The night drowns in dawn

Oleh Myrskyla

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Fantasy romance a cavallo tra due mondi. Iris è irrequieta e imprevedibile, proprio come quell'oceano che fin... Lebih Banyak

PROLOGO - IRIS
CAPITOLO 1 - L'ADDIO
CAPITOLO 2 - OSPITI
CAPITOLO 3 - LA CENA
CAPITOLO 4 - RIVELAZIONI
CAPITOLO 5 - IRIS O NAYA
CAPITOLO 6 - IL BRANCO
CAPITOLO 7 - IL TEMPORALE
CAPITOLO 8 - LA FUGA
CAPITOLO 9 - LA PREDA
CAPITOLO 10 - FACCIAMO UN GIOCO
CAPITOLO 11 - IL PRIGIONIERO
CAPITOLO 12 - ALLA FONTANA
CAPITOLO 13 - IL NEMICO
CAPITOLO 14 - A PALAZZO
CAPITOLO 15 - I GIURAMENTI
CAPITOLO 16 - EIOWA
CAPITOLO 17 - QUELLA NOTTE
CAPITOLO 18 - NUOVA VITA
CAPITOLO 19 - LA FESTA
CAPITOLO 20 - L'AGGRESSIONE
CAPITOLO 21 - IL VOLO
CAPITOLO 22 - LA TEMPESTA
CAPITOLO 23 - UN SOGNO O QUALCOSA DI PIU'
CAPITOLO 24 - ABITUDINI E NOSTALGIA
CAPITOLO 25 - LE VERITA'
CAPITOLO 26 - CASA
CAPITOLO 27 - UN MESSAGGERO E UN PASSAGGIO
CAPITOLO 28 - RESA E TRADIMENTO
CAPITOLO 29 - SCINTILLE
CAPITOLO 30 - ADDESTRAMENTO
CAPITOLO 31 - LA MALEDIZIONE
CAPITOLO 32 - VERSO IL PORTALE
CAPITOLO 33 - AL DI LA'
CAPITOLO 34 - ALBA DI SANGUE
CAPITOLO 35 - CAMPO BASE
CAPITOLO 36 - FARABUTTO
CAPITOLO 37 - E' SCRITTO NELLE STELLE
CAPITOLO 38 - TREGUA, PACE E GUERRA
CAPITOLO 39 - SOFFIO DI VENTO
CAPITOLO 40 - IL CUORE
CAPITOLO 41 - MAI
CAPITOLO 43 - QUELLA PIETRA
CAPITOLO 44 - CHIARO DI LUNA
CAPITOLO 45 - LUNGA NOTTE
CAPITOLO 46 - PUNTO DI NON RITORNO
CAPITOLO 47 - ALONYTHA, NOI
CAPITOLO 48 - NUOVA ALBA
CAPITOLO 49 - IL VUOTO
CAPITOLO 50 - SOTTO LE STELLE
CAPITOLO 51 - NUOVO GIORNO
CAPITOLO 52 - SPERANZA E DELUSIONE

CAPITOLO 42 - KADIK

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Oleh Myrskyla

Iris era ancora immersa nell'acqua quando vide in lontananza un cavallo nero. Un animale grande e maestoso, dal manto lucido, immobile al limite della boscaglia. Zia Emma in una delle storie che le raccontava da bambina le ripeteva sempre che solo i soldati senza volto cavalcavano stalloni neri. Il pensiero che la Tetra Armata fosse arrivata fino a lì, a pochi passi dal campo base la inorridì. Si guardò indietro, verso l'imboccatura del tunnel e pensò di ripercorrerlo al contrario per dare l'allarme. La presenza di un cavallo significava per forza di cose che un cavaliere era nei paraggi.

Non trovava il coraggio di muoversi, combattuta tra la remota possibilità di compiere il suo viaggio suicida per salvare Hektrien e quella di avvertire i ribelli che il nemico era in zona.

