mio inappropriato potere solo per il gusto di dimostrare più cervello di Viktor, dato in quanto a muscoli e a strategie criminali tra me e lui non c'era storia: vinceva a mani basse, maledetto stronzo. 

E, in fondo, ero stato io a insegnare a Lea l'importanza di rendere inoffensivo un nemico non appena possibile. Ma un Viktor inoffensivo non era davvero un Viktor, cazzo. Cos'avevo per le mani? Un uomo. Solo un uomo. Ferito, perduto. 

Quando, di preciso, tutto quel casino si era trasformato in qualcosa di inaspettato? Quando, di preciso, quella era diventata la giornata mondiale della sconfitta di Viktor?

Abdicava, infine. Inerme, impossibilitato alla reazione. Era stata Lea, e non riuscivo a trarre niente, da quell'esecuzione: niente sollievo, perché non era finita, niente soddisfazione, perché uccidevo Viktor solo grazie alla collaborazione di Lea. Da solo ne sarei uscito morto, Lei... beh, lei peggio. 

D'altra parte noi eravamo i cazzo di Levor, quindi il mondo doveva abituarsi a questo. Dovevano sperare di trovarci da soli e indeboliti, perché trovarci uniti significava scontrarsi con qualcosa di invincibile. 

«Stai esitando, Baker? Paura di sentirti solo al mondo, senza di me?»

Sapevo come voleva morire Viktor, non ebbi nemmeno bisogno di chiederlo.

Gli sfilai il pugnale dalla lama damascata dalla cintola, gliel'appoggiai alla gola.

«Sono sempre stato solo al mondo, Viktor. Finché non ho trovato lei.»

Mi dedicò un ghigno imbrattato di sangue. «Ha ragione Andrey. Ti sei rammolito.»

Andrey. 

«Forse. Forse mi sono rammolito. Eppure a crepare per mano mia, oggi, siete proprio tu e lui.»

Strinse gli occhi, probabilmente individuando la mia menzogna.  «Non mi sono mai fidato di Andrey. Non dovresti farlo nemmeno tu, Baker. E adesso falla finita con le lagne. Aprimi la gola e fai un lavoro pulito. Spero che almeno questo tu sia in grado di farlo.»

La lama affondò nella pelle senza lacerarla. Non era così che avrei voluto ucciderlo. Non era così che lo avevo immaginato. Mi ero figurato una rissa coi fiocchi, squarci nella carne di entrambi, un corpo a corpo che mi avrebbe distrutto ossa e denti, ma cementato l'orgoglio.

Non stava accadendo. Il mio orgoglio era dormiente. Non ferito. Ma nemmeno gratificato. Stavo solo facendo quello che dovevo. Una mossa importante sulla scacchiera, ma non quella vincente. Cercai di soffocare l'idea crescente che Viktor avrebbe meritato di più. 

Fosse stato un film, uno come lui sarebbe dovuto morire nell'ultimo atto, dopo tutti gli altri. Ma la vita non è un film. E c'era pure una canzone del rapper filosofo che era d'accordo con me. 

«Scommetto che anche tu vuoi mandarmi a fanculo un'ultima volta» gli dissi.

«Fai in fretta, Baker. E non azzardarti a portarti via il mio pugnale. Esco dalla tomba per venire a riprendermelo.»

«Non avrai una tomba, Viktor. Ma va bene, uso il tuo pugnale per la prima ed ultima volta. Poi te lo lascio. Vedi di crepare senza ulteriori rotture di coglioni, perché dovrò comunque affrontarne delle altre, dopo di te.»

Misi fine a quindici anni di rivalità in un secondo, senza ripensamenti, senza gusto. La lama gli scavò un sorriso scarlatto nella gola. La paura gli restò negli occhi per meno di un secondo. L'ultima cosa che ci vidi dentro, fu sollievo.

Viktor morì in fretta, senza altre rotture di coglioni, come richiesto.

Provai una sensazione strana, e pensai che poteva essere più o meno quella che avrebbe provato Willy il coyote se fosse riuscito a prendere Beep Beep, o Gatto Silvestro se si fosse davvero mangiato Titti o, ancora, la stessa sensazione di un Batman davanti al corpo senza vita del Jocker.

Gli ficcai il pugnale tra le dita che non erano saltate via dopo il colpo di pistola di Lea.

Guardai il cadavere, e di Viktor non rimaneva già nessuna traccia. Era solo un contenitore, quello steso sul pavimento. 

Ma porca puttana, possibile che dovessi sforzarmi di non provare gratitudine verso quella merda russa? Aveva violato Lea. Mi aveva dato la caccia per una vita. Insultato. Truffato. Preso a pugni.

