Questione di fiducia

By Ellaa_aa45

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QUESTIONE DI FIDUCIA Per tutti quei bambini che sono cresciuti prima del dovuto. Una mattina di fine settembr... More

T R A M A
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By Ellaa_aa45

E L L A

Non nego che i messaggi di Damián mi lasciarono leggermente sorpresa, tutt'ora mi chiedo come ha avuto il mio numero, ho chiesto ad Edith se fosse stata lei ma non è il tipo, ed oltre a lei non mi viene più in mente nessuno dato che Dylan e Am non hanno il mio numero, nonostante ciò, di sua spontanea volontà avrà chiesto il mio numero solo per chiedermi scusa, e anche qui non posso negare che ciò mi ha causato due o tre volte un mezzo sorriso di soddisfazione, ma va bene, lo ha fatto perché è una persona "rispettabile" e non vuole darmi una brutta impressione.

Anche se ho detto esplicitamente che l'ho perdonato, non posso fare a meno di sentire questo bruciore interno, di impotenza, se ricevi una critica del genere non puoi cambiare l'opinione dell'artefice, se ci provi sarebbe decisamente una caduta di stile, perchè gli daresti troppa importanza, allora ti senti impotente, perché per quanto possiamo negare che le parole non ci toccano, in realtà lo fanno e a volte riescono anche a cambiarti, non a tutti, ovvio.

Tornando a Damiàn, abbiamo iniziato col piede sbagliato, o meglio, lui ha iniziato col piede sbagliato non solo dandomi della poco di buono, ma mancandomi di rispetto dopo che stavo quasi per morire, per questo, più è lontano, meglio è.

Ha una personalità irritabile, è presuntuoso e se la tira troppo, ma mi ha fatto piacere ricevere sue scuse, d'altronde mi spettavano di diritto.

In ogni caso, come ho già detto, non gli darò tutta questa importanza.

Ieri toccava stare con papà, volevo sistemare un po' quella che dovrebbe essere la stanza mia e di Kate ma non sapevo da dove iniziare, quella ragazza quando si muove è un uragano.

Una volta tornate da nostra madre, sistemando le cose che avevo portato da lui, trovai una letterina, l'avevo scritta io, avevo circa sette anni... nove anni fa.

Era una di quelle letterine che si scrivono ai propri genitori per farsi perdonare, la presi il giorno prima mentre ordinavo la stanza. Presi il cellulare e mandai una foto a mio padre con un cuore rosso, a volte dice che non lo voglio bene e non voglio che lo creda.
Questa va dritta nella scatola dei ricordi.

Sono arrivata addirittura a completarne tre, ma di solito metto le lettere insieme a tutte le altre in buste perforate apposite per i fogli, che ho nella seconda scatola, devo solo cercarla.

Prendo la sedia girevole, sperando di non rompermi la testa, e la posiziono sotto la libreria, mi tengo sui bordi di legno e mi alzo in piedi su di essa. Non ci arrivo.

Chissà cosa avevo in testa quando chiedevo a Dio di non farmi crescere in altezza, fatto sta che con 155cm non arrivo nemmeno a toccare la scatola posizionata sul lato dell'armadio.

Guardo in basso sperando che quelle benedette ruote rimangano ferme, mi tengo nuovamente tra i bordi della libreria e dell'armadio mettendomi sulle punte, arrivo con le estremità delle dita alla scatola azzurra e con esse riesco a poggiarla sulle mani, non la ricordavo così pesante.

Con delicatezza scendo dalla sedia, stupita dal fatto che non mi sia ribaltata con la scatola e la sedia insieme.

La poggio sul letto e mi siedo per aprirla, sul coperchio c'è scritto "scatola dei ricordi di El", quando la apro i miei occhi vedono un mondo.

C'è di tutto, tra libri, bambole e foglietti, saranno passati circa tre anni dall'ultima volta, è come riavere davanti la mia vecchia vita, la vecchia me. Intravedo in primis tre bambole, le ricordo tutte, una era tutta ricoperta da una tutina gialla, con solo manine e faccia scoperti, l'altra ha la pelle scura e due codine ai lati della testa, l'ultima invece era la mia preferita, la prendo tra le mani, e sorprendentemente svolge ancora il suo compito di bambola profumata. Sposto i miei occhi sui fogli, temi delle elementari, disegni, letterine, liste... aggiungo l'ultima che ho trovato, e tra tutte queste noto un fazzoletto, che guardo due volte per essere sicura.

Lo apro e inmediatamente mi assale un ricordo.

Passato
Prendo il telefono per videochiamare mio padre, ormai bloccato in un'altra regione da quasi un mese per colpa della vendita di prodotti falsi, non che fosse un crimine grave, semplicemente vendeva prodotti non in commercio fuori alle entrate dei concerti, poi ora aveva smesso di farlo da anni, circa undici, non che lo fece per mancanza di denaro, all'ora lavorava in alcune fiere, non ricordo di cosa, quello che ricordo è che aveva un sogno, un sogno un po' caro, e ahimè, per realizzare i propri sogni a volte si fanno dei sacrifici, questo fu il suo.

Aveva già una famiglia da mantenere, e per dare vita al suo progetto aveva bisogno di soldi, quindi gli proposero una specie di investimento, sapeva che stava sbagliando, ma sapeva anche che non stava facendo del male a nessuno, e così iniziò a realizzare per esempio delle bandane di Katy Perry e cantanti del genere, dopo alcuni anni giustamente gli diedero quattro mesi di domiciliari da scontare, che poi furono seguiti da un anno e otto mesi, cioè quelli che sta scontando ora.

