Painful melody

By Sofiacuofano

67.1K 3K 1K

ATTENZIONE: SONO PRESENTI SCENE DI SESSO ESPLICITO E DI VIOLENZA!!! Lei è nata nell'agio della famiglia più p... More

PROLOGO
CAPITOLO 1
CAPITOLO 2
CAPITOLO 3
CAPITOLO 4
CAPITOLO 5
CAPITOLO 6
CAPITOLO 7
CAPITOLO 8
CAPITOLO 9
CAPITOLO 10
CAPITOLO 11
CAPITOLO 12
CAPITOLO 13
CAPITOLO 14
CAPITOLO 15
CAPITOLO 16
CAPITOLO 17
CAPITOLO 19
CAPITOLO 20
CAPITOLO 21
CAPITOLO 22
CAPITOLO 23
CAPITOLO 24
CAPITOLO 25
CAPITOLO 26
CAPITOLO 27
CAPITOLO 28
CAPITOLO 29
CAPITOLO 30
CAPITOLO 31
CAPITOLO 32
CAPITOLO 33
CAPITOLO 34
CAPITOLO 35
CAPITOLO 36
CAPITOLO 37
CAPITOLO 38
CAPITOLO 39
CAPITOLO 40
CAPITOLO 41
CAPITOLO 42
CAPITOLO 43
CAPITOLO 44
CAPITOLO 45
CAPITOLO 46
CAPITOLI 47
CAPITOLO 48

CAPITOLO 18

1.1K 44 5
By Sofiacuofano


KEIRA

Dodici anni prima...

Non sapevo se lui fosse la scelta giusta, non avevo mai provato la sensazione di smarrimento che coincideva con il dover prendere una scelta che coinvolgesse la possibilità di fare un errore, io non sbagliavo mai e nessuno mi permetteva tale possibilità. In famiglia era contemplata solo e soltanto l'assoluta perfezione, sia fisica che caratteriale, nulla che potesse in qualche modo mettersi in mezzo ad ostacolare ciò che era stato progettato per possibili piani futuri veniva fatto fuori. Tirato fuori prima di poter avere una qualche influenza sullo scorrere di un destino già scritto da altri, fatto diventare cenere al solo accenno di problema.

Mihai era testardo però, anche se non sapeva nulla di ciò che avevo dentro, conosceva la mia vita, alla fine conosceva affondo mio fratello quindi doveva pur saperne qualcosa di come girassero le cose in casa Martin. Sapeva quanto fosse sbagliato andargli contro, quanto pericoloso fosse avvicinarsi a me eppure non gli importava, lui faceva ciò che sentiva e riteneva più giusto senza mai prendere in considerazione possibili conseguenze poco piacevoli. Viveva libero, con una mentalità spensierata e un animo privo di catene opprimenti che lo portavano a vivere alla giornata senza farsi troppi problemi.

Io per quanto riguardava la mia di vita non potevo lamentarmi e l'amavo, avevo tutto e non mi era mai mancato nulla fin dalla nascita, se non la possibilità di essere come gli altri, sentirmi una persona normale per qualche giorno. Occasione che quel ragazzo moldavo sembrava avermi voluto concedere senza un apparente motivo. Non mi conosceva, non sapeva nulla di me ma in qualche modo gli piacevo.

E anche se non lo dimostravo, saperlo mi aveva mosso qualcosa, al solo udire quelle parole avevo percepito un brivido lungo la schiena, una sensazione che non conoscevo e che mi aveva spaesata. Quel ragazzo mi mandava nel pallone.

Certe volte era odioso, altre invece sembrava quasi la mano che mi serviva per scappare da una cella soffocante che mi aveva tenuta prigioniera già dal primo respiro che avevo fatto a questo mondo.

Non conoscevo cosa volesse dire frequentare un ragazzo, con Cornelius era sempre andato tutto a meraviglia, lui riusciva a capirmi meglio di chiunque altro venendo da dove venivo io, ma non lo vedevo come un possibile ragazzo. Con lui era bello chiacchierare, sì, ogni tanto si fermava a dormire da me ma era diverso, la sua compagnia mi piaceva, però nulla che andasse fuori dalla zona amicizia.

Mihai stava diventando il mio più grande punto di domanda, l'unica cosa che non riuscivo a controllare ed era snervante ma alcun tempo accendeva la mia curiosità così tanto da mandarmi nel pallone.

Per quanto tentassi di sembrare ai suoi occhi totalmente indifferente, non potevo mentire a me stessa, quel ragazzo biondo con quel sorriso da stronzo e gli occhi limpidi era una dannata calamita per me, soprattutto per quel lato di me così attratto dalle novità. Ecco, lui era una grande novità piombata nella mia vita quando meno me lo aspettavo. Forse era quello a farmi essere un po' restia nel provare a dargli fiducia.

E anche la consapevolezza che non mi abbandonava mai, qualsiasi cosa avesse in mente sarebbe arrivata ad un termine prima o poi e a me gli addii non piacevano, affatto.

Mi rigirai nel letto di quella camera d'hotel dando le spalle alla porta che aveva varcato andandosene, erano ormai passate due ore e lui ancora non sembrava tornare dalle prove per il concerto di quella stessa sera, avevo come l'impressione che ci saremmo rivisti direttamente lì.

Io invece dopo che se n'era andato mi ero messa qualcosa di più comodo, un pantaloncino di stoffa e una semplice maglia bianca, mi ero struccata e poi avevo dormito un'ora e poi avevo passato la seconda a rigirarmi tra le coperte immersa tra i miei pensieri. Ero in una città completamente a me sconosciuta ma ero distrutta quel pomeriggio e non mi pentivo di aver passato del tempo a dormire, per il concerto di quella sera volevo essere al pieno delle mie energie per godermi ogni secondo della serata. Volevo divertirmi davvero.

Richiusi gli occhi tentando di reimmergersi nel sonno profondo in cui ero crollata fino a qualche istante prima, ma era tutto inutile, sentivo di non essere stanca bensì quasi nervosa. Non sapevo più come comportarmi con Mihai, ogni mia azione mi sembrava o troppo azzardata o insignificante, per non parlare di quanto mi mandassero in agitazione le sue reazioni, non riuscivo mai a capire cosa gli passasse in testa.