Eppure... eppure senza Viktor, cosa sarei stato prima di Lea?

Un uomo senza un rivale. Mi sarei aggirato per il pianeta e alla fine a uccidermi sarebbe stata la noia. Non era forse per provocare lui, più che i Volkov, che avevo sputtanato la RedAnt? Non era per pestare i piedi a lui, che avevo sempre cercato di ridare vita a El Diablo? E in Italia, non ci ero venuto per rubare qualcosa che mi avrebbe reso ancora una volta più veloce di Viktor nell'individuare un affare?

Poi ero stato derubato io, da Lea. Cristo, ci sarei mai venuto, in Italia, se non avessi voluto pisciare più lontano di Viktor?

Il destino mi aveva messo sulla sua strada perché lui mi avrebbe portato da Lea. E se non ci avesse sequestrati? Se non le avesse fatto quello che le aveva fatto, me la sarei portata a casa, la mia bambina? Mi sarei fatto raccontare di Matteo Gessi? Avrei realizzato di amarla vedendola felice dopo un abuso grazie a un gelato?

Fanculo, Viktor. Mi rompi il cazzo anche da morto

Distolsi lo sguardo dalla faccia spigolosa e priva di vita del mio nemico giurato.

Mi alzai, mi affacciai alla black room e non ebbi bisogno di avvicinarmi per sapere che quello di Alice era un altro cadavere. Ma entrai lo stesso. Non per Alice. Per la web cam.

Lea non avrebbe mai voluto che lo facessi.

Ma ero un figlio di puttana e lo guardai lo stesso, il video. Non si può guarire qualcuno se non sai quale parassita gli invade il corpo.

Poi, distrussi la cam pestandola a ripetizione.

Tornando dalla mia cosina preferita, dovetti chiedermi se qualcuno avrebbe mai guarito me, da quello che avevo dovuto vedere.

Alla fine il nostro vero nemico era davvero Viktor: nessuno, meglio di lui, avrebbe mai potuto farci quel tipo di male, infliggerci una pena in grado di disfare ciò che io e Lea avevamo costruito.

Il dubbio che, con un'adeguata quantità di tempo a disposizione, sarebbe davvero stato in grado di danneggiare la mia cosina preferita senza rimedio, non mi avrebbe più abbandonato.

Per fortuna che era morto, quindi. Anche se non come avevo sperato, immaginato, voluto. 

A quel punto, non restava che dare inizio alle nostre apocalissi.

Il fatto che Viktor fosse già morto rendeva le cose meno irrealizzabili, ma non le rendeva anche meno dolorose.

Prima di tornare da Lea, cercai di prepararmi al fatto che si sarebbe opposta con tutte le sue forze alla nostra separazione.

Fu quando mi sentii quasi svenire nell'aprire la porticina di servizio che ricordai che mi avevano appena sparato.

E fu quando sentii la puzza di bruciato addosso a Lea, che mi ricordai che era ferita anche lei.

E fu quando la vidi piangere per me, sulla mia ferita che ben sapevo essere più brutta che grave, che mi ricordai che non era ancora finita.

Infine, fu quando l'accarezzai sulla guancia, disteso a terra con lei inginocchiata accanto a me, che ricordai che due come noi non potevano essere davvero sconfitti.

«Sto bene, Lea, devo solo riprendermi un attimo, ok?»

Si chinò sul mio volto. «Ti porto in ospedale, Trevor. Anzi, chiamo un'ambulanza.»

Le afferrai il polso impedendole di alzarsi a fare una cazzata. «Ci sono due cadaveri, di là. Adesso ti spiego come dare fuoco al tuo locale, amore mio. E quali telefonate fare prima e dopo l'incendio, ok? La prima chiamata la fai a William, meglio una videochiamata, eh? La fai subito, e gli mostri il modo in cui sono ridotto io e il modo in cui sei ridotta tu. Poi diamo fuoco a tutto. Mentre ce ne andiamo chiami Aleksandr Volkov usando il cellulare di Viktor.»

E Lea fece tutto quello che le dissi.

SPAZIO AUTRICE

I Volkov finora sono stati solo un nome. Forse il capostipite della famiglia russa più temuta da Trevor sta per avere anche una voce.

E chissà se, nel corso dell'ultima parte di questo lungo romanzo, avrà anche un volto.

Questa terza parte della storia volge ormai al termine, mie regine. Vi ricordate come si intitola? 

Parte I - El Diablo

Parte II - Le colpe dei padri

Parte III- Unlocked

La quarta e  ultima parte, ormai vicinissima, sarà quella delle spiegazioni: i segreti di Lea, le apocalissi, le conseguenze. L'epilogo. Ovviamente, sarà brevissima. 

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