Questione di fiducia

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QUESTIONE DI FIDUCIA Per tutti quei bambini che sono cresciuti prima del dovuto. Una mattina di fine settembr... עוד

T R A M A
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E L L A

Passato

-Non dire nulla- disse mio padre riferendosi alla mia paura per le analisi.

Mia madre non era venuta, aveva l'auto rotta, e in ogni caso non avevo intenzione di far entrare nessuno dei due, per nessun controllo.

-Queste persone sono qui perché Dio l'ha voluto, tu non sai nemmeno perché sei qui!- esclamò riferendosi ai pazienti che si dirigevano a fare la chemioterapia.

-Dio non vuole questo, non è lui a mandare i tumori- non rispose alla mia riflessione.

Entrai in sala, da sola per mia volontà, mi sedetti col cuore a mille, forse per la paura che dovessero bucarmi più volte il braccio o per i risultati delle analisi.

Mi ero promessa che sarebbero dovute uscire uno schifo, così che non mi diagnosticassero disturbi come la bulimia o il binge eating, il mio incubo.

Si, mi ero informata, da anni ormai.
Se dovevo soffrire di un disturbo doveva essere l'anoressia, per questo mi imposi di non mangiare nel periodo nel quale scrivevo il diario alimentare, un'altra follia.

Mi facevano scrivere di tutto, cosa mangiavo, l'ora, il giorno, il posto, la quantità e persino ciò che provavo, come se gli interessasse.

Sapevo che anche se mi avessero diagnosticato l'anoressia atipica mi avrebbe punito, perché era atipica, perché ero sovrappeso, nonostante fossi convinta di non soffrire di nulla.
Sapevo di stare bene.

E proprio per questo, la volta prima del day hospital, quando mi chiesero perché ero lì, risposi che mio padre mi aveva obbligato, ma non andò esattamente così, questa stupida storia inizia molto prima dei miei quattordici anni...

Guardai istintivamente tutte le boccette che dovevano riempire col mio sangue..
Erano tante.

E qui iniziò a farsi sentire un po' di ansia.

Non sentii nulla, la dottoressa fu bravissima, ma continuava a darmi del lei, ed io avevo voglia di vomitare.

Mi odiavo per questo, sapevo perché mi dava del lei, perché ero in sovrappeso, perché ero grassa, perché sembravo più grande.

Le persone per strada mi scambiavano molte volte per una donna grande, per il seno prosperoso e la mia costituzione da far schifo, o per lo meno da far schifo a me, ad altri piacevo su certi aspetti.

Mi prendevano in giro per il fisico ma mi guardavano il culo, uno una volta è arrivato a dirmi che mi scoperebbe.

Quel giorno volli piangere, ero sempre stata una ragazza di casa, e ho solo quattordici anni, vedere la mente perversa di certe persone mi fa venire la nausea e mi fa sentire esposta, nonostante il mio abbigliamento consono e accollato (ma non troppo).

Dopo le analisi salii al primo piano, mi portarono in una stanza per farmi un elettrocardiogramma, anche questa volta senza mio padre.

Conoscevo la ragazza che mi stava visitando, era una delle specielizzande presenti alla visita dell'altra volta, è dico ragazza perché non so se è una dottoressa o infermiera oppure una specializzanda.

Era molto bella, mi trasmetteva pace, aveva gli occhi azzurri e i capelli ondulati e scuri, con una pelle abbastanza chiara.

Se qualcuno mi avesse sentito mi scambierebbe per una ragazza lesbica al giorno d'oggi, mi dava fastidio, non il fatto che mi scambiassero per una ragazza lesbica, ma per il motivo, erano tutte piene di misoginia interna, così tanto che se facevo un complimento ad un'amica pensavano tutt'altro, è che se c'è qualche critica da fare le persone sono sempre disponibili, invece se c'è qualcosa di bello da dire si tirano indietro.

Dopo l'elettrocardiogramma aspettai un paio di minuti in sala d'attesa, da un lato c'era un uomo, sembrava nervoso, dall'altro c'era mio padre, mi ignorava, era ancora arrabbiato per l'accaduto di due giorni prima...
Stavo attraversando un periodo difficile, non solo per la tensione nella mia famiglia, se così vogliam chiamarla, ma anche per la mia testa, in più era da poco che i miei "amici" avevano iniziato a scherzare sul mio fisico.

