I Temibili 10

By GiulSma

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•Terzo volume della serie Le cronache dei Prescelti Celestiali• «We are here...» Negli Stati Uniti si sta ve... More

Prologo
1|Proprio come Eleven
2|Kitsune
3|Strizzacervelli
4|Di nuovo coi guardiani
5|Il MMantello
6|Chi è L. Degare?
7|Terapia di coppia
8|Team Anti-Killer X
9|Un gelato a marzo
10|L'avventuriera
11|Un pomeriggio col principino viziato
12|Killer X
13|Sebastian
14|Resisti
15|Una pessima babysitter
16|Fuggire dai problemi
17|Biscotto?
18|Necessario per vincere
19|Marta, sei un genio!
20|Petali blu
21|Pagina bianca
22|Segreti
23|Sta succedendo
24|Chiamata alle armi
25|Odi et amo - M&A
25|Odi et amo - R&D
25|Odi et amo - B&J
25|Odi et amo - E & A/S
25|Odi et amo - D & T
25|Odi et amo - G & T
25|Odi et amo - Loro...
26|Salvare i salvatori
27|Requiem
28|Sei il nostro piccolo Sole
29|Harron
30|Pace?
31|Regina dei mostri
32|In viaggio per Zurigo
33|Il succo è la mia debolezza
34|C'è un asino dietro di te! Ah no, è Nicholas
35|Basta bugie
37|Impossibile tocco di due dita
38|Chiromante
39|Non si torna più indietro
40|Non dimenticare le calze
41|Che la missione abbia inizio
42|Φιλία
43|È finita
44|Duo mortale
45|Esprimi un desiderio...
Epilogo
⚜️ Curiosità ⚜️
Ringraziamenti

36|Il tempo scorre

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By GiulSma

Non feci in tempo ad entrare nella mia classe che Kitsune mi venne contro, stritolandomi in un abbraccio.

«Che bello vederti!» gridò trattenendo le lacrime. Ma quelle parole volevano in realtà dire: "sono felice che tu sia viva".

L'avevo terrorizzata mandandole all'improvviso la posizione della dottoressa Hoover e il messaggio inviato dopo non l'aveva per niente tranquillizzata. Non avevo avuto modo di scriverle con tutto quello che mi era successo il giorno prima, ma le avrei raccontato tutto a tempo debito.
Forse all'intervallo no, Sebastian poteva essere in ascolto, era meglio dopo scuola.

In lontananza vidi il professore di storia avvicinarsi alla classe con passo tranquillo e un largo sorriso in volto.

"Menomale che è di buon umore, oggi" pensai ritornando in classe assieme a Kitsune.

Il professore prese posto sulla cattedra strisciando leggermente la sedia e iniziò ad armeggiare col computer per aprire il registro elettronico.
Con la connessione che avevamo, ci si metteva una vita.
Ma io mi chiedo, trecento euro di contributi "volontari" annuali per studente e non riuscivano ancora ad acquistare dei wi-fi abbastanza potenti? Chissà dove finivano tutti quei soldi.

Era uno dei più grandi misteri della mia scuola, per i Normali.
Per me i misteri erano: come hanno fatto ad assumere quella befana di una dottoressa Hoover? 

Ripensare a lei mi provocava una piccola fitta di dolore, in prossimità del cuore.
Sembrava simpatica e dolce, mi aveva trattata benissimo, avevamo gli stessi gusti e sembrava promettermi un futuro meraviglioso (per quanto potessi aspirare a un futuro), ma lo aveva fatto solo per avere qualcosa in cambio: i miei segreti.

Perché non potevo semplicemente trovare qualcuno che mi apprezzasse per la persona che ero normalmente? Perché tutti volevano sempre cercare di "vedere oltre" e impicciarsi in questioni che non li riguardavano?

«Rossi»

«Presente!» dissi, forse a voce troppo alta.

«Stamattina sei più sveglia, eh? Mi fa piacere» ridacchiò. Poi continuò a chiamare gli ultimi nomi.

Finito di fare l'appello, seguì un breve momento di silenzio dove nessuno sapeva cosa fare.
Io e Kit ci scambiammo uno sguardo pensieroso. Avremmo tanto voluto chiacchierare invece di restare lì ad ascoltare le lezioni, ma dovevamo aspettare.

L'attesa era snervante e non riuscii nemmeno a concentrarmi appieno sulla lezione nonostante il professore stesse parlando della vita quotidiana a Roma, cosa che mi interessava parecchio, specialmente perché l'estate prima avevo letto un libro interessante su Cicerone e volevo saperne di più su ciò che stava dietro i suoi gesti e le sue abitudini.