Quando il cavallo incrociò il suo sguardo, iniziò a sbattere pesantemente gli zoccoli a terra e a muovere nervosamente il capo a destra e sinistra, fu allora che qualcosa brillò in mezzo alla sua folta criniera nera. Iris, attirata da quel luccichio misterioso, si alzò di scatto, emergendo quasi totalmente dall'acqua. La bestia nitrì, facendo risuonare ancora una volta i suoi zoccoli sul terreno e si sollevò addirittura sulle zampe posteriori. Pareva quasi che la chiamasse.

La Principessa raggiunse la riva e si avvicinò a lui senza prendere alcuna precauzione. Era la prima volta che vedeva un cavallo in carne e ossa. Quello abbassò il capo, annusando l'aria, non sembrava impaurito, tantomeno aggressivo. Quando lei allungò timidamente la sua mano verso il suo muso, riconobbe ciò che aveva attirato la sua attenzione poco prima. Era la spilla di metallo che aveva regalato a Hektrien il giorno del solstizio d'inverno. La sfiorò con la punta delle dita, come ipnotizzata da quell'oggetto. La sfilò con delicatezza e la strinse al petto, guardandosi attorno, illudendosi che lui non fosse poi così lontano. I suoi occhi erano lucidi, il suo cuore gonfio di determinazione, mista a incoscienza. La spilla poteva essere un messaggio dell'uomo per rassicurarla o una trappola del nemico per ingannarla.

Il cavallo si inginocchiò e quel gesto parve un invito a montare in sella. Sistemò l'oggetto nel suo borsello, prese coraggio e salì, stringendo saldamente le redini tra le mani. Era terrorizzata ed elettrizzata. Sentiva la potenza di quell'animale meraviglioso vibrare sotto il suo corpo.

«Portami da lui» gli sussurrò, carezzandogli la criniera.

Il cavallo si alzò, come se avesse compreso le sue parole e i due si allontanarono dapprima lentamente, poi a passo più deciso e infine al galoppo. Iris era tesa, ogni suo muscolo era rigido e pareva impossibile assecondare i movimenti dell'animale, ma con il passare del tempo riuscì a rilassarsi e godersi quel momento sospeso nel tempo. Il sole stava sorgendo, tingendo il cielo di rosa e asciugandola con il suo tepore.

Tutto brillava attorno a lei, la natura le mostrava tutto i suoi colori. Costeggiarono per una buon parte della loro cavalcata il fiume, dove si fermarono un poco per bere e riprendere fiato. Fu una sosta breve, anche il cavallo pareva avere fretta e fu lui a farle capire che era tempo di rimettersi in cammino.

Il paesaggio da favola mutò radicalmente quando entrarono nella buia foresta di Nyr.

Giunsero davanti al portale che separava i due Regni. Un rudimentale arco di pietra grigia, ricoperto in buona parte di muschio. Il cavallo lo attraversò senza esitazione e la giovane si ritrovò nella radura di terra battuta dove Hektrien aveva salvato Fidian molto anni prima.

Le fronde degli alberi da quella parte di Regno erano più fitte e nascondevano completamente il cielo. Per fortuna la luce del giorno che filtrava attraverso il portale le permise di guardarsi attorno qualche secondo, in attesa che i suoi occhi si abituassero all'oscurità.

Un'aurea di mistero avvolgeva quel luogo desolato. Il silenzio era totale e il tempo pareva esservi fermato. Per un attimo scrutando nel buio si immaginò che i bambini del Regno di Tenebra potessero sbucare dalla vegetazione, fieri e eccitati, proprio come li aveva visti nel suo sogno, riempiendo quel luogo di vivace energia, ma ben presto il nitrito del cavallo la riportò alla realtà e si rese conto di essere sola.

All'improvviso l'animale si agitò, puntando in una precisa direzione. Un uomo ricoperto di stracci emerse dall'oscurità.

«Principessa».

Iris strinse le redini con forza. Quella figura misteriosa, sbucata da dietro un grande albero secolare, si avvicinò lentamente, scoprendosi il capo e fu allora che lo riconobbe.

