Ghiaccio che scotta [𝘓𝘰𝘬𝘪]

By escapefromnowhere

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Melena Tivan è la devota e unica figlia del Collezionista, passa le giornate ad aiutare il padre e a sognare... More

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By escapefromnowhere


Camminando a passo svelto per i corridoi metallici e illuminati di rosso, a causa del malfunzionamento del motore e del sistema di rilevamento intrusi, non si direbbe di essere su un enorme aereo in cielo: non ho mai visitato dall'interno una struttura così imponente, e la tecnologia su cui si basa la sua costruzione non è vecchia quanto quella che ho visto finora.

Fury dispone di un bel giocattolino, a quanto pare.

Non farsi notare dagli agenti dello S.H.I.E.L.D. mentre imbocco i corridoi necessari per raggiungere il posto in cui è chiuso Loki non è complicato, dato che sono troppo concentrati nel seguire gli ordini impartiti e stanare Barton, il responsabile di tutto ciò; devo usare il vantaggio che mi è stato dato, ovvero quello di non avere un nome agli occhi dello S.H.I.E.L.D., per muovermi nell'ombra finché non mi costringeranno a svelare la mia identità. Quando mi fermo in un corridoio perpendicolare per far passare l'ennesimo gruppo di agenti, questi si fermano poco prima dell'angolo contro cui sono appoggiata, e uno di loro si fa avanti per controllare frettolosamente le vie che si diramano per il corridoio principale: anche se Barton mi ha lasciata da sola, senza scorte che possano aiutarmi, loro questo non lo sanno, perciò cercano dappertutto gli uomini alleati con Loki.

Ovviamente, data la mia fortuna, trovano me.

I miei occhi incrociano quelli del soldato dello S.H.I.E.L.D. per un istante, e per quell'istante mi sento come un coniglio che è stato appena trovato da un branco di lupi. Ma, passato quell'istante, non lo lascio colpirmi con il calcio del fucile e tiro fuori un pugnale, conficcandoglielo nel fianco cercando di evitare punti vitali, anche se con l'anatomia non sono proprio una cima. Non voglio uccidere nessuno, voglio semplicemente togliermeli di torno per raggiungere Loki.

I suoi compagni, che scopro essere tre, imbracciano i fucili e cercano di spararmi, mentre il loro amico si accascia a terra dolorante. Lanciato lo stesso pugnale sotto la clavicola di un agente, il quale perde un attimo l'attenzione per toglierselo, mi avvento correndo per avvicinarmi a loro, dato che voglio perdere meno tempo possibile, e quando sorprendo uno di loro attaccandomi alle sue gambe, facendogli sparare un colpo sul suo piede mentre tentava di mirare il mio, uso il suo fucile per sparare a quello già ferito al petto, colpendolo sul ginocchio. Tiro una gomitata al proprietario del fucile sul mento, talmente forte da fargli perdere i sensi, poi sparo alla mano dell'ultimo agente dello S.H.I.E.L.D., e prima di fargli capire quello che voglio fare lo assalgo per soffocarlo, stringendo forte le mani attorno alla sua giugulare. Appena sento il respiro venirgli meno, aspetto qualche altro secondo e poi lo lascio a terra, svenuto; prendo il suo walkie-talkie e ascolto le comunicazioni varie, finalmente sola; «Banner si è trasformato in Hulk. Massima precauzione a tutte le unità» «Ci pensa Thor» «Qui Romanoff. A Barton ci penso io» bene, tre su cinque minacce sono attualmente occupate. Non ho più tempo da perdere, devo muovermi e devo anche farlo trovando un'altra strada, dato che se qualcun altro venisse qui, capirebbe in fretta cosa è successo.


Una serie di terremoti, causati dai colpi di quel gigante verde e del Dio del tuono, rallentano la mia corsa per tutte le vie poco convenzionali - sono ancora un po' sporca di polvere dato che ho dovuto fare una deviazione attraverso i condotti dell'aria -, ma in breve tempo riesco a raggiungere la sala in cui è imprigionato Loki. Apro la porta usando il tesserino rubato a uno dei quattro soldati che ho atterrato, che avevo trovato a terra dopo la colluttazione.

Deglutisco mentre cerco di riprendere fiato.

Anche se è passata una sola notte, vederlo di nuovo riporta alla mia mente ogni singolo dettaglio che avevo dimenticato mentre cercavo di riprendere il controllo, a Stoccarda.

