𝗦𝗼𝗺𝗲𝘁𝗵𝗶𝗻𝗴 𝗡𝗲𝘄

Por Theworldsdreamer

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«𝑵𝒆𝒔𝒔𝒖𝒏𝒐 𝒉𝒂 𝒄𝒐𝒏𝒐𝒔𝒄𝒊𝒖𝒕𝒐 𝒅𝒂𝒗𝒗𝒆𝒓𝒐 𝑵𝒐𝒆𝒍. 𝐹𝑜𝑟𝑠𝑒 𝑛𝑒𝑚𝑚𝑒𝑛𝑜 𝑁𝑜𝑒𝑙 𝑒̀ 𝑟�... Más

Pʀᴏʟᴏɢᴏ 0.1
Pʀᴏʟᴏɢᴏ 0.2
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 1
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 2
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 3
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 4
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 5
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 6
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 7
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 8
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 9
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 10
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 11
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 12
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 13 ✞︎ 𝑯 𝑨 𝑳 𝑳 𝑶 𝑾 𝑬 𝑬 𝑵
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 15 ✞︎ [𝑪 𝒐 𝒐 𝒌 𝒊 𝒆]
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 16 ✞︎ [𝑻 𝒚 𝒔 𝒐 𝒏 - 𝑫 𝒆 𝒏 𝒊 𝒔 𝒆]
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 17 ✞︎ [𝑬 𝒛 𝒓 𝒂]
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 18 ✞︎ [𝑰 𝒔 𝒂 𝒂 𝒄]
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 19 ✞︎ [𝑯 𝒖 𝒏 𝒕 𝒆 𝒓]
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 20 ✞︎ [𝑽 𝒊 𝒄 𝒕 𝒐 𝒓]
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 21 ✞︎ [𝑱 𝒖 𝒍 𝒊 𝒂 𝒏]
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 22 ✞︎ [𝑮 𝒓 𝒂 𝒚 𝒔 𝒐 𝒏]
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 23
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 24
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 25
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 26
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 27
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 28
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 29
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 30
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 31
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 32
Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 33

Cᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 14 ✞︎ [𝑳 𝒐 𝒈 𝒂 𝒏]

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Por Theworldsdreamer

𝑺𝒂𝒃𝒂𝒕𝒐, 31 𝒐𝒕𝒕𝒐𝒃𝒓𝒆.

Il sabato mattina alla Heaven era solitamente silenzioso e tranquillo, i ragazzi tentavano di recuperare con il sonno le energie perse durante la settimana o anche solo durante la sera prima lasciando che fossero soltanto gli uccellini mattinieri ad animare la piazzetta centrale. Quel giorno, però, non era un qualunque sabato mattina e gli studenti si affrettavano a scendere in città per comprare da bere o dei costumi dell'ultimo minuto in preda a un'elettrizzante impazienza. La piazzetta si affollò e si svuotò in un ciclo senza fine, lo zampillio d'acqua continuò incessante attirando la vaga attenzione dei ragazzi che non potevano fare a meno di lanciare almeno un'occhiata prima di proseguire.

Tra questi, anche lo sguardo di Logan che lasciava il teatro dopo la solita riunione fu attirato in un brevissimo istante verso l'acqua e gli parve - un miraggio, forse? - di vedere Julian dall'altra parte della fontana in completa solitudine. Tuttavia, non si fermò ad assicurarsene, impegnato a correre per poter raggiungere l'appuntamento per il quale era già in estremo ritardo.

Superò il Conservatorio, passando oltre un gruppo di musicisti occupati a scambiarsi opinioni sul nuovo album di Taylor Swift, ed entrò dentro l'Accademia di danza. Il profumo di scarpette da ballo, di gel e di talco lo colpì nell'istante esatto in cui varcò l'ingresso e lo costrinse a raddrizzare le spalle di riflesso, come se si trovasse di fronte a una platea colma di persone.

Sorrise ad alcune studentesse di Classica che tentarono di fermarsi a parlare e, con delle eleganti scuse, le schivò di corsa fino a raggiungere, finalmente, una delle molte sale prove a loro disposizione.

