Questione di fiducia

By Ellaa_aa45

4K 1.3K 2K

QUESTIONE DI FIDUCIA Per tutti quei bambini che sono cresciuti prima del dovuto. Una mattina di fine settembr... More

T R A M A
P R Ó L O G O
C A P I T O L O 1
C A P I T O L O 2
C A P I T O L O 3
C A P I T O L O 4
C A P I T O L O 5
C A P I T O L O 6
C A P I T O L O 7
C A P I T O L O 8
C A P I T O L O 9
C A P I T O L O 10
C A P I T O L O 11
C A P I T O L O 12
C A P I T O L O 13
C A P I T O L O 14
C A P I T O L O 15
C A P I T O L O 16
C A P I T O L O 17
C A P I T O L O 18
C A P I T O L O 19
C A P I T O L O 20
C A P I T O L O 21
C A P I T O L O 22
C A P I T O L O 23
C A P I T O L O 24
C A P I T O L O 25
C A P I T O L O 26
C A P I T O L O 27
C A P I T O L O 28
C A P I T O L O 29
C A P I T O L O 30
C A P I T O L O 31
C A P I T O L O 32
C A P I T O L O 33
C A P I T O L O 34
C A P I T O L O 35
C A P I T O L O 36
C A P I T O L O 37

C A P I T O L O 38

102 8 61
By Ellaa_aa45

E L L A

Condividiamo spesso il nostro mondo interiore,
con la pretesa che una massa di analfabeti sappia leggerlo.

Goethe

Io?
Oh, io invece di prepararmi sto ridendo da trenta minuti per una battuta squallida sui disturbi alimentari.

"Sei per caso il mio peso?
Perché non smetto di pensare a te".

Lo so, ho l'umorismo rotto.
Devo dire che non si dovrebbe scherzare su queste cose, ma a volte l'autoironia ti salva dell'eterna angoscia.

E in più dovevo distrarmi da ciò che era accaduto due giorni fa...

Ero da mio padre, avevo preso sonno da poco quando mi arrivò una chiamata di Ivan.

Era da un po' che iniziavo a non rispondergli, tutti i suoi messaggi avevano un controsenso a sfondo sessuale, ed io lo ignoravo, e sinceramente ho provato a bloccarlo, ma mi contattò con un altro numero, mi insultó dicendomi di essere una puttana, e allora lo mandai a fanculo, lui e tutti i suoi contatti.

Erano le quattro di mattina, era palesemente ubriaco ed ansimante, all'inizio credevo che fosse ferito, volevo aiutarlo, ma poi...

—El, ti accompagno io dalla tua amica— propone gentilmente mio padre.

—Dobbiamo prendere anche Edith— avviso.

—Ho visto la foto sulla tua storia, stai diventando fin troppo bella.

—Magari— aggiungo.

—Devi avere autostima El— mi sprona.

—Io ho autostima.

—Allora non buttarti a terra— dice— come va con i tuoi amici?

—Bene, sto cercando di aprirmi di più— spiegai pettinando i capelli, non avevo intenzione di truccarmi.

—Stanotte rimani di nuovo qui?

—No, ho i libri per domani dalla mamma— avviso— tu puoi accompagnarmi, no?

—Come no— assicurò— guarda un po' dove sono finito, ad accompagnare i miei figli in un'altra casa— disse ridendo falsamente— Ah, quanto è bella casa mia... quanto è bella, e quella l'ha abbandonata, che vergogna...— sospirò.

Non avevo nemmeno la voglia di rispondere.

Il fatto che dovessi andare a casa di Am mi spaventava, era da giorni che non rispondevo ad Ivan, o comunque mi comportavo in modo freddo, lui voleva di più e io non potevo, anzi non volevo darglielo, la nostra differenza d'età si sentiva poco, se non fosse per le sue domande inquietanti.

Dopo un po' iniziava ad essere possessivo,
mi chiamava, dice che verrebbe a rimboccarmi le coperte, mi chiama bambina, e può sembrare normale, ma lo fa in modo perverso, per questo ho smesso di parlargli.

Am aveva una bella casa, era uno stile moderno e i colori si dividevano tra il grigio ed il bianco, mi trasmetteva vibes da film.