Il professore parlò di come venivano utilizzate le arene dove venivano fatti combattere i gladiatori. Uomo contro uomo o uomo contro bestia. Ma alla fine era sempre bestia contro bestia, perché chiunque combattesse lì doveva avere la forza di un leone e l'astuzia di una volpe per sopravvivere e non cadere insanguinato nella polvere.

Mi sentivo come un gladiatore: costretta a combattere contro degli avversari potenti e delle bestie immonde, mostri, demoni.
Tutto questo mentre il mondo guardava e scommetteva su chi potesse vincere.

Bene. Male.
Buoni. Malvagi.
Cos'erano se non mere etichette che affibbiavano alle due fazioni.
Noi non eravamo i "buoni", la Città Aurea non era un posto sicuro pieno di gente gentile e carina, brulicava di uomini corrotti, guerrieri acciecati dalla vendetta, guardiani che spingevano per raggiungere la vetta e uccidevano i loro stessi compagni, traditori, spie, nemici tra gli amici.
Ma ci piaceva essere chiamati "i buoni", perché in tutta quella corruzione c'erano sette vite meno corrotte da sacrificare.

E i cattivi? Cos'erano se non anima e corpo come me? Esseri viventi, umani, che avevano parenti, genitori, fratelli, amici.
Cosa li rendeva diversi? Ah sì, stavano dall'altra parte di un muro costruito dal fato. Un muro che avrei tanto voluto abbattere a testate tanto lo odiavo.

Aveva tagliato via dalla mia vita due persone importanti con cui mi ero scambiata delle promesse. Non le avevamo mantenute, solo che loro non potevano saperlo e non dovevano saperlo.

La mia identità in quanto prescelta doveva rimanere celata il più possibile. Lo facevo per proteggere me e tutte le persone che mi stavano intorno. Perché non potevo metterli in una bolla di vetro, al sicuro, ma potevo proteggerli mantenendo questo segreto finché il mio corpo mi avrebbe permesso di respirare ancora.

Ma torniamo ai gladiatori, a Roma, alla bellezza ammaliante dell'antichità.
I gladiatori erano solo un intrattenimento, ma la vera vita di Roma si svolgeva nel Foro.

Lì vi si riunivano i cittadini per lavorare, fare acquisti e assistere alle funzioni pubbliche e ufficiali.
Ma non solo. Riti religiosi, sacrifici, cortei funebri e celebrazioni di vittorie, tutto questo si svolgeva lì.
Il Foro era il cuore del popolo, così come il Senato lo era della politica.

Ai giorni d'oggi, invece, esistono le piazze vicino alle chiese, luoghi di ritrovo per gli anziani la domenica dopo la messa, per le mamme che hanno voglia di chiacchierare tra loro, per comprare qualcosa alle solite bancarelle di vestiti, frutta, verdura, carne, pesce e fritture che ci si piazzavano nel fine settimana, per i bambini che giocavano a palla quando era vuota e per i ragazzi che la sera si riunivano sopra le panchine a chiacchierare e, in estate, a gustarsi un buon gelato.

Forse la mi visione è un po' utopica, ma vi assicuro che per quanto ho potuto osservare negli ultimi tempi, tutto ciò che ho descritto è reale.

Il Foro è scomparso, ma non l'usanza di sfruttare gli spazi allo stesso modo. Perché i tempi cambiano, ma la natura degli uomini è sempre la stessa.

«Giulia?» Kit mi sventolò una mano di fronte alla faccia. «Ci sei? Stai dormendo in piedi?»

Sbattei le ciglia una decina di volte prima di riprende contatto con la realtà. «Sì, ci sono» Mi guardai intorno notando la classe vuota. Erano usciti tutti fuori per il cambio dell'ora.«Più o meno»

«Ecco perché ti vedevo troppo "concentrata"» mi prese in giro Kitsune. «A che pensi?»

«A tante cose»

«Questo lo immaginavo, ma a cosa di preciso? Riguarda... la visita di ieri alla Hunter Company?»

«Più o meno»

Kit si spazientì. «La smetti di rispondere a metà? Di' qualcosa di completo!»

«Dopo la scuola ti dirò tutto. Ci sono orecchie ovunque, Kit, non sai mai chi potrebbe sentirci e soprattutto non sai le sue intenzioni» risposi.

«Bella regaz» esclamò Simone entrando in classe trionfante, con le mani alzate per la gioia. «Ora buca!»

Io e Kit ci scambiammo uno sguardo complice. Forse non potevamo discutere su Killer X e sulla Hunter Company, ma potevamo almeno passare un po' di tempo insieme come vicine di banco.

Convinsi Simone a spostarsi e lui accettò di buon grado, andando dal suo amico Marco. La facilità con cui se n'era andato mi fece lievemente male al cuore.

"Traditore" pensai tra me e me, anche se per primo lo avevo tradito io volendo stare di fianco a Kit. Ma per una volta volevo fare un po' la vittima senza esserlo davvero.

L'ora finì tra una risata e l'altra e iniziò quella dopo. Avevamo fatto un po' di partite di classe all'impiccato finché un professore di un'altra aula non era venuto da noi a sgridarci per il troppo baccano.
Così era venuto un inserviente a controllarci e tutti quanti abbiamo dovuto rinunciare al divertimento e sederci al posto.

Mi portai avanti con i compiti, facendo un po' di fatica perché ultimamente non ero riuscita a seguire bene le lezioni, ma per fortuna c'era Kit ad aiutarmi (anche se spesso rimaneva a fissare i problemi di matematica con uno sguardo di puro orrore).
Non ci piaceva la matematica, eh no.

Ma chimica... quella era tutta un'altra storia. Una bellissima e affascinante materia, tanto odiata dagli studenti che non la comprendevano. Molti miei compagni, per esempio, sostenevano che fosse inutile da studiare.
Io invece, nel mio piccolo, pensavo che fosse invece la parte della scienza più importante di tutte.
La chimica dà risposte, ecco perché mi piaceva.
Perché quell'oggetto si comporta così? Perché è composto da un certo tipo di atomi e perché questi reagiscono in un determinato modo.

Chimica è equilibrio.

Ogni elemento ha le sue caratteristiche, si comporta in un certo modo, si lega ad altri elementi e costituisce la vita secondo uno schema ben definito, perfetto, equilibrato.

Il mio pensiero, non so per quale motivo, balzò a Lara, una giovane guardiana che mi aveva aiutata durante il periodo dell'Accademia.
Ricordo che anche lei faceva lo scientifico e che era brava in chimica e in tutte le materie scientifiche, così brava da essere considerata un genio persino dai professori. La ammiravo per questo.

Forse avevo scelto quella scuola anche per ricalcare le sue orme e provare a restare al suo passo.

"Chissà dove è finita..." pensai fissando l'orologio. Mancavano cinque minuti al suono della campanella che avrebbe segnato l'inizio dell'intervallo.

Kitsune mordicchiava l'estremità della penna, in attesa di trovare qualcosa da scrivere. Io invece restavo a fissare l'orologio facendo un piccolo countdown.

E 3... 2... 1... intervallo!

Afferrai un plum-cake dal mio zaino e uscii dalla classe, cercando di farmi strada tra i miei compagni che stavano intasando l'uscita.
Kit mi raggiunse in un baleno, prendendomi a braccetto. Stavamo per incamminarci verso il bagno quando un principino dall'aria arrogantemente offesa si parò di fronte a noi.

«Dove sei stata?» mi chiese senza neanche salutarmi.

«Sono affari miei» ribattei stringendo gli occhi. Riuscivo ancora a vedere il ricordo di lui accanto a Bryn e Thomas a New York. Provavo un fastidio intenso. Non odio, solo un fastidio, perché lui poteva stare con loro e io no.

Kitsune invece era pietrificata sul posto. La sua paura e il suo odio erano più evidenti di ciò che voleva far trasparire. Sperai solo che Sebastian non se ne fosse accorto.

«Sei cattiva, perché non vuoi dirmelo?» insisté.

Ah io ero quella cattiva?
Lo guardai nei suoi timidi occhi verdi e mi accorsi che forse lo ero stata veramente. Lui in quel momento non era Killer X, non era nemmeno un infernale, era il piccolo Sebastian e aveva voglia di chiacchierare.

Mi maledissi per la mia bontà e decisi di trattarlo meglio, provando a sotterrare i sentimenti contrastanti che provavo nei suoi confronti. D'altronde finché non voleva uccidermi perché dovevo farmelo nemico?

«Perché sono stata con la psicologa alla Hunter Company» ammisi.

Sebastian sobbalzò lievemente. «Davvero?»

«Sì, ma non è finita molto bene. Mi hanno fatto un piccolo colloquio per capire se ero adatta a fare uno stage lì e non l'ho passato. Insomma, sono andata a Zurigo per nulla» mentii, be' più o meno. La gitarella alla Hunter Company era veramente andata male.

«Oh... mi dispiace» disse in un tono così triste che mi fece persino tenerezza.

Dov'era finita tutta la sua aura arrogante? Dov'erano le occhiatacce di superiorità che scoccava sempre a me e a Kitsune? Cosa gli era successo?

«Tutto bene?» chiesi, lasciando Kit inorridita. Come biasimarla, il ragazzino davanti a noi aveva ucciso suo zio.

Un bagliore di speranza balenò nei suoi occhietti tristi. «È un periodo un po' no»

«Posso sapere perché?»

Sebastian si guardò intorno, notando troppa gente nei corridoi. «No, non qui. E poi non capiresti. Lascia stare»

No no, ora ero curiosa. «C'entra con tuo zio?»