Quei maledetti capelli corvini dai riflessi argentati tirati indietro, che terminano in leggere virgole, come se volessero sottolineare l'ordine che lui tenta di imporre nel caos della sua vita.

Quel maledetto naso aquilino che di profilo è ancora più attraente, tratto distintivo a cui ormai mi sono affezionata, che dona al suo volto quel tocco di arroganza e severità in più.

Quei maledetti zigomi scolpiti che, sotto la luce della cella vetrata in cui è chiuso, sembrano fatti di ghiaccio puro, quasi in grado di tagliarti soltanto sfiorandoli.

Quei maledetti spallacci di cuoio che accentuano le sue spalle ampie, dai quali parte una fascia dorata che mi induce a guardare anche il petto e poi il torso, protetti dalla sua uniforme nera e verde, aderente abbastanza per farmi notare quanto sia allenato.

Quelle maledette gambe lunghe nascoste dai pantaloni di pelle, piantate al suolo come se lui avesse fatto le radici anche in prigione, come se anche questo ambiente fosse già suo.

E quelle stramaledette mani, congiunte tra le sue ginocchia, con le loro nocche arrossate e tutte quelle vene evidenziate dal contrasto tra la luce della cella e l'oscurità che vi è intorno.

Loki mi sorride prima di alzarsi dalla panca su cui si era seduto e il sorriso che fa mi manda in tilt, facendomi scordare per un millisecondo che dobbiamo fare in fretta. Quando ho iniziato a provare queste cose? Quando ho iniziato a lasciare che le mie stupide fantasie si sovrapponessero così tanto alla realtà?

Barton mi aiuta, come sempre, a tornare al presente, dato che lo sento dire all'auricolare: «Altro motore compromesso. Libera Loki e andiamocene» annuisco anche se non può vedermi e raggiungo il pannello di controllo della cella di Loki, situato in un angolo scuro della stanza, che ruota attorno alla cella cilindrica di vetro dentro cui è rinchiuso il Dio dell'inganno. «Tutto l'oro del mondo in confronto ai tuoi occhi è latta» dice con voce mielosa, facendomi premere un pulsante sbagliato, che però mi riporta semplicemente alla schermata iniziale. «Le moine risparmiatele per dopo. Ora pensiamo ad andarcene di qui» lui ride di gusto, per poi dire:«I complimenti non sono proprio il tuo forte, eh? Va bene, facciamo come dici te» mentre accedo usando le credenziali dell'agente dello S.H.I.E.L.D. a cui ho momentaneamente preso in prestito l'identità, vedo che non è del rango sufficiente per permettermi di aprire la cella: tutti i movimenti che voglio fare mi vengono negati. «Mi serve aiuto. Qualcuno mi raggiunga con il tesserino di un grado alto dello S.H.I.E.L.D.» dico a Barton, il quale mi risponde, tranquillo:«Ti mando uno bravo coi computer. Dovrebbe farcela. Tu nasconditi nei paraggi, ci servi per la posizione» chiudo la linea e saluto Loki. «Ti piace vedermi imprigionato? Dove vai?» mi chiede avvicinandosi alla porta, probabilmente scorrevole. «Sei più docile. Ci vediamo dopo» trovato un condotto dell'aria, uso i tubi che scorrono lungo tutte le pareti per issarmi sulla superficie liscia dell'Helicarrier, e una volta raggiunta l'entrata, la forzo con il pugnale ancora sporco di sangue da prima, per poi chiudermi dentro il condotto e salutare Loki con la mano, divertita. «Aspetta che io esca da questa cella e vedrai quello che subirai» dice, nonostante mi abbia sentito parlare all'auricolare. «Come sei permaloso» ribatto, per poi indietreggiare, sentendo qualcuno avvicinarsi. Faccio un sospiro di sollievo quando riconosco l'uomo mandato da Barton, il quale, senza neanche degnarsi di guardare Loki, raggiunge il pannello di controllo e comincia a digitare tasti velocemente, facendomi vedere, grazie alla mia perfetta angolazione, come mettere un virus su quello schermo per forzare l'apertura delle porte.

