Gocce d'estate[C.L]

Por mars31087

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Dove una ragazza persa incontra un ragazzo ancora più perso e insieme ritrovano la via di casa. Oppure. Mart... Más

0. Silenzio
1. La fattoria
2. Cameriera
3. Scale
4. Piloti
5. Gelato
6. Mercato
7. Waffle
8. L'Oasi
9. Beach volley
10. Cornetto
11. Brownies
12. Strada
13. Bacio
14. Tiktok
15. Ilenia
16. Macchia
17. Confronto
18. Ritorno
19. Amici
20. AcquaPark
21. Febbrile
22. Sabato
23. Beau
24. Pancakes
25. Shopping
26. Arrivederci
27. Pasta
28. Carlos?
29. Fossette
30. Ferragosto
32. Kart
33. Mare
34. Appuntamento
35. D'addio
36. Edo
37. Aereo
38. Alex
39. Monza
40. Singapore
41. Pacco
42. Lando
43. Luna Park
44. Austin
45. Luci

31. Crêpes

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Por mars31087

Quella mattina fui io a svegliarmi per prima, le mia mani sul mio volto mentre sbadigliavo e mi disattorcigliavo dalle braccia del monegasco.

Lui si lamentò leggermente nel sonno, forse per i movimenti per niente delicati che stavo compiendo, e si girò su un fianco dandomi le spalle, io che ammiravo leggermente la sua schiena perfetta prima di scappare verso il bagno.

Perché oggi, se tutto fosse andato bene, sarebbe stato il mio ultimo giorno di ciclo e finalmente l'indomani saremmo potuti andare a mare.

E non solo, magari.

Comunque io odiavo fare il bagno con le mestruazioni, la paura e la paranoia che mi perseguitavano costantemente, così era assolutamente fuori discussione che entrassi in acqua anche all'ultimo giorno.

E mi dispiaceva per il monegasco ma almeno avevamo altri due giorni per recuperare. E, veramente, non vedevo l'ora.

Comunque mi sciacquai velocemente la faccia e i denti e mi legai i capelli in una crocchia disordinata, i miei passi silenziosi mentre mi dirigevo in cucina e iniziavo a prendere gli ingredienti.

Perché il monegasco non aveva ancora provato le mie meravigliose crêpes.

Presi le mie soliti dosi per una persona, le dolci piadine che finivano sempre per essere abbastanza da sfamare due pance, e me ne uscirono circa sei; io che riempivo il piatto del pilota con quattro crêpes mentre mettevo nel mio le restanti.

Due per me erano anche troppe, pensai, ma non ebbi il tempo di rielaborare il tutto che dei passi pesanti percorrevano il corridoio.

E sbucò dalla porta della cucina con un espressione curiosa, i suoi capelli scompigliati e mossi e la sua faccia che portava ancora i segni della federa del cuscino.

Ed ancora una volta era così bello. Ed era anche senza maglietta.

E si avvicinò sorridendomi leggermente prima di guardare il contenuto del piatto, i suoi occhi che trovavano immediatamente il mio viso mentre il suo sorriso si allargava.

E mi diede quasi un bacio ma si ritrasse prima di anche solo sfiorarmi, lui che indietreggiava velocemente mentre mi urlava un 'Torno subito' e scappava via.

E le mie sopracciglia si aggrottarono e nel frattempo cosparsi le piadine dolci di zucchero velato, mettendo nella mia un po' di granella di pistacchio mentre mi chiedevo se al monegasco piacesse. E poi mi ricordavo che no, il pistacchio non gli piaceva proprio.

Gli avrei fatto cambiare idea, prima o poi.

E mi chiedevo anche come mai avessero così tante farciture per dolci.

E non passarono neanche due minuti che il pilota era tornato in cucina, il volto sempre sorridente mentre si avvicinava e mi posava le mani sulla vita.

Mi diede un bacio leggero, uno di quelli per cui mi tremavano le gambe tanta quanto fosse la delicatezza, e assaporai il sapore forte di menta sulle sue labbra, gli angoli della mia bocca che si arricciavano leggermente mentre lo guardavo con qualcosa.

Perché non ero pronta a definirlo e infondo non lo volevo sapere veramente. Ancora.

"Adesso si che è buon giorno. Mi hai fatto le crêpes?"

E adoravo il suo accento velato francese su tutto.

Rendeva qualsiasi frase così... attraente. E dolce. Ma soprattutto attraente.

"Mi sono svegliata presto, stranamente, e ho pensato di cucinare qualcosa per noi. Anche perché se cucini tu a pranzo probabilmente non mangeremo niente, quindi."

"Hey!" E imbronciò le labbra, la forchetta tra le mani mentre assaporava il mio dolce.

"Mhh." Mugugnò semplicemente ad occhi chiusi, e io sorrisi soddisfatta mentre lo vedevo portare lo sguardo su di me mentre annuiva compiaciuto.

"Ti, emh- kidnap you?"

"Rapirò?"

"Si! Emh, ti rapirò così me le cucini tutto i giorni."

"Non puoi vivere di pancake e crêpes."

"Se le fai tu, si."

Sorrisi leggermente e finii l'ultimo boccone, lui che mangiava lentamente e a morsi piccoli come se ne volesse assaporare ogni minuscolo pezzo.

Ed il mio ingrediente segreto rendeva il tutto più magico.

"Che facciamo oggi?"

"Cosa vuoi fare?"

"Se tu vuoi andare al mare, per me va bene. Ho almeno due libri da finire e ho a malapena iniziato il primo."

Lui scosse la testa.
"Finché non puoi venire con me, non andiamo. Te l'ho detto mille volte."

Me lo aveva detto una singola volta ma apprezzavo il gesto.

"Domani dovremmo poter andare."

I suoi occhi si illuminarono mentre finiva l'ultimo boccone.
"Davvero? Perfeto."

E nel frattempo riempimmo il lavello dei piatti, la sua mano che si posava sul mio polso mentre mi portava verso il loro studio. Suo adesso, suppongo.

Lo osservai guidare e di tanto in tanto utilizzavo il telefono, i miei occhi che faticavano a lasciare la sua figura mentre utilizzava la sua splendida montatura in osso.

E si era messo addosso anche una bandana abbastanza buffa, mormorando qualcosa sui vecchi tempi e su come gli eviti che i capelli gli diano tanto fastidio.

E non avrei dovuto trovarlo così tanto attraente, eppure.

"Ti manca gareggiare?" Gli chiesi dal nulla, il suo volto che si girava verso il mio per un secondo prima di tornare al suo simulatore.

"Dipende. Mi manca guidare a massima velocità ma non mi manca fare le gare."

E le mie sopracciglia si aggrottarono perché non capivo le sue parole, perché ero ancora nuova a quel mondo immenso e volevo saperne di più.

"Per la Ferrari?"

"Si."

"Non puoi, non so, andare da un'altra parte?"

"Non posso." Tagliò corto il monegasco e mi resi conto della bruschezza del suo tono, delle sue parole tese e taglienti e della sua mascella leggermente serrata.

E volevo che me ne parlasse ma vedevo quanto non volesse, quanto desiderasse pensare ad altro e stare lontano da quel mondo che ho sempre pensato fosse piuttosto perfetto.

Perché forse perfetto non lo era e ancora dovevo scoprirlo.

Ad ogni modo un'idea mi nacque in mente, le mie dita che digitavano velocemente sul mio telefono mentre mi informavo dettagliatamente.

Perché le sue parole mi avevano fatto riflettere e perché forse anche io avrei potuto organizzare qualcosa di carino per lui, questa volta.

E scoprii che l'unico aperto, che poi apriva verso le cinque, era a più di un'ora e mezza di macchina da qui; quello della mia città che era chiuso durante le vacanze.

Mi informai sui prezzi e quant'altro, se dovessi prenotare o meno, e scoprii fosse veramente molto accessibile e che era un qualcosa che mi potevo permettere. E soprattutto che gli volevo regalare.

Giusto per sdebitarmi, sia chiaro.

Così a pranzo, mentre guardavo insicura il piatto di pasta al sugo cucinato dal monegasco davanti al mio volto, attirai la sua attenzione e aprii il discorso, comunicandogli che avevo piani per questo pomeriggio e che ci dovevamo entrambi iniziare a preparare subito dopo pranzo.

"Dove andiamo?"

Gli sorrisi spocchiosa, i suoi occhi che si assottigliavano come se avesse già capito.
"Sorpresa."

"Me lo devi dire."

"Non credo proprio."

"Devo guido io, quindi devi dire dove andiamo."

"Guiderò io, allora."

Lui allargò leggermente gli occhi sorpreso. "Ma- hai detto che non ti piace guidare."

