***Ricordate dove eravamo rimasti? Trevor e Andrey hanno addestrato Lea. In auto hanno verificato il risveglio di El Diablo, a quel punto Lea ha una piccola crisi emotiva che Trevor contiene con proposte a luci rosse. Insomma tutto nella norma per due come loro :)
Bene, riprendiamo esattamente da lì, ok? Ho suddiviso i capitoli per non farli troppo lunghi ma siamo ancora in quello stesso pomeriggio e Lea, Andrey e Trevor sono giunti all'alloggio dopo la palestra. ****
Entrambi mi guardavano come se esigessero un tributo da me, ma se potevo tenere a bada le esigenze di Lea, non potevo fare altrettanto con quelle di Andrey. Allungai le chiavi dell'attico a lei, invitandola ad anticiparmi di sopra. Sbuffò, ma gli astri furono clementi e non fece capricci. Supposi avrei scoperto il prezzo di quel dono poco dopo.
Entrai nell'alloggio al secondo piano che Andrey condivideva con Dimitri. Non attese nemmeno di chiudere la porta, prima di iniziare. «Mi sta bene che tu sia fottuto lei, non mi sta bene che tu ti sia fottuto il cervello.»
Mi ero aspettato quell'attacco frontale già il giorno prima, quindi in teoria dovevo essere preparato. Invece non ero certo di esserlo abbastanza. «È tutto sotto controllo.»
«Allora compra i cazzo di biglietti per Londra e infilale dentro l'uccello un'ultima volta stanotte.»
Mi umettai le labbra, aspettando che affiorasse la risposta migliore. Ne trovai solo una decente. «Manca poco, poi torniamo a Londra.»
Serrò la mascella e trovai la cosa poco rassicurante. «Gli uomini sono stanchi Trevor, e abbiamo perso Sergej. Hai sbloccato quel dannato coso digitale, non c'è altro da fare qui.»
«Partiremo quando avrò saldato la prima rata, alla fine di questa settimana.»
Analizzò la mia risposta per qualche istante. La sua espressione si distese. Il compromesso era accettabile.
«Mi sta bene. Lo dirò agli altri, quindi vedi di non cambiare idea. E togliti dalla testa l'idea di fare di lei la tua Harley Quinn o come cazzo si chiama.»
Mi affiorò nella mente l'immagine di una Lea con codini bicolor e shirt striminziti. Il paragone era senza dubbio calzante. «Non è mia intenzione portarla a Londra. E lei non mi seguirebbe.»
«Perché ha più cervello di te. Ma non ha motivo di sparare, Trevor, né di imparare ad atterrare un gorilla da 150 chili, se lei resta qui e tu te ne resti a Londra, o Dubai o a fanculo lontano da lei. Quindi perché glielo stiamo insegnando?»
«Perché non mi ha voluto dire se sta scardinando i flussi finanziari di qualche altro cazzo di mercato digitale.»
«Non ti basta l'affare di Milano?»
«Sì, basta a me. Ma magari fa un'altra puttanata...»
«E quale sarebbe il problema?»
E cosa avrei dovuto rispondere? Andrey mi aveva portato esattamente dove aveva voluto.
«Non puoi, Trevor. Non puoi proteggerla per sempre. Devi lasciarla andare. E fai in modo di non sapere cosa le succede, di non sapere se si sposa, se vince la lotteria, se viene rapita dagli alieni o uccisa da uno spacciatore di droga.»
«Perché?»
«So cosa ti passa per la testa. E no, non puoi smettere di essere quello che sei. Io ti ho insegnato a spaccare ossa, io ti ho insegnato il modo migliore per non fartele spaccare, io ti ho insegnato a tenere in mano un'arma come tu hai fatto con Lea oggi. Se sei vivo, è grazie a me.»
«Ho saldato il mio debito con te, mi pare. Perché anche tu sei vivo grazie a me.»
«Vero. Ma adesso ti salvo di nuovo il culo, e lo faccio gratis. L'unico modo che hai per smettere di essere quello che sei, è crepare. Hai pestato piedi e mine nell'ultimo decennio, c'è un sacco di gente che non ti uccide solo perché sarebbe sconveniente, o perché non ha un esercito di ergastolani come il tuo. Quindi no Trevor, non puoi mollare tutto con lei o per lei. Fine.»
«È un'idea che non mi aveva nemmeno sfiorato.»
Mi guardò con la fronte aggrottata e con l'espressione più simile all'ilarità che gli avessi mai visto assumere in quei quindici anni. «Sì, invece. Ma eri troppo occupato a misurarti l'uccello per capire se potevi infilarglielo dentro senza forarle lo stomaco, per accorgertene.»
Non mi azzardai a soffermarmi sulla possibilità che quell'ipotesi fosse fondata. «So che sembra incredibile, ma non le ho forato lo stomaco con l'uccello.»
«Sei un deficiente.»
«Forse ce l'ha più in alto degli altri esseri umani.»
«E anche un coglione.»
«Oppure ha lo stomaco di gomma.»
«E testa di cazzo.»
«Oppure gliel'ho forato e non se n'è ancora accorta.»
«Se non esci subito ti spacco la faccia.»
Conoscendolo, non potevo escludere lo facesse. Mi arresi alzando le mani e liquidando la questione.
«Lei non diventerà la mia Harley Queen e io non diventerò il suo Re Artù. Tornerò a Londra, riprenderò i miei affari e mi limiterò a sbirciarla finché ci saremo dimenticati l'uno dell'altra. Questo è il piano.»
«Se la sbirci non puoi scordarti di lei.»
«La sbircio solo finché non ho finito di pagare i Volkov.»
«Sono parecchi giorni, Trevor.»
Feci spallucce. Sì. Per fortuna erano parecchi giorni. «Ho un altro lavoro per te, Andrey. Preferirei iniziassi subito, ma puoi proseguire a Londra.»
«Non mi paghi abbastanza per fare tutta questa roba.»
Sorrisi, perché davvero non c'era prezzo per quello che Andrey aveva fatto per me. «Hai ragione. Sai che sto lavorando anche per liberare te.»
«Io non voglio essere liberato. Preferisco essere pagato.»
«Farò in modo che tu possa scegliere.»
«Cosa ti serve?»
«Denis. Mi serve qualcosa su Denis.»
Parve stupito. «Il frocetto? Sul serio?»
Annuii.
«Cosa devo cercare?»
«Non lo so.»
«Trevor, vaffanculo.»
«So che se c'è qualcosa da scoprire, tu lo puoi scoprire.»
«Che la Rossa si vende on line lo hai scoperto tu.»
«Perché Lea assomiglia a me. Ma Denis...»
«Se osi dire che somiglia a me ti do una ginocchiata nei coglioni.»
Era esattamente quello che stavo per dire, quindi mi morsi la lingua. «Denis è un lavoro adatto alle tue competenze.»
«Ma che cazzo, ti sembro uno dei tuoi colletti bianchi da ufficio, che mi parli così?»
«Fallo e basta, senza rompere i coglioni.»
«Ecco. Così è meglio.»
Uscii per salire le scale e raggiungere lei.
***
Aprii la porta sentendomi stanco: la lucida analisi della situazione che mi aveva sputato in faccia Andrey non era solo realistica, ma anche avvilente. Era vero: non avevo davvero ragionato per modificare le mie intenzioni con Lea, eppure dopo l'affare di Milano ero rimasto a contemplare la mia nuova verità senza agire. Andrey aveva avuto il buon cuore di non farmi notare che avevo lasciato incompiuto il progetto, che avevo acquisito quella società senza farne nulla di quello che avrei dovuto, ma non mi avrebbe concesso il suo silenzio a lungo e io, per la prima volta da quando avevo fatto di lui molto più del mio braccio destro, mi ritrovavo a essere pentito di avergli rivelato qualcosa di portata così travolgente.
Mi ero comportato, in quei giorni, come se fossi l'unico custode dei segreti di Lea, dato che ritenevo Andrey l'estensione di me stesso. Avevo appena preso atto che tutto quello che già mi era parso complicato, si era appena guadagnato dieci punti nella classifica delle situazioni compromettenti e pericolose.
Quindi il mio stato d'animo era particolarmente incline alla frustrazione, quando feci il mio ingresso nell'attico. Com'era sua abitudine, Lea non perse nemmeno un attimo prima allontanare di parecchi anni luce la mia pace interiore.
«Oggi hai proprio deciso di farmi incazzare, bambina.»
Era in piedi, braccia conserte, con il suo trolley accanto. Pronta per essere riportata dove io non avevo ancora voglia di lasciarla: casa sua.
«Sì, mi piace vederti pulsare la vena sul collo.»
«È un modo interessante di corteggiare una morte veloce e violenta, bambina.»
«Finché usi quel tono per chiamarmi bambina posso farti pulsare quella vena fino a farla esplodere.»
«Che tono uso? Sentiamo.»
Lea nascose la sua sfida dietro un sorriso storto e spettacolare.
«Quello di un carillon caricato a magia.»
Aveva ragione. Ma non c'era motivo di ammetterlo. «O di una canzone che parla di un imbroglio.»
Il sorriso si spense e io non seppi se esserne sollevato o distrutto.
«Avete parlato di me?»
«No.»
«Eppure mi fischiavano le orecchie, mentre eri con Andrey.»
«Sono gli spifferi d'aria tra le tue rotelle fuori posto a farti fischiare le orecchie.»
«Di cosa avete parlato?»
«Niente che ti riguardi.»
«È questo, Trevor. È questo il tono che si usa in una canzone che parla di un imbroglio.»
Era pericoloso che Lea acquisisse la capacità di riconoscere troppo spesso le mie bugie. Era meglio se quel talento restava un'esclusiva solo mia.
«Non ti porto a casa stasera, Lea.»
«Voglio fare una doccia.»
«L'hai fatta in palestra.»
«L'acqua era fredda.»
«Quella della doccia sotto cui ti ho scopata ieri è calda.»
«Sono io che ho scopato te sotto quella doccia.»
«Quindi ricorderai che il getto era caldo.»
Sbuffò. Chissà cosa le stava passando per la testa. E chissà se mi sarebbe piaciuto scoprirlo. Probabilmente sì.
«Posso andare a casa a piedi, Trevor. Sarei a destinazione in meno di mezz'ora.»
«Sarebbe inutile.»
«Mi riporteresti indietro con la forza?»
«No. Torneresti di tua spontanea volontà.»
«Perché dovrei?»
«Perché magari ti renderesti conto di non avere più le chiavi del tuo appartamento nella borsa che ti ha portato Denis.»
Vidi la sua espressione frantumarsi nello sconcerto.
«Mi hai sottratto le chiavi di casa mia?»
«Potrei averlo fatto, sì.»
Scattò in avanti come la tigre che era, ma non incassai il secondo schiaffo della giornata. Le bloccai il polso a mezz'aria e la feci voltare, imprigionandola nel mio abbraccio, la sua schiena contro il mio torace.
«Questa è una sberla che non mi merito, bambina.»
«Avevi detto che non mi avevi sequestrata.»
«Infatti. Puoi uscire. E tornare. In giornata.»
«Sei malato.»
«Un po'.»
E sentii i suoi muscoli rilassarsi almeno in parte, rinunciando a una porzione della furia che li aveva alimentati. Alzò il mento, e non ci fu proprio verso: per quanto il cervello impartisse un ordine ben preciso, un diniego che era un imperativo, la mia bocca le piantò un bacio sulla fronte corrugata.
«Volevo solo abituarmi all'idea» mi disse.
«Quale idea?»
«Quella di tornare a dormire da sola.»
«Non stasera.»
«Decidi sempre tutto tu.»
Magari. «Vieni a letto con me? Te lo chiedo, così non puoi dire che ho deciso anche questo.»
«Vengo solo se non ci andiamo per dormire. Fuori c'è ancora il sole, Trevor, e l'estate non ha ancora migrato nell'altro emisfero.»
Gestivo l'erezione nei pantaloni dalla mattina. Anche quello mi aveva stancato. Quando si è stanchi, si prendono decisioni stupide. Quindi, non volendo prendere decisioni stupide e certo che fare sesso tradizionale con Lea avrebbe ritardato la sua guarigione dopo l'abuso di Viktor, pensai bene di prendere una decisione completamente demenziale.
«Ti fidi di me, bambina?»
«Per niente.»
«Bene, continua. Ma intanto togliti i vestiti.»
SPAZIO AUTRICE.
Cliffhanger a luci rosse promettente.
Sono gradite stelline, commenti, video tik tok in cui dite che mia è la storia più bella che abbiate mai letto, storie instagram in cui dite che le mia è la storia più travolgente che abbiate mai letto, twitter in cui dite che la mia è la storia più spettacolare che abbiate mai letto...in alternativa vanno bene anche miracoli, bonifici e proposte editoriali da parte di qualche big dell'editoria.
Nel prossimo capitolo accade esattamente quello che vi aspettate debba accadere ahahaha!
Come dite? Denis? Io non ho parlato di Denis. Non ho scritto di Denis. Denis non lo nomino da molte e molte righe. No raga, non so dove sia Denis. Non credo che Trevor lo stia cercando. Non credo proprio. No no.