Questione di fiducia

By Ellaa_aa45

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QUESTIONE DI FIDUCIA Per tutti quei bambini che sono cresciuti prima del dovuto. Una mattina di fine settembr... More

T R A M A
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By Ellaa_aa45

E L L A

-Mamma se non stacchi immediatamente quel telefono me ne vado!- Grido esausta dalle urla che stava dando da trenta minuti. Si era messa in testa che mio padre si fosse rifatto una vita e mi aveva svegliato alle otto di mattina, di domenica, per dirmi che aveva le prove del fatto che avesse un'amante.

-E continua a non rispondere questo bastardo. Io te lo sto dicendo, da grande capirai, quando avrai dei figli- continua ad urlare- Quell'uomo non ci tiene alla sua famiglia, e tu gli stai dietro, io un padre così lo avrei odiato!

-Mamma non ti ascolto- continuo a ripetere.

-Ah non mi ascolti? E invece mi devi ascoltare. Sei grande, devi saperle certe cose!

A quanto pare per entrambi ero grande da quando avevo quattro anni.

-Chiamalo tu!- insiste- Chiamalo!- dice passandoci il telefono, gli faccio uno squillo per poi staccare di mia spontanea volontà.
Vedendo che ero io ad aver squillato mi richiama, ma mia madre mi prende il telefono da mano come una furia, graffiandomi accidentalmente il palmo, senza nemmeno rendersene conto.

-Estefan è l'ultima volta che ti chiamo, tua figlia ti ha chiamato dieci volte!- mente- ora se avessimo avuto bisogno d'aiuto? Ah no certo, eri troppo impegnato a fotterti le tue amichette, alla tua famiglia non ci pensi.- dice urlando, e un bruciore mi sale dentro come era solito fare, ormai conoscevo quella sensazione.

-Mamma dammi il mio telefono, ora!- Grido.

-Ascolta Ella, ascolta, tuo padre va' a puttane, te lo dico io!- continua ad urlare, al che gli strappo il telefono dalle mani.

-Ma chi sei? Chi sei per dire queste cose? Nessuno sei mamma, nessuno, non ne hai il diritto.

-Questa è la dimostrazione che cento madri sono buone per un figlio ma non un figlio per cento madri!- esclama.

-Io? Io non sono buona? Sono anni che sopporto le vostre stronzate da adolescenti immaturi!- Questa volta sono io ad urlare, e quando urlo sembro cattiva...-E tu hai il coraggio di dirmi che non sono buona?- domando buttando il telefono sulla spalliera del letto.- Tu non stai bene, sei una psicopatica!

-Ma non ti vergogni? Sei una finta calma, ti spacci come una brava persona e poi con me sei un animale- dice lei con tono schifato.-Dio te la farà pagare.

-Cosa? Hai appena detto che mio padre va' a puttane solo perché non ti ha risposto al telefono e io sarei quella che deve vergognarsi? Ascolta, vuoi che Kate diventi come me? Vuoi che faccia la mia fine?!- urlo ancora.

-Ma chi ho generato? Chi cazzo ho generato?- dice guardandomi.

-Vaffanculo- urlo per poi sbattere la porta.

Nella mia mente ci sono flashback di ogni specie, ricordo che una volta durante una litigata minacciò di chiamare la polizia perché stavo urlando, e molte volte ha ripetuto che una volta crescita era sicura che l'avrei picchiata, questo mi stringe il cuore... io non sono pazza, non metterei mai le mani addosso a mia madre e quando mi arrabbio non lo faccio per caso.

Così si potrebbe pensare che stare con mio padre sarebbe meglio, e invece no.

Mentre mia mamma continuava a dire cose come quella dette in precedenza, come se lo avessi chiamato, mio padre mi telefona.

-Cariño- saluta lui.- Mi hai chiamato?

-Si ma non era nulla di importante.

-El, non ho risposto perché stavo lavorando e..- inizia a spiegare.

-Non mi interessa.- rispondo secca.

-Bene, come mai sei già sveglia?

-Le urla della mamma.

-Bhe per lo meno potresti uscire. Hai organizzato qualcosa con le tue amiche?- Domanda mentre mi siedo sul pavimento con le gambe incrociate.

-No, non ho voglia di uscire.

-Tu non hai mai voglia di uscire.- ribatte lui.

-Non è vero.

-Non puoi rimanere a casa.

-Ma voglio.- ripeto.

-Così sei asociale.

-Allora lo sono.- rispondo.

-Oh Dio. Perché non esci con tua sorella?- chiede.

-Papá ho detto di no!- esclamo.

-Si certo, l'eterna infelice.- dice in tono deluso.

-Solo perché non voglio uscire non significa che sono infelice.

-Ella te ne stai in casa tutto il giorno, tutti i giorni, non socializzi, sembri allergica al sole!- esclama lui.

-Solo non mi piace stare con tante persone.

-Allora va' a vivere su Marte, perché la Terra è popolata da persone.- dice- perché ieri sera non sri uscita vol tuo gruppo di amici? Perché devi sempre emarginarti?

