Painful melody

Galing kay Sofiacuofano

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ATTENZIONE: SONO PRESENTI SCENE DI SESSO ESPLICITO E DI VIOLENZA!!! Lei è nata nell'agio della famiglia più p... Higit pa

PROLOGO
CAPITOLO 1
CAPITOLO 2
CAPITOLO 3
CAPITOLO 4
CAPITOLO 5
CAPITOLO 6
CAPITOLO 7
CAPITOLO 8
CAPITOLO 9
CAPITOLO 10
CAPITOLO 11
CAPITOLO 12
CAPITOLO 13
CAPITOLO 14
CAPITOLO 15
CAPITOLO 16
CAPITOLO 17
CAPITOLO 18
CAPITOLO 19
CAPITOLO 20
CAPITOLO 21
CAPITOLO 22
CAPITOLO 23
CAPITOLO 24
CAPITOLO 25
CAPITOLO 26
CAPITOLO 27
CAPITOLO 28
CAPITOLO 29
CAPITOLO 30
CAPITOLO 31
CAPITOLO 32
CAPITOLO 33
CAPITOLO 34
CAPITOLO 35
CAPITOLO 36
CAPITOLO 37
CAPITOLO 39
CAPITOLO 40
CAPITOLO 41
CAPITOLO 42
CAPITOLO 43
CAPITOLO 44
CAPITOLO 45
CAPITOLO 46
CAPITOLI 47
CAPITOLO 48

CAPITOLO 38

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Galing kay Sofiacuofano


KEIRA


Oggi...

Sentirlo realmente addosso era meglio di dovermelo immaginare pagando uomini simili esteticamente a lui, che in quel momento mi parvero totalmente diversi da quell'uomo, era imparagonabile, avevo sempre avuto buon gusto per quanto riguardava gli uomini. Fin da ragazza.

Con il trascorrere degli anni, ciò che avevo trovato attraente in lui, era diventato sublime, una visione onirica.

Mi guardava come si guardava una perla rara, il regalo più bello che la vita potesse mai fargli quando invece ero tutto il contrario e prima o poi lo avrebbe capito, ma in quel momento mi godei soltanto l'ennesimo sguardo innamorato di un uomo addosso. Non era mai da disprezzare, era pur sempre una buona cosa.

Ormai avevo perso il conto degli uomini che mi avevano guardata in quel modo, anche se il suo sembrava più reale di tutti gli altri.

Le mie mani scesero ad accarezzargli gli addominali che si contrassero sotto il mio leggero lambire, arrivai dunque al bordo della sua maglia e gliela alzai venendo aiutata da lui che si tirò in ginocchio, tra le mie gambe, per sfilarsela. Rimanendo a torso nudo, davanti ai miei occhi ardenti di desiderio.

Santo cielo, avampai.

Era disegnato, ogni suo muscolo sembrava scolpito nel marmo e poi così avvolto nell'inchiostro dei tatuaggi che gli macchiavano la pelle, era come toccare uno dei miei stessi demoni, oscuri e tenebrosi.

Sfiorai il suo addome ondulato ricalcandone ogni centimetro, salii poi ad accarezzargli i pettorali ampi mentre tornava a piegarsi su di me per riavvicinare quelle labbra alle mie. Godendosi una smanceria che non ero più abituata a concedere poi così spesso, solo mio marito mi baciava durante il sesso e lui lo stava facendo fin troppo spesso. Ma non riuscivo a dirgli di no, quelle labbra erano così invitanti che morivo dalla voglia di risentirle ovunque, per quanto intima stesse diventando quella situazione.

La sua bocca, quelle mani ruvide e grandi sulla pelle erano come una doccia di lava bollente che mi stava distendendo ogni muscolo e accendendo ogni parte di me, mi sarei bruciata ma non me ne importava, amavo la sofferenza, desideravo di arrivare a quel limite tra la vita e la morte così tanto da non farci neppure caso.