Appena entrata in adolescenza avevo le basi di un fisico curvilineo e muscoloso per genetica, poi è successo ciò che è successo, dopo quattro anni mi salvo solo per la costituzione a clessidra che forzato costantemente.

Erano davvero ridicoli, non avevo bisogno di persone così, persone che dovevano insultare qualcun altro per divertirsi, rispondevo a tono, e a volte mi sentivo anche male dato che non volevo ripagare con la stessa moneta, sapevo di cosa ero capace quando mi arrabbiavo, e non volevo sembrare una squilibrata, ed oltre a questo dalla mia bocca uscivano parolaccia di ogni specie, termini volgari che non facevano parte di me, non ero io quella persona.

Così, siccome non volevo più uscire con loro dato che non stavo bene, lo dissi a mio padre tramite messaggio, siccome ci parlavamo liberamente decisi di confidarmi con lui sulla mia voglia di vomitare, mi disse ironicamente che facevo bene e che potevo fare ciò che volevo dato che non lo ascolto mai, vedendo la sua ironia risposi in tal modo, dicendo che se avessi fatto ciò che volevo
mi sarei uccisa, non l'avessi mai detto...

Uscì dalla stanza nella quale dovevo entrare, una ragazza, la notai subito.

Da quando venivo in ospedale la sorte mi prendeva in giro, mi faceva sedere affianco o stare di fronte ad altre ragazze che palesemente soffrivano di dca, e non solo perché erano estremamente magre, ma perché si notava, e no, non giungo a conclusioni affrettate dato che entravano nelle stanze in cui entravo io.

Grazie vita.

Questo mi faceva solo sentire idiota e non valida.

-Com'è andata?- chiede il padre della ragazza.

-Non ne voglio parlare- risponde lei.

-Mia, sai che... non so, potresti... potresti evitare- disse- di vomitare...- continuò sottovoce.

-Lo so- rispose scocciata la ragazza, entrambi si alzarono e si avviarono verso l'ascensore.

Mi faceva male il cuore.
Sapevo che mio padre aveva sentito, e il fatto che si girasse verso di loro a guardare lo confermò.

-Quella è un'altra fusa di testa come te- disse.

Non ebbi il coraggio di rispondere...

In seguito mi controllarono il metabolismo, quante calorie bruciavo da ferma ed infine la forza, questa seconda sala era più scomoda.

Appena entrata mi pensarono e dissero il numero ad alta voce, volevo morire.

Pensare che una dottoressa mi visitasse e che fosse molto più magra di me mi faceva sentire inutile, ma per fortuna la vocina non si fece sentire, questo perché insieme alle due dottoresse c'era anche un dottore, molto più grande di tutte e tre, e non solo fisicamente ma anche di età, e giuro che sembrava che filtrasse con le due dottoresse.

-È rilevante ciò che è scritto in quel foglio per i miei genitori?- chiedo mentre mi posizionano un marchingegno che mi copre la testa.

-In che senso?- chiese il dottore.

-Se è necessario che la leggano- chiarisco.

-Certo che è necessario, sei minorenne- il suo tono era fin troppo antipatico- E sentiamo signorina, perché non vorrebbe che la leggano?

-Mi rinfaccerebbero il peso, e io non ne ho bisogno- dico di botto.

-Non c'entra nulla, è minorenne.

Ovviamente quello che disse il dottore mi entrò da un orecchio e mi uscì da un altro. Tenni il foglio per me, e lo diedi solo alla dottoressa.

In sala c'erano la psichiatria, la dottoressa che mi fece l'elettrocardiogramma e quello che credo fosse uno specializzando.

-Ciao Ella, ci rivediamo- saluta la psichiatra- Signore, può aspettare fuori, grazie.

-Ma è minorenne- si giustifica mio padre.

-Dobbiamo parlare solo con sua figlia.

Mio padre uscì, mi guardai intorno e notai una bilancia.

-Non mi dica che devo pesarmi di nuovo- dico io scocciata.

-No che non devi pesanti di nuovo- chiarisce- raccontaci di nuovo la tua storia.