Occhi verdi come il mare d'estate, dalla elegante forma allungata, capelli biondi e morbidi che incorniciavano un volto dai lineamenti squadrati. Era Menkidor.

«Lui dov'è?» chiese quella.

«Sono qui per scortarti in un luogo sicuro» disse porgendole una mano e invitandola a smontare da cavallo.

«Dov'è?» ripeté con più impeto.

Non sapeva se poteva veramente fidarsi di lui, lo guardò intensamente, per cercare di capire se fosse una minaccia per lei.

«Non sono tenuto a rivelarti nulla» rispose spostando gli occhi a terra.

Fuggiva ancora il suo sguardo, come la prima volta che l'aveva visto.

«Perché dovrei seguirti? Non hai nemmeno il coraggio di guardarmi negli occhi, perché dovrei fidarmi di te?».

«Perché non hai altra scelta» rispose secco, fulminandola con lo sguardo. Quelle pupille dalle sfumature verdi raccontavano storie e nascondevano segreti. «Così va la vita, a volte non abbiamo scelta» aggiunse con una punta di nervosismo.

«Si ha sempre la possibilità di scegliere, ci vuole solo il coraggio per affrontare le conseguenze delle proprie decisioni. Se tu hai deciso di subire la vita, affar tuo. Dimostrami che posso fidarmi di te».

Aveva colto nel segno. L'uomo parve riflettere un istante.

«Mi confortano le tue parole, sarai una buona Regina» disse pacato, nonostante il suo attacco gratuito, porgendole un mantello. «Ma non servirebbe a nulla un tale sforzo, nonostante la mia lealtà, presto o tardi, perderesti quella fiducia».

Iris non si mosse, non capiva il senso di quella frase. Rimase cocciuta in sella a quel cavallo che non sembrava intenzionato a muovere un passo, a guardare la mano ancora tesa dell'uomo. Quello le sorrise divertito da tanta infantile ostinazione, carezzò il muso dell'animale con due dita, proprio in mezzo agli occhi e questo si abbassò, invitando a sua volta la ragazza a scendere.

«Chi ti ha deluso a tal punto da pensare una cosa simile?».

«Il mio peggior nemico» iniziò, cercando le parole giuste. «Me stesso. Quante occasioni perdute e promesse mancate. Andiamo e copriti il capo, non attiriamo altri guai».

La ragazza era turbata da quella confidenza così amara. Menkidor doveva avere un passato pesante, la ragazza avrebbe voluto sapere cosa lo spingeva a battersi tra le fila nemiche, al fianco di quei soldati che uccidevano la sua gente, ma non era il momento di fare domande. Decise di fidarsi di quegli occhi tristi che non le volevano alcun male. Indossò i suoi nuovi indumenti e accettò finalmente la sua mano

Il soldato gliela strinse forte.

«Farò del mio meglio per non deluderti mai» disse quello.

Lasciarono il cavallo nel bosco e proseguirono verso la città a piedi. Usciti dalla foresta, Iris guardò finalmente in alto, un leggero velo di tenebre la sovrastava. L'atmosfera era cupa, ma non intimidatoria. Il cielo era semplicemente grigio scuro, così diverso da come se lo era immaginato. La penombra regnava sovrana in ogni angolo, come se le nuvole si stessero semplicemente addensando, per annunciare un violento temporale. Quella eterna notte non era poi così spaventosa, la avvolgeva come un caldo mantello.

«La notte è color carbone, anche io la prima volta solo rimasto stupefatto di fronte a questo cielo» disse all'improvviso Menkidor. «Il mio stomaco mi dice che è quasi mezzogiorno, fermiamoci a mangiare qualcosa» aggiunse, mostrandole una tracolla di cuoio marrone nascosta sotto il suo mantello.

L'occhio di Iris cadde sulla sua spada, celata alla vista fino a quel momento.

«Dobbiamo salvare Hektrien» protestò lei.

Quello sorrise, di fronte a tanta ingenua audacia.