Dopo tanti sacrifici, sbagli e difficoltà, è riuscito a raggiungere il suo obbiettivo, cioè quello di ben cinque carrelli a motore da portare attraverso un comando, con all'interno un frigorifero contenente della frutta, da cui ricavare poi macedonie fresche, cocco e cose simili, è difficile da descrivere, ma è bella come cosa.

L'idea nacque in realtà da un suo amico, che gli permise di aprire una ditta del tutto uguale alla sua, ma il principale motivo fu mio nonno, ormai morto da anni.

Fin da giovane, mi abuelo, vendeva del cocco tagliato a mano sulle spiagge, da lì le cose si evolsero e man mano migliorarono fino a questo punto, cioè dov'era arrivato mio padre. Ma tornando al tema principale, ora è solo in un altra città, dato che ha la residenza nel suo luogo di lavoro, quindi come ho già detto, in un'altra città, per questo lo chiamo circa cinque volte al giorno, -molte volte è lui che chiama me- per non farlo sentire solo.

-Hola cariño- dice salutandomi.

-Hola pa- lo saluto.- Cosa fai?

-In questo momento sto cucinando qualcosa, tu?- domanda.

-Ho appena finito di mangiare. Tu cosa cucini?

-Insalata col pollo e i crostini, il solito.- Già, dimenticavo che si era dato alla dieta e alla sana alimentazione, ora usciva tutti i giorni a correre.

-Stai diventando un addetto al fitness a come vedo- dico con una mezza risata.- la questione della dieta è diventata proprio una cosa seria.

-Si, e dovresti farlo anche tu. Come sta andando con la dietologa?- odio la parola "dietologa", meglio che non spieghi il perché.

-La sto seguendo.- mi limito a dire.

-In realtà non sembra, sicura che per caso non mangi di notte?- sento un vuoto nel petto che si contorce.

-No, la sto seguendo davvero.

-Ma non stai cambiando di una virgola; se non la segui è inutile che vai dalla dottoressa, io non butto soldi.- era vero che non ci ero andata dalla dottoressa, e non avevo intenzione di farlo

-Oggi è sabato, come mai non sei uscita?- cambia discorso.

-Non avevo voglia.

-Andiamo, a me puoi dirlo.- assicura.

-Non ero in vena, semplice.

-E perché non lo eri?- domanda di nuovo.

-Nulla di che, mi sentivo un po' insicura.- dico, ed è la verità.

-Insicura? Per favore Ella, non ti manca nulla, perché mai dovresti essere insicura?- dice- Sei bella, intelligente ed educata, il tuo problema è che hai dei chili in più.

E si inizia di nuovo.

-Non sono un problema, e non sono "in più".- dico invece io.

-Sai, veramente non ti capisco, ti lamenti
del fatto che non ti piaci ma non fai nulla per cambiare, la vita è fatta di sacrifici!- insistette- Guarda me, per esempio. Non mi vedi? Ci ho messo testa e pensiero, togliendo pasta, pane e dolci.- continua alzandosi dalla sedia per far vedere il suo addome più sgonfio delle altre volte.

-Potresti smettere di dire queste cose? Così mi complesso.- gli chiedo.

-Allora se ti fai i complessi chiudi la bocca, no?- mi sale la nausea mischiata con la rabbia.

-Allora se devo chiudere la bocca fatti chiamare da Kate!- non centrava nulla, ma volevo cambiare discorso, Kate non lo chiamava mai e non si può usare la scusa "è piccola", è dotata di capacità ed anche un telefono, io ero anche più piccola quando lo chiamavo di mia spontanea volontà. Infine stacco la chiamata, dovevo aspettare che mi passasse l'arrabbiatura.

Presente

Il resto fu storia, dalla rabbia mi abbuffai, anche se non avevo fame, questo lo ricordo, avevo paura che mia madre vedesse le carte delle cose che avevo mangiato, nonostante il fatto che non avesse mai dato giudizi sul mio corpo, io però avevo paura che li tenesse per sé, ed era normale, ero un obesa lardosa, okay ora non sono magrissima, ma sono in normopeso, a ripensarci mi risale la nausea.

Apro il fazzoletto e dentro ci trovo quello che mi aspettavo. Carte.

A mia vergogna di dolci, dolciumi o cioccolatini. Ho voglia di vomitare.

Sento solo ribrezzo in questo momento, mio padre aveva ragione, non sapevo contenermi.

Continuo a guardare le carte tra le mie mani, a quanto pare successe più di una volta, ma non piangerò, non c'è motivo di piangere, sarei troppo debole.

Cerco di ricordare altro, ma l'unica cosa che mi salta per la testa è che non riuscii a vomitare, o meglio non riuscivo a vomitare, nonostante i metodi su Internet, lo spazzolino o le mie stesse dita, non riuscivo a vomitare. Avevo paura.

Mi facevo così schifo, non riuscivo nemmeno a fare quello, e la cosa peggiore è che finivo per provarci perché non mi ero controllata, non chiudevo la mia cazzo di bocca.

Richiudo il fazzoletto rimettendolo nella scatola, e dopodiché chiudo anche quest'ultima.

No, non l'avrei mai più fatto, guardarmi indietro è stato come rivivere nella vecchia me, nella mia vecchia vita, di cui per fortuna ricordo poco, o troppo poco... in ogni caso, non sono più quella persona, per ricredermi e tornare nel presente provo a toccarmi i polsi, le braccia, le cosce.

Grasso.

C'è ancora grasso, si, ma non più quello di prima, sono diversa ora.
Riposo la scatola sull'armadio, decisa a non riaprirla, capitolo chiuso, poi ritorno alla scrivania, pronta ad iniziare a studiare.

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