«No!» sento un urlo gutturale partire dall'ingresso della stanza dentro cui si trova la cella di Loki, un urlo che sembra un boato. I capelli biondi di Thor mi fanno sgranare gli occhi: ecco il secondo dio che vedo nella mia vita. Indietreggio, anche se so che se volesse stanarmi lo farebbe molto facilmente, ma evidentemente è troppo distratto dalla porta della cella del Gigante di ghiaccio, che si sta aprendo. L'uomo di Barton non considera neanche il fratellastro di Loki quando finisce il suo lavoro e ammira la scena; nel frattempo, il Dio del tuono viene ingannato da un'illusione da quattro soldi di Loki, che lo fa finire al suo posto, dentro la prigione, mentre adesso il principe è libero. Il tonfo che fa Mjolnir, insieme a Thor, mi percuote le ossa. Thor, dal viso contratto, guarda il fratellastro con durezza, e quando guardo i suoi occhi celesti, di un azzurro diverso da quello di Loki, non posso evitare di pensare a quanto poco ci metterebbe a uccidermi. «Quand'è che hai intenzione di non cadere in questo tranello?» chiede il principe divertito, finalmente libero, raggiungendo il pannello di controllo e cercando il tasto per espellere la cella, che avevo visto anche io mentre smanettavo i comandi. Thor, infuriato, brandisce Mjolnir e lo scaraventa contro il vetro, spesso abbastanza da incrinarsi soltanto dopo quel colpo incredibilmente potente. «Gli umani pensano che noi siamo immortali. Vogliamo testarlo?» spalanco gli occhi: sono d'accordo con lui nell'allontanare una seccatura grande quanto Thor, ma provare a vedere se muore? Sono pur sempre fratellastri che condividono l'eredità di Asgard.

L'agente mandato da Barton cade a terra, tramortito, e io sposto l'attenzione verso il terrestre che è entrato nella sala di detenzione, che regge tra le mani leggermente tremanti un cannone a impulsi sonici, simile a una versione beta dei cannoni elettrotermici ipersonici che vengono venduti a Ovunque nelle aste del mercato Sud. Avrà circa cinquant'anni, è vestito con cura dalla testa ai piedi, e non sembra proprio il tipo da impugnare un'arma del genere, perciò non mi preoccupo troppo.

«Si allontani, per favore» dice a Loki, e io nascondo un sorriso. Questo è un soldato tanto quanto io sono una Valchiria. Il principe di Asgard, però, indietreggia, mentre l'umano chiede: «Ti piace?» riferendosi al fucile. Che lo voglia assecondare? In quel caso, che si sbrighi con questa farsa, perché non abbiamo davvero tempo da perdere.

«Abbiamo cominciato a lavorarci da quando hai mandato il Distruttore. Neanche io so cosa faccia. Vogliamo scoprirlo?» appena finisce di dire quella frase, usando lo stesso tono poco prima usato con Thor da Loki, quest'ultimo lo pugnala alla schiena senza pensarci due volte, materializzandosi alle sue esili spalle.

Io rimango allibita.

C'era proprio bisogno di spingersi così tanto per uno stupido umano? Un umano a cui tremavano le mani, che probabilmente è vicino alla fine della sua carriera e che non sa neppure cosa tiene tra le mani? Che re vuole diventare, per Midgard, se neutralizza in questo modo brutale una persona del genere? Invece che dilettarsi in queste sciocchezze, dovrebbe muoversi a raggiungere Barton per poter fuggire dalle vere minacce.

Sono sempre pronta a difenderlo, ma adesso lo vorrei strangolare come ho strangolato quell'agente, che a differenza di questo terrestre, aveva mostrato violenza esplicita nei miei confronti. E nonostante ciò, non mi sono spinta ad ucciderlo, non solo perché magari non sono spietata quanto Loki, ma anche perché voglio svolgere il mio compito il prima possibile, per evitare gli Avengers, Nick Fury o entrambi. E lui, invece, si mette a conversare con un terrestre e lo uccide pure, anche se questo ha semplicemente provato, con i mezzi che ha a disposizione, a rivaleggiare con un nemico che è di gran lunga fuori dalla sua portata.

Mentre mi trattengo dall'uscire dal condotto per non farmi vedere da Thor, aspetto che Loki si decida ad attivare il congegno che apre la botola sotto la cella cilindrica, facendola finire nel vuoto. Thor e tutti i suoi tuoni vengono espulsi lontani da noi, e mi concedo di esalare un sospiro di sollievo catartico. Però non posso evitare di sperare che, ovunque finirà, non morirà. È pur sempre un dio.