Entrò, con il fiato corto e il viso rosso. Dentro era tranquillo, silenzioso, pacifico e Charity stava davanti al grande specchio che faceva da parete, intenta a fare stretching. Alzò lo sguardo, osservando il suo riflesso in piedi davanti alla porta chiusa mentre raddrizzava la schiena come un foglio di carta dopo essere stato piegato. Logan si ritrovò a sospirare, sollevato, dopo aver pensato che avrebbe benissimo potuto andarsene e invece era ancora lì ad aspettarlo.

«Sei in ritardo.», gli disse scacciando un ricciolo scuro dalla fronte.

«Già. - rispose Logan posando il borsone sulla panca, accanto a quello della ragazza - Non sei venuta alla riunione oggi.», aggiunse poi affrettandosi a cambiare le scarpe.

«Già.», vide un accenno di sorriso sul viso pallido.

Charity aveva accettato - con molta fatica - la mano che Logan le aveva porto e, dopo il primo, piccolo successo, lasciò che l'aiutasse anche con la coreografia per il Festival. Logan ricordava, sempre con un sorriso soddisfatto, il giorno in cui la vide arrivare e sussurrare un "grazie" imbarazzato che ovviamente le fece ripetere più volte.

«Ripassiamo quello che abbiamo fatto a lezione, prima?», le chiese avvicinandosi e allungando la mano per aiutarla ad alzarsi in piedi.

«Non abbiamo molto tempo per pensare anche alla coreografia.», rispose Charity guardando il grande orologio appeso oltre le spalle di Logan.

«Allora pensiamo solo alla lezione. - sospirò - Mi dispiace di aver fatto tardi.», aggiunse poi, ma Charity sembrò sollevata dalla notizia.

Non si espresse mai a riguardo, ma Logan intuì la difficoltà al pensiero di preparare un'intera coreografia e la paura di mostrarsi a un Campus che la detestava. Fu una cattiveria da parte sua quella di costringerla a presentarsi sul palco come protagonista, ma non l'avrebbe fatto se non fosse stato assolutamente convinto che l'avrebbe aiutata.

«Non preoccuparti.», lo rassicurò.

Logan le prese la mano, portandola in posizione e le parlò solo con lo sguardo, attraverso lo specchio. Sei pronta? Charity annuì impercettibilmente e Logan la sollevò.

Non la perse di vista, nemmeno per un secondo e, mentre provavano, si ritrovò a riflettere come dopo il fastidio che aveva provato nel leggere quei suoi articoli, adesso, era grato di poter passare del tempo con lei, chiusi dentro quella sala.

Ballare era diventato ancora più significativo, profondo da quando sentiva le sue mani che gli si stringevano sulle spalle o i suoi fianchi sotto le dita. Conosceva il suo modo di sistemarsi prima di un salto, conosceva il modo in cui cambiava il respiro, sapeva quando si sarebbe mossa e sapeva come assecondarla per diventare quel corpo unico che tutte le coppie di ballerini aspiravano a diventare. Dall'ultima volta avevano trovato un nuovo, inaspettato equilibrio e alle lezioni lasciavano sempre quella piacevole sorpresa a illuminare lo sguardo della loro insegnante.

Logan parlava, Charity ascoltava. Logan sorrideva, Charity osservava. Logan l'afferrava, Charity si fidava. C'era qualcosa di pericolosamente intimo nella sua cieca fiducia e più la guardava, più gli veniva da chiedersi se lei fosse effettivamente la stessa persona che aveva gestito quel maledetto blog.

Quello di Shade, pensò, dopotutto non nacque come un blog privato, era un blog richiesto dal rettore per pubblicizzare gli eventi scolastici e permettere alle comunicazioni di raggiungere in fretta gli studenti. E quello fece per gran parte dell'anno scolastico, aggiungendo il suo spazio per poter tenere i ragazzi interessati e aggiornati per la successiva comunicazione. Perché era quello che ci si aspettava da lei, che placasse la loro sete, che nutrisse le loro bocche purché continuassero a leggere.

Charity non fece mai cyberbullismo, non minacciò mai nessuno e non inventò storie. Lei osservò con attenzione ed espose i fatti e le verità, ma a volte i fatti si rivelarono più duri da accettare rispetto ai pericolanti castelli di storie che si costruivano e questo lei non lo capì in tempo. Gli studenti commentarono, chiesero sempre più e Charity fu trascinata sempre più a fondo fino a quel giorno. Non aveva nulla di più rispetto a tutti loro.