Dith non me l'aveva detto esplicitamente, ma Am stava male, Licia si era lasciata scappare che dopo anni, ja dovuto sedare il suo gatto Shirley, non mi va di pensare a questo, altrimenti finirei per piangere a causa del crollo emotivo di questi giorni.

Okay, quando si parlava di animali le lacrime erano sempre presenti, ma in questo periodo avevo ricominciato a piangere per ogni cosa mi ricordasse la mia infanzia, non riuscivo a controllarmi, il mio corpo faceva tutto da solo, eppure io non piangevo mai.

—È di sopra— dice Edith camminando con naturalità, io mi limitai a seguirla.

—Finalmente!— esclama Am venendoci incontro, mi guardai intorno, ero a disagio, ma non per colpa di Am.

Ci salutò e ci portò in camera sua, dov'erano depositati sul letto gelato, snacks di vario tipo, un peluche gigante e dei fazzoletti, sembrava la scena di un film, era così carino.

—Sedetevi— ci dice— El, ti farei vedere la casa, ma è sottosopra.

—Non preoccuparti— dico io.

—Grazie per essere venute— sembrava strana— Dopo sapete come andarvene?

—Passa mio padre— annuncio, e con la coda dell'occhio vedo Edith che si alza per chiudere la porta.

—Ivan è nell'altra stanza, nel cado volessi salutarlo— credimi Am, è l'ultima cosa che vorrei fare...

—Bello il peluche, te l'ha regalato Liam— chiedo con un sorriso, Dith mi manda un'occhiata fulminante e vedo Amalia iniziare a piangere, per poi sprofondare la faccia nel peluche— cos'ho detto?

—Lei non lo sa— informa Edith ad Am.

Oh no, questo no.

—Tra me e Liam è finita, Ella.

—Cosa stai dicendo?— ero più sconvolta io che lei— oh no, che cazzo stai dicendo Am, non è possibile.

—Si che è possibile...— afferma tra le lacrime.

—Maledizione!— esclamo dandomi un pugno sulla gamba.

—Si può sapere che ti prende? Sei forse tu ad essere lasciata?— chiede Dith abbracciando la povera disperata.

—Quando vi siete lasciati?— chiedo intimorita.

—Il diciassette di questo mese...

—Okay, ora ci spieghi cosa sta succedendo— impone Edith con rigidità.

—C'è... una cosa che non vi ho detto.

—El... non..  non ti piace Liam, vero?— chiede Am con occhi da cane bastonato.

—Cosa? Certo che no! Come ti salta in mente?

—Allora cosa c'è?— domanda di nuovo Edith.

—Oh, nulla di che...

—Parla!— esclama la mia amica.

—Ho... ho scommesso, su quanto sarebbe durata la vostra relazione...

—Soldi?

—No...

—Droga?— chiede Dith.

—Ti pare? No!— continuo— un bacio— sussurro.

—Un che?— chiede Am.

—Un bacio.

—Un bacio? Stai scherzando?

—Non è colpa mia!

—Non c'era bisogno di una scommessa per baciare Ivan, sembrava ti piacesse!— spiega la rossa.

—Non devo baciare Ivan, Am.

—Un momento, con chi hai scommesso?— chiede finalmente Dith.

—Con Damiàn...

—Damiàn?!— dicono all'unisco.

—Un momento!— imploro— fatemi spiegare tutto.

Raccontai com'erano andate le cose, non volevo che Am fraintendesse, e in più, mi dispiaceva che tra lei e Liam fosse finita.

—Quindi ora gli devi un bacio— conclude Dith.

—Non ti credevo così, Ella, dopo tutto ti stai sentendo con mio fratello...

—Era proprio di questo che volevo parlarti, Am...

—Andiamo, dopotutto Dam è un bel bocconcino— riflette Edith.

—Nessuno ha detto che non lo fosse, ma non è un buon motivo per baciare quel pezzo di ghiaccio— spiego.

—Dovresti approfittare— propone la riccia— e poi se ti ha chiesto un bacio c'è un motivo.

—Sa che mi fa schifo, e allora vuole darmi fastidio.

—Puoi sempre rifiutarti— propone Am.

—No che non lo farà, e se dovesse capitare ti darò qualcosa in faccia— dice Edith— e secondo me sotto sotto ti fa piacere.