Diceva che ci saremmo fatti male, inconsapevole che era ciò che cercavo.

Mi eccitava.

Mi sfilai velocemente il vestito rimanendo completamente nuda sotto i suoi occhi che mi divoravano, mi stava assaggiando, pezzo per pezzo senza alcuna pietà, senza nascondere quel profondo e inevitabile senso di desiderio che causavo a qualsiasi uomo.

Lo comandavo e lui neanche se ne accorgeva, era così soddisfacente.

Una di quelle sue mani prive di quella delicatezza che ricordavo, mi afferrò un seno per alzare il mio capezzolo e portarselo alla bocca, lì dove venne accolto dalle carezze lente della sua lingua vellutata. Non toccava una donna da anni eppure sembrava persino migliorato dall'ultima volta, era così spinto dai pensieri passati che li saziava tornando a ricordare come fossi.

L'altra mano la sentii sulla coscia, dove lentamente risalì per raggiungere il mio centro pulsante, lì dove mi sentivo grondante del mio nettare. Affondai i denti nel mio labbro inferiore percependo ogni brivido lungo la schiena, lentamente scendere e concentrarsi tra le mie cosce. Mi accarezzava consapevole di come lo desideravo.

Si ricordava come mi piaceva e cosa mi piaceva, i punti da toccare e come farlo, era ciò che avevo atteso per così tanto che sentii un peso abbandonarmi. Finalmente, esultai tra me e me.

<<Ti piace?>> Premette il pollice sul mio clitoride consapevole di causarmi una scossa tra le gambe che mi portò a fare un'inconsapevole scatto. <<Sai cosa mi piace.>> Il suo medio e il suo anulare nel mentre mi accarezzavano le grandi labbra facendosi spazio tra di esse, ma senza mai varcare quella porta che sapevo volesse sfondare, ma si stava trattenendo per farmi penare. Se si aspettava che lo pregassi, non sapeva chi avesse davanti, pensai.

<<Sì, ma voglio sentirtelo dire.>> All'improvviso quelle due dita si infilarono dentro di me senza alcuna esitazione, penetrandomi completamente e arriccandosi tra le mie pareti fradice. Iniziai a sentire quel bruciore, la lava che mi aveva versato addosso mi stava corrodendo la pelle, causandomi un piacere incomprensibile.

<<Ti piace?>> Iniziò a muoverle così velocemente che persi ogni consapevolezza.

<<Oh sì.>> Dio se mi piaceva e vedere un sorriso soddisfatto farsi strada sul suo volto fu ancora più eccitante. Era così bello, anche dopo dodici anni rimaneva l'uomo più attraente su cui i miei occhi si fossero mai posati, così perfetto in ogni suo centimetro da far male.

<<Mi sei mancata.>> La sua bocca prese a baciarmi il ventre, risalendo lungo le costole per raggiungere il mio seno e arrivare infine al mio viso, così che quei pozzi blu incontrarono di nuovo i miei, dispersi nel piacere che mi stava causando. <<Dannatamente tanto.>> Lo sapevo, lo sentivo, lo percepivo così bene da sentirmi potente.

Lasciai scorrere una mano lungo il suo addome arrivando dove volevo, lì, sulla patta dei suoi pantaloni ove spingeva la sua erezione, imponente e dura. <<Lo sento.>> Chissà da quanto non gli veniva duro, pensai, proprio come in quel momento. Mi bastò una mano per sbottonargli in fretta i pantaloni e abbassarli, riuscendo così ad infilare la mano sotto i suoi boxer. Quando glielo presi in mano vidi la sua mascella contrarsi e un grugnito tuonargli nella gola. <<Lascia che mi prenda cura di te Mihai.>> Arrivammo così a darci piacere reciprocamente, lui si spingeva in me e io lo accarezzavo apprezzando le sue notevoli dimensioni. Nell'aria risuonavano i nostri gemiti intrecciati gli uni agli altri. <<Tu sei la causa delle mie ferite.>> Velocizzai i movimenti e lui lo fece con me. <<Non vi è miglior curatore dell'artefice.>> Chi conosceva la causa del tuo dolore sapeva anche come attenuarlo, e se poi si riusciva a capire anche come comandare il tutto, si portava l'altro ad uno stato di totale e irreversibile dipendenza di te. Se eri tu a causare il dolore e a conoscerne anche la medicina, diventavi di rimando indispensabile. Era solo uno dei tanti modi che mi divertivo ad usare con coloro che mi circondavano, mi piaceva vederli come dei drogati chinati ai miei piedi. Ero la loro eroina.