«Pausa. - mormorò la ragazza poggiandosi alle ginocchia - Ti prego, facciamo una pausa.», si voltò a guardarlo e Logan rise, il viso aveva ripreso colore ma i suoi occhi continuavano a rimanere spenti dallo sconforto.

«Due minuti.», le concesse, osservandola mentre andava a bere.

«Sei un dittatore.», gli disse aggrottando le sopracciglia.

«Un dittatore molto attraente.», replicò lui guardandosi allo specchio prima di vederla alzare gli occhi al cielo.

Charity si chinò a cercare qualcosa dentro il borsone e poi si raddrizzò con una scatola di medicinali da cui fece cadere una pastiglia sul palmo della mano. Logan si incuriosì e spostò lo sguardo da lei alla pastiglia più volte fin quando quest'ultima non si nascose tra le sue labbra.

«Epilessia?», chiese osservando i caratteri familiari prima che la scatola svanisse nuovamente dentro la borsa. Charity si irrigidì e, nuovamente, il ragazzo notò il lampo di diffidenza a illuminarle lo sguardo.

«Anche mio fratello le prende.», spiegò allora scrollando le spalle, come se si trovasse di fronte a un leone affamato e dovesse cercare di calmarlo per sopravvivere. Era un po' quello che provava ogni volta che stavano insieme, cercava costantemente le parole giuste per non lasciare che si chiudesse a riccio lasciandolo ancora una volta fuori dalla sua testa.

«Mi dispiace.», mormorò lei.

«Sta bene. - sorrise Logan prendendole la mano ancora una volta - È questo che conta, no?», domandò sollevando un sopracciglio. Charity, che stava iniziando ad abituarsi al suo tocco, lo guardò in silenzio per alcuni istanti.

«Immagino di sì.», rispose spostando gli occhi al pavimento.

«E tu stai bene?», Logan era tremendamente invadente e questo la infastidiva, ma allo stesso tempo la faceva sentire vista. Non vista come tutti la vedevano, con disprezzo e rancore, vista come una ragazza che aveva fatto molti errori e che stava cercando di redimersi, vista come un essere umano.

«Avanti, sono già passati due minuti.», gli intimò tirandolo per il braccio e Logan rise, divertito da quel suo atteggiamento passivo.

Charity, nel sentire la sua risata calda, iniziava a capire per quale motivo cercassero sempre tutti di attirare la sua attenzione. Logan aveva un sorriso genuino e uno sguardo tanto profondo da dare i brividi, quando decideva di dedicare il suo tempo a qualcuno lui non si limitava a parole e sorrisi, lasciava tutto se stesso per poter capire tutto degli altri. Sembrava uno scambio equo che, però, Charity non era ancora in grado di comprendere e si trovò spesso in soggezione di fronte a quella sincerità mai richiesta.

Ballarono ancora, fin quando non furono costretti a lasciare la stanza ai prossimi studenti che l'avevano prenotata. Charity uscì sudata, accaldata e soddisfatta per essere riuscita in un esercizio che per settimane l'aveva fatta penare.

«Ci vediamo stasera?», le chiese Logan affiancandola.

Aveva i capelli biondi raccolti in una coda bassa e alcune ciocche che si ostinavano a sfuggire per accarezzargli il viso ancora fresco e vispo come se non avesse appena ballato per un'ora intera.

«Sì, ma non rimarrò. - spiegò Charity spingendo la porta per uscire - Lo faccio solo perché Cookie me l'ha chiesto.», aggiunse poi come se potesse impedire a Logan di contraddirla.

«Dai, ci siamo noi. - provò, infatti, a convincerla poco dopo - Poi se sei con me non ti diranno niente.», le disse con soddisfazione, socchiudendo gli occhi alla luce del sole di mezzogiorno.

Charity scosse la testa con un sorriso divertito, i ricci molleggiarono come tanti piccoli yo-yo prima di ritornare al loro posto.

«Guarda che se continui a starmi vicino inizieranno ad odiare anche te.», sembrava volesse essere una minaccia, ma il tono incerto e il dito che gli aveva puntato contro non furono abbastanza convincenti per spegnergli il sorriso.

«Impossibile.», rispose Logan e Charity quasi gli credette.

«Non riesco a capire perché mi stai aiutando.», parlò con sincerità, per la prima volta, abbassando tanto il tono da costringerlo a curvarsi verso di lei per poterla sentire.