«Hai un piano?» chiese quello divertito, sedendosi sopra un masso e iniziando a organizzarsi per il pranzo.

«No, ma so che perdere tempo mangiando non gli sarà d'aiuto» disse lei.

«Non ha bisogno né del mio, né del tuo aiuto. Ti assicuro che sa il fatto suo e poi fino al sorgere della luna non corre alcun pericolo» disse guardando di nuovo il cielo.

«Perchè? Dov'è? Cosa succede al sorgere della luna?».

«Sei una gran curiosa» disse quello tagliando un pezzo di formaggio.

«Dimmi solo se sta bene».

«Sta bene» disse porgendoglielo.

«Dici davvero?».

«In un certo senso».

«E' prigioniero?».

«Incredibile» disse lui, scrollando il capo e addentando pane e formaggio.

«Cosa è incredibile?».

«Quanto chiacchieri».

Quel primo pomeriggio entrarono nella città di Kadik.

I vicoli erano deserti e polverosi, illuminati da torce tremolanti. C'erano soprattutto mendicanti in giro, che si trascinavano sporchi e stanchi, porgendo la mano ai pochi passanti dall'aria più abbiente. Le case erano tutte uguali, squadrate, dal tetto piatto e dall'aspetto triste. In città non sembrava esserci spazio che per miseria e disperazione.

Il soldato poggiò discretamente il resto del suo pranzo e due monete d'oro nella vecchia ciotola di un mendicante dalla lunga barba grigia, senza che questo se ne accorgesse.

«Ho sempre qualcosa in tasca per loro, credo fermamente che solo l'altruismo e la compassione potranno fermare la guerra».

Menkidor aveva ragione e iniziava a piacerle. Annuì e gli sorrise per la prima volta e lui le regalò a sua volta un dolce sorriso, di cui non lo credeva capace.

Arrivarono davanti a un'antica e imponente costruzione di mattoni grigi, lontano dalla via principale. Il cancello era in ferro battuto ormai arrugginito e ai suoi piedi c'era un ennesimo mendicante, seduto a terra a gambe incrociate e con lo sguardo perso nel vuoto. Quando i due gli si avvicinarono, questo guardò Menkidor e gli fece un cenno di intesa con il capo.

Entrarono nel cortile interno, pavimentato di pietre piatte, passarono sotto un portico dalle larghe colonne decorate da misteriose incisioni e il soldato bussò ripetutamente e ritmicamente a una delle tante porte, sicuramente una sorta di modo per comunicare con l'interno che di loro ci si poteva fidare. Dalla stanza si udì un rumore fastidioso, era come se qualcuno stesse spostando qualcosa che faceva attrito sul pavimento. Quando la porta si aprì, due soldati incappucciati gli si pararono davanti.

«Abbiamo visite» disse Menkidor, facendosi da parte.

La stanza era grande, dalle pareti scrostate e il pavimento polveroso di pietra grigia. Le finestre erano state sbarrate da assi di legno per impedire che qualcuno dalla strada potesse guardare dentro e i vecchi mobili erano tutti accatastati accanto alla porta, pronti all'uso per barricarsi dentro, in caso di bisogno. L'unica fonte di luce era un immenso lustro, pieno di decine di candele poste in circolo, che creavano singolari riflessi e ombre sul soffitto. Solo in un secondo momento Iris si accorse del meraviglioso affresco che dominava la volta della stanza, un cielo stellato, bello e misterioso.

Il suo cuore perse un battito, quando abbassò gli occhi e vide alle spalle dei soldati senza volto, un tavolone di legno scuro. La presenza silenziosa di Hektrien riempiva tutta la stanza. Il Generale, con la sua bella divisa nera, la guardò intensamente, ma non vi era nulla nei suoi occhi, solo oscurità. Non mosse nemmeno un muscolo del viso quando la vide varcare la soglia, tantomeno fece un passo verso di lei. Era freddo e indifferente, come se il loro legame speciale fosse svanito nel nulla.