<<Ne sai una più del diavolo.>> La sua voce, come la mia iniziò a farsi più ansante, difficile. Il piacere stava bussando alle nostre porte ed eravamo entrambi pronti ad aprirle, tanto a velocizzare ancor di più i movimenti delle nostre mani poggiate sul corpo dell'altro. <<Solo così si vince sempre.>> D'un tratto, con un gesto repentino e impertinente, mi afferrò il polso fermando i miei movimenti sulla sua erezione per portarmi entrambe le mani sopra alla testa. Rimasi così bloccata, ma non fu quello a togliermi il fiato.

Nell'esatto momento in cui mi penetro seriamente sostituendo alle dita il suo membro, persi completamente la capacità di respirare. Mi penetrò con una stoccata decisa che non ebbe ulteriore pazienza.

Un grido mi tagliò la gola e mi riempì la bocca, le mie unghie affondarono in quella schiena ampia e muscolosa mentre le mie gambe si lasciavano aprire con un irruenza sempre più importante dai suoi colpi di bacino, stoccate incontrollate che mi spensero i pensieri.

<<Con me non vincerai Keira.>> Boccheggiò soggiogato dal piacere facendomi sorridere, era così ingenuo a volte che quasi mi faceva pena farlo soffrire, ma doveva conoscere la realtà. Puntai le mani nel suo petto e lo spinsi costringendolo a spostarsi da me per sedersi. Ma quando lo fece, non gli diedi neanche il tempo di capirci qualcosa che subito mi sedei a cavalcioni su di lui, riaccogliendolo dentro di me.

Il suo roco e baritonale gemito mi percorse il corpo.

<<Io creo, io controllo e io distruggo Kovacs.>> Mi muovevo su di lui rubandogli il piacere che desideravo, lo usavo per saziare i miei bisogni, per la prima volta persino quelli mentali. Lui era la mia perversione, il mio sogno proibito che poi tanto sogno non era più.

Le sue mani si appoggiarono sulle mie natiche, che strinsero con veemenza fino a farmi male, una sensazione impagabile.

Mi strinse a sè e con uno scatto improvviso si alzò dal divano portandomi con sè. Il nostro era un continuo botta e risposta, ma non solo a parole, in quel momento ci rispondevamo usando il corpo dell'altro, con dimostrazioni carnali.
Dunque aggrappai le mani alle sue spalle godendomi il sapore delle sue labbra sulle mie, quando il rumore sterile dei piatti, dei bicchieri e di tutto ciò che poco prima aveva occupato il tavolo dove avevamo cenato, che veniva scaraventato a terra riempì per un secondo l'aria.

Fece spazio per me, difatti mi poggiò sulla lastra di legno persino priva di tovaglia, su quel materiale gelido che unito al piacere che riprese a causarmi, mi avvicinò sempre di più all'apice che cercavo così ardentemente.

Mi poggiò una mano sul ventre costringendomi a sdraiare la schiena sul tavolo e così feci godendomi dal basso, la vista dei suoi addominali scultorei che si contraevano ad ogni stoccata che mi infliggeva, le sue spalle che si distendevano sotto la forza del piacere e i suoi occhi che mi ammiravano soggiogati dalla libidine.

<<Ciò funziona su ciò che ti appartiene.>> Una mano la teneva premuta sul mio ventre mentre l'altra la occupava con la mia coscia, avvolta intorno al suo bacino, stritolandomi la carne dove mi sarebbero rimasti i segni. <<E tu mi appartieni amore.>> Bastò quella parola per fargli perdere la testa, sapeva che lo dicessi semplicemente per illuderlo, per piegarlo al mio volere, per assoggettare la sua mente e portarlo a sottomettersi a me con la forza dei sentimenti che provava per me. Forse ero crudele ma era ciò che mi aveva sempre permesso di avere la meglio su chiunque. <<Non chiamarmi così.>> La spinta che mi assestò mi fece contorcere sotto di lui, era dannatamente bravo e da arrabbiato era ancor più eccitante.

<<Se no che fai?>> Lo sfidai, continuando a giocare, adoravo giocare con lui.

Per l'ennesima volta uscì da me per voltarmi con uno strattone prepotente, mi girò su quel tavolo a pancia in giù schiacciandomi il seno sul legno. Era un continuo rincorrersi tra me e il piacere in quel momento, prima mi portava così vicino all'apice da togliermi il fiato e poi si sottraeva a me senza esitazione, lo odiavo, ma non potei che lasciarlo fare. Era un'agonia che ero disposta a sopportare.

Non riuscivo a vederlo, ma non mi occorreva vedere come quegli occhi oceano mi ammirassero il culo per sapere che desiderava divorarlo, non era il primo che lo voleva. Le sue dita mi accarezzarono le mie grandi labbra lucide e grondanti raccogliendo i miei umori per inumidire la mia seconda entrata.

Quella proibita a chiunque.

Era la sua risposta.

Se avessi continuato a chiamarlo così mi avrebbe penetrata lì, dove non avevo mai concesso a nessuno di entrare.

Il solo pensiero mi portò ad irrigidirmi piegata davanti a lui e sembrò percepirlo.

<<Che c'è mia Regina, hai forse paura?>> La sua voce era calda e ammaliante, se io lo sfidavo lui era pronto a ribattere con la stessa arma, arrivai a capire che quel gioco sarebbe stato più interessante di quelli passati e qualcosa dentro di me si accese, prendendo a bruciare.

<<Lì sei ancora vergine.>> Constatò piegandosi su di me per sussurrarmelo all'orecchio.

<<E se stai buona, per questa notte le cose non cambieranno, ma tu azzardati a chiamarmi ancora così e ti fotterò il culo così forte da ricordarti che possiedo la tua verginità da quando avevi sedici anni piccola...>> Quella voce mi portò a gemere e a desiderare cose che non gli potevo concedere.

<<Ti amo, ma se giochi sporco con me amore, questa volta ne paghi le conseguenze.>>
La sua vendetta era cambiata, era diventata più sporca, più mia.

E mi piaceva da impazzire.

Mi penetrò per l'ennesima volta ma in quell'istante fu diverso, dentro di me per un secondo temei che mi penetrasse fra le natiche, il timore si intrecciò al piacere e furono fiamme, un fuoco indomabile che mi percorse la spina dorsale arrivando lì dove ci intrecciavamo alla perfezione come era sempre stato. Tutto perfetto.

Ad ogni sua spinta il mio corpo nudo strusciava su quel legno gelido. Le mie mani si ancorarono al suo bordo per tentare di mantenere il controllo ma era impossibile, si stava prendendo ciò che aveva atteso per dodici lunghi anni e quel suo modo crudele di farlo mi mandava fuori di testa.

Semplicemente desideravo che non finisse mai.

<<Oh Dio!>> Gemetti sentendo quella sensazione di pienezza diventare sempre più forte, ero piena di lui, piena di tutto ciò che mi stava facendo provare, ed era così dannatamente sublime che non riuscivo neanche a trattenere gli ansimi. <<Più forte.>> Ordinai. <<Non desiderare cose che potresti non riuscire a sostenere.>> Mi ammonì mentre quelle sue mani grandi mi stringevano i fianchi tirandomi contro il suo pube a ripetizione, riuscendo così ad affondare meglio dentro di me e a mostrarmi che il cielo, non era poi così difficile da fiorare con un dito. <<Non sono più la ragazzina di un tempo Mihai.>> Sogghignai. <<In dodici anni mi hanno scopata in così tanti modi che neanche te lo immagini.>> Era vero e non glielo nascosi affatto come nulla di ciò che avevo fatto in sua assenza o di ciò che pensavo, non conoscevo mezze misure e quando avevo qualcosa da dire di certo non mi tiravo indietro dal parlarne. Ma in quell'istante lo feci anche con un secondo fine.

Portarlo al limite.

Farlo impazzire.

La sua gelosia sarebbe stata il mio cavallo di Troia, la chiave per la mia vittoria.
E ci riuscii, cadde nella mia trappola.

Mi prese i capelli e li avvolse intorno al suo pugno per tirarli così forte da farmi tornare in piedi, ma senza mai smettere di affondare dentro di me con una crudeltà senza eguali. Mi piegò il viso così che potessi incontrare il suo sguardo iracondo, di un blu che sapeva di odio, un odio avvolto da una passione distruttiva e un amore incondizionato. Un intreccio mortale per entrambi, dal profumo di morte che tanto mi attraeva.

<<Tu Keira Martin, sarai la mia fine.>> Strepitò con il fiato corto, eravamo entrambi vicini a ciò che volevamo.

<<Lo sono già.>> Mollò la presa dai miei capelli per stringermi il seno, con l'altro braccio invece mi teneva stretta a se, facendo scontrare la mia schiena e il suo torace scolpito da anni e anni di galera.

Le mie mani si buttarono indietro per raggiungere il suo capo, il suo collo, la sua pelle da stringere per sentirlo ancor più addosso mentre mi portava a quel tanto agognato senso di estasi primordiale.

<<Mihai! Sto per- Oh Dio!>> A malapena riuscivo a respirare.

<<Ripetilo, dii di nuovo il mio nome.>> In quell'istante fu lui a ordinarmi qualcosa.

<<Oh sì, Mihai!>> E forse spinta dal piacere, per la prima volta mi lasciai comandare.

<<Porca puttana.>> Quando si ritrasse e affondò per un ultima volta, fino in fondo, dentro di me, scoppiai.

L'orgasmo ci travolse entrambi, il piacere mi portò a tremare tra le sue braccia e le gambe mi divennero molli tanto che fui costretta a poggiare le mani sul tavolo per non crollare, proprio come lui che, alle mie spalle, poggiò le mani accanto alle mie per potersi mantenere eretto.

L'aria non sembrava abbastanza, ed era un paradosso contando che eravamo all'aperto, su una terrazza.

Il suo respiro corto mi accarezzava la spalla come tanti piccoli pizzichi ripetitivi, nel frattempo io invece cercavo di tornare vigile e lucida ma era come se quell'orgasmo avesse avuto un eco, che continuava a ripetersi nel vuoto che sopravviveva dentro di me.

Ciò che avevamo fatto era stato da incoscienti, o forse eravamo così coscienti da non aver avuto il timore di farlo.

Ma il dopo non fu così soddisfacente come mi aspettavo, quando tutto finì al posto di godermi le lente vibrazioni che il sesso donava al corpo e alla mente, sentii come un peso soffocarmi.

Probabilmente si trattava della sua presenza o forse era qualcos altro, in ogni caso quando l'orgasmo sfumò sentii che quel contatto così intimo andava azzerato, gli avevo concesso troppo.

Una svista imperdonabile per la mia mente malata.

Avevo perso il controllo, era inaccettabile.

Gli avevo permesso di prendermi, senza usare il preservativo, un atto fin troppo intimo contando che non lo concedevo neppure a mio marito, ma in qualche modo era stato capace di farmelo dimenticare.

Prendevo la pillola ma in ogni caso ero sempre stata molto severa quando si parlava di quel piccolo dettaglio, il solo pensiero di dover ricommettere quel gesto innaturale che ero stata costretta a fare a sedici anni, mi metteva i brividi. Non avrei abortito un'altra volta per colpa dello stesso uomo.

Dunque mi voltai per superarlo ma non me lo permise, le sue braccia mi ostacolarono e il suo sguardo si fissò nel mio costringendomi a guardarlo.

Peccato che in quegli zaffiri io vedevo ciò che nei miei non sarebbe mai più tornato a brillare, una luce che ripudiavo, un inaccettabile sentimento che portava gli esseri umani ad abbandonare la propria libertà per concedersi totalmente, e immoralmente, ad un'altra persona. Che stolti.

Io non sarei mai potuta cadere così in basso.

La sua mano si posò sul mio viso, le sue dita mi sfiorarono i capelli, il suo pollice mi accarezzò lo zigomo e il suo tocco mi accolse con una dolcezza che non gli avevo ordinato di donarmi, la sua spontaneità era troppo per me, fin troppo.

Quando chinò il viso per baciarmi infatti mi scostai.

Lo rifiutai nuovamente.

Non gli concessi altro di me come facevo con tutti gli altri.

E' meglio così, mi ripetevo.

<<No.>> Sputai senza alcuna esitazione. Non volevo altro da lui, nè tempo e nè il suo corpo, in quell'istante una svista mi era bastata per capire che per quel momento, averlo avuto mi era bastato. Avrei desiderato che accadesse ancora, non potevo nasconderlo, ma prima dovevo mettere in chiaro parecchie cose, in primis con me stessa.

Rifiutarlo ebbe la forza di far sbiadire la luce che vidi nei suoi occhi, di togliere la dolcezza alla sua carezza e il desiderio di baciarmi alle sue labbra. Lo avevo ferito, ancora e me ne compiacqui. Avrebbe capito prima o poi che anche lui doveva farsi bastare ciò che gli concedevo.

Lo superai per raggiungere a passo spedito il mio abito caduto a terra, lo raccolsi e me lo infilai facendolo salire lungo le gambe e sentendo alle mie spalle, nel silenzio, che anche lui si stava risistemando i pantaloni. Ma quell'assenza di parole sotto quel cielo scuro, pesava come un macigno su entrambi, soprattutto perchè era come se ogni suo pensiero si fosse rivelato senza alcuna paura alla mia mente. Riuscivo a sentire il ripudio che provava, la rabbia che gli bruciava le interiora e l'odio che gli incendiava le carni, ma non me ne importava, non era la prima volta che causavo tali reazioni in uomini fin troppo ingenui.

<<La mia assistente ti contatterà domani sera per avere un responso e fissare un altro appuntamento per contrattare le tue volontà, per quanto riguarda le clausole del contratto, dopodichè deciderò il prossimo passo da fare per scoprirne di più su mio padre e mio fratello.>> Mi sistemai per bene il vestito addosso e presi la mia borsetta poggiata poco più in là, per prendere la mia cipria e specchiarmi nel suo apposito specchietto aggiunto per sistemarmi i capelli scompigliati. <<Ma non ti fai schifo?>> La sua voce mi raggiunse come un pizzico velenoso. <<Dopo ciò che abbiamo fatto mi tratti come fossi uno dei tuoi clienti.>> Sentivo come la rabbia si stesse impossessando lentamente del suo corpo, della sua mente, di ogni suo pensiero. Da lì a poco avrebbe dato di matto ma non mi spaventava, era normale, ci avrebbe dovuto fare l'abitudine.

<<Abbiamo fatto sesso Mihai, solo sesso, non c'è bisogno di ingrandire ogni cosa.>> Mi pulii con il dito le sbavature del rossetto, qualche ritocco ed ero tornata come prima, ero talmente abituata a dovermi risistemare dopo esser stata con un uomo che ero diventata veramente veloce nel farlo.

<<Solo sesso? Spero tu stia scherzando.>> I toni si alzarono, proprio come avevo previsto ma non bastò la sua voce graffiante e tonante a scalfire la mia indifferenza, non era il primo uomo che pensava di potermi intimidire con delle futili grida becere.

<<L'assassino di mio fratello mi ama, che paradosso.>> Ridacchiai velenosa rimembrando le sue stesse parole e richiudendo la mia cipria per rimetterla nella borsa. Le sue parole non avevano peso per me, alcuna importanza, erano solo frasi dette al vento che valevano meno di zero. <<Quindi per te non è cambiato nulla? Rimango l'assassino di tuo fratello anche dopo ciò che ti ho raccontato?>> Se credeva che un racconto simile mi avrebbe abbindolata si sbagliava di grosso, mi servivano prove materiali, fisiche, per iniziare a credergli. Di quella notte ricordavo frammenti sparsi, ricordavo di essermi svegliata da sola nel suo letto quando mi era suonato il telefono, mio padre mi aveva chiamata allarmato dicendomi di correre a casa perchè era successo qualcosa ad Henry. Avevo sentito il sangue gelarsi nelle vene. Di ciò che accadde dopo quella chiamata ricordavo solo il dolore e la gola che bruciava a causa delle grida che mi avevano graffiato le labbra.

Presi la fede e l'anello lì dove li avevo poggiati e li guardai per qualche istante, lasciando che i pensieri mi riempissero la mente.

<<Ho quasi trent'anni Mihai, sono sposata, la mia vita ormai è questa e tu non ne farai mai più parte, quindi qualunque cosa scoprirò sulla mia famiglia le cose tra noi non cambieranno.>> In qualsiasi caso lui ormai era un capitolo chiuso per me, nulla che si potesse salvare, una causa persa. Non ero più la ragazzina invaghita del ventenne famoso e bello e lui non era più solo il cantante privo di pensieri che si era innamorato della ragazzina viziata, eravamo cambiati e i cambiamenti portavano a divisioni e tra noi si era creata una crepa che non ero disposta a ricucire.

<<Perchè?>> Strepitò.

<<Perchè non ci riesco, va bene?!>> Ribattei ad alta voce voltandomi verso di lui che come me era rivestito, si era infilato la maglia di nuovo e mi guardava con quello sguardo che mi rendeva difficile persino parlare, non riuscivo più a capirmi. Averlo sentito addosso mi faceva sentire la voglia di riaverlo, avevo previsto anche quello, ma non credevo che mi avrebbe fatto quell'effetto.

<<Non rifarò gli stessi sbagli Mihai, io non sono più la ragazzina che ricordi, tu non sei innamorato di me ma del ricordo che hai di ciò che ero e che non sono più.>>

Doveva farsene una ragione e voltare pagina, vivere lontano da me ma al tempo stesso una parte di me bramava ancora la sua presenza, un'altra ancora invece desiderava semplicemente di vederlo soffrire. Non riuscivo a capirci più niente, mi mostravo completamente impassibile ma la verità era che lui mi mandava fuori di testa.  



SPAZIO AUTRICE:

E secondo voi questa discussione si interrompe qui? Ovviamente no.

Keira ha appena messo Mihai di fronte all'ennesimo bivio, accettare di diventare il suo amante mettendo da parte i sentimenti che crede di provare o andarsene e non tornare più privandosi di scoprire la verità sulla morte del suo amico. Ma dopo una nottata simile come potrebbe andarsene, eppure il fatto che Kei lo voglia usare come sola fonte di piacere non gli andrà poi così bene, difatti in qualche modo tenterà di togliersela dalla testa in un modo poco simpatico AHAH. Secondo voi cosa accadrà?

Cosa ne pensate?

In ogni caso se la storia vi è piaciuta, se vi va potete lasciare una stellina e scrivermi un bel commento, vi ringrazio per la lettura e al prossimo capitolo.

Ciauuuu <3

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