Penso a cosa dire, ricordando la mezza crisi del giorno prima quando non riuscii a piacermi e allora passai la notte a camminare per la stanza. Deglutisco e rispondo.

-Non avevo voglia.

-So io chi devo ringraziare, so io chi devo ringraziare del perché "non hai voglia"- e si riinizia.- O Madonna, quei maligni devono soffrire, devono soffrire! Hanno sfasciato tutto, hanno rovinato tutto!- urla riferendosi ai miei nonni- È colpa loro se sei così! Prima eri una bambina normale, solare!

-Papá calmati.- mi limito a dire.

-"Papá calmati"? Ho una figlia col cervello fuso, come vuoi che mi calmi?- continua a dire.- Che possano passare per un guaio, un guaio nero!

-Sai cosa? Vaffanculo pure a te!- grido per poi staccare il telefono.

Appoggio il telefono sul pavimento, poi mi guardo allo specchio, mi do alcune dritte, un po' di morsi, faccio una faccia da fredda per compiacermi e sentirmi potente, e sono come nuova.

Questa è la solita routine di tutti i giorni.
Una notifica mi distrae.
Un messaggio.
Non un semplice messaggio, ma da un numero sconosciuto per il mio cellulare.

Credendo che sia un sospetto spam, lo lascio stare, ma arriva un'altra notifica. Cerco di vedere l'anteprima del messaggio ma le mie mani di burro me lo fanno aprire.

+34 633 347 5464
Okayyy forse ho esagerato
E me ne pento
Altrimenti non avrei addirittura cercato il tuo numero
E pensa che l'ho dovuto per forza imparare a memoria

Ella:
Mi sa che hai sbagliato invece
La persona che stavi cercando non sono io

+34 633 347 5464
Impossibile
Non dirmi che ho sbagliato numero

Ella:
Mi dispiace

+34 633 347 5464
No
Sei tu
Solo tu potevi avere questa descrizione

Ella:
In ogni caso non so chi sei

+34 633 347 5464
Davvero non l'hai capito?

Ella:
Mi hai preso per il genio della lampada?

+34 633 347 5464
Non esattamente
Ma qualcosa del genere

Ella:
Dimmi chi sei

+34 633 347 5464
Indovina

Ella:
Non ho tempo da perdere

Digito per poi posare il cellulare e tornare al mio comodo letto che mi aspettava.
Ma un rumore mi fa spalancare gli occhi, giusto mentre stavo cercando di riprendere il sogno.
Riprendo il telefono per mettere il silenzioso.
Un momento, quale silenzioso? Io questo stupido posso tranquillamente bloccarlo.

+34 633 347 5464
Andiamo Ellaaa
Un po' di umorismo

Ella:
Si può sapere chi sei?

+34 633 347 5464
Vediamo...
L'ultima volta che mi hai visto mi hai mandato a fanculo

A primo impatto penso ai miei genitori, poi mi viene in mente.

Ella:
Chi ti ha dato il mio numero?

+34 633 347 5464
Hai capito chi sono?

Ella:
Si, stupido
Non c'era bisogno questo teatrino

+34 633 347 5464
In qualche modo dovevo pur dover attirare la tua attenzione

Ella:
Va' al punto

+34 633 347 5464
Mi dispiace
Va bene??
Non avrei dovuto dirti quelle cose ne tanto meno darti della poco di buono

Ella:
Certo che non avresti dovuto

+34 633 347 5464
Ma ti ho detto che mi dispiace

Ella:
Per questo, mi hai detto che ti dispiace, non mi hai chiesto scusa

+34 633 347 5464
Fai sul serio?

Ella:
Sono serissima

+34 633 347 546
Ti chiedo scusa
E spero che tu possa perdonarmi

Soddisfatta sorrido pensando a cosa digitare, o se lasciarlo così.

+34 633 347 5464
Ma se non puoi me ne farò una ragione

Ella:
Ti perdono, pendejo
Ma abbassa il tuo ego


Molti mi dicevano che dovevo superare la mia situazione familiare, che grandissima cazzata, ho una cazzo di madre depressa che cerca continuamente l'approvazione dell'ex marito, e un padre con modi aggressivi che dice di volerti bene e d'essere orgoglioso di te quando ti ripete continuamente che non vai bene, mi amavano, lo sapevo, ma quando si avvicinavano a me, loro o qualunque altra persona, fino alla mia più cara amica, l'unica cosa che mi concedeva di fare era arronzarli e dire che stavo bene.

Rifiutavo tutti, ecco, questa era la parola giusta...

Il rifiuto.

Era il modo in cui reagivo ai miei genitori, al rapporto con me stessa, allo stress, e ad ogni cosa.

Rifiutavo ogni forma d'aiuto, di presenza o appoggio, non sapevo perché, o forse si, magari perché non riuscivo a fidarmi, o perché sapevo che non era vero, tutto quello che dicevano, semplicemente, non era vero.

Rifiutavo ogni mio problema, sopprimendolo con quella che poteva essere della musica, il cuscino, la scuola, o una qualsiasi stronzata, ma in ogni caso, io stavo bene, io stavo sempre bene.

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