Il ragazzo scosse la testa. «Te l'ho detto, non capiresti. Ora è meglio che vada, devo organizzarmi con un mio compagno per fargli ripetizioni di matematica in vista della verifica di settimana prossima»

Mi venne una fitta di dolore al pensiero della splendida giornata passata insieme grazie a quella scusa delle ripetizioni di matematica.
Peccato che non se la ricordasse.

Mi salutò con un debole cenno della mano e se ne andò via, trascinando leggermente i piedi.

Kitsune mi afferrò per le spalle e mi scosse così forte che riuscii a sentire dondolare la nocciolina nella testa che chiamavo cervello.

«Ma dico, sei impazzita?! Fraternizzare col nemico?»

Mi accigliai. «Kit, tu hai visto molti film, no? Sai bene che il miglior modo per sconfiggere qualcuno è avvicinarsi a lui con modi del genere»

«Sì, ma... non sai mai cosa potrebbe accadere. Mi hai fatto prendere un infarto ieri, lo sai? Per ora consiglio di smetterla con le missioni del Team Anti-Killer X. Troverò un altro modo per fargliela pagare a Sebastian»

«Non esagerare»

Mi scoccò un'occhiataccia che diceva già abbastanza.
Rimasi in silenzio, a contemplare la carta del mio plum-cake ormai finito.

"Buoni e cattivi... solo etichette" ricordai a me stessa.

La campanella suonò. L'intervallo era finito e le ultime due ore sarebbero state le più noiose.
Ritornai in classe in silenzio, insieme a Kit e a Simone che sembrava aver rubato una barretta energetica a qualcuno.
Sicuramente avrebbe passato tutta la lezione a raccontarmi cosa aveva fatto e i professori ci avrebbero sgridati entrambi.
Poco importa, tutto era tollerabile finché le persone che avevo intorno stavano bene.

༺ 𓆩♱𓆪 ༻

«Sebastian, perché hai quel broncio?» chiese suo zio, trangugiando l'ennesimo bicchiere di vino. Lo lasciava leggermente in bocca, sentendo la lingua pizzicare e la gola bruciare, poi lo mandava giù con un sospiro estasiato.

Il ragazzo rimase in silenzio a fissare il suo piatto di pasta senza neanche avvicinargli la forchetta.

«Qui c'è di mezzo una ragazza, non è così?»

Sebastian alzò immediatamente lo sguardo. Le punte delle sue orecchie si tinsero leggermente di rosso. «No! Non è come credi! È che... fra qualche giorno è l'anniversario della morte di una persona che conoscevo»

«Scarlet, giusto?» Lo zio si tamburellò le dita sulla guancia. «Quella bambina con cui giocavi sempre da piccolo... sì, mi ricordo di lei. Una così piccola e dolce vita spenta troppo presto... un vero peccato»

Il principino si alzò di scatto dal tavolo, facendo traballare piatto e posate. «Sì, un vero peccato» ripeté tra i denti. «Non ho fame ora. Vado in camera mia»

Una volta al sicuro tra le quattro mura della sua stanza, si accovacciò e infilò una mano sotto al letto, afferrando un rettangolo poco più grande della sua mano. Lo staccò da lì e lo tirò fuori, spolverandolo con il suo cardigan verde scuro.

La foto mostrava un piccolo Sebastian di appena sei anni che abbracciava sorridente una bambina poco più grande di lui che stava guardando altrove.
Il giorno dopo aver scattato quella foto, lei non c'era più.

Adescata e rapita da un serial killer, così dicevano i giornali. Il suo corpo carbonizzato e mutilato era stato ritrovato in un vecchio scantinato in Germania, presso il confine con la Svizzera. Si pensava l'avesse torturata prima di gettarla in mezzo al fuoco di un caminetto della casa.

L'assassino era stato punito con l'ergastolo, ma nessuna punizione era abbastanza per un mostro del genere.

La prigione non era la giusta punizione per lui.
Sebastian lo aveva reso la sua prima vittima in assoluto.

Lo aveva rapito dalla cella e portato in una fabbrica abbandonata. Poi lo aveva ucciso con dodici pugnalate e quattro pallottole nel petto e nella fronte.
Nulla di tutto ciò lo aveva soddisfatto. Scarlet giaceva ancora sepolta nel cimitero della sua città e nulla l'avrebbe potuta riportare da lui.

E ora, a breve, sarebbe stato l'anniversario della morte dell'unica bambina che aveva avuto il coraggio di avvicinarsi allo strambo bambino viziato di un tempo.

Abbracciò la foto con tutta la dolcezza e la nostalgia che provava. Rimase in silenzio, tirando su col naso e sentendo le lacrime scendergli sulle guance.

"Perché?" si chiese. "Perché proprio lei?"

Tutti gli anni si faceva la stessa domanda e sempre tutti gli anni non riceveva alcuna risposta. Aveva provato a chiederlo all'assassino che l'aveva uccisa, ma quel mostro non si ricordava nemmeno chi lei fosse.
Aveva sottratto una vita e non le aveva dato alcun peso. Così Sebastian aveva sottratto la sua e lo aveva lasciato a marcire in quel luogo, divorato dagli insetti e dagli animali randagi.

Diede un piccolo bacio alla figura di Scarlet e nascose la foto sotto il letto.
Si asciugò le lacrime con la manica del cardigan, inspirando forte. Poi si rannicchiò su se stesso e rimase in quella posizione.

Senza pensieri.

Senza emozioni.

Senza Scarlet.

༺ 𓆩♱𓆪 ༻

Ho detto una bugia a Kit. Ancora.
Lo so, ho sbagliato, ma non potevo certo dirle che la Hunter Company studiava le Creature della Notte! Poi mi avrebbe chiesto cosa fossero e io avrei dovuto dirle la verità su tutto.
No, non se ne parla, non potevo raccontarglielo. Così mi sono fermata al punto in cui mi ha rapita.

E dopo quel racconto ho ricevuto un dolce abbraccio, un invito a pranzo da lei e una marea di scuse.

La nostra prima missione come Team Anti-Killer X era stata un fiasco, però ero viva ed era questo ciò che contava.

Mangiai da lei, dopo aver ricevuto l'approvazione dei miei genitori, e infine tornai a casa con la pancia piena e il sorriso in volto. Finalmente potevo essere felice.

Durò quanto bastava. Tornata a casa mi fiondai nella mia camera, presi l'erbario e dissi ai miei genitori che dovevo andare al Campo.

Quella era la prima volta che lo dicevo ad alta voce, di fronte a loro. Ancora non potevo crederci.

Mio padre mi aprì un piccolo portale in salotto, usando una pietra del portale.
Era strano vederlo impugnare un oggetto che mi sembrava sbagliato nelle sue mani. Li dipingevo come Normali, dovevo ancora abituarmi alla loro natura da Celestiali.

Arrivai al campo con più o meno tutte le risposte che ci sarebbero servite per trovare il fiore e l'Avventuriera. Dovevo solo individuare qualcuno del gruppo di ricerca e parlarci.

Non fu difficile vedere Daniel e Luca mentre aiutavano i più piccoli a medicarsi le ferite.
Un bambino di otto anni era accovacciato davanti a loro con le lacrime agli occhi e gemeva quando Daniel gli applicava sulla ferita il panno imbevuto di disinfettante.

«Non muoverti o farà più male» disse lui dolcemente.

Il bambino annuì, volgendo lo sguardo su Luca che gli stava porgendo un fazzoletto per asciugarsi le lacrime.

La scena era così dolce che mi spiaceva interromperla, ma la questione del fiore era urgente. Avevamo a disposizione esattamente 78 ore 20 minuti e 45 secondi prima che il fiore sbocciasse.
Detto così sembra tanto, ma bisogna considerare che già dormendo quella notte avremmo usato 12 ore circa del nostro tempo.
Dovevamo sbrigarci e ogni minuto era prezioso.

Luca mi salutò energicamente, lasciando che i suoi capelli biondo scuro seguissero i movimenti del suo corpo.
Piantò la lancia nel terreno e si avvicinò sorridente.

«Ma guarda chi si vede!» esclamò. Poi notò il libro verde che tenevo sotto al braccio. «Quello è ciò che sto pensando?»

«Una fonte di indizi, sì» risposi. «Dove sono gli altri?»

«Paul e Viola sono stati mandati in missione in un povero villaggio di stregoni. Sono lì per aiutarli a riprendersi dopo un attacco lanciato dall'Ordine delle Maschere d'Argento» Abbassò lo sguardo. A giudicare dalla sua tristezza improvvisa, stava ricordando qualcosa di spiacevole. «Fanno sul serio questa volta»

«Perché è ritornata la Mano della Morte, immagino»

Luca annuì lievemente. «Purtroppo sì... comunque! Harron li sta mettendo il più possibile in difficoltà, ci tiene a punire Paul e non sembra avere la minima speranza sul ritrovamento di quel fiore»

«Non è ancora detta l'ultima parola»

«Lo so bene, ma vaglielo a dire a quel fastidioso generale» Sbuffò. «I prescelti invece sono nella Città Aurea. Stanno facendo un rapporto dettagliato sugli avvenimenti del quindici sera. Hai presente? New York...»

«Sì, ho fin troppo presente»

«Bene. Quindi diciamo che ci siamo solo noi due»

Daniel applicò una garzetta sulla ferita del bambino, ordinandogli di fare più attenzione mentre si allena.
Poi gli arruffò i capelli ridacchiando e lo mandò via.

Raggiunse me e Luca e mi salutò con un cenno della mano.

«Ciao! Trovato qualcosa?»

Indicai il mio libro. «Già. Si tratta di una pagina che parla del Giglio»

I due sbarrarono gli occhi. «Sei seria?!» esclamarono in coro.

«Be' in realtà la pagina è vuota, ma... se funziona nel modo che penso io, è possibile che potrebbe rivelare qualche informazione sul come trovarlo» Sorrisi. «E ho anche un modo per trovare la temuta avversaria del Mezzosangue»

«Queste sono le notizie che mi piacciono!» Luca alzò una mano e io gli battei il cinque.

«Quindi che facciamo?» chiesi. «Aspettiamo gli altri o controlliamo subito?»

Daniel e Luca si scambiarono un'occhiata pensierosa. Sembrava che stessero facendo un dialogo in pochi secondi utilizzando solo dei semplici sguardi.

«Conviene aspettare» disse infine Daniel. «La sera ci riuniamo sempre al falò. Ne parleremo lì»

«E fino ad allora che si fa?» domandai.

«Possiamo chiacchierare» propose Luca. «Credo tu abbia il diritto di sapere cosa è successo a Lara»

«Luca! No... non credo sia il caso. Sono troppe cose da assimilare in una sola volta»

«Era una sua amica, no? Ha il diritto di saperlo, anche se sono cose difficili da comprendere»

Ma parlarne lì non era il caso. Troppi guardiani passavano per quella parte.
Entrammo di nascosto nella cucina, sorprendendo Drake mentre infilava nel forno una torta alle mele.

«Ehm... ci vorrà ancora un po' prima che voi possiate mangiarla» disse togliendosi i guanti da forno.

«Tranquillo, amico, non siamo qui per la torta» Luca diede un'occhiata al forno con aria sognante. «Anche se ha un aspetto meraviglioso...»

Daniel gli diede un colpetto con il gomito e lui si zittì.
Drake, intuendo che volevamo parlare in pace, diede un'ultima occhiata alla torta e scivolò fuori dalla porta.

«Bene, direi che è arrivato il momento di dirti cosa è successo» esordì Daniel, passandosi una mano tra i capelli bruni. «Tutto risale a due anni fa, quando tu eri ancora all'Accademia. Io, Luca e Lara avevamo preso una piccola imbarcazione nel cuore della notte per recuperare un oggetto perduto nel lago. Non so esattamente cosa è successo di preciso, ma il mostro marino che fino a pochi giorni dormiva tranquillamente da trecento anni, si risvegliò. Io e Luca eravamo sott'acqua e sentivamo i suoi spostamenti che creavano alcune correnti pericolose. Non ricordo bene come è successo, ma un momento prima non c'era niente e quello dopo era apparsa una strana collana. Aveva la catenina d'argento e il ciondolo era una pietra viola incastonata dentro un serpente, anch'esso d'argento. Quel ritrovamento fu l'inizio delle nostre sventure»

Rimase un attimo in silenzio, cercando di riordinare la raffica di parole e frasi che aveva in mente e che voleva dirmi. Non era facile per lui raccontare tutto ciò, ma il fatto che ci stesse provando lo stesso era lodevole.

«Quella collana era... strana. Le donava la capacità di avere visioni. Prima vide qualcosa su di te inerente all'Accademia, non ricordo bene, ma poi le cose iniziarono a farsi più strane»

«Quanto strane?»

Luca incrociò le braccia. «Molto strane. Così strane che mi viene il mal di testa al solo pensiero. Troppo difficili da comprendere, pensa che tutt'ora faccio fatica a spiegarmi alcune, se non tutte, di queste cose»

Daniel aspettò che l'amico finisse di parlare e poi continuò. «Gregorio ci mandò in missione il mese dopo quel ritrovamento. Doveva essere qualcosa di semplice: aiutare un villaggio di stregoni colpito dalla carestia, i raccolti non andavano bene e la magia non può produrre cibo o soldi. Così dovevamo portare loro del cibo. Ma mentre stavamo aiutando quella povera gente, Lara ebbe una visione che la portò di fronte a uno degli stregoni. Io e Luca eravamo piuttosto scettici su quel tipo, ci sembrava troppo ambiguo, ma lei non ci ascoltò e rimase a parlare con lui. Scoprimmo solo dopo che era stato l'artefice di quella carestia. Lui era un membro dell'Ordine, mandato lì per giocare con centinaia di vite e ridurle alla fame. La situazione degli stregoni non è la migliore nel Mondo Nascosto, molti hanno più fortuna tra i Normali, ma corrono dei rischi ad esporsi»

«Quindi avete combattuto questo stregone?»

Daniel scosse la testa mortificato. «No, purtroppo. Lara non ce lo ha permesso. Diceva che c'era qualcosa di affascinante in lui. Si lasciò stregare dai suoi racconti sull'alchimia, sul potere immenso dello Stregone Cremisi e, infine, sulla Mano della Morte. Lei diceva che quel nome le era fin troppo familiare e che le evocava strane sensazioni»

«E cosa ha fatto allora?»

«Ha fatto una scelta. Lo stregone deve averle detto qualcosa di importante, perché dopo un po' lei voleva seguirlo nell'Ordine. Diceva che era il suo destino, che doveva reclamare il suo posto. Noi, ti lascio immaginare, eravamo più che confusi da tutto ciò. Insomma, per noi era Lara, la nostra migliore amica. Ci conosciamo da quando eravamo bambini. I miei genitori avevano preso in custodia Lara, portandola via dalla rigidità dell'orfanotrofio, dopo aver scoperto la sua natura, quindi ho passato parte della mia infanzia con lei come sorella. Era tutto per me» Lanciò un'occhiata a Luca. «Per noi» si corresse. «Ma lei non voleva sentire ragione. Diceva di aver scoperto qualcosa di importante su lei stessa. Parlava di frammenti di ricordi all'apparenza assurdi, ma che ora hanno acquisito un senso totalmente nuovo. Parlava del vuoto. Raccontava di come, nelle sue visioni, potesse sentire un potere immenso sprigionarsi dalla sua mano destra e distruggere ogni cosa. Ne era attratta, ossessionata oserei dire. Poi continuava con piccoli racconti di guerra. Diceva di essere vestita di nero, con un mantello pesante addosso, una maschera nera in volto, e diceva di aver impugnato una spada così affilata da poter eliminare una vita dopo solo un taglio» Deglutì a fatica. «La credevamo pazza»

«Queste descrizioni...» Iniziai a ragionare. «Sembrano essere la vita della...»

«Mano della Morte, sì, esatto» continuò Daniel. «Ci sembrava impossibile che potesse essere lei, insomma, M.M. si diceva essere ormai scomparsa da trecento anni. I Celestiali di un tempo dovevano averla uccisa tali erano le atrocità che aveva commesso. E invece...»

«E invece era davanti a voi, non è così?» Mi vennero i brividi. «Era Lara»

«Così diceva» rispose lui. «Col tempo riuscì a riavere tutti i ricordi di quella che credevamo fosse una vita passata, e furono quelli a spingerla definitivamente tra le braccia dell'Ordine. Ma questo è un processo durato mesi. Giulia, per mesi abbiamo dovuto sopportare le follie che ci raccontava e non siamo riusciti nonostante tutto a capire che forse era tutto vero e che forse, se le avessimo dato ascolto, a quest'ora lei non se ne sarebbe andata. Abbiamo contribuito a creare una nuova M.M. e forse sarà l'errore che ci ucciderà tutti, perché quando riavrà i suoi poteri, sarà la fine per tutti noi»

Luca ridacchiò ilare. «Be' ormai sembra che ci siano molte più cose in grado di ucciderci tutti. Sembra una gara: chi sterminerà per primo tutti i Celestiali?»

«Comunque» continuò Daniel. «Lara ha fatto una scelta e ha seguito quello stregone. Si è unita all'Ordine e immagino abbia già reclamato il suo posto tra loro. Vorremmo cercare di farla ragionare e di riportarla qui, a casa, ma... è come se avesse cambiato totalmente personalità» Si scambiò con l'amico uno sguardo preoccupato. «L'abbiamo rivista qualche giorno fa, in un locale abbandonato. Eravamo andati lì per recuperare del metallo che serviva ai fabbri e invece ci siamo trovati a un passo dalla morte»

Ci fu un attimo di pausa dove riuscii a percepire effettivamente la gravità della situazione. Se lei era M.M. vuol dire che non solo avevo perso un'amica, ma anche una possibilità di riuscire ad impedire la fine dei Celestiali. Ora avevamo contro sia Infernali sia Madrigale e sia l'Ordine e la sua di ciliegina sulla torta: M.M.
Per fortuna non aveva ancora riacquistato i suoi poteri, ma quanto tempo sarebbe passato prima che lo avesse fatto?

«Lei era lì» Daniel catturò la mia attenzione. «Lei era lì con gruppo di almeno venti stregoni e soldati. Vestiva totalmente di nero, dalla giacca ai pantaloni. Stivali lunghi che le arrivavano fino alle ginocchia, guanti di pelle che le coprivano tutto l'avambraccio, mantello nero e quella dannata maschera. Non era il suo stile. Quella, mi rifiuto di crederlo, non era lei» Si stropicciò un occhio, fermando una lacrima. «Comandava i suoi uomini con una freddezza tale che per un attimo non mi sembrò nemmeno Lara. Sembrava abituata a farlo, dannatamente abituata. Li muoveva come pedine su una scacchiera finché non ebbero portato a termine il loro compito: recuperare un oggetto di inestimabile valore per gli alchimisti, contenuto in uno dei tanti scatoloni di legno»

«Cosa cercavano?»

«Piombo, cercavano del piombo liquido» rispose. «Comunque, io e Luca ci nascondemmo dietro degli scatoloni e aspettammo lì finché non se ne furono andati. Non potevamo crederci. Se n'è andata via quasi un anno fa, arrabbiata e dall'aria tradita, e ora è tornata in cerca di vendetta. Non mi stupirebbe se stesse già progettando qualcosa di mostruoso»

E purtroppo lo stava facendo. Marisol me ne aveva dato la conferma.

«Quindi questo è ciò che è successo a Lara...»

Senza esitazione, lo abbracciai. Forse perché ero ancora scossa, forse perché provavo una forte empatia nei confronti di chi come lui aveva il cuore spezzato dalla perdita di un'amica o forse perché sentivo il bisogno di sentire un contatto familiare.
Lo abbracciai e tirai dentro l'abbraccio anche Luca, che ne sembrò piuttosto felice.
Lui, sotto sotto, anche se diceva il contrario, li adorava.

«Mi dispiace per quello che avete dovuto passare»

«Di che ti scusi?» Luca mi accarezzò la spalla. «Non è stata colpa tua e comunque credo fosse destino. M.M. è destinata a stare nell'Ordine, immagino»

«Forse no» dissi. «Forse si può fare ancora qualcosa»

«E cosa? Lei ci odia» ribatté Daniel. «Ha persino allontanato il suo ragazzo! Ha allontanato tutti i suoi amici. Non è più in lei... e non ha nulla che possa riportarla alla ragione»

«Troveremo un modo per salvare anche lei, lo prometto»

«Non fare promesse che non puoi mantenere. Hai già milioni di problemi»

«Posso gestire i miei problemi e aggiungere anche questo nella lista di Cose da fare prima di salvare il mondo»

L'odore di torta alle mele si espanse in tutta la stanza, portando Luca ad avvicinarsi pericolosamente allo sportello del forno per ammirare quella delizia.

Drake rientrò di corsa a controllare come stesse la sua bambi- ehm, la sua torta. Lui le chiama sempre "le mie bambine", ormai mi ha contagiata involontariamente con i suoi modi di dire.

«Allontanati, questo è un lavoro per veri uomini» disse Drake mostrando i muscoli sotto la maglietta a maniche lunghe.

Era buffo con quel grembiulino rosa pallido con su scritto "girl power" e i guanti da forno fin troppo grandi per lui.

Controllò la torta e dopo un'attenta riflessione disse: «Ancora cinque minuti e poi sarà cotta»

«E potremo mangiarcela?» Luca sembrava al settimo cielo.

«Sì, ma dovrai aspettare. Non si mangiano le torte appena sfornate, bisogna aspettare che si raffreddino un po'» disse con aria da sapientone. «Lo stesso vale per i biscotti, ma molti se ne fregano e li mangiano lo stesso. Be' come biasimarli, caldi sono molto molto gustosi... Ecco, ora ho voglia di biscotti. Uff, finita la torta devo impastare pure quelli»

«Allora ti lasciamo al tuo lavoro. Ciao, Drake!» lo salutai con la mano.

«Ciao! Vi chiamo io quando potrete mangiare la torta, sempre che qualcuno non mi preceda e se la divori tutta. I guardiani più piccoli avranno pure lo stomaco più piccolo ma mangiano più di me. Che roba»

Continuò a bofonchiare da solo, con le mani appoggiate ai fianchi, ancora coperte dai guanti da forno.

Io, Luca e Daniel uscimmo dalla cucina, dandoci appuntamento alla sera. Che fosse attorno al falò o in qualche bar fuori dal Campo, noi saremmo riusciti a vederci e a trovare quel fiore e anche l'Avventuriera.

Il tempo scorre.

Tan tan taaaaan! Rivelazione

Che dite? Ve lo sareste mai immaginato? Forse si intuiva un pochino, ma ho cercato di nasconderlo il più possibile. E ah! Se ve lo state chiedendo, era proprio lei quel giorno... quel FATIDICO giorno... al Campo. Eh già. La mia favolosa Lara-MM era lì ☺️

Capitolo un po' misto, questa volta.
Avevo tanto da dire ma siamo agli sgoccioli e dato che era iniziato come un capitolo soft ho deciso di lasciarlo così e aggiungerci un po' di robette.

Be', almeno ora avete più info su Sebastian e su Lara. Poi non dite che io non rivelo nulla! Ecco le rivelazioni importanti  ☺️

GiulSma

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