Odiavo quel senso di incertezza, non ero abituata a sentirmi così insicura su qualcosa o su qualcuno.

Il rumore metallico della porta alle mie spalle che si aprì bloccò ogni mio movimento, la luce del giorno filtrava dalle tende che avevo aperto per non avere il sole in faccia mentre dormivo, così non mi dovetti sforzare troppo a vedere il suo riflesso nello specchio appeso al muro della camera.

Posò la custodia della sua chitarra contro il muro e richiuse la porta alle sue spalle con attenzione, quasi delicatamente, forse perchè credeva che dormissi. Indossava ancora gli indumenti che si era cambiato in aereo quella mattina, quei suoi capelli dorati invece erano un totale casino, continuava a muoverli passandovi le dita per dargli una sistemata momentanea quando gli ricadevano sugli occhi ad ogni movimento del capo.

Era stanco, si vedeva, ma avrebbe avuto modo di riposarsi qualche ora contando che ancora mancava molto al concerto. Poteva fare ogni cosa con tutta calma e lo sapeva.

Quando il suo sguardo incontrarono il mio riflesso nello specchio richiusi gli occhi per far finta di dormire, prima di andare alle prove aveva semplicemente lasciato il borsone e la mia valigia in camera e se n'era andato, non avevamo parlato e avevo come l'impressione che lo avrebbe voluto fare in quel momento. Io semplicemente stavo procrastinando, più tempo passava più lontana sarebbe stata la mia incertezza davanti a lui. Non sopportavo che avesse quell'effetto su di me.

Ad occhi chiusi non vedevo niente ma l'udito ancora di certo funzionava a meraviglia, sentii i suoi passi attraversare l'immensa camera d'hotel che avevano prenotato per quel giorno, si facevano sempre più vicini fino a quando non percepii proprio la sua presenza accanto. Udii il tessuto dei suoi jeans tendersi così dedussi che si fosse piegato leggermente sulle ginocchia per abbassarsi, al posto di andare subito a cambiarsi per riposarsi qualche ora mi si era avvicinato. Cosa passava per la testa di quel ragazzo? E quanti dubbi che scorrevano invece nella mia.

D'un tratto percepii il suo tocco sulla guancia, fu appena uno leggero sfiorarmi, una carezza quasi impercettibile che mi percorse lo zigomo scendendo lungo la guancia per raggiungere la mia mascella, ne ricalcò debolmente i lineamenti e lo sentii sospirare una risatina.

<<Bella anche mentre dorme, Dio sono fregato.>> Mi trattenni dal sorridere anche se sentivo le labbra prudere dalla voglia che aveva il mio sorriso di increspare le mie labbra, mi capitava spesso di ricevere complimenti ma sentirli da lui era tutta un'altra cosa. Erano sinceri, mai noiosi.

Un brivido però mi cosparse di pelle d'oca quando mi stupì di nuovo. In un gesto delicato, mi posò le labbra sulla fronte ed esitò in quel punto, mi baciò inspirando il mio profumo come a volersi far bastare quel poco che gli poteva essere concesso. Non avevo lasciato che mi baciasse davvero e un altro probabilmente al suo posto ne avrebbe approfittato, se mi avesse baciata mentre dormivo non lo avrei sentito, ma lui si limitò a baciarmi la fronte inconsapevole che percepii quelle labbra ovunque. Una coperta di brividi.

Poi si ritrasse e sentii freddo, persino sotto le coperte di quel letto enorme e comodo sentii freddo nello stesso momento in cui si allontanò da me, tornò di nuovo in piedi e i suoi passi si fecero più distanti poco a poco. Quei brividi erano talmente piacevoli da attrarmi come calamite, lui era la mia più grande tentazione ma non sapere dove mi avrebbe portata lasciarmi andare con lui mi mandava nel panico.

Dalla porta del bagno arrivò lo scroscio dell'acqua della doccia che scorreva, così schiusi gli occhi e tornai a vedere. Esitai nell'alzare lo sguardo così mi limitai a scostare leggermente il capo dal cuscino per riuscire a guardarlo, la porta del bagno era ancora aperta così ebbi modo di vederlo in piedi di fronte al lavandino che si sfilava la maglia. Si tolse la maglietta bianca che indossava e che quando la sfilò, quel pezzo di stoffa, sembrò totalmente inutile di fronte alla maglia di tatuaggi che gli ricoprivano il torace e che nascondeva sotto agli indumenti durante il giorno.
I miei occhi disegnarono ogni tratto di quel corpo statuario come una matita tracciava linee morbide su una tela, aveva un fisico prestante e atletico, l'addome ben delineato, dei pettorali gonfi, spalle larghe e quelle braccia possenti attraversate da tatuaggi scuri che sfociavano lungo tutto il resto del corpo.

Era completamente ricoperto di inchiostro, un'immagine che contrastò pienamente con il suo animo limpido. I miei occhi non riuscivano a staccarsi però, le linee intrecciate di quei tatuaggi gli risalivano il torace ricalcando ogni muscolo che sembrava così ancor più definito. Era scolpito in un marmo con striature nere.

Perfetto era dir poco. Ai miei occhi completamente diverso dagli uomini a cui ero abituata, lui era per me il nucleo di ogni mia curiosità.

Poi però si mosse e scomparve dietro il muro del bagno per farsi la doccia, dalla mia prospettiva a quel punto non si vedeva più niente così non tentai neppure, stavo invadendo la sua privacy e mi sentivo una stupida, guardarlo era sbagliato.

Il rumore delle porte della doccia che si aprivano e lui che si infilava sotto l'acqua invase la mia mente, quando c'era, pensare per me era fin troppo difficile, soprattutto dopo averlo visto a torso nudo. Nella mia testa l'immagine di quel ragazzo dai capelli biondi, totalmente nudo, sotto la doccia era un pensiero difficile da cancellare. Santo cielo stavo impazzendo.