—Dith, hai bisogno di un dottore.

—Non buttarti a terra, magari gli piaci— riflette Am.

—Ma per favore, mai.

—In ogni caso, una scommessa è una scommessa, non puoi mancare di parola.

—Scusa, non ho capito, gli vai vicino, lo prendi e lo baci?— chiede la rossa.

—Non ne ho idea Am, so solo che questa cosa mi puzza— dico— non che fosse il mio primo bacio, ma...

—Ella?

—Si?

—Quando hai baciato per l'ultima volta un ragazzo?— chiede Edith.

—A quattordici anni.

—Era un bacio a stampo?— perché dovevamo parlare di me?

—Si— sussurro.

—Allora sei praticamente vergine di baci— non credo che questo termine esista...

—No che non lo sono!— esclamo— e poi continuerò ad esserlo, nell'accordo gli ho detto che non si sarebbe dovuto allargare.

—E credi che lo farà?— domanda Am.

—E se fosse organizzato?— domanda Edith— dico, se Dam in realtà sapeva che Liam avrebbe lasciato Am?

—Tu dici?— non volevo pensare male, ma aveva senso— In quel caso la scommessa non sarebbe valida.

—Impossibile— smentisce l'altra— Liam mi ha lasciato in seguito ad un litigio pesante che abbiamo avuto.

—Cosa vuoi dire con "pesante"?— chiedo allarmata.

—Ho... ho sbagliato io.

—Spiegati meglio— impone Dith.

—Stavamo litigando perché si era chiuso in sé stesso, non mi parlava dei suoi problemi ed era sparito, gli ho urlato che era un.. un ritardato, che probabilmente era autistico e cose del genere...— spiega con le lacrime agli occhi— suo fratello è stato bullizzato, e picchiato quasi fino allo svenimento, ed è autistico.

—Gli hai chiesto scusa?

—Secondo te?

—Mi dispiace, Am— concludo. Non volevo sbatterle in faccia che aveva sbagliato, lo sapeva già.

—In ogni modo è per questo che la rottura non può essere organizzata.

—Ciò significa che quella faina ha indovinato— rifletto a braccia incrociate.

—Faina?— ripete Edith ridendo.

—Lui mi chiama chihuahua, okay?— contrabbatto sulla difensiva.

—Si certo, chihuahua, faina, dobermann, procione, leoncino, crocerossina, i consigli su Ivan ed ora anche la scommessa sul bacio— elenca— c'è qualcosa che non quadra.

—Si può sapere come fai a...

—Diciamo che Dylan non ha una password sul suo telefono— afferma facendo l'occhiolino.

—Bhe allora anche qui c'è qualcosa che non quadra.

—Qualcuno mi dice cosa c'entra mio fratello con te e Damiàn?— chiede Amalia.

—Damiàn parla di me a Dylan?— chiedo io.

—Non di cose positive— conclude Dith.

—Mi spiegate cosa c'entra Ivan?— chiede ancora l'altra.

—Nulla Am, davvero— la tranquillizzo.

—Allora cosa c'è che non va?

Presi un respiro profondo per prepararmi a spiegare.

—Ivan non mi piace.

—Lo stai prendendo in giro?— chiede quasi arrabbiata.

—No!— chiarisco.

—Lo stai illudendo.

—Am!— esclamo— non sto facendo nulla di tutto questo.

—Andiamo non puoi colparla perché non gli piace— dice Edith.

—Non la sto colpando!

—È solo... è strano Am— ammetto.

—Cosa intendi?

—Okay, forse all'inizio avrei potuto pensarci, ma...

—Dio, Ella stai parlando come se fossi chissà chi, devi anche accontentarti nella vita!— esclama— e poi uno come Ivan quando ti ricapita?

—Calmati Am, sono gusti— prevale Edith.

—Di merda— aggiunge l'altra.

—Si comporta in modo inquietante...

—Cosa vuoi dire?— chiede Dith.

—Mi ha detto di pensarlo se arrivo a leggere scene erotiche...

—Bhe perché gli hai dato evidentemente l'occasione di dirlo— dice Am.

—No che non l'ho fatto!— presi il telefono in fretta e passai il cellulare ad Edith, che sembrava essere l'unica a capire.