Sorrisi leggermente. "Un'eccezione la posso fare. Ci vuole un'ora e mezza ad arrivare, appena hai finito di mangiare corri a fare una doccia."

"Un'ora e mezza?"

Inclinai la testa riflettendo. "Facciamo due."

E lui scosse leggermente il capo prima di tornare al suo piatto di pasta, quest'ultima che almeno era cotta bene oggi.
Anche se il sugo non era esattamente ottimo.
Almeno non era croccante.

E a pranzo finito si erano fatte le due passate, io che spingevo il monegasco verso il bagno della camera di Kika mentre io andavo verso l'altro, i miei capelli che non andavano lavati e perciò sarei stata piuttosto veloce.

E dieci minuti dopo ero già nella camera del monegasco, lui ancora sotto la doccia mentre mi mettevo l'intimo e la crema per il corpo.

E scelsi un cargo nero e un top bianco semplice, i miei occhi che schizzavano verso la porta mentre il ragazzo entrava in camera e si dirigeva verso il suo cassetto.

E quasi dovetti sedermi quando notai che addosso avesse solamente un asciugamano attorno alla vita e nient'altro, il suo torso leggermente bagnato mentre i suoi capelli zuppi sgocciolavano per terra.

E prese un paio di boxer in mano e si voltò verso di me con un sopracciglio alzato, il suo volto che mi guardava divertito mentre un sorrisetto presuntuoso gli nasceva sulle labbra.

"Ah-emh, esco subito dalla stanza, si."

"Non ti preoccupare, non mi dai fastidio."
E il sorrisino era ancora prepotente e fin troppo furbesco per i miei gusti.

E quando le sue mani scesero sul suo asciugamano gli diedi le spalle velocemente, i miei palmi sul mio viso mentre sentivo le guance bruciare.

"Charles!"

"Cosa?" Chiese innocentemente e sentii il suo asciugamano cadere per terra, il monegasco che si muoveva in giro mentre probabilmente si iniziava a vestire.

E lo speravo per lui perché non ero sicura sarei riuscita a reggere qualcos'altro.

Forse non sapeva ancora l'effetto che mi faceva.

O forse lo sapeva e lo faceva apposta.

In ogni caso, passati svariati secondi decisi di tornare a comportarmi come una persona normale, infilandomi le scarpe e un paio di bracciali mentre prendevo la borsa e la riempivo delle mie cose.

E quando finalmente lo guardai in viso aveva ancora il suo stupido sorrisetto soddisfatto sul volto, uno di quelli che desideravo ardentemente togliergli a suon di schiaffi. O di baci, era ancora da decidere.

"Ti vergogni, Mart?"

"Oh, scusami se voglio darti un po' di privacy; scusami davvero."

"Non ho bisogno di privacy se sei tu." E Dio, perché ogni cosa che diceva suonava così romantica? Perché riusciva a farmi vibrare qualsiasi cosa dicesse?

Perché era lui, questa era la risposta. E onestamente ignoravo le altre possibili variabili.

"Muoviti, dobbiamo sbrigarci."

"Non sono neanche le tre!"

"Okay, però potrebbero volerci più di due ore. Non guido da un po'."

"Oddio, ci ucciderai."

"Nah, sono abbastanza brava. Semplicemente non guido da un mesetto circa."

"Un mese?!" Alzai le spalle e lui mi sembrò genuinamente spaventato, ma fu la sua espressione quella a convincermi che era assolutamente un'ottima idea quella di farmi guidare.

E forse alla fine con tanta convinzione in meno di due ore saremmo arrivati.

Ad ogni modo, salimmo in macchina che erano le tre e lo vidi mettersi nel sedile passeggero di controvoglia, le mie mani che esploravano quella macchina super tecnologica mentre pensavo alla mia auto di seconda mano a casa.

Perché non mi ricordavo neanche la marca e francamente era mio fratello quella ad utilizzarla la maggior parte delle volte.

Anzi, escludendo quelle poche volte in cui all'università mio fratello non ci veniva, in pratica era lui a scarrozzarmi a destra e a manca senza mai emettere un lamento. Più o meno.

Misi in moto e rabbrividii al rumore del motore potente, le mie mani sul volante mentre lentamente uscivo dal vialetto.

E il monegasco si teneva alla maniglia attaccata al lato alto del suo sportello ed era davvero divertente come i nostri ruoli si fossero invertiti, quel giorno.

Perché per la prima volta guidai per il piacere di farlo e non per la necessità.

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