<<I wrote your name in the sand, asking the sea not to erase you from my thoughts.>> Il suo era un mormorio lontano sovrastato dallo scroscio dell'acqua nella doccia, ma non potei non udire quelle parole e lasciarmi trasportare dalla sua voce armoniosa. <<But I knew eventually the waves would fall in love with you too.>> Persino quando cantava distrattamente, sovrappensiero, sotto la doccia la sua voce riusciva ad essere morbida e vellutata come una carezza. <<Wishing to touch you on the shore.>> Mi tirai a sedere, le coperte mi scesero lungo i fianchi e la mia schiena si appoggiò alla morbida testata del letto, ascoltarlo era ipnotico. <<Where I let you go.>> La melodia delicata di un addio. <<And so i lost you, my darling.>> Ritrassi le ginocchia al petto appoggiandovi le braccia incrociate, stargli vicino era sbagliato ma lui lo faceva sembrare così facile e fantastico che mi mandava ancor di più nel pallone, soprattutto se ci pensavo mentre lo udivo cantare. Avevo scelto di stare in camera con lui per dargli modo di farsi conoscere meglio, forse avevo commesso un errore ma desideravo passare un po' di tempo in più con lui per capire se davvero ne valesse la pena come diceva lui. Alla fine avevamo solo qualche giorno a disposizione che avrei comunque passato con lui quindi, perchè non godermeli davvero? Pensai.

Dopo poco non sentii neppure più l'acqua scorrere, si era fatto una doccia veloce probabilmente con il desiderio di buttarsi tra le coperte al più presto possibile per dormire un po', così lo attesi smettendo di far finta di dormire. Voleva parlare ed io ero stanca di temporeggiare.

Lo sentivo mormorare altre parole della sua canzone sottovoce, sovrappensiero, un bisbiglio roco quasi inudibile accompagnato dai suoi passi più ovattati, non portava più le scarpe quando lo vidi uscire dal bagno. Bensì solo un misero asciugamano legato intorno ai fianchi. Una visione.

Quando uscì dalla porta del bagno, i suoi occhi non ci misero niente a ricongiungersi con i miei e su quel viso stanco apparve un sorriso sincero, quello che mi sembrò quasi un "buongiorno" o un "ben svegliata", una sola però era la certezza, in quei zaffiri non vi era alcuna briciola di malizia. Era di una sincerità disarmante, in pochi erano ancora così di quei tempi.

Quei lunghi capelli biondi erano di un dorato più scuro causato dal fatto che fossero bagnati, le gocce d'acqua che cadevano dalle loro punte gli accarezzavano le spalle scendendo lungo i pettorali lucidi, cadendo sempre più giù sull'addome calcato da solchi ben delineati, raggiungendo la "v" rovesciata degli addominali coperta poi dall'asciugamano che celava il resto. Quel punto che accentuava la mia curiosità, il cui sol pensiero mi scaldava della sensazione che era stato lui stesso a farmi scoprire.

<<Sapevo che eri sveglia.>> Affermò segretamente divertito. interrompendo il silenzio che stava dando fin troppo spazio alla mia mente di divagare pensando a cose poco appropriate, o forse non adeguate per quel momento. A quelle sue parole improvvise aggrottai la fronte perplessa, sapeva che ero sveglia quando era arrivato, ma non aveva detto niente. <<Ah sì?>> Annuì convinto, piegandosi leggermente per prendere qualche indumento dal suo borsone poggiato sulla poltrona. <<Già.>> Raccattò qualche capo e tornò in bagno per vestirsi, allontanando dai miei occhi quell'immagine statuaria che si era presentata al mio cospetto con spudorata tranquillità. <<E come facevi a saperlo? Sentiamo.>> Alzai leggermente la voce per farmi sentire da una stanza all'altra, ero curiosa di capire da cosa lo avesse dedotto, cosa avesse suscitato in lui tale convinzione. <<Quando ti ho baciato ai trattenuto il respiro.>> Rispose con ovvietà lasciandomi di stucco, si accorgeva di ogni minimo dettaglio, persino che quando le sue labbra avevano toccato la mia fronte avevo trattenuto il respiro per lo stupore. Mi capiva in una maniera che neppure io conoscevo, era strano ma alcun tempo snervante il fatto che riuscisse a capirmi meglio di quanto posse fare io stessa.

<<Se sapevi che ero sveglia perchè non hai detto niente?>> Il calore che sopravviveva sotto le lenzuola era troppo piacevole perchè io le abbandonassi, così mi strinsi le coperte addosso per rilassarmi ancora un po' in quel letto enorme che mi faceva sentire minuscola. <<Ero curioso di vedere cosa facevi.>> Uscì dal bagno tornando in camera con addosso solo dei pantaloni della tuta grigi, il torace vestito solo di inchiostro e la testa affondata in un asciugamano che si muoveva in testa per asciugare grossolanamente le sue ciocche d'oro.

<<Ti aspettavi che ti raggiungessi nella doccia?>> Ironizzai ridacchiando al solo pensiero che potesse aspettarsi una cosa simile, anche se poi ripensandoci su non era un'immagine poi tanto sgradevole, ci avrei fatto un pensierino. Lanciò con noncuranza l'asciugamano sul mobile e si avvicino lento, con un sorriso malizioso sulle labbra che mise a tacere la mia risata e increspò le mie labbra della stessa peccaminosa curiosità. <<Forse, in ogni caso non mi sarebbe dispiaciuto.>> Con un movimento fluido e svelto mi tolse le coperte di dosso e salì sul letto sovrastandomi con il suo corpo, i suoi gomiti affondarono accanto al mio viso e lui si insinuò tra le mie gambe aperte. <<Tu sogni troppo in grande Kovacs.>> Le sue ciocche bagnate mi solleticarono il viso a pochi centimetri dal suo, ridacchiò sottovoce davanti al mio sorriso furbo che scomparve quando avvicinò il viso al mio collo. <<I sogni sono desideri per la quale bisogna faticare un po' per poterli soddisfare e a me piace sudarmi le cose.>> Parlava mentre il suo respiro mi accarezzava di calore la pelle, socchiusi gli occhi beandomi di quella sensazione piacevole, le mie gambe gli cinsero con più intensità i fianchi e le mie mani si strinsero tra quei suoi capelli umidi reclamando di più quando mi baciò la pelle bollente. <<Non è male come pensiero.>> Mormorai sentendo come mi riempisse di piccoli baci morbidi, incendiandomi più giù di quanto stesse scendendo. <<Quale? Io e te sotto la doccia?>> Mi morse strappandomi un gridolino stridulo tra le risate causate dalla sua risposta, lo spinsi via e lui cadde al mio fianco con quel sorriso da stronzo sulle labbra. <<No scemo, la tua visione dei sogni, è bello credere che si possano realizzare.>> Mi girai sulla pancia per guardarlo meglio, con il viso stanco rivolto al soffitto e quella sua chioma incontrollabile sparsa sul cuscino, si vedeva che era stanco e il solo ritrovarsi nel letto per lui doveva essere già una vittoria. <<Non è qualcosa che si crede, è la realtà, se si vuole si può fare tutto.>> Lui stesso ne era la prova. Un ragazzo proveniente da un paesino sconosciuto in Moldavia che un giorno, dopo un talent, era diventato una tra le Star più giovani e conosciute d'America. Una tra le vittorie più gratificanti che probabilmente abbellivano le sue giornate. <<Come sono andate le prove?>> Si avvicinò girandosi sul fianco per scostarmi una ciocca dal viso. <<Bene ma dopo due ore ho la voce e il corpo a pezzi.>> Gli concessi di toccarmi prendendogli una mano per posarla sulla mia coscia, inizialmente la strinse poi allentò la presa e prese ad accerezzarmi la pelle nuda con il pollice. <<Io ho già dormito, quindi se vuoi farlo anche tu posso andare da Henry e lasciarti un po' di pace.>> Sussurrai soave passando l'indice su quel petto marmoreo per tracciare le linee dei suoi tatuaggi, erano tantissimi, probabilmente di alcuni neppure ricordava il significato ma erano davvero belli. Tutto quel nero brillava di colori.

<<Henry? Chi è?>> Ironizzò fintamente confuso facendomi scoppiare a ridere, non voleva che me andassi e me lo dimostrò, mi tirò ancora più vicino attaccando il mio seno al suo petto, come si toccarono anche i sguardi. Quelle gemme blu erano così simili alle mie da confondermi.

<<Stai approfittando del fatto che io abbia accettato di stare qui con te.>> Si tirò su per sedersi con la schiena appoggiata alla testata del letto ed io lo seguii venendo tirata su di lui, da quelle mani grandi che mi misero a cavalcioni sulle sue gambe. Mi muoveva con una facilità disarmante, tra le sue mani ero una bambola di stoffa. <<Se hai scelto la mia stanza eri consapevole che non ti sarei rimasto lontano, quindi anche tu ne hai approfittato.>> Gli spostai qualche ciocca umida dal viso districando quei capelli lunghi di un biondo luminoso. Non sbagliava soprattutto perchè era la verità, ciò che era accaduto sul jet non riusciva a cancellarsi dai miei pensieri e forse aveva influenzato la mia scelta di quella mattina. Ma non gli avrei mai dato una tale sicurezza. <<Quindi se non avessi scelto questa stanza mi saresti stato lontano?>> Le sue mani si posizionarono sulle mie cosce lasciate nude dal pantaloncino fin troppo risalito, il suo tocco non mi infastidiva, anzi era dannatamente piacevole. <<Un'impresa ardua, ma sì, avrei accettato il tuo volere.>> La sua bontà mi lasciava sempre senza parole, se mi fossi intestardita sul rifiutarlo mi sarebbe stato lontano accettando di avermi portata con sè, perdendo solo tempo. Non mi avrebbe costretto a fare nulla, non più e mi piacque sapere che iniziava a capirmi davvero. <<Interessante, quindi accetterai tutto ciò che voglio?>>

Il bravo ragazzo che era in pubblico lascio il posto alla parte di lui che più mi attraeva, riusciva ad essere gentile e erotico alcun tempo, perverso e dolce allo stesso tempo. Di certo non gli serviva che qualcuno gli dicesse come toccare una donna. Le sue mani si spostarono più in là, arrivando a stringermi le natiche sode che le sue dita ricoprirono alla perfezione, quasi sembrassero fatte a posta per il mio corpo.

<<Forse ti sto viziando troppo reginetta, ma sono curioso di sapere cosa vuoi.>> Mi strinse i glutei per tirarmi ancora più vicina, le mie mani si posarono sui suoi pettorali e anche al tatto era perfetto, nulla di lui era sbagliato o fuori posto. <<Voglio risentirmi come stamattina.>> Volevo che mi toccasse ancora ma davvero, desideravo che mi facesse sentire come quella mattina se non anche meglio, non ci avrebbe sentito nessuno chiusi in quella stanza e avevamo tutto il tempo del mondo. L'angolo di quella bocca, contornata da un leggero velo di barba che lo rendeva solo più uomo, si alzò in un sorriso infido e in quelle perle blu volteggiò la lussuria. Sapeva a cosa mi riferissi, neppure lui da come mi guardava non doveva essere riuscito a dimenticarsene.

<<Si può fare, ma cosa mi dai in cambio?>> Non mi stupì che volesse qualcosa in cambio, era sempre un dare per avere nella vita ma con lui non mi sembrava poi tanto fastidiosa come cosa, mi piaceva come gioco.

<<Me.>> Ribattei sicura vedendolo annuire intento a pensarci.

<<Non mi basta.>> Rifiutò poi.

<<Tutto questo non ti basta?>> Lo sfidai azzardando la mossa successiva, afferrai i lembi della mia maglia e la sfilai dalla testa rimanendo in reggiseno, seduta a cavalcioni su di lui che mi stringeva i glutei per tenermi più stretta a sè. Privo di imbarazzo abbassò lo sguardo sul mio seno e lo vidi deglutire, mi desiderava ma per qualche motivo si stava trattenendo.

<<Tutto questo è molto più di "abbastanza".>> Ribattè, un'imprecazione gli accarezzò le labbra strappandomi un sorriso furbo, stavo riuscendo ad avere ciò che desideravo, non vi era cosa migliore, le sue mani addosso. Quando i suoi occhi tornarono nei miei però lo vidi deciso, austero.

<<Ma non voglio solo il tuo corpo.>> Stabilì categorico. <<Voglio tutto, un posto nella tua vita, nella tua testa, nella tua anima, voglio averti davvero.>> Era serio ma non mi spaventarono le sue richieste, in fondo me lo aspettavo e in parte mi sollevò sapere che non volesse solo usarmi, ma prima di dargli ciò che voleva avevo bisogno di tempo. <<Mihai.>> Sospirai stanca abbassando il capo, ma mi rialzò lo sguardo poggiandomi due dita sotto il mento, era così sincerò e serio tutto ciò che vedevo nei suoi occhi che mi stava sembrando tutto troppo veloce. <<No Kei, non sopporto di vederti voltare quando, dopo che ti sei lasciata andare, non ti lasci baciare da me, non sono un giocattolo erotico da usare quando hai voglia di un orgasmo.>> Deglutii sentendo i sensi di colpa sormontare, rifiutandolo in aereo lo avevo fatto sentire usato e mi sentii in colpa per averlo fatto, ma ciò che lui credeva nella mia testa funzionava completamente al contrario. <<Ti lasci toccare, lasci che i miei occhi ti guardino nuda ma rifiuti un bacio.>> Già, era così che andavano le cose e non me ne vergognavo, ero vergine e lui era stato il primo con cui mi ero spinta leggermente più oltre, ma non l'avrei baciato. <<Il mio corpo è apparso su qualsiasi copertina Mihai, lo hanno visto tutti, non ha più importanza, ma nessuno mi ha mai baciata e non lascerò che il mio primo bacio sia insignificante come il resto di me.>> Non avevo potuto scegliere di avere una privacy, per mia madre ero arrivata a fare qualsiasi cosa pur di farmi vedere perfetta da tutti, ma così facendo avevo semplicemente perso l'importanza che ogni donna conferiva al proprio corpo.

Tacque assimilando la mia spiegazione che sembrò soddisfarlo, quegli occhi blu mi osservarono assottigliati in due fessure per diversi secondi, non capivo cosa gli passasse per la testa ma lasciai che tra di noi si infilassero degli istanti di silenzio che lo aiutassero a ragionare. Non avrei cambiato mentalità, quindi era libero di accettare o rifiutare.

<<Nulla di te è insignificante.>> Parlò poi.

<<Ma capisco e come ho detto prima, accetto ogni tua volontà Keira.>> Il pensiero che potesse tirarsi indietro si cancellò istantaneamente dalla mia testa le mie mani tornarono su di lui, come lente carezze pronte a ricevere ciò che volevano. Sul mio viso un sorriso sornione si fece strada e lui ridacchio stringendomi più forte.

<<Allora scopami.>> Avvicinai il viso al suo orecchio sospirando quelle parole sentendomi già grondante al solo ripensare a cosa avevo provato quella mattina, non doveva più esitare, nulla e nessuno ci avrebbe interrotti e lì potevamo prenderci tutto il tempo. Un roco ridacchiare vibrò nella sua gola e tra le mie cosce, la sua voce così profonda e graffiante era una sinfonia melodiosa per ogni parte di me, al solo udirla, i brividi mi attraversavano il corpo. <<Prima di correre, bisogna imparare a camminare reginetta.>> Mi scostò il viso dal suo collo per guardarmi negli occhi.

<<Prima della penetrazione, bisogna conoscere a fondo i preliminari.>> Mormorò baritonale lasciandomi disperdere nel blu scuro della lussuria che stava incendiando quel mare in tempesta, lo desiderava anche lui, mi voleva tanto quanto lo volevo io.

<<Ad esempio?>> Sussurrai infida aizzando la sua svergognata arroganza. Con un gesto esperto e fugace mi slacciò, prima che me ne rendessi anche solo conto, il reggiseno. Le spalline a quel punto a poco a poco scivolarono lungo le mie braccia fino a quando non me ne liberai e i miei seni, alti e prosperosi, si rivelarono al suo cospetto. Il suo sguardo si accese e le sue mani si strinsero con ferocia sui miei fianchi arrivando quasi a farmi male. <<Ad esempio devi pensare che ci sono molte zone erogene.>> Arricciò le labbra e le avvicinò al mio seno ma non arrivando a toccarlo, semplicemente soffiò sul mio capezzolo che divenne turgido. Quel solo gesto mi fece sospirare, il suo respiro caldo fu estasi per il mio corpo.

<<Quando fai sesso non devi tralasciare nulla, devi prenderti tutto ciò che puoi.>> Le punta della sua lingua mi sfiorò il punto in cui il suo fiato aveva colpito poc'anzi, si stava divertendo a torturarmi ma era così dannatamente piacevole che mi stava bene.

Il fiato mi si mozzò in gola quando si spinse a succhiarmi il capezzolo, quelle labbra morbide si chiusero intorno ad esso e succhiò, facendo volteggiare quella lingua esperta sull'aureola rosea. La mia mano, istintivamente si intrecciò ai suoi capelli per tirarlo ancora più vicino, per non permettergli di smettere, di staccare la bocca da lì. <<Oh Dio mio, sì.>> La sua mano invece salì a stringermi l'altro seno, la chiuse a coppa intorno ad esso e strinse strappandomi un guaito che lo fece ridacchiare sottovoce. Vibrò sul mio seno e bastò per farmi gemere seduta su di lui. Scostò la bocca dal mio capezzolo e riportò il viso ad un soffio dal mio, si stava divertendo da morire, vedermi contorcere per lui doveva piacergli.

<<Posso darti piacere con la bocca, con le dita...>> Mi pizzicò il capezzolo ma poi lo strinse tra due dita per sfregarlo, mi toccava con consapevolezza, sapeva bene che punto premere per farmi vedere le stelle e c stava riuscendo, le sue mani addosso erano puro piacere per me. <<Se fossi entrata in doccia ti avrei mostrato come ad esempio si può usare anche il getto del soffione.>> Gli bastò poco per farmi pentire di non averlo fatto. <<Ma questo è ancora niente.>> Liberò il mio seno dalla sua presa per portare la mano più giù, lì dove mi sentivo fradicia, quel punto che quella mattina avevo soltanto strusciato contro di lui per percepire piacere, nulla che potesse però confrontarsi con ciò che stavo provando in quel momento.

<<Sei sicura di volermelo concedere?>> Le sue dita si fermarono all'elastico dei miei pantaloncini, non andò più giù, iniziò semplicemente a sfiorare il lembo di pelle poco più sotto del mio ombelico coperto dal pantalone, esitando perchè volenteroso di ricevere il mio consenso. Desiderava che ci pensassi davvero, che ne fossi veramente sicura e lo ero, in quel celeste intenso vedevo in qualche modo vedevo bontà, quella sicurezza di cui potersi fidare. Non lo conoscevo davvero ma per qualche strano motivo sapevo che di quegli occhi potevo fidarmi. Di lui potevo fidarmi.

Annuii vedendo su quel viso stanco apparire un sorriso cristallino, non un mezzo ghigno, un sorriso limpido così in contrasto con l'impurità di quel blu intenso che tornò a macchiarsi di lussuria, come una boccetta d'inchiostro nell'acqua, vidi la libidine offuscare quel mare trasparente. Sapeva nascondere bene i suoi pensieri, ma nulla si riusciva a celare dietro a quelle lastre di ghiaccio lucenti e calde come il sole.

Con il mio consenso insinuò la mano nel mio pantaloncino, passando sotto anche al tessuto delle mie mutandine, per raggiungere il mio bocciolo pulsante. Vi passò lento il pollice e subito il fiato mi si mozzò di colpo, fu come se al mondo fosse finito tutto l'ossigeno ma a me non serviva, il suo tocco bastava a farmi dimenticare come bisognasse vivere. Solo lui mi serviva per respirare.

Muoveva il pollice sul mio clitoride lentamente, dannatamente lentamente, con un ritmo circolare che mi riempì di brividi piacevoli lungo tutta la schiena. <<Il clitoride è un altra zona erogena.>> Avvolsi le braccia in torno al suo collo come se avessi avuto paura di annegare, che quel letto sprofondasse, che intorno a noi sopravvivesse solo acqua e che lui fosse tutto ciò a cui potevo aggrapparmi per non annegare.

<<Quando sei sola, lontana da me e hai voglia di tutto questo.>> Le sue labbra mi baciarono il collo e quelle labbra elettriche mi causarono una scarica piacevole lungo tutto il colpo. <<Quando al solo ripensarmi ti sentirai eccitata.>> La sua voce era un vibrante e rauco mormorio contro la pelle.

<<Puoi toccarti così, stimolarti fino ad impazzire.>> Come stava facendo lui, mi stava portando ad impazzire sotto al suo tocco così lento da far male, era odioso il suo stuzzicarmi ozioso, sapevo che lo stesse facendo apposta e odiavo ancora di più lui per farmi sentire così dannatamente bene. Toccando punti che solo a lui avevo concesso. <<Ma non andare mai più a fondo.>> Il suo divieto fu un brivido nel basso ventre che mi spinse a drizzare la schiena e buttare indietro il capo in estasi, un calore profondo che mi sconvolse i pensieri, la mente. <<Perchè?>> Ansimai lasciandomi cullare dal suo tocco e dai baci morbidi che mi poggiava sul collo, il fiato mi mancava, il mio petto nudo si alzava e abbassava irregolare senza tregua, ma non mi mancava l'aria anzi desideravo che quel momento non finisse mai.

Poi accadde d'improvviso.

In un solo secondo mi sentii piena.

Le sue dita si introdussero tra le mie pieghe fradice e con un gesto netto e deciso mi penetrò, con due dita si fece strada dentro di me portandomi a dimenticare tutto, ogni cosa, una sensazione impagabile.

<<Perchè così ricorderai la sensazione del mio solo tocco.>> La lentezza di poco prima svanì, il suo tocco inizialmente delicato si fece poi sempre più frenetico e io non trovai più controllo, lucidità, pace. Tutto prese fuoco, la superficie del mare si ricoprì di fiamme. <<Mihai!>> Gemetti senza fiato sentendo dentro di me come si muovesse velocemente, come onde svelte che ricoprivano il corpo di calore mi sembrava di sentirlo in tutto il corpo, in ogni parte di me, colpendomi senza che potessi difendermi. Ma non desideravo proteggermi, le sue dita nella mia intimità erano delle sconvolgenti scariche disarmanti che mi toglievano ogni forza. <<Com'è?>> Portò la fronte contro la mia ma non lo vidi, stringevo gli occhi con il viso corrucciato dal piacere, voleva sapere come mi stessi sentendo, cosa mi provocasse il suo tocco ed era tutto così piacevole da togliermi le parole. <<Non fermarti.>> Ansimai muovendo i fianchi contro la sua mano per seguire il ritmo dei suoi movimenti, se quello non era ancora nulla desideravo scoprire fino a dove due semplici corpi potessero spingersi per provare piacere. Volevo scoprire ogni cosa e volevo farlo con lui.

<<Come ti stai sentendo?>> Il suo respiro era corto contro le mie labbra, non stavo restituendo lui quella sensazione meravigliosa ma avevo la testa completamente altrove, non avrei neppure saputo come agire, eppure sembrava provare le mie stesse sensazioni comunque. <<Mi piace.>>Ad ogni domanda rispondevo solo ciò che volevo io e lui mi punì. Piegò le dita toccando un punto che mi fece urlare. <<Ora?>> Mi stuzzicò. <<Rifallo.>> Riaprii gli occhi incrociando quel mare blu, mi sfidava fomentando le sue acque per incutermi timore ma non funzionava, voleva che stessi alle sue regole ma le mie erano molto più importanti, decisamente più convenienti. <<Reginetta in giro per il mondo forse comandi tu.>> Sfilò la mano lasciandomi ansimante, insoddisfatta, ma consapevole che non fosse finito lì. Non avevo ancora raggiunto ciò che volevo. Mi avvolse un braccio intorno ai fianchi per tenermi stretta a sè e potersi comunque muovere, si alzò con le mie gambe avvolte ai fianchi, senza alcuna fatica ribaltò la situazione ed io mi ritrovai con la schiena premuta sul materasso e il seno contro il suo petto nudo.

<<In camera da letto si fa ciò che dico io.>> La gentilezza dell'uomo che conoscevo era completamente svanita, se non nei gesti che rimanevano delicati a tratti, attenti a non farmi male.

<<Ne sei così sicuro Kovacs?>> Le sue mani scesero ad abbassarmi anche i pantaloncini insieme alle mutandine lasciandomi completamente scoperta sotto i suoi occhi, quelle pietre celesti mi ammiravano quasi estasiati, brillando di una luce diversa. Dannatamente splendente.

<<Dio sì.>> Non potetti distinguere se la sua fosse una risposta a me o un'esultanza, mi divise delicato le cosce e lentamente scese tracciando dietro di sè una scia di baci morbidi, mi baciò prima i seni alti, scendendo poi sempre più piano per arrivare al ventre contratto e ancora, deviò arrivando alla coscia nuda, avvicinandosi sempre di più dove più lo desderavo. <<Sei pronta?>> Ancora una volta mi chiese il consenso mentre le sue mani si portavano le mie gambe aperte sulle spalle, il suo volto a poco a poco si avvicinava alla mia intimità e quell'immagine, di quel ragazzo tanto imponente piegato al mio cospetto per darmi piacere mi faceva sentire viva, dannatamente viva. <<Se non lo fai non ti parlerò mai più.>> Lo sentii ridacchiare sommessamente contro la pelle del mio inguine e vibrai anch'io, il suo risolo roco mi scosse facendomi inarcare la schiena per reclamare la sua bocca. <<Potrei farci un pensierino, sentirti gemere mi basta.>>

Temporeggiava ed io lo stavo odiando, più tempo impiegava a procrastinare più avrei desiderato rendergli pan per focaccia, mi sarei presa la mia vendetta, in un'altra maniera ma avrei goduto in ogni caso io proprio come in quel momento. <<Kovacs!>> Ringhiai impaziente abbassando lo sguardo e notando quel sorrisetto da stronzo su quelle labbra carnose, mi fece l'occhiolino, quel ragazzo dai capelli biondi si stava divertendo a torturarmi e per la prima volta fu una tortura dannatamente piacevole. Un supplizio che sarei stata capace di sopportare a vita.

Poi iniziò la parte migliore di quel martirio.

Le sue mani si strinsero alle mie cosce con crudeltà e tenacia, il suo viso affondò tra le mie gambe e vidi le stelle persino ad occhi chiusi. La sua lingua come un pennello dalle setole di velluto mi passò lenta tra le pieghe assaggiandomi. Le mie mani si ancorarono alle lenzuola e quasi inconsapevolmente i miei fianchi si spinsero contro quella bocca peccatrice. La muoveva con esperienza, a volte mi assaggiava lentamente, altre talmente velocemente da sconvolgermi i pensieri. Sapeva cosa mi servisse per impazzire ed era bravo, sembrava conoscere ogni cosa che mi servisse a stare bene.

<<Cazzo non ti azzardare a fermarti.>> Il piacere che si era accumulato fino a quel momento sembrò sormontare e accrescere sempre di più nel mio basso ventre, sentivo di aver voglia di scoppiare, di sentire la sua lingua tra le cosce fino a raggiungere ciò che desideravo. Mi separò meglio le cosce aprendomi completamente sotto i suoi occhi, scostò per un secondo il viso da lì e affondò due dita dentro di me come poco prima avvicinandomi sempre più alla mia metà. <<Dio mio Mihai!>> Riportò il viso ad un soffio dal mio, i miei ansimi gli accarezzavano la mascella contratta e ispida, come i suoi fuoriuscivano da quelle labbra come fiochi venti che accarezzavano la pelle. <<Non puoi baciarmi.>> Le mie mani si persero tra quei raggi si sole che gli incorniciavano il viso, vedevo in quegli zaffiri che lo desiderasse ma non ero pronta a qualcosa di vero, quel sogno mi stava rapendo e non volevo che finisse. La realtà rovinava sempre tutto ed io mi ero stancata di non poter smettere di pensare ogni tanto.

Piegò le dita dentro di me causandomi una fitta profonda che mi fece gemere vergognosamente sotto i suoi occhi accesi di lussuria, si stava trattenendo e lo sapevo, ma non nel toccarmi, si stava trattenendo nello spingersi più in là in altro. <<Nessun divieto mi è mai pesato tanto.>> Il mio respirò tramutò in brevi ansimi che si facevano sempre più frenetici, seguendo il suo ritmo, mi stava portando al finale di quel sogno immenso e non ero pronto a lasciarlo andare, ma ero sicura che quel piccolo spazio di paradiso sarebbe tornato ad ospitarmi. Ad ospitarci.

<<Ma attenderò reginetta.>> Le mie unghie affondarono nella sua carne bollente, liscia, tesa e macchiata dai tatuaggi, la mia pelle candida quasi sembrava spiccare come un fiocco di neve nel nero, eravamo diversi, il bianco e il nero di quel mondo.

<<Quel momento potrebbe non arrivare però.>> La sua fronte si scontrò con la mia in quegli ultimi istanti che mi separavano dall'orgasmo, assecondavo il suo tocco frenetico accompagnandolo con i fianchi, non sapevo niente di quel mondo paradisiaco ma mi muovevo seguendo ciò che più mi faceva godere.

<<Saresti mai disposta a non finire mai di ascoltare una canzone, solo perchè hai paura che il finale guasti la sensazione magica che ti ha fatto venire la pelle d'oca già dalle prime note?>> Aprii gli occhi perdendomi in quel blu intenso come un mare in tempesta, le sue onde mi sbattevano tra i pensieri scombussolandomi ogni sicurezza, non riuscivo a pensare in quel momento e farlo con lui era impossibile.

<<No.>> Contrassi l'addome sentendo di star raggiungendo ciò che desideravo, il mio petto nudo si scontrava con il suo che si muoveva lento incamerando respiri silenziosi, mi ammirava rapito raggiungere il mio orgasmo senza fare rumore. Mi lasciava la scena, dedicandosi solo e soltanto a me.

<<Mihai, sto- io sto->> Annuì senza costringere la mia voce a sforzarsi sovrastando il piacere che mi esplose tra le cosce, in basso, nel ventre, spegnendomi la mente e accendendo tutto ciò che mi circondava. Sentii l'orgasmo intorpidirmi il corpo, annodarmi il respiro in gola e il suo ossigeno concedermi lo stesso di vivere, guardando il mondo in quegli occhi blu. Mi guardava quasi trasognante, lasciandosi bastare che fossi io la sola a trarre guadagno dalla cosa.

Sfilò le dita da me e si sdraiò al mio fianco per stringermi a sè, il suo braccio possente mi strinse contro il suo petto e sembrai quasi scomparire contro quel corpo statuario, sentendomi affannata, soddisfatta e al settimo cielo. I miei occhi tornarono nei suoi che trovai già intenti ad osservarmi, mi ammirava in silenzio nascondendomi i suoi pensieri che interessavano dannatamente tanto alla mia infantile curiosità.

<<Il tempo che passo con te Kei mi manda fuori di testa quindi sono disposto a stare ai tuoi tempi, ti lascerò modo di conoscermi e ti innamorerai di me, te lo assicuro.>> La sua sicurezza mi fece ridacchiare divertita, ma non per schernire le sue parole, semplicemente mi stupì sentirlo così convinto.

<<Ah sì? Perchè? Cosa hai di diverso dagli altri ragazzi che conosco?>> Lo fronteggiai poggiando il mento sul suo petto, il suo tocco tra i miei capelli mi rilassò, mi aggiustava qualche ciocca accarezzandomi il viso quando qualche capelli mi finiva sul volto.

<<Non lo so, ma se hai atteso me per tutto questo, ho come l'impressione che dentro questa tua testolina testarda c'è la risposta.>>

_____________________________

Oggi...

<<"Non esiste grande genio senza una dose di follia">> Citai girando tra i banchi dei miei alunni che ragionavano silenziosi, divisi in gruppi, per riuscire a vincere la nostra settimanale sfida di letteratura. Imparare la storia dei grandi filosofi per dei bambini era difficile, ma sotto forma di gioco o gara, diventava tutto più accattivante e semplice per loro, che alla fine imparavano senza troppe difficoltà.

<<Allora, chi si vuole aggiudicare questo punto dicendomi chi fu a pronunciare queste parole?>> Vederli così attenti a bisbigliare tra di loro, per cercare di ricordare chi fosse il famoso filosofo che avesse espresso tale considerazione, era emozionante. Sapere che fossero così presi dal mio mondo era meraviglioso.

<<Noi!>> Otto mani del secondo gruppo si alzarono in aria per prenotarsi prima che lo potessero fare gli altri, così tutti furono costretti a smettere di pensarci per ascoltare la conclusione a cui erano arrivati i loro compagni. Mi voltai verso di loro e attesi di scoprire se la loro risposta sarebbe stata quella giusta o meno, a prendere la parola fu la piccola Michelle che, con il suo quaderno in mano si apprestò a rispondermi.

<<Aristotele.>> Indovinarono insinuando in me un senso di fierezza e appagamento, più vedevo che in quelle loro menti le mie stesse passioni si stavano facendo strada più mi sentivo immensamente fiera di loro, erano una gioia per il cuore. <<E chi era?>> Per guadagnarsi il punto non potevano soltanto contare sulla fortuna, dovevano anche dimostrarmi di aver studiato. <<Un filosofo e uno scienziato greco.>> Annuii alla piccola bambina che studiava molto e lo sapevo, tutti si impegnavano in quella classe e lei come gli altri ci teneva molto a fare bella figura. <<Va bene, grazie Michelle, il punto è vostro.>> La piccola mi sorrise e si risedette battendo il cinque ai suoi amichetti della sua squadra.

<<Alex tu invece mi vuoi dire chi sono i filosofi?>> Domandai al suo compagno di squadra, era importante che tutti prendessero parte al lavoro e non solo che giocassero tutto sulla compagna più loquace.

<<Chi risolve i problemi pensando.>> Le sue parole unite alla sua sicurezza mi fecero sogghignare, ma non per prenderlo in giro, semplicemente la genuinità dei bambini mi faceva sempre sorridere, era tutto molto semplice per loro e li ritenevo molto fortunati. <<Quindi secondo voi i problemi si possono risolvere solo con il pensiero?>> Questa volta mi rivolsi a tutti, era importante che si mettessero in dubbio per imparare a usare la logica anche al di fuori delle nostre lezioni di matematica giornaliere, che la utilizzassero anche in altri ambiti per riuscire a capirsi meglio. Una mano si alzò ed io diedi la parola a Karen.

<<Se io penso, ragiono e se ragiono capisco, quindi se capisco posso risolvere i problemi.>> Mi stupì che in una mente così acerba sopravvivesse già un pensiero simile ed era proprio ciò che ricercavo in loro, volevo che riuscissero a ragionare per affrontare il mondo con le spalle larghe e tutte le potenzialità per vincerlo.

Una mente aperta possedeva le risposte a tutto.

<<I problemi però piccoli, a volte sono domande che ci mettono in difficoltà e non sempre sono facili.>> Era importante che si mettessero in dubbio, