Do Not Trust

By aaaurooraaaa

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Amber ha ventidue anni, è ossessionata dai libri, la moda e i casi true crime. La sua vita è ordinaria, nient... More

Cast
Dedica
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Prologo
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By aaaurooraaaa


la luna è bella, vero?


Camminare sotto la pioggia non mi è mai piaciuto, e per giunta stamattina ho dimenticato l'ombrello in macchina. Sono fradicia, i capelli sono crespi a causa dell'umidità e come se non bastasse è pieno di pozzanghere e, ovviamente, le auto non rallentano... appena torno a casa mi faccio una rilassante doccia calda. Per fortuna la tempesta è finita ed ora pioviggina solamente.

<< Smith, vuoi un passaggio? >> sento una voce chiamarmi, la sua voce. Me lo ritrovo affianco in una splendida moto nera, non ne sono appassionata, ma non posso dire lo stesso di mio padre e mio fratello.

<<No grazie>> lo ignoro continuando a camminare per la mia strada. <<Ti accompagno>> afferma convinto fermandosi <<Walker, non saliró in quel aggeggio>> ripeto sorridendo falsamente. << Ti ammalerai >> insiste puntando i suoi magnetici occhi azzurri su i miei << Che carino, ti preoccupi per me Dr. House? >>.

<< Hai due opzioni Maree, o sali di tua spontanea volontà>> lentamente scende dalla moto mettendo il cavalletto <<O ti faccio salire io>> un ghigno malefico gli compare sul volto. Nego con la testa, ma quando si avvicina allungando le braccia intuisco le sue intenzioni. Se non salgo di mia spontanea volontà sicuramente mi prenderà in braccio, meglio fare come dice. Mi avvicino alla moto e bisbiglio un flebile "stronzo" sperando di non farmi sentire, ma lui deve aver capito eccome perché lo sento ridere dietro di me.

<<Non posso salire... Mi serve il casco>> trovo la prima scusa che mi passa per la testa, quando cerco di alzarmi per scendere, però, una mano ricoperta di anelli si appoggia alla mia coscia destra. Mi si ferma il respiro e lui deve averlo notato perché dallo specchietto lo vedo sorridere.
<<Tieni il mio>> si toglie il casco nero e me lo passa.
<<Tu stai senza? >> chiedo a bassa voce <<Per oggi si, da domani mi ricorderò di portarne due>>. Sorrido.

Dopo un istante di silenzio, le ruote stridono sull'asfalto e la forza d'accelerazione mi obbliga ad attaccarmi a lui per non cadere. Poso le mani ai lati della giacca grigio scuro in flanella di Louis Vuitton, la settima scorsa ricordo mia madre sorseggiare il suo solito cappuccino pomeridiano, seduta nella poltrona in terrazza intenta a sfogliare l'ultima rivista di LV.

Il vento ci colpisce da ogni direzione e il paesaggio scorre in una macchia indistinta. La strada verso casa si avvicina sempre di più. Ad un tratto, come per magia, scorgo il cartello in legno che indica il viale che porta nella mia nuova casa, con su scritto: Sweet Valley, e circondato da vasi di rose bianche affiancate da una piccola fontanella e da una panchina anch'essa in legno.

<<Svolta a destra! >> lo esorto indicandogli la strada. Quando svolta come gli ho indicato di fare rallenta sempre di più ed infine si ferma ai pressi dell'abitazione. Andrews spegne il motore nei pressi del vialetto, mette il cavalletto e, poggiando un piede per terra,
mi aiuta a scendere, e dato che sono talmente impacciata persino per togliermi il casco egli corre in mio soccorso, insieme ci mettiamo a ridere come due idioti di fronte alla mia goffaggine. Non sembra una risata finta la sua, anzi sembra sincera e non il ghigno che indossa di solito.
Mi perdo nei suoi occhi. Sono azzurri e pallidi, a tratti grigi, sembrano seta. Sbatto le mie lunghe ciglia ricoperte di mascara per mettere fine a questo interminabile contatto visivo.

Non l'avrei mai detto ma in questo momento non lo riconosco, Andrews Thomas Walker... gentile? Wow, chi l'avrebbe mai detto.

<<Grazie Walker>> gli sorrido grata per il passaggio.

<<Rilassati Smith, non l'ho fatto per te, semplicemente passavo per di qui e ho pensato di darti un passaggio, ecco. >> dice disinteressato, quasi sprezzante.

Oh... È tornato il solito Andrews Walker, acido come un limone.
<<Immagino>> faccio per andarmene agguantando la borsa e stringendola ma la sua voce mi blocca.

<<Walker>> si blocca << Emh... Ci vediamo domani>>.
Sorrido di rimando e mi allontano dirigendo mi all'ingresso dell'enorme villa che posso definire casa mia, mi costringo a non voltarmi, non appena lo sento accendere il motore inserisco le chiavi di casa nella serratura.

<<Sono a casa! >> nessuna risposta. Mia madre deve essere ancora a lavoro. Appoggio la borsa sopra il divano e prendo una scatola di Pringles dalla dispensa e una bottiglia d'acqua naturale dal frigo, poi imbocco le scale e vado in camera mia.
Spalanco la porta di camera mia, tolgo le mie Mary Jane posandole accanto al comodino, ed esco dalla camera diretta nella cabina armadio affianco.

Essa è piuttosto grande, Lily, la domestica che mi ha cresciuta, mi ha aiutata nell'arredamento e nella sistemazione dei capi. Ha una settimana di riposo, se così si può definire. Da quanto ha detto ha dei problemi familiari. Il resto dello staff è ancora a Miami e dovrebbe arrivare per il fine settimana, è stato dolce da parte loro trasferirsi con noi, mio padre si è prosto aiutarli nel trasloco.
Al centro della stanza si trova un grande tavolo quadrato con un intero set di trucchi e svariati profumi, tra qui il mio preferito di Miss Dior.

Tolgo il cappotto di lana color cammello, stretto da un cinturino intorno alla mia vita stretta e lo appoggio nello scaffale a sinistra insieme agli altri cappotti. Mi posiziono davanti allo specchio centrale e pettino i miei lunghi capelli neri che sposto a lato grazie ad una forcina.

Dopo essermi cambiata ed aver indossato dei capi più comodi torno in camera mia. Accendo il computer e la radio e, con le note di Without Me di Eminem in sottofondo, accedo a Instagram.

Oh, cavolo. Centosette nuove richieste di amicizia! Scorro la lista; sono appena arrivata in questa scuola con l'idea di stare tranquilla per gli affari miei, sicuramente non immagino questo. Accetto le richieste in blocco, proprio come ho risposto ai messaggi di persone che nemmeno conosco ma che adesso vorrebbero frequentarmi. Perché no, in fondo? Si dimenticheranno di me non appena questa faccenda della classifica si sarà calmata.

E come se non bastasse scopro che qualcuno ha creato hashtag come #lista e #classifica e, oddio, #ambersmithseconda.
A usarli sono soprattutto gli studenti della Studying Business School: a quanto pare, hanno pensato fosse del tutto normale scattare delle foto a dieci ragazze della scuola.

Sgrano gli occhi nel vedere l'immagine di me, nel parcheggio, impegnata in una conversazione con Andrews Walker. Qualcuno mi ha fotografata? Non me ne sono nemmeno accorta. Se l'avessi notato, almeno avrei cercato di levarmi dal viso quell'espressione di estasi adolescenziale: a giudicare dalla mia faccia, Andrews dev'essere Zeus appena sceso dall'Olimpo per salvarmi dal diluvio universale che c'era fino a mezz'ora fa.

Eccolo, il potere della classifica.

Ti mette al centro dell'attenzione, e io non sono sicura di volerne ricevere così tanta.
In quel momento sento aprirsi la porta della cucina, proprio mentre la radio trasmette una pubblicità. So che dovrei avvisare la mamma che sono a casa, ma non voglio porre fine a questo attimo di solitudine. Sono rari i momenti in cui posso stare sola a prendermi cura di me stessa senza dover subire chiacchiere e in particolare, il frastuono causato da mio fratello con la batteria.

C'è silenzio di sotto, allora chiudo gli occhi e mi chiedo perché non mi abbia ancora chiamato. Giornataccia in azienda? A volte le segretarie dell'ufficio la fanno impazzire con tutti i loro pettegolezzi, e io ne pago le conseguenze perché lei torna a casa di pessimo umore. Ultimamente, però, non vede l'ora di scoprire come è andata la mia giornata e assicurarsi che sia sopravvissuta.

Ho già deciso di non parlarle della classifica. I miei non sono cresciuti qui, anzi, mio padre a New York mentre mia madre a Londra, e non sanno nulla di questa speciale tradizione della scuola, essere sincera non c'è nessuna ragione per vuotare il sacco. Hanno sempre voluto che frequentassi un'Accademia importante, sia perché tocca a me mantenere alto e importante il buon nome di famiglia e sia perché d'altronde sono una Smith, figlia di una Bennet, d'altro il mio secondo nome, Maree, è lo stesso di mia madre. Cos'altro ci si può aspettare da me, se non la frequentazione di una delle Università private più prestigiose degli Stati Uniti.

Mi sfugge uno sbadiglio talmente grande che mi schiocca la mascella. Sprofondo sempre di più nell'incoscienza del sonno. Sono incredibilmente stanca, devo dormire.

Accanto a me squilla il telefono; ce l'ho appiccicato all'orecchio e mi sveglio di colpo. Questa storia della popolarità sta diventando estenuante. Giro la testa, e leggo il mittente della chiamata sullo schermo.

Mamma.

La mamma mi sta chiamando... Davvero? Come mai? Forse è rimasta chiusa fuori dopo aver preso la posta o qualcosa del genere. Tipico da parte sua, non fa che chiudere le porte a chiave. Prendo il cellulare, ho la sensazione che il sonnellino mi abbia lasciato un bel mal di testa e... odore di gas? Che schifo. Che cos'è questa puzza?
Rispondo alla chiamata <<Ciao mamma, tutto bene?>>.

<<Tesoro, mi dispiace, ho fatto tardissimo>> credo di non aver capito.
Sbatto le palpebre per svegliarmi del tutto.
<<Come?>> chiedo con la voce impastata dal sonno.

<<Melany, vuole che concludo i bozzetti per domani. Mi dispiace tesoro ma farò tardi, se puoi ordina una pizza.>> sospira <<Noah è da un suo compagno di scuola lo vado a prendere io verso le sei, tesoro. Sei rimasta sola a casa per quanto, un'ora?>>

Mi muore la voce in gola e sento la pelle d'oca sulle braccia <<Non sei già a casa?>>
<<No tesoro, tutto a posto? >>mi domanda subito, la voce tesa.

<<Si si, tranquilla.>> Mi rigiro sul letto, il cuore martella all'impazzata «Mi sono  addormentata.>>

Dopo averti sentito tornare a casa.

Non mi sognerei mai e poi mai di darle motivi per preoccuparsi, però... non ho sentito qualcuno al piano di sotto? Sono sicura di aver chiuso la porta. Mi ricordo di aver appoggiato la borsa al divano, messo il chiavistello... o forse no? Non ricordo.

Amber avvolte mi chiedo se usi il cervello o se semplicemente non ce l'hai.

Guarda che sei la mia coscienza! Se non lo uso io non lo usi neanche tu, e questo non mi sembra il momento adatto per le tue battute fuoriluogo.

<<Sto bene, mamma, sono solo assonnata.>> Sto guardando la mia porta aperta, in attesa che un serial killer con un pugnale si precipiti in camera. Ne sono sicura, ho sentito qualcuno di sotto. Strizzo le palpebre, di solito sono bravissima a tenere a bada le mie paure. Devo essermi immaginata quei rumori, non c'è altra spiegazione.
<<Va bene, riposati miraccomando. Ci sentiamo, tesoro.>> mette giù la chiamata. Non ribatto nemmeno: un dolore atroce mi pervade la testa. Faccio un lungo respiro profondo con gli occhi chiusi e poi li riapro cercando di calmarmi.
Rimango immobile, in ascolto; nonostante la scarica di adrenalina, provo ancora una stanchezza infinita. So che se non mi muovo mi riaddormenterò in meno di un minuto perciò scivolo lentamente giù dal letto.
Devo scendere al piano di sotto e accertarmi che la porta sia chiusa.

Scuoto la testa per schiarirmi le idee, poi attraverso la stanza e arretro di un passo appena avverto di nuovo quell'odore straziante. Ma che diavolo è?

Le tempie mi pulsano tanto forte che non riesco a sentire il suono dei miei passi, figuriamoci quelli di qualcuno al piano di sotto. Mi appoggio alla ringhiera e provo a guardare giù.

<<C'è qualcuno?>> chiedo prudente.

Pensi davvero che un serial killer   sociopatico ti risponderebbe? Magari vuole anche lui un po' di pizza!

E immediatamente mi accorgo di quanto sono stupida. La nausea mi assale e stringo più forte il corrimano, procedendo piano, gradino per gradino. C'è un silenzio di tomba, però la puzza è sempre più intensa... Sembra bruciato?
Quando arrivo alla fine della scala mi fermo, avvinghiandomi al corrimano.

Mi sono spaventata senza motivo. Che follia, la sala da pranzo è vuota, come anche il salotto. Tutto deserto, come quando sono tornata a casa da scuola. Assurdo. I rumori che ho sentito... Devo essermeli immaginati. Non c'è altra spiegazione. Raggiungo la porta e controllo il chiavistello: inserito, chiuso. Okay, ho una fervida immaginazione, è chiaro. Ma quell'odore?

Avanzo di un passo e sento un rumore. Quasi impercettibile, lieve.

Fisso i fornelli e vedo che la manopola nera è girata verso destra ma non c'è fiamma.

Merda.
Ditemi che questo è solo un incubo.
E invece no, cazzo.

Significa che la casa è piena di un velenosissimo gas.
Se non me ne fossi accorta, sarei morta nel giro di un quarto d'ora.

✧༺♡༻✧
fatemi sapere che ne pensate
xoxo aurora
♡░
༶•┈┈⛧┈♛

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