Decido di avvicinarmi all'entrata del condotto, quando sento dire dal terrestre, che ha un battito più calmo: «Tu perderai» Loki, che stava lentamente camminando verso l'uscita, come se non avessimo tutto lo S.H.I.E.L.D. alle calcagna, si gira verso di lui. «Davvero?» l'odio sta montando dentro di me, colorando i miei pensieri di rosso. So che è irrazionale, dopo tutti gli avvertimenti che ho avuto riguardo Loki, ma non posso evitare di venire offuscata da questo sentimento, così primordiale e potente. «È nella tua natura» dice il terrestre, appoggiato alla parete della stanza, con ancora quel fucile in mano. Non si copre la ferita?

«I vostri eroi sono stati divisi. La vostra fortezza volante sta precipitando. Come posso perdere io?» l'umano trattiene un colpo di tosse, gli occhi più sereni di qualche minuto fa. «Ti manca la convinzione» sibila. «Non penso che-» Loki, ovviamente distratto da questo dialogo inutile, non si è accorto, a differenza mia, che l'umano aveva il dito sul grilletto del fucile, il quale rilascia una potente scarica di fuoco, energia e aria verso Loki, il quale viene scaraventato lontano e distrugge parte di una parete della sala di detenzione. Io entro in scena troppo tardi, sorprendendo il terrestre con il mio balzo, finendogli accanto. "Phillip J. Coulson", leggo sul tesserino, accanto a una foto dove ha un sorriso composto e gentile. Non avendo potuto bloccare il colpo, che avevo percepito ma con un tempo di reazione troppo lento, decido di soccorrere l'umano. È il minimo, dopo l'azione non necessaria e senza senso che ha fatto Loki.

Innanzitutto, gli prendo il fucile dalle mani e lo appoggio delicatamente sulle sue gambe, distese, per poi guardare la ferita. «Quindi è questo quello che fa» balbetta Coulson, riferendosi al fucile. «Maria?» mi chiede, confondendomi con qualcun'altro, per poi scuotere la testa insieme a me. «Mi dispiace per quello che ha fatto» gli dico, mentre mi tolgo la bandana e la strappo, per cercare di fermare il sangue che gli esce dal petto. «Sei il nemico» mi dice, sorridendo come nella foto che ha attaccata alla giacca. Le sue mani sono accasciate lungo i fianchi, il fucile si sta caricando, ma non sono questi i dettagli che mi fanno abbassare la guardia. «Non significa che debbano morire degli innocenti» gli rispondo, ma poi, mentre faccio finta di non sentire i suoi gemiti di dolore mentre imprimo pressione sulla ferita, sento una sua mano prendere il mio polso. «Sai anche tu che è inutile» scuoto di nuovo la testa, mentre con la coda dell'occhio vedo Loki, attraverso il buco che ha fatto, che si rialza lentamente e dolorante. Ben ti sta. «Meglio provarci che non fare niente. Mi dispiace» ripeto, senza le parole giuste. Quelle che ho detto non servono a nulla, e combatto contro i miei pensieri mentre cerco di capire quello che potrei fare. La ferita lo trapassa, e anche se provassi a tappare il petto, il sangue continuerebbe comunque a uscire dalla schiena. Ma meglio di nulla, giusto? «Ho capito» mi dice, sorridendo di nuovo. «Ma mi dispiace, cazzo. Mi dispiace» parlo con calma per non balbettare, quando Loki sibila, accortosi di qualcosa di cui non mi sono accorta, impegnata a salvare il moribondo: «Adesso dobbiamo veramente muoverci» reprimo la voglia di saltargli al collo e guardo un'ultima volta Coulson. «Tanto mi salveranno. Ci salveranno» scuoto per una terza volta la testa, la faccia contorta dal dispiacere e dalla delusione, e decido di seguire Loki, abbandonando l'agente.

«Sei un vero pezzo di merda» impreco mentre corriamo per i corridoi dell'Helicarrier, diretti verso l'aereo dal quale sono uscita con Barton. «Ne parliamo dopo. Barton è riuscito ad annullare la mia magia e i danni ai motori stanno venendo riparati. Tu raggiungi l'aereo e mettilo in moto, io recupero lo scettro e ti raggiungo» lo guardo cercando di capire perché ha questa espressione rilassata quando ha fatto incazzare tutto lo S.H.I.E.L.D., ha buttato il suo fratellastro nel cielo da migliaia di decine di chilometri e ha ucciso un innocente. «Se vieni catturato di nuovo non ti verrò a salvare una seconda volta» lui sorride di sbieco, ribattendo, prima di cambiare percorso: «Mi piace sapere di poter sempre contare su di te, partner».

Lo uccido.

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