"Hai messo il pigiamino?"

"Mi piacerebbe essere lì a rimboccarti le coperte"

"Già vai a letto, bambina?"

"Manda foto"

"Ti voglio vedere"

"Guarda che più mi ignori più mi piaci"

"Mi piacciono i tuoi vestiti, ma tra un po' salgo a casa tua e te li strappo tutti"

"Bella la gonna, ma staresti meglio senza"

"So che muori dalla voglia di sentirmi"

—Ma che cazzo... come fa a sapere come sei vestita?

—Per le foto che pubblico sulle storie... ma quando avevo la gonna ero con mia nipote di nove mesi...

—Le hai messe per provocarlo?— chiede Am.

—Che cazzo dici?— mi arrabbio.

—Cosa sono queste foto visualizzate per una volta?— chiede Edith preoccupata.

—Nessun nudes per fortuna, a volte non le apro per paura ma la maggior parte sono a petto nudo— spiego.

—Questo è un pervertito.

—State parlando di lui come se non fosse mio fratello...

—Am, devi capirmi, per favore, non posso farmi piacere uno che mi chiama quando si ubriaca e si tocca pensandomi.

—Come fai a saperlo?— chiede la mia amica.

—Devo dirlo sul serio?

Mi sentivo come nuda, piena di vergogna e con una voglia estrema di tornare una bambina.

—Sono cose normali tra due persone che si piacciono.

—Non ti rendi conto delle stronzate che dici?— sbotta Edith.

—Amalia Santo Dio non lo conosco nemmeno, ha quasi dieci anni in più a me, non ci siamo nemmeno mai baciati cazzo, mi da ribrezzo!— ammetto— mi fa schifo, e soprattutto mi fa vomitare un uomo che va dietro ad una ragazzina, anzi no! Sai cosa?

Sarebbe tutto normale se questo maniaco di tuo fratello non mi chiamasse alle quattro di mattina nel pieni di un orgasmo dopo essersi fatto una canna per dirmi che mi vorrebbe sopra di lui!

Vidi le loro facce sconvolte per un attimo, stavo urlando?

—Mi fa schifo, mi fa schifo...— dico sul punto di piangere.

—Avresti dovuto dirglielo Am— dirmelo?

—Dirmi cosa?— chiedo.

—Ivan...

—Ivan cosa, Am?— chiedo alzando la voce.

—Ha... ha qualche, come dire— cerca di spiegare— qualche disagio.

—Qualche disagio?— domando.

—Io... El, credevo che fosse tutto passato, non pensavo che...

—Che tipo di disagio?— la interrompo, ma sembrava ignorare la domanda— cazzo...— sussurro delusa— Dam mi aveva avvisato.

—Dam?

—Ipersessuale del cazzo!— grido— non me l'avete detto, voi non me lo avete detto!

—Ella, io— inizia Edith.

—No! Me ne fotto delle vostre giustifiche, cazzo, siete mie amiche ed avete permesso che succedesse! Avete permesso che uno del genere mi si avvicinasse.

—È mio fratello!— esclama Am— Non può farti del male!

—Ah no? È vero, non può, perché quello che non è mai iniziato e che non avevo intenzione di far iniziare, finisce qua!

—Non fare così, Ella, devi capirlo!— era seria?

—Am, mi stai prendendo per il culo? Sai cosa? Fatevi ricoverare entrambi!— esclamo per poi scendere al piano di sotto con l'intenzione di andarmene, mentre sentivo I pasdi di Edith dietro di me.

—Davvero te ne vai?

—Secondo te?

—Non essere incazzata anche con me, non ho fatto nulla!

—Non hai fatto nulla?— chiedo sorpresa— sapevi che quel tipo aveva dei problemi mentali ma mi hai lo stesso spronato a parlarci!
Questo lo chiami non fare nulla?

Uscii da quella casa con una voglia di denunciare assurda, che regnava da tempo in me, ma non era un motivo valido, e non avevo prove, i messaggi non avevano chissà quale valore, quindi nulla.

Non sapevo bene la strada, per questo fui costretta a chiamare mio padre con la voce strozzata.

—Cosa succede?

—Nulla... solo, puoi venire?

—El, davvero te ne vuoi andare? Se fai così è normale che dopo non ti includono!