«Perché hai detto la verità a Noel? - chiese allora lui spostando lo guardo dal suo viso a due studenti che stavano portando alcuni scheletri finti alla Residenza - Avresti potuto far finta di niente, nessuno sapeva di te.», era curioso, ma la risposta a quella domanda lui l'aveva già. Doveva solo fare in modo che anche Charity la recuperasse.

«Perché...Perché è stata colpa mia e non sarebbe stato giusto nascondermi.», rispose abbassando lo sguardo sulla ghiaia dove stavano camminando. Logan sorrise, la guardò un istante e poi parlò.

«Perché sei una brava persona, senza cattive intenzioni e ti dispiace averlo fatto soffrire.», le suggerì, abbassandosi appena come se fosse stata la risposta a un compito in classe.

«Ho fatto molto più che farlo soffrire.», mormorò Charity. Non lo stava guardando, ma Logan percepì comunque lo sguardo lucido attraverso il quale le sue scarpe erano improvvisamente diventate estremamente interessanti.

Logan ebbe il buon senso di fermarsi, prima di farla scoppiare a piangere davanti a tutti, e cambiare argomento per riprendere quel loro strambo gioco. Logan provocava, Charity rispondeva.

«Allora, da cosa ti vesti?», le chiese infilando le mani in tasca e ricambiando il saluto di alcuni studenti che già da cinque minuti li stavano osservando.

«Da niente, ti ho detto che non rimango.», gli rispose sollevando finalmente lo sguardo.

Ogni volta che la sorprendeva costringersi a guardarlo per Logan era una grande vittoria. Il rappresentante, un ragazzo popolare, sempre abituato a essere guardato, a essere sotto i riflettori, al centro dell'attenzione, all'idea che qualcuno avesse potuto voltare lo sguardo da un'altra parte non avrebbe saputo come reagire.

«Non puoi presentarti a una festa di Halloween senza travestimento.», si lamentò, più per infastidirla che per altro, più per essere guardato da lei, per essere visto dai suoi occhi e non attraverso l'obiettivo di una fotocamera.

«E tu da cosa ti vesti?», gli chiese allora alzando gli occhi al cielo.

«Beh, da angelo ovviamente.», rispose Logan gesticolando come se avesse dovuto saperlo già dall'inizio dell'anno.

«Banale e prevedibile.», commentò Charity, sfilando il telefono dalla tasca per guardare chi la stesse chiamando. Vedendola fare quel gesto, Logan si affrettò a guardare l'ora sul costosissimo orologio che gli abbracciava il polso e le sorrise un'ultima volta.

«Ci vediamo stasera, ho un appuntamento.», le disse mentre lei annuiva solidale, sospirando davanti allo schermo.

«Non farai tardi a questo?», gli chiese ironicamente prima di rispondere all'insistente chiamata.

«Oh, non mi è permesso fare tardi in questo caso.», scherzò allontanandosi per lasciarla parlare e per rispondere ai suoi doveri di fratello maggiore.

Prese il telefono e attese pazientemente che le 12:34 si trasformassero in 12:35, proprio nel momento in cui suo fratello Lucas finiva di pranzare e si allungava verso il telefono della madre per parlare con lui. C'era un che di rassicurante nelle sue metodiche giornate, in quegli orari prestabiliti, in quei gesti ripetitivi, come nei ruoli che lui e Charity avevano adottato. Era un gioco simile, di attenzione, che lo faceva sentire come se stesse camminando in un campo pieno di mine e sarebbe bastata pestarne soltanto una per rendere ingestibile la situazione. Con Lucas anche solo il più piccolo oggetto in un posto in cui non avrebbe dovuto trovarsi in quel preciso istante di tempo avrebbe decretato il suo game over.

Lucas aveva nove anni ed era un bambino autistico. Non fu facile per Logan imparare a conoscerlo, ma fin dal momento in cui strinse le sue mani, così piccole in confronto, si impegnò al massimo per poter essere il miglior appoggio per suo fratello. E diventò ben più di questo, Logan per Lucas era quell'eroe che salvava la situazione alla fine di una puntata di quel cartone che tanto gli piaceva, un raggio di sole, era quella sua fila di animali ordinata per altezza, l'unico che riusciva a guardare negli occhi per più di venti secondi e che sentiva il bisogno di chiamare ogni giorno alle 12:35.

«Logan?», fu il suo saluto quando, esattamente dopo tre squilli, Logan premette il pulsante verde per rispondere. Il video mostrava i biondi capelli del bambino e il suo viso ancora tondo attaccato allo schermo, non lo guardava, aveva lo sguardo puntato in basso probabilmente sui suoi pollici e di tanto in tanto lo alzava per incontrare il viso del fratello.

«Ehi, campioncino. - sorrise Logan infilandosi in un vialetto che l'avrebbe portato al dormitorio maschile - Come stai?», gli chiese studiando quel piccolo viso come se volesse imprimersi nella memoria ogni dettaglio. Non poteva toccarlo con le mani, ma aveva imparato ad abbracciarlo con lo sguardo.

«Apollo ha...Apollo ha mangiato mamma e papà. - gli disse guardandolo con ancor meno frequenza - Devi tornare a casa.», aggiunse poi. Logan lo guardò per qualche istante, interdetto, poi sorrise divertito.

Apollo era il loro giovane golden retriever, dolce come il miele, dal pelo curato, morbido e boccoloso, che mai avrebbe potuto mangiare una mosca, figuriamoci i loro genitori. Perfino i suoi giocattoli erano ancora immacolati dentro la cuccia profumata.

«Lucas. - lo riprese - Non si dicono le bugie.», gli disse cercando le chiavi del suo appartamento dentro il borsone.

«Non è una bugia! - si difese il bambino - Non sto...Non sto dicendo bugie.», aggrottò le sopracciglia.

Logan, però, sentiva quella frase ogni giorno da quanto era tornato al Campus, perché sempre ogni giorno Lucas trovava qualche nuova scusa per farlo ritornare a casa.

Ogni anno era sempre la stessa storia, Logan preparava le valigie, Lucas le disfaceva; Logan si avvicinava alla porta, Lucas piangeva; Logan gli prometteva che si sarebbero sentiti ogni giorno alle 12:35, Lucas si accontentava; Logan rispondeva alle chiamate, Lucas aspettava che ritornasse a casa.

«Sai che torno per le vacanze?», sussurrò come se fosse un segreto, infilando la chiave nella toppa e girandola per poter aprire la porta.

«Lo prometti?», gli chiese Lucas e Logan sorrise a quei due lampi azzurri che per un istante gli si palesarono.

Sua madre diceva sempre a tutti che con Lucas serviva molta pazienza, stare dietro ai suoi tempi e insegnargli a essere autonomo richiedeva una certa forza d'animo. Logan credeva invece che imparare a capirlo, a vedere cosa la sua mente gli proponeva ogni giorno, immaginare di vivere come lui sarebbe bastato per avvicinarglisi e rendere tutto più semplice.

«Certo, ancora un paio di mesi. E ti porto anche un regalo.», gli disse posando il borsone sul tavolino e sedendosi sul divano. Vide Lucas pensare, lo vide confrontare i due mesi che li separavano in confronto ai sei che li avevano separati prima delle vacanze estive e lo vide accettare silenziosamente quell'offerta.

«Giuralo.», Lucas voleva essere assolutamente certo che Logan si presentasse alla loro porta il giorno dopo la fine delle lezioni.

«Lo giuro.», lo accontentò passandosi una mano tra i capelli biondi.

«Ok.», rispose il bambino con tono meditabondo, come se ormai avesse dimenticato tutta la loro storia. Capitava spesso che Lucas si assentasse, che scacciasse via l'intero mondo e si chiudesse dentro la sua testa per proteggersi da tutti i rumori, da tutte le paure, ma non era quello il caso.

Logan aveva già capito che cosa gli stava passando per la testa, 12:43, stava per iniziare il suo cartone preferito. Il tempo per Logan si era esaurito, era così che funzionava con lui, bisognava cogliere l'occasione al volo.

«D'accordo, vado. Ci sentiamo domani?», gli chiese scrutando ancora un istante le ciglia chiare del bambino che annuì ripetutamente.

«Sì.», rispose prima di mettere giù.

Logan rimase solo, in silenzio, con un sorriso soddisfatto tra le labbra.

Ciao babies
Capitolo corto che introduce la grande festa piena di drammi e, chissà, spero anche risate che leggerete prossimamente.
Intanto, conosciamo il nostro re, il caro Logan.
Premetto che il suo momento arriverà più avanti, ma intanto avanti con ciò che pensate di lui. Prometto che non si offende...forse ;)
~🐝

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