Non era solo. Dietro di lui c'era un soldato più minuto chino su una mappa e seminascosto dalla sua stazza. Il viso era pallido e affilato, i capelli corti e disordinati e la barba sfatta. Aveva le palpebre pesantemente truccate di nero e un'ombra scura sotto gli occhi che faceva risaltare ancora di più le sue minuscole pupille color pece. Indossava a sua volta una divisa da soldato nera, ma a differenza degli altri era impreziosita sul petto da ricami floreali brillanti e portava vistosi anelli a ogni dito. Una bellezza intensa e selvaggia, quasi irresistibile. Era così diverso dall'ultima volta in cui l'aveva visto, ma l'aurea magnetica che lo circondava era rimasta immutata.

«Furfante» disse lui, guardando la ragazza dritta negli occhi e abbozzando un sorriso radioso.

Hektrien non si mosse. Quella attitudine mise a disagio il suo compagno d'armi, che si sentì obbligato a intervenire per sciogliere la tensione. Percorse i pochi passi che lo separavano dalla giovane e la strinse forte a sé, quasi mozzandole il fiato.

«Fidian» disse lei con un groppo alla gola, aggrappandosi a lui.

Quella guardava Hektrien, oltre alla sua spalla, senza cogliere alcuna emozione nel suo viso severo. Era il suo l'abbraccio che aspettava, non quello dell'amico. La delusione fu grande.

«Ha fatto un lungo viaggio, se non hai nulla in contrario l'accompagno al piano di sopra per riposare» disse il licantropo, voltandosi verso l'altro. Nessuna reazione di quello, nemmeno un cenno del capo, ma uno sguardo minaccioso, come se l'altro avesse commesso qualcosa di imperdonabile. «Andiamo» disse il ragazzo a disagio, passandole un braccio dietro alla schiena.

Sembrava che Fidian avesse fretta di lasciare la stanza per scortare Iris al piano superiore. L'accompagnò in una stanzetta fredda e spoglia, tanto diversa dall'ambiente accogliente della sua capanna al campo base. C'erano semplicemente dei materassi gettati a terra e qualche sedia traballante disposta contro la parete.

«Perchè?» chiese lei in un sussurro.

«Dagli tempo» disse prendendole la mano.

«Tempo per cosa?» chiese lei. «Sono scappata dal campo, ho rischiato la mia vita e quella del branco per lui e sono accolta così freddamente, sembrava quasi infastidito di vedermi. Io non capisco che cosa stia succedendo».

«Tempo per elaborare pensieri ed emozioni» rispose lui.

«Cosa è successo in questi mesi? Non è mai stato in pericolo? Non è condannato a morte?».

«Io sono solo uno strumento. Non sono tenuto a darti spiegazioni senza il suo consenso» disse quello dirigendosi verso la porta. «Ti faccio preparare un bagno caldo e qualcosa da mettere sotto ai denti».

Fidian si comportava esattamente come Menkidor, nessuno era disposto a parlare con lei.

«Farò le mie domande direttamente a lui» disse cercando di uscire, lui le si parò davanti, bloccandole il passaggio con un braccio. «Sono forse prigioniera?».

«Sei al sicuro» rispose lui, eludendo la domanda. «Sappi che non ti farei mai correre alcun pericolo, tienilo ben a mente, qualunque cosa accada».

Quella frase suonava così strana. Quello fece per andarsene una seconda volta.

«So di Rodya» disse lei all'improvviso. Fidian richiuse la porta. Restò in silenzio, in attesa del seguito. «Ti ha lasciato una lettera».

«Gabor» disse facendosi scuro in volto.

«No» disse lei, scrollando il capo. Lui sembrava scettico. «Io l'ho vista, Rodya. Era bella, aveva la pelle color latte e lunghi capelli neri. Prima di morire ti ha affidato una missione, ma io devo sapere, merito delle spiegazioni. Vuoi aiutarmi?».

Comprese dal suo sguardo che aveva finalmente ottenuto tutta la sua attenzione.

«Come? Dove l'hai vista?».

«Una specie di visione».

Non era disposta a rivelargli tutti i suoi segreti.

«Mi dispiace, ma non ti rivelerò nulla. Non credo che tu sappia molto, altrimenti non mi chiederesti spiegazioni. Puoi andare da lui se vuoi, ma non servirebbe a nulla in questo momento. Sei sempre così insofferente, Iris. Impara a essere paziente» .

Non avrebbe ottenuto nulla insistendo. Il licantropo sembrava triste, quello sguardo la intenerì.

«Sono felice di averti ritrovato, sei davvero ..».

«Affascinante?» domandò mostrandosi di profilo e ritrovando il buonumore.

«Volevo dire che sei davvero cambiato e che ti trovo bene».

«Ormai sono un ramingo, finalmente libero di essere me stesso. Ho avuto pazienza, ho colto la mia occasione, dovresti fare lo stesso».

«Può uno strumento essere libero?».

Strumenti o pedine. Erano entrambi prigionieri.

«La vita è fatta di scelte, ho fatto la mia, per onorare la memoria di Rodya» disse con l'accenno di un sorriso.

Iris non avrebbe potuto ribattere nulla, in fondo aveva fatto lo stesso identico discorso a Menkidor quel pomeriggio.

«Aspetta, fammi controllare qualcosa» disse lei avvicinandosi. Strabuzzò gli occhi e si finse sbalordita. «Fidian, cosa è successo al tuo naso?».

Il licantropo sussultò e si portò una mano sul viso per coprirlo alla sua vista.

«Si nota molto?» chiese lui inquieto.

La storia di Nemiah era vera, almeno l'episodio del pugno non era una bugia. Iris sorrise, rassicurandolo con un abbraccio.

«Non essere impulsiva» disse quello, tornando serio, carezzandole i capelli.

«Sono innamorata di lui, ma tu questo lo sai già» disse lei staccandosi da lui.

«Hektrien è un uomo tutto d'un pezzo, con dei principi solidi, giusti o sbagliati che siano. È testardo. Non otterrai nulla di positivo mettendolo spalle al muro, credimi. Usa l'astuzia, non la precipitazione».

Ciò che stava dicendo l'amico, tolto da ogni contesto pratico, non aveva senso.

«Non pretendevo chissà cosa, volevo solo un po' di calore» disse lei, arrossendo. «E' forse sbagliato?». Fidian scrollò il capo. «Come è possibile che quando sono entrata qui dentro tu abbia mostrato più entusiasmo di lui?».

«Io non ho potere su di te, potrei forse deluderti, ma non potrò mai spezzarti».

«Sono già spezzata. C'è cosa peggiore che vivere nell'incertezza?».

«Vivere nella certezza e affrontare il dolore che essa comporta» disse quello. «Vengo a chiamarti quando il bagno è pronto» aggiunse chiudendosi la porta alle spalle.

Non aveva altra scelta che prendersi del tempo prima di agire. Si guardò attorno ed ebbe un groppo alla gola, si coricò su uno dei materassi in fondo alla stanza e si raggomitolò come quando era piccina, stringendosi le braccia attorno alle spalle per sentirsi meno sola. Pensò irrazionalmente a Nemiah. Non erano solo i baci mai dati a spezzare un cuore, ma prima di tutto l'indifferenza.

La sua mente vagava da un pensiero all'altro e il freddo entrava dentro le sue ossa paralizzandola.

È forse la morte la certezza di Hektrien? Il suo piano per vincere la maledizione doveva essere fallito. Come poteva però essere sicuro che essa facesse riferimento proprio a lui e non a Nemiah?

Sognava quel bagno caldo promesso da Fidian, per lavare via tutta quella delusione. Erano più di ventiquattro ore che non chiudeva occhio, si addormentò rapidamente, nonostante i brividi, coprendosi con il suo mantello logoro che le arrivava a malapena alle caviglie. Quel mondo aveva tanto l'aria di un nuovo inferno.

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