—Me ne voglio andare, okay?

—Ma perchè?— chiede.

—Puoi venire a prendermi, si o no?— insistetti.

Parecchie volte anche in passato raccontavo cose del genere a mio padre, ma questa volta era diverso.

Mi riaccompagnò a casa di mia madre dopo una settimana passata con lui, e nel tragitto continuava a dire ironicamente "Continua così", per farmi capire che non era il modi giusto di reagire.

—So io chi devo ringraziare per questi regali che mi fai, Ella, lo so io!

Non risposi.

—Poi dopo parla tua madre e mi dice di tornare insieme, io non ci tornerò mai!— esclamò— Ti hanno rovinato, tutti loro ti hanno rovinato lasciandoti in un letto a dormire, se ci fossi stato io invece... sono l'unico che ci tiene a te, fossi tua madre a quei tempi ti avrei tirato per i capelli e ti avrei messo a fare le pulizie! Non saresti così...

—Basta, mi fa male la testa.

—A te fa male la testa? Perché non ti muovi! E poi che dovrei dire io, eh?— chiede— Vedo casa mia vuota ogni giorno, ogni santo giorno, senza i miei figli!

—E perché lo dici a me? Non è mica colpa mia.

—Ho detto questo? Vedi? Tu non capisci mai niente.

—Si certo, per te non va mai bene nulla di ciò che faccio— dico.

—Vai Ella, continua così, ora capisco perché non esci con i tuoi amici, nemmeno loro ti vogliono— conclude.

—Hai ragione tu— lo arronzo scocciata.

—Con te non si può parlare.

—Sai com'è, mi passa la voglia di parlare con voi.

—Bhe se sono così cattivo prega a Dio affinché muoia, avanti!

—Non ho detto questo!— gli grido.

—Sai cosa meriteresti? Uno di quei padri che abbandonano i loro figli, devi ringraziare che io non sono come tutti gli altri e sono qui con te.

Ormai mi ero abituata a questo ragionamento del cazzo.

È vero che persone come quelle che ha elencato facevano vomitare, e dico "persone" perché quelli non si meritano di essere chiamati padri, ma non erano tutti così, la presenza di un padre è la regola, il mio non è l'eccezione in mezzo a tanta merda, è un meraviglioso papà che fa il suo dovere da papà, ma non per questo tutti gli altri facevano schifo.

—Ci mancherebbe— mi lascio scappare.

—Ci mancherebbe? Che schifo...— sussurra— so io chi ti ha ridotto così, quella gente di merda che ti ha lasciato chiusa a casa a dormire per due anni! Devono soffrire, devono soffrire!

—La puoi smettere?— gli grido di nuovo.

Era come se odisse più chi avrebbe potuto evitare il suo dolore, in questo caso mio nonno, non ristrutturando la casa a mia madre e facendosi gli affari suoi, che chi l'aveva provocato, quindi mia madre abbandonando casa nostra da un momento all'altro e facendoci trasferire a casa sua.

—No! E sai perché? Perché tu fai la vittima ma non sai cosa si prova nel non poter crescere giornalmente e pienamente i propri figli!

Capivo ciò che diceva, eravamo pezzi di anime rotte alle quale era stata tolta dalla vita la stessa cosa, la nostra famiglia.

Non avrei mai superato nulla di tutto questo, col tempo ho solo imparato a vivere con questo dolore, quello di non sentirmi mai a casa.
Immaginavo mio padre seduto a tavola nella nostra casa, completamente solo, con il rumore dei ricordi a fargli compagnia, ed era lì dove la mia bimba, quella che viveva dentro di me, quella che tenevo rinchiusa, iniziava a piangere come non mai, gritando e scalciando persino attraverso la me di oggi.

Sembravo una bambina alla quale si era rotto il suo gioco preferito, ma al posto di gridare soffocatamente che rivolevo la mia barbie, riempivo la stanza silenziosa con i miei singhiozzi infantili e la mia voce che continuava a ripetere "Voglio la mia famiglia".

Mi faceva male il cuore, non un male fisico, un male interno, e non credevo che potesse esistere un dolore del genere, sentivo la gola stringersi, le lacrime uscire e le mie stesse grida contro cuscino blu nel quale affondavo la faccia.

Volevo rivedere Coco tutti insieme.
Volevo che la mamma preparasse di nuovo la girella ogni sabato.

Volevo giocare di nuovo a nascondino con papà.

Volevo aprire di nuovo la casa delle bambole in salotto con mia sorella.
Volevo passare di nuovo le giornate nella stanza ad elle con Kate.

Volevo tornare a riempire di lettere i miei genitori, ad usare i trucchi di mamma, a ballare la bachata con papà, volevo tornare a sentirmi a casa.

C'era solo una cosa che mi fermava, l'infelicità di mia mamma.

Quando ci siamo trasferiti non dissi nulla perché non volevo farle male, non mi sono concessa un po' di malinconia, non mi sono concessa di avere nostalgia della mia casa, solo per lei.

Volevo vederla felice, ma poi il tempo passava nella sua nuova casa, e stava sempre peggio, avevano provato a stare "una settimana qui e un'altra lì",  o "con un mese lì e un mese qui", ma mio padre non aveva intenzione di lasciare abbandonata la casa dei suoi defunti genitori.

Non mi interessava un cazzo di me, stavo bene così, volevo solo che stessero bene entrambi, perché non ricordare com'è fatto il sorriso di tua madre o il suono della sua risata è un altro tipo di dolore, un dolore che nessun figlio dovrebbe provare, che nessun figlio dovrebbe procurare.

All'inizio avevano detto a me e Kate che quella casa serviva per quando papà andava a Mallorca con i carrelli della frutta, per poi raggiungerlo ad agosto, e io da stupida ci credetti.

Non tornammo più a casa, non tutti e quattro, e ad oggi fa ancora più male vedere casa mia trascurata, vuota, faceva male stare lì, ma faceva anche bene.

Se mia madre fosse felice non la biasimerei, ma lei è triste, irascibile, depressa, non ride mai e qualcosa dentro di me continua a ripetermi che la colpa è mia, stessa cosa vale per mio padre, che ha una tristezza mutata un rabbia, in nervoso, e che io ho imparato a conoscere.

Li ho sempre ascoltati, o per lo meno ho cercato di farlo, mi chiedevano cosa avrei fatto al loro posto, ma io avevo undici anni, volevo solo guardare i cartoni, giocare, divertirmi, invece passai i seguenti due anni a dormire, per scappare dai problemi.

Questo è perché sei grassa.

Se fossi magra ti piaceresti, saresti più estroversa e non porteresti stress a tuo padre, e tua madre sarebbe felice.

Ma no, certo, da grande puttana tu devi mangiare, devi mangiare e devi mangiare.

Faceva male stare a casa di mia madre, faceva male guardarsi in torno e chiedersi "Dove sono? Che cazzo ho fatto?" perché fui proprio io sei anni fa a scegliere i mobili della mia stanza, il colore delle pareti, le stelline attaccate sul soffitto... tutto ciò senza sapere a cosa andavo incontro.
"Quando torniamo a casa, Ella?" chiedeva la me bambina, ma non l'ascoltavo, ero troppo impegnata a piangere e gridare abbracciata al cuscino.

Avevo paura di odiarli, anche se infondo sapevo che non se lo meritavano e che li amavo troppo per provare questo sentimento, ma ero stanca di sentire le persone che dovrebbero dimostrarmi come dovrebbe essere l'amore tra marito e moglie insultarsi, augurandosi disgrazie ma senza avere la forza di lasciarsi andare.

Non sopportavo più che nella mia famiglia si intromettessero persone che non c'entravano nulla, è che i miei le lasciassero intromettere, non sopportavo passare per la vittima, per la drammatica o "il personaggio".

Non esisteva una sola verità a casa mia, ma vari punti di vista, c'era quello di mia madre, quello di mio padre, e poi c'era il mio, che ero sempre al centro per fare l'avvocato, la consigliera, la figlia maggiore, la sorella maggiore, la maggiore in tutto fin quando diventai maggiore anche in fisico e in quel momento volli solo urlare, spaccare, rompere e vomitare.

Avevo bisogno dell'opportunità di mostrare il mio lato della storia.

Ma a chi? In che occasione? Dove? Perché? Per pietà? Io non voglio pietà, non voglio vendetta, voglio stare bene, ma non posso essere felice sapendo che loro non lo sono.

"Voglio la mia mamma" sussurravo "quella vera" poi mi ruppi in altri singhiozzi.

Te lo giuro trattore di merda, se mangiavo di nuovo ti distruggo.

Capisci dov'è il problema quando inizi a dedicare canzoni di amori impossibili e cuori rotti alla tua famiglia, a quello che era e a quello che ne è rimasto.

"Ripensa a me..."

Cantava la mia testa.

"Non dimenticarlo mai"

—Ah!— esclamai dolorante mentre iniziavo a tremare— voglio la mia famiglia, voglio la mia famiglia, voglio la mia famiglia— Non avevo voce, eppure non avevo parlato.

Soffocai altre grida nel cuscino che avvolgevo tra le braccia e le cosce.

Dai che se ti tagli non succede nulla.

È colpa mia, è tutta colpa mia.

"Ricordami,
Dovunque tu sarai,
Lo sai che devi fare se non sono insieme a te?
Ascolta la canzone e tu sarai vicino a me"

Mi alzai di scatto, erano le ventidue, mia madre dormiva ma non mi interessava.

Facciamo che invece di tre litri d'acqua te ne faccio bere quattro, va bene?

—Mamma, mamma, mamma— dicevo per svegliarla, ma si spaventò.

Immagina quanto ci starebbero bene dei tagli sul tuo corpo.

—Che succede?— chiese impaurita con la mano al petto.

Preferisci l'acqua calda col sale?

—Voglio un abbraccio...— dissi tra le lacrime con la prova voce che mi era rimasta.

Due? Tre cucchiai belli pieni?

Avrei potuto fare di più.

"Ricordami,
Ora devo andare via"

Si, l'acqua è sale è di gran lunga la scelta migliore.

Quando torni mia casa, quando torni?
Perché torni, giusto?

Nuovamente non avevo controllo sul mio corpo, sulle mie sensazioni.

Nuovamente tremavo, piangevo e ridevo.

Mi sentivo solo vulnerabile.

Odiavo questo sentimento, lo odiavo soprattutto perché sapevo che era tutta rabbia la mia, rabbia che molto presto si sarebbe trasformata in aggressività.

Aggressività verso mia madre, verso mia sorella, mio padre, tutti.

Si ma sta tranquilla, lo stuzzicadenti ti aiuterà.

Anche se ti aiuterà solo un po', cara gru, dato che hai paura di schiacciare quella fottuta lametta sulla pelle, l'alternativa è il punzecchiarsi.
Magari qualche morso sulle braccia, okay?

Ho voglia di vomitare.

A questo ci penso io, tesoro.

"Ripensa a me,
Sentendo questa melodia,
Uniremo con le note i cuori e le anime"

—Voglio la mia mamma, voglio la mia mamma!— urlavo mentre abbracciavo quest'ultima, lei sapeva a cosa mi riferivo.

Sentii i passi di Kate attraversare la stanza, erano abituate, minimo una volta al mese avevo queste crisi, a meno che non avessi un crollo emotivo come ora.

Non rischiare di soffocarla di nuovo Ella, povera Kate, è solo fastidiosa.

Voglio solo sentirmi a casa.

—Sono qui, Ella, non dire sciocchezze.

—No, no, no!— esclamai gridando tra le lacrime— io voglio la mia mamma.

"Il tuo amore rimarrà,
Sempre per me"

Continue Reading

You'll Also Like

4.6K 268 16
"Questa gonna ti sta una meraviglia,mi fa impazzire" mi dice facendomi venire i brividi e sfiorando il mio lobo con le sue labbra,mi guarda un'ultima...
1M 26K 33
-Mi prende per il collo spingendomi al muro leggermente. A pochi centimetri dal mio volto mi guarda negli occhi e dice "non sai cosa cazzo vorrei far...
537K 14.1K 45
In una città dove la squadra di football liceale comanda la scuola, Amelia è una delle tante facce tra la folla. Nonostante suo padre sia il coach de...
505K 11.8K 71
Dopo la loro notte di fuoco in discoteca completamente ubriachi, tutto è cambiato, la sua vita ha preso decisamente una piega diversa, più difficile...