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𝑺𝒐𝒎𝒆𝒕𝒊𝒎𝒆𝒔 𝒅𝒂𝒓𝒌𝒏𝒆𝒔𝒔 𝒄𝒐𝒎𝒆𝒔 𝒊𝒏 𝒑𝒂𝒊𝒓𝒔 "La verità ha molte facce. È come l'antica str... Еще

Prologo - Road to Avalon
Cast/Disclaimer
Benvenuti a Wysteria Wood
1. We'll go back to strangers
3. You will be my world
4. If I am so special, why am I a secret?
5. When I wake up, I'm afraid
6. Are we too young for this?
7. Just a little bit colder
8. Don't know who's in the mirror
9. A haunting face, is she a lost embrace?
10. Does he know you call me when he sleeps?
11. Are we fucking doomed?
12. War of hearts
13. Left my innocence on your mouth
14. The hunt has just begun
15. It's all fun and games 'till somebody falls in love
16. Drunk calls, drunk texts, drunk tears, drunk sex
17. This is addictive
18. Love can burn like a cigarette
19. God loves to watch her angel's sin
20. So you wanna play with magic?
21. I just come back more obsessed with you
22. I just wanna be one of your girls tonight
23. Don't take me to Heaven
24. My Lucifer is lonely
25. Blood moon painting red in the sky
26. Love is pure insanity
27. Spit in my face, my love
28. Sleepwalker
29. I miss the sex, the way you kiss
30. She my cold blooded bitch
31. Nobody knows how to punish me, like me
32. Call me babydoll
33. Sweet dreams are made of this
34. Love into a weapon
35. The deep end is where I live
36. I'm the one, can you feel it?
37. Your blood, my blood, we bleed it
38. 'Til the end of time

2. Your beauty never ever scared me

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A un cuore in pezzi
nessuno si avvicini
senza l'alto privilegio
di aver sofferto altrettanto.



🌓🌕🌗







Dopo quel doppio confronto, ero scossa e frenetica al tempo stesso.
Quando me ne tornai in camera mi pettinai i capelli chiedendomi se non avessi dovuto alleggerirli in un taglio più professionale che fosse scalato, giusto per cacciare via dalla mia mente il ricordo di Draven avvinghiato al corpo della nostra avvenente cameriera.

Per me era un giorno importante, non potevo lasciarmi distrarre dall'egocentrismo assoluto del maggiore di noi.
Infilai la testa nell'armadio: l'unica camicia bianca che avevo mi stringeva sul seno, perché risaliva a diversi anni prima.

La indossai cercando di non far notare che mi stesse piccola, e sotto indossai un paio di jeans neri.
Scesi le scale infilandomi gli stivali da pioggia e notai i miei fratelli che si allacciavano i soprabiti nello spogliatoio accanto l'ingresso.

«Si è messo a piovere, non vorrete mica lasciami a piedi?»

Draven mi dedicò l'ennesimo sguardo granitico.
«E tu non vorrai mica salire sulla mia macchina con quella camicetta, vero?»

Guardai i miei seni leggermente schiacciati, ma a costo di farmi saltare i bottoni io avrei indossato quella camicia.
Era una questione di principio, mi aveva portato fortuna a sedici anni durante il mio GCSE.
Avevo un certo bisogno di fare shopping, ma non ero affatto indecente come alcune ragazze che piacevano a lui.

«Spero che ti si buchi la ruota.»
«Avrei Blucifer.»
Roteai gli occhi al soffitto.
«In questa città ci manca solo uno scemo che va all'università a cavallo.»

Voltai i tacchi sbuffando rumorosamente, corsi al piano di sopra giusto in tempo per sentire Gremory che rimbrottava suo fratello.

«Drave, cristo, lasciala in pace!»

«Cazzo, vuoi piantarla? Sai cosa può succederle, o no? Sei responsabile anche tu quanto me.»

Quei discorsi mi mandavano in bestia, eppure continuai a salire le scale ignorandoli del tutto.
Avevo bisogno di dimostrare che io bastavo a me stessa.
Il rumore dei miei stivali destò le attenzioni della governante, buttai la borsa in pelle sul letto e mi stesi tra le mura della mia stanza che diventava ogni giorno più stretta.

Mi sarei trovata un lavoro.
Mi sarei comprata una macchina, visto che fino a che non avessi varcato la soglia di un tribunale non potevo attingere alla gigantesca eredità che mi proveniva da Quincy Wingrave.
Era quella che si chiamava conditio sine qua non.

Quincy, mio padre, qualsiasi cosa questo termine volesse significare, avrebbe studiato qualsiasi cavillo giuridico pur di complicarmi la vita.
E infatti aveva stabilito che accedessi a tutti i miei averi solo se avessi raggiunto il patrocinio nelle maggiori sedi di giustizia.
In pratica per lui sarei dovuta diventare un avvocato, perciò avevo scelto di diventare un procuratore, che in fondo non è altro che il suo esatto avversario.

«Avalon Mariposa Wingrave.»
Draven comparve dalle scale prima che chiudessi la porta della stanza, stizzito e nervoso come se gli stessi mettendo i bastoni tra le ruote.
«Non pensare di farmi compassione facendo gli occhi dolci a mio fratello.»

«Resta fuori. Non puoi entrare.»
«Io non entro in camera tua.»
Era una regola non scritta di Wysteria Wood. Non potevo entrare in camera sua, e infatti i suoi appunti li avevo trovati in biblioteca.
Lui non metteva piede nella mia, nemmeno fosse il cratere di un vulcano attivo.

Fui io ad avvicinarmi, puntandogli il dito contro.
«Non esistono famiglie perfette. Ma tu sei veramente il più stronzo che esista.»

Mi schiacciò contro lo stipite della porta spingendomi un palmo contro l'addome, con l'aria minacciosa di chi sta facendo uno sforzo immane solo a respirare la mia stessa aria.
Eppure le sue labbra soffiarono, lentamente, mentre le sue dita si arroventavano attorno al mio polso.
«Il nostro va molto oltre un semplice legame di sangue, e tu lo sai benissimo.»

Il mio petto si sollevò faticosamente contro di lui che mi stritolava il respiro, il modo in cui mi immobilizzò con lo sguardo mi fece ricordare antichi e torbidi inganni.

«Draven..»

Stomaco chiuso.
Volto accaldato.
Affanno, un pruriginoso struggimento, un doloroso retaggio del passato che atterrava nel presente.
Sollevai la punta del naso verso l'alto, con aria indignata, e cercai di inspirare ossigeno dalle narici sperando di colmarmi i polmoni.

«Tutto quello che faccio,» mi interruppe, «lo faccio perché se non fossi mai nata e non fossi piombata nelle nostre vite, la mia esistenza sarebbe immensamente migliore.»

La sensazione ferrosa di sangue in gola mi bloccò il respiro.
«E devo pagare io per questo?»
«Tutti pagano un prezzo. Tu paghi il prezzo di esistere.»

Mi aveva tuonato addosso il mio destino come fosse il Giudizio Universale.
Finché fossi rimasta lì, le mie giornate sarebbero state scandite dalle sue parole al vetriolo.

«E mettiti una camicia decente. Non sali con quella roba sulla mia macchina.»

«Draven. Muoviti, o faremo tardi.»
Gremory chiamò Draven con pacatezza da fuori la porta, con quella complicità tutta loro che poteva avere solo chi aveva condiviso lo stesso grembo.
Il loro rapporto era conflittuale e morboso, un mistero della genetica da cui il resto del mondo era escluso, e io a volte ne ero quasi ingenuamente gelosa.

Scesi le scale e uscii dalla porta con una giacca addosso allacciata fin sopra il petto, ma non avrei cambiato la mia camicia per lui.

«Sali.»
Sbuffò, aprendo la portiera della sua Gran Turismo nera e assottigliando gli occhi come se fossero spilli, una volta che fummo nel cortile, con il cancello in ferro spalancato davanti a una strada sterrata con cui avremmo raggiunto la statale nel giro di qualche minuto di viaggio.

«Cazzo, ho dimenticato il mio pass per la biblioteca.»
Gremory si allontanò rapidamente da noi, che ci trovammo l'una di fronte all'altro.

«Ti auguro un buon inizio, sorellina.»
Quello era il giorno del mio intake, iniziato nel peggiore dei modi. Il giorno in cui sarei entrata ufficialmente alla scuola di legge. Spaventoso, terrificante, e come ogni cosa che mi spaventava assolutamente elettrizzante.

«So che non sei sincero, ma grazie.»
Era talmente insinuante da arrampicarsi sulla mia pelle e formicolarmi come i nodi dei rampicanti attorno alla gola.

Mi parlò a bassa voce, come se Grey non avesse dovuto sentirci.
«Tanto per cominciare, ci sono delle regole da rispettare. Non metterci i bastoni tra le ruote, qualsiasi cosa vedrai. Non vorrai dare scandalo fino a Londra?»

Scossi la testa con un cenno negativo.
Per me il Triple Crown era tutto.
Era la realizzazione di un sogno, la chiave del lucchetto del Paese delle Meraviglie per sfuggire alla mia realtà.
Non mi sarei lasciata sfuggire l'occasione per niente al mondo.
Niente.
Poteva accadere qualsiasi cosa.
Ero determinata a perseguire il mio obiettivo.

«Che cosa otterrò in cambio del mio silenzio?»
«Il mio.»

Mi venne incontro, visto che io non avevo mosso un passo verso di lui.
«Se non vuoi che qualcuno scopra il tuo piccolo segreto.»

«Drave, se non la pianti di minacciarla, sai quello che sono in grado di fare.»
Grey era ricomparso alle mie spalle, ma non lo avevo sentito arrivare e quella frase mi fece sobbalzare.

«Lo sai anche tu che è un pericolo pubblico.» Draven si ricompose salendo nell'abitacolo, io mi sistemai la giacca che si era sgualcita laddove aveva posato il suo sguardo, perché avevo preso a tormentare il tessuto tra le dita nervose.

«Tranquillo, Grey. Non ho bisogno di essere difesa da nessuno.»

Chiusi la portiera restando all'esterno e mi allontanai dalla macchina affondando gli stivali nel pantano.
«Vado da sola. Un po' di pioggia non ha mai ucciso nessuno.»

Vidi Gremory osservarmi con l'aria paterna, lo sguardo affabile e paziente e un sorriso triste sul viso.
«Sei testarda come i Wingrave.»

Gremory era dolce e serafico, razionale, sottostava agli ordini di suo fratello senza combattere troppo, ma era immensamente più intelligente di tutti noi messi assieme.
Non so come avrei fatto a sopravvivere in quella casa senza di lui.

«Vava!»
Mi voltai di scatto, stupita ma consapevole di trovare un volto amico: solo una persona al mondo mi chiamava in quel modo.
Era la voce di Mallory Cruz, la figlia della governante di Wysteria Wood, che mi veniva incontro dalla strada, approfittando del cancello aperto.
Camminava a passo spedito con la frangetta scura un po' umida e le treccine ai lati della testa, sotto l'ombrello aperto e un po' sbrindellato, gli occhioni nocciola sgranati su di me a ricordarmi che esisteva ancora qualcuno al mondo per cui non fossi un peso.

«Sei tornata!»

«Sono in ritardo, come sempre. Ma ehi, sono qui. Lo sai cosa si dice di questo posto.»

La Maserati di Draven partì sollevando il fango dello sterrato, mentre mi scioglievo in un caldo abbraccio e stringevo a me la mia amica di una vita.
Ero sempre stata una persona schiva.
Ma quell'anno, senza Mallory, avevo sofferto di solitudine più di qualsiasi altro periodo di cui avessi memoria. L'ultimo periodo mi era sembrato infinito, senza le sue tisane corrette al Rum e le partite alla versione oscena di Pictionary.

«Sei venuta a trovare tua madre?»

Sollevò il naso, increspando le labbra in un sorrisetto di soddisfazione per quello che stava per dire.
«Sono stata ripescata per la borsa di studio del Triple Crown. Volevo dirtelo di persona!»

Sul mio volto si affrescò un sorriso radioso in una giornata imperlata di grigiore, mi chiesi se avesse fatto domanda per la facoltà dei suoi sogni.

«Editoria e giornalismo.» Mi lesse nel pensiero.
Mallory era argentina, i suoi colori chiaramente ispanici erano una caratteristica che faceva letteralmente impazzire gli uomini inglesi, che più le ronzavano attorno indefessi e più la facevano allontanare.
Era la regina del ghosting.

Le sua ciglia nerissime e le sopracciglia folte le incorniciavano un paio d'occhi di pece, le labbra sottili e disegnate curvavano dolcemente in un arco di Cupido perfetto con il contorno color terra bruciata.
«Inizio la prossima settimana, ma oggi ti accompagno e dò un'occhiata in giro.»

«Hai scelto davvero di restare qui? In questo posto dimenticato da Dio?»
Nell'accennare un sì con la testa, le sue treccine le dondolarono sulle spalle coperte da una giacca in tweed color melanzana.

«Londra può aspettare. È troppo costosa, passavo la maggior parte del tempo a lavorare per mantenermi. Qui ho vinto una borsa di studio, e ho una stanza tutta mia nel campus.»

La Capitale inglese era il mio sogno neanche troppo segreto, e lei ci aveva rinunciato per Glastonbury e le sue leggende medievali sui cavalieri?

Vivevamo in un paesino di diecimila anime con un solo autobus a collegarci alla vita reale.
Il misticismo si respirava in ogni anfratto di quel territorio, ma alla fine dei conti vivere lì era solo una noia mortale.
Com'è che dicevano?
Se sei a Glastonbury, vuol dire che Glastonbury ti ha portato da lei.

Camminando di buona lena e aggiornandoci sulle mie pochissime novità, arrivammo completamente zuppe all'ingresso del Triple Crown, poco fuori città.
Era un imponente edificio con tre ale a disposizione, che attirava studenti da tutto il Regno Unito, e che visto dall'alto formava un enorme triangolo con un chiostro triangolare al centro.

Da davanti invece, sembrava sviluppato in altezza: le guglie gotiche dominavano sulla piazza centrale e sui giardini antistanti, curati maniacalmente nonostante il clima non fosse adatto alla fioritura di piante rigogliose.

La torre di sessanta metri che dominava la vita del campus mi fece sollevare il naso per osservare i suoi fregi armoniosi e le sue intricate sculture, che rappresentavano le varie discipline insegnate nelle dieci facoltà presenti al suo interno.

Ogni college aveva un proprio rettore e un vicerettore, oltre al Presidente che era stato per anno mio padre, fino a quando non era venuto a mancare.
E mentre Cordelia restava la direttrice della facoltà di legge come da diversi anni a quella parte, il nuovo vicerettore in carica mi venne incontro trafelato, dal momento che avevamo un appuntamento di fronte alla segreteria e che lui era in ritardo di un quarto d'ora.

«Avalon Mariposa Wingrave.»

Il professor Theor Templeton non doveva avere più di quarant'anni, possedeva una bellezza austera, di altri tempi, con una fitta barba curata e due occhi celesti che trafiggevano la penombra dei corridoi del Triple Crown.
Mi strinse la mano con una presa che mi fece quasi male.
Mascella squadrata e capelli scuri, alto e massiccio, anche lui sarebbe potuto uscire da un romanzo sui miti celtici senza sfigurare affatto.

«Si accomodi nel mio studio.»
Scrutò prima me e poi Mallory, per poi avvicinarmisi con aria affabile, ma nel suo sguardo si acquattava un'ombra che non avrei saputo definire meglio.

Il suo ufficio profumava di cuoio e del legno di ciliegio in cui erano intarsiati i suoi mobili. La vetrata alle sue spalle lo lasciava in controluce e gli conferiva un aspetto vagamente inquietante.

«Sei la figlia della nostra direttrice. Ho conosciuto Cordelia ultimamente, una donna incredibile. Così forte, dopo quello che è successo a suo marito.. era un grande uomo, un vero faro di giustizia.»

Sorrisi con dolcezza forzata a quelle frasi di circostanza accomodandomi sulla poltrona in pelle, sentii Mallory vibrarmi accanto come se si stesse sforzando a restare in silenzio.

Il termine figlia strideva alle mie orecchie come unghie sulla lavagna.

Non avevo mai potuto chiamare i miei genitori adottivi con il nome di mamma e papà e non portavo con grande orgoglio il loro cognome.
Cordelia era sempre stata contraria, mi guardava con una smorfia sulle labbra rigonfie in modo innaturale e diceva che la facevo sentire vecchia, l'attimo dopo tornava a svuotare la sua bottiglia come se io non le dessi alternative.

«Sì. È un grande onore essere qui.»

«È fantastico. Davvero fantastico, Avalon, averti tra noi.»
Proseguì, del tutto distratto da una conversazione che stava avendo per messaggi.
Quando posò il telefono sulla scrivania, dal suo sguardo sembrava non ricordare il motivo per cui io mi trovassi in quel posto.
Era magnetico come ognuna delle sue parole, eppure non sembrava concedere il suo interesse troppo facilmente.

«Il tuo nome è il faro di questa città e il tuo cognome è l'orgoglio di questa scuola. La tradizione che porti con te é millenaria. Sai come dicevano i latini? Nomen omen. Sarai una studentessa incredibile.»

Tornò entusiasta, continuando a parlare per slogan come un libro stampato.
Un guizzo nello sguardo mi creò una strana inquietudine, che si azzerò l'attimo dopo quando una voce che risuonava nella mia testa cessò di rimbombare.
A Glastonbury, al volgere d'autunno, è arrivata una bambina di nome Avalon.

Sorrisi, chiedendomi per un breve istante se non fosse stato meglio fare richiesta per un'altra scuola di legge.
«Spero di esserne all'altezza.»

Il vicerettore mi rivolse un sorriso talmente affabile che sospettai che non conoscesse il mio problema.
La vera ragione per cui Draven si era sempre opposto al fatto che io mi iscrivessi al college e che proseguissi i miei studi come avevano fatto loro.

«I tuoi fratelli sono brillanti, hanno risultati eccellenti nonostante la condotta non sempre in linea con la nostra scuola. Come ben sai, mi hanno dato parecchi problemi.»
Un sorriso tirato e poi distolse lo sguardo, cercando qualcosa di inesistente nella sua ventiquattrore.
«Sono sicuro che tu farai molto meglio.»

Quell'incoraggiamento suonò come un monito di tenersi alla larga da loro, quindi me ne andai ringraziando, seguita da Mallory che non aveva proferito parola.
Draven e Gremory erano al terzo anno, entrambi due studenti fiore all'occhiello dell'intera scuola.
Ma loro non avevano il mio stesso codice genetico, né il mio stesso sangue: io non possedevo il lustro di una reale ascendenza di geniali giuristi.
Come un Wingrave.

E proprio il Wingrave Hall era l'ala più antica del campus: al suo interno era stata decorata con nicchie per statue lasciate vuote, per dare la sensazione che col tempo fossero state perse o rubate.
L'architettura ricordava molto quella medievale, con blocchi unici di pietra, e il nome era stato deliberatamente assegnato alla famiglia dei più antichi benefattori, che guarda caso eravamo stati proprio noi.

Rividi il professor Templeton proprio in quell'ala, entrando in una grande aula gremita di spalle incurvate verso i computer, una ventina di minuti dopo.
Sulla lavagna, una sola scritta recitava due parole.
Diritto penale.

Mi sedetti al fianco di una bellissima biondina con grandi occhi chiari che mi fece cenno che la sedia era libera. Mallory si acquattò accanto a me, tirando fuori i suoi occhiali da lettura, e la notai guardarsi attorno come a cercare qualcosa tra gli studenti.
O qualcuno.

«Quest'anno ho il piacere di avere con me un mio caro amico e collega che vanta un onorevole percorso in Canada, dove è stato uno dei penalisti più acclamati. Sarà lui che si occuperà del vostro tirocinio, e voi sapete quanto io tenga alla vostra formazione sul campo.»

Templeton si sedette sulla cattedra a braccia conserte, notai la sua camicia tirare sotto il suo petto turgido, gonfiato da una buona dose di allenamento.
Allora non sono l'unica a cui stanno strette le camicie.

L'attimo dopo, l'uomo che entrò dalla porta fece calare il gelo sugli studenti, ma fu il mio intero universo a bloccarsi per un istante.
Le mie connessioni cerebrali smisero di funzionare, mentre sentivo pronunciare il suo nome ad alta voce.
«Vorrei presentarvi l'avvocato Arden Dweller.»

Una vertigine mi fece girare la testa, i miei sogni mi raggiunsero a frotte come se li stessi vivendo in un film in bianco e nero.
Per poco non mi sfuggì un mugolio di disperazione, perché la realtà in quel caso aveva superato tutte le mie fantasie più disparate.

Arden Dweller era un nome che avrei ricordato per sempre, perché si incise nella mia mente solamente attraversando la soglia dell'aula.

Era fastidiosamente bello come una giornata di sole a picco dopo un anno di pioggia, mentre un guizzo di crudeltà negli occhi cozzava con i suoi lineamenti da arcangelo, sembrava un affresco d'epoca e io in quel momento forse soffrivo della Sindrome di Stendhal.

Aveva capelli castano chiaro, occhi chiari e una leggera ombra di barba bionda.
Un borbottio convulso serpeggiò da banco a banco, ma quello che più vibrò da scatenare una tempesta fu quello che sbocciò dentro di me.

Prese la parola e le mie labbra si schiusero assieme alle mie palpebre sgranate, ossigenate da quella visuale sbalorditiva.
Non salutò affatto, ci scrutò a malapena come se fossimo automi senza facoltà di pensiero e poi fece un annuncio che tuonava più come una minaccia.

«La legge non si impara sui banchi di università per ricchi e privilegiati, e nemmeno sui libri.
La legge si impara sul campo, nei tribunali, nei luoghi dove essa non viene rispettata.»

Un brivido mi percorse la schiena. La sua voce tuonava dura e chiara senza che avesse bisogno di alzare il volume, mi suonò come il più ardente rito pagano graffiato sulla mia pelle.

«Quello che voglio insegnarvi è che quando c'è di mezzo il diritto penale, e la vita del vostro cliente, trattare l'avversario con rispetto è concedere un vantaggio a cui non ha diritto. Siate brevi. Siate criptici. E forse non morirete poveri.»

Non so se mi avrebbe mai vista, ma per un misero istante desiderai sentire su di me i suoi occhi, che invece sembravano non mettere a fuoco ciò che aveva davanti.
Un chiacchiericcio generale si sollevò tra gli studenti, ma Dweller rimase imperturbabile, anche quando un ragazzo alzò la mano per parlare.

«Lei crede che la giustizia penale sia fatta per arricchirsi?»

Lo guardò con scarso interesse, poi si avvicinò ai banchi in modo che non ci sfuggisse il suo brutale dissenso a qualsiasi intervento in aula che non fosse espressamente richiesto.

«Le insegnerò una cosa molto importante, signor.. non importa. Non imparerò i vostri nomi.»

A parlare era stato Prince Mason.
Uno degli amici più legati alla cerchia di Gremory, frequentava la mia casa quasi tutti i giorni fin dalle scuole medie.
Riccioli biondi, occhi spaventosamente chiari, pelle dorata, naso leggermente pronunciato su un volto androgino e ossuto del tutto privo di barba.

Arden lo aveva folgorato con lo sguardo e rimase dritto come un fuso, dall'alto di quelli che ero convinta fossero due metri di altezza.
Aveva un abito color sabbia che risaltava la sua carnagione leggermente abbronzata, le braccia conserte sotto il petto e le labbra serrate ma meravigliosamente invitanti, che si piegarono in un lieve sorriso quando si accorsero che in aula pendevano tutti dalla stessa bocca. 
La sua.

«Il concetto di giustizia non ha nulla a che fare con il concetto di legge. E io sono un uomo di legge.»

La stanza si ammutolì, ma sentivo un fremito serpeggiare da una parte all'altra dell'aula, dei gridolini soffocati di una strana eccitazione.
Lanciai una rapida occhiata ai miei fratelli seduti almeno cinque file più avanti, alla mia destra, e con mia grande sorpresa incrociai lo sguardo di uno di loro che lo scostò di botto.
Draven, con l'aria disinteressata e lo sguardo indifferente, le gambe accavallate e il piede ciondolante nel vuoto, gli occhi che per qualche istante rimpallarono tra me e lo schermo di un computer.

«Alla fine della prima sessione di questo corso, sceglieremo un solo studente tra voi. Uno solo.»

Arden Dweller scandì le due ultime sillabe con un sottile brivido di godimento, mentre io restavo abbindolata dal suo aspetto ipnotico, senza essere convinta di aver capito cosa stesse dicendo.
I suoi occhi ci scrutarono uno ad uno, passandoci in rassegna come tanti piccoli soldatini impettiti.
Accanto a lui, gli angoli delle labbra del professor Templeton, seduto sulla cattedra con le braccia incrociate, si incresparono in un leggero sorrisetto di sadica soddisfazione.

«Il più meritevole tra voi verrà assunto come Associate da Legance, uno dei più prestigiosi studi della Capitale per un tirocinio retribuito, un training contract che garantisce una futura assunzione post-laurea.»

La sua voce era profonda e mascolina. Non avevo idea di quanti anni avesse, ma doveva essere un coetaneo del suo collega.

La ragazzina bionda al mio fianco sospirò a lungo e sgranò gli occhioni alla sola idea, poi mi rivolse un sorriso appena accennato.

«Si tratta di uno dei posti più ambiti su scala europea.»

Mi sentii una stupida.
Stava parlando del nostro futuro e io non riuscivo a evitare di restare incagliata sul leggero vibrato della sua voce, l'accento leggermente canadese e a volte francese che veniva fuori ogni tanto, sullo sguardo saldo e sulla bellezza che celebrava una strana sofferenza.
Io che ero un rovo all'ombra, rimasi ustionata.

«La gente si ammazzerà per ottenere la sua attenzione, e quel posto. Letteralmente.»
Mi sussurrò la ragazza, distogliendomi dai miei pensieri.

Londra.
Le aule di tribunale che avevo sempre sognato, gli uffici del procuratore, lavorare fianco a fianco con Scotland Yard.
Il mio cuore subì un breve arresto e poi qualcosa cominciò a vibrare al suo posto, come se una farfalla disperata fosse intrappolata nella mia gabbia toracica.

Lo sguardo di Arden Dweller si posò su di me per un misero istante, senza dedicarmi un secondo di più di quanto non facesse con tutti gli altri.
E perché avrebbe dovuto?
Eppure quell'attimo fu spaventosamente eccitante, e forse fu il vero inizio di tutto quello che accadde in seguito.

Sullo sfondo di un borbottare generale degli studenti, Draven si alzò, raccolse la sua borsa e uscì dall'aula dando le spalle a Templeton e Dweller. Era una cosa da lui, farsi notare mettendosi contro tutto e tutti.

Mi lanciò un'occhiata sbieca mentre usciva con passo deciso, ma il suo malanimo in quel momento non mi sfiorò affatto e io tornai con l'attenzione alla cattedra.

«Vogliamo che diate il meglio di voi stessi, e anche il peggio, se è necessario. E se ve lo state domandando, la risposta è sì: siete l'uno contro l'altro. Non esisteranno sconti: questa è una competizione.»








Che emozione tornare a scrivere uno spazio autrice, dopo cinque mesi dall'epilogo di Deviant.

Questi mesi sono davvero volati, anche perché nel frattempo sono usciti ben due libri in libreria che sono finalmente sui vostri scaffali, e perché sono rimasta sempre in vostra compagnia, e voi non avete mai smesso di supportarmi e di farmi sentire il vostro affetto.

Con questi due capitoli è finalmente iniziata la mia terza storia e per chi mi segue da Eyem, o da Deviant, sa che nemmeno in Wysteria ci sarà nulla di lasciato al caso.
Cosa ne pensate di questo inizio?

I personaggi hanno tutti qualcosa da nascondere, oltre ad essere tutti collegati in un disegno davvero intricato.
Spero che ormai abbiate fiducia in me, e che Avalon, Draven e Gremory possano farvi compagnia assieme a tutti gli altri per molto tempo.

Non sottovalutate l'energia mistica di Glastonbury, né quella oscura di Wysteria Wood. I suoi residenti sono tutti molto particolari.
Wysteria è una storia oscura, un dark legal intriso di miti e leggende, che si svolgerà tra Londra e un luogo apparentemente tranquillo ma denso di mistero.

Se volete sapere tutte le curiosità su Wysteria (si legge l'accento sulla E, Wystèria), seguitemi su IG @bluelliestories.
Non vedevo l'ora di tornare a chiacchierare con voi nel box post capitolo 💜

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