-La mia storia?- chiedo confusa- Intende in riguardo al cibo?

-Solo in riguardo al cibo.

-Si, certo...- rispondo, poi mi preparo per iniziare a parlare- Da maggio dell'anno scorso, iniziai un digiuno intermittente, e...

-Tramite un medico?- chiede la dottoressa.

-Tramite un app- un'altra versione di me avrebbe risposto con vergogna, ma non ora, io non abbassavo mai il capo.

-Ed aveci tredici anni, giusto?- chiese scrivevendo su un foglio.

-Quando ho iniziato ne avevo dodici.

-Continua pure.

-Digiunavo per sedici o venti ore, in pratica mangiavo solo a colazione e a pranzo...

-E in queste ore libere, come mangiavi?- sapevo a cosa voleva arrivare.

-Non mi abbuffavo, mangiavo in modo moderato- precedetti, lei intanto guardava il mio diario.

-Ascolta, qui leggo che ti senti in colpa per un bicchiere di succo, perché?

-Non lo so- rispondo- dopo due mesi, verso la metà di luglio, i capelli iniziarono a cadere, avevo la pelle squamata per colpa dei lassativi e...

-Quanti ne prendevi?- odiavo che mi interrompesse sempre.

-Sei... o otto- ammetto- il massimo sulla confezione era tre.

-Quando li prendevi?- chiede ancora.

-Bhe, dipende, una o due volte al giorno.

-E se non mangiavi, questi lassativi a cosa servivano?- non lo sapevo nemmeno io.

-Per calmarmi.

-Continua con la storia.

-Mia zia un giorno mi obbligò a cenare, e da poco iniziavo a sentire una voce che mi diceva di vomitare, o camminare, cosa che facevo già da tre mesi per otto o sei ore al giorno- spiego.

-Cammini otto ore al giorno?- chiede incredula.

-Ora non posso dato che non sono a casa mia.

-Ma uscivi?

-No, lo facevo nella mia stanza

-Quindi la tua era più un'ossessione, quella di andare avanti e indietro- conclude.

-Per calmare il nervoso.

-E a che ora camminavi?

-Iniziavo a l'una o le due del mattino e finivo verso le nove.

-Non dormivi?

-Poco- specificai- Da quella sera provai sempre di più a vomitare, ma non ci riuscivo, cacciavo fuori solo eccesso di saliva o succo gastrico, per questo digiunavo e mi insultavo davanti allo specchio- notai che la dottoressa affianco alla psichiatra, quella che mi aveva fatto l'elettrocardiogramma, stava piangendo...- Continuai fino ad agosto, dove ebbi un salto mentale, iniziai ad essere tutto ciò che dicevo di odiare, come il trucco, le uscite o socializzare.

-Perché?

-Volevo rendere felice i miei genitori.

-Tua mamma è grossa? Normopeso?- chiese.

-Normopeso.

-E papà ha la costituzione da palestrato. Quindi tu sei la più grossa?

-Non proprio.

-Conti le calorie?- chiese, io annuii- Quante?

-Quattrocentocinquanta a...

-Impossibile, quattrocentocinquanta calorie le assume l'anoressica in sala d'attesa- rimasi colpita per un paio di secondi.

-Ad agosto. Ad agosto assumevo quelle calorie- spiegai.

-E da settembre ad ora? Cos'è successo?

-Ad ottobre volevo iscrivermi in palestra- dico- mia zia era a conoscenza del "problema", fu la prima a chi lo confidai, e disse che se volevo andare in palestra con lei dovevo visitare una nutrizionista, aveva paura che digiunassi e mi allenassi, andai dalla nutrizionista, fui costretta a dirle del cibo e mi diede un diario come voi, io le dissi che non l'avrei compilato, mi vietò di camminare, di andare in palestra e contare le calorie.

-E seguisti la dieta?

-Solo per una o due settimane, mi sentivo controllata, e alla testa non andava bene- alla testa io stessa non andavo bene.

-Ti tagli?- chiese di botto.

-Ci ho provato, ma no- sembravano sconvolti dalla normalità con la quale ne parlavo.

-Fa' vedere le braccia- avevo un top, quindi mi riuscì facile mostrarle subito.

-E comunque da persona intelligente non lo farei sulle braccia- rifletto.

-E dove lo faresti?- indicai i laterali delle cosce, farebbe anche meno male.

-Dove hai provato a tagliarti?

-Sulle caviglie- rispondo.

-Controlla un po'- ordina al ragazzo.

-Nulla- afferma lui dopo aver controllato le mie caviglie.

-E da gennaio ad ora?- domanda la dottoressa.

-All'inizio di quest'anno iniziai ad avere un crollo emotivo, seguito da attacchi nervosi che però so gestire- inizio a spiegare.

-Cos'è per te un attacco nervoso?

-Inizio a piangere, ridere e tremare insieme, senza fermarmi- dissi- Per questo mia madre mi portò da un neurologo, questo neurologo mi diede il numero di una psicologa.

-La tua prima esperienza con una psicologa?- chiede.

-No, dagli undici ai dodici anni ero paziente di una dottoressa.

-E ti aiutava?

-No- solo ora mi rendo conto della poca professionalità di quella psicologa- La psicologa consigliata dal neurologo mi fece un test senza dirmelo, non ci disse che tipo di test era ne nulla- che bastarda...- mi disse che se il disturbo non era frequente allora il disturbo non c'era.

-E tuo padre ritirò i risultati di questo test?

-Mio padre? Mio padre non ha mai creduto all'efficacia del vostro lavoro, né tanto meno in questa professione- giusto, lei non sapeva tutta la storia- lui è sempre stato contro ad ogni visita psicologica che facevo, a luglio dell'anno scorso, parlai con die mie zie di questa cosa che stava accadendo, loro erano più giovani e potevano capirmi, quando da poco avevo iniziato a fare... ciò che faccio, o facevo, ne parlai con mio padre, era come se le mie zie avessero il peso della mia vita addosso e non andava bene, loro erano convinte che mio padre mi avrebbe aiutato, mia madre era depressa, ansiosa, non volevo darle altre preoccupazioni- spiegai.- Così la notte prima di partire per le vacanze lo riunii con mia zia, una delle due, lei mi aiutò a dirglielo, io avevo un blocco emotivo da circa un anno, per lo meno credo, non piangevo e sentivo la totale indifferenza, quella notte piansi a dirotto, mio padre mi urlò contro.

-Cosa gli dicesti?

-Iniziò mia zia a parlare, ricordo perfettamente cosa accadde, era il periodo nel quale non mettevo maglie se non con le maniche fino agli avambracci, gli dissi che provavo a vomitare e lui mi urlò che ero una disgraziata, che non apprezzavo niente e che facevo così perché volevo mangiare, perché non volevo seguire una dieta, disse che si moltiplicava in trentatré per me e le mie sorelle, e io lo ripagavo così?

-Non ti aiutò?

-No, e non riaprii più l'argomento, ci provai ma era invano. Questo fino a quando un paio di mesi fa la figlia di un suo amico cadde in anoressia, la ricoveravano e da lì cambiò il suo pensiero, per questo mi obbliga a venire qui- conclusi.

-Da piccola eri grossa?

-Non ero minuta, ma non ero grassa, fatto sta che commentava sempre il mio fisico, specialmente mio padre.

-Ho visto il tuo diario, non mi piace assolutamente- nemmeno a me, doc- mangi poco, non fai colazione, a scarso mangi qualcosa la sera... e ci sono dei giorni di digiuno.

Ah, ricordavo quel giorno, mentii a mio padre dicendo di aver mangiato da mia zia paterna, e mentii a mia zia dicendo di aver mangiato da Dith, bella merda, no?
Si incazzarono, ma fa' nulla, mangiai la sera a casa di Edith prima di uscire, quindi non fu un completo digiuno.

-Ora devo far entrare tuo padre, dobbiamo parlare con lui.

-Prima una domanda, per favore- ce l'avevo sulla punta della lingua.

-Prego.

-Sulla mia cartella clinica c'è scritto esattamente "Ora del ricovero: 09:04". Quando ho scelto di ricoverarmi?

-Il recovery è...- inizia a spiegare.

-So cos'è.

Non risposero alla mia domanda, ma una cosa la sapevo, non avrei iniziato nessun recovery.

Non appena entrato, mio padre fece leggere alla dottoressa le nostre chat di due giorni prima.
E feci anche una figura di niente, dato che nella chat insultavo involontariamente la dottoressa.

-Lei ha mai criticato il corpo di sua figlia?- Ella, rimani zitta, per favore.

-Ma per favore dottoressa, non l'ho mai fatto- rimasi paralizzata dalla sua risposta. Non l'aveva mai fatto?- l'ho incitata a migliorarsi, per esempio, se aveva qualche problema con le sue amiche o con i ragazzi che la escludeva eccetera, gli proponevo di iscriversi in palestra.

-Si, proprio con questi termini- sbotto.

-Ella- riprende la dottoressa.

-Io non ti ho mai criticato.

-Non è vero!- esclamai.

-Ella, ho ascoltato la tua versione, ora tocca a tuo padre parlare- ma se lui parlava in modo errato...

-Vorresti dire che non sono un buon padre?- avevo imparato la sua strategia, se ne usciva così per farmi sentire in colpa, per rivoltare la frittata- Ho sempre detto che è bella così com'è.

Ah, si papá?
Ora è così? Non sono più una betoniera? Non sono più una boatta?
Le mie cosce non sono più dei prosciutti? O delle braciole?
Non sembro più una Big Babol quando mi vesto di rosa?

Eppure durante la mia infanzia ho sentito più commenti di questo genere che complimenti su "quanto fossi bella".

Da tutti. Esattamente tutti.

Ad ogni festa, cerimonia o compleanno ero lì a guardare come facevano i complimenti alle mie cugine, alzandole in aria per quanto fossero belle e magre, davanti a me...
Ed io scarsamente sentivo il "peccato, hai un bel viso".

Volevo protestare, ma rimasi paralizzata a ridere per le assurdità che diceva.

Non ebbi la forza ed il coraggio di contraddire.

Per completare la giornata, nonostante specificai alla dottoressa che non avrei seguito nessun piano mi mandò nello studio della dietista.

Mi sentivo sconcertata, delusa, e soprattutto impaurita.

Ero arrabbiata, ma non avevo la forza di rompere qualcosa, l'estrema rabbia mi portava debolezza, mi portava amnesia.

Fanculo tutto, fanculo tutti.

Il piano, il diario alimentare, le diete, me, il mio fisico, la mia vita, il day hospital, i miei genitori, i ricordi che non riesco a ricordare e la mia fottuta voglia di tagliarmi dei pezzi di grasso dal corpo col coltello...

Ormai la rabbia faceva parte di me, e l'armadio smantellata a casa di mia madre ne era testimone, testimone di ogni mio pugno, la doccia di tutta l'acqua gelata sul mio corpo come punizione, il cuscino di ogni grido di angoscia e malinconia che soffocavo, le mie unghie di tutti i graffi che mi facevo, lo erano le ferite dell'interno delle mie labbra morsicate.

Non ero, anzi non sono un caso perso, per il semplice fatto che non sono un caso, non uno considerato, non uno importante, e questa volta testimone di ciò era il mio peso, che aumentava e diminuiva continuamente insieme alla mia voglia di stare bene, ne era testimone il mio lardo che vedevo dove non c'era e che nascondevo dove avevo voglia di tagliare, o la mia rabbia repressa verso la mia famiglia, che non sapevo più dove fosse finita, ne erano i numeri sulla bilancia che diminuivano insieme allo specchio che invece mi faceva vedere ancora più grossa.

-La vera terapia è la dieta- non avrei lasciato uscire le lacrime per delle stupide parole.

C'erano due nutrizioniste, quella che già conoscevo dopo avermi dato il piano mi disse ciò, l'altra controllava il diario.

-Se il problema è mentale, allora perché si parte da un piano e non una terapia?- Oh io sapevo benissimo il perché, e sapevo anche che non l'avrebbero mai ammesso.

Non mi dovevo fidare dei dottori, non l'avevo mai fatto e questa è stata la prova, per quanto possa far male.

-Passo per passo, signorina.

-Potete darmi del tu- affermo.

-Oh si, noi non lo facciamo per una questione di professionalità- spiega la dietista.

Quindi non mi davano del lei perché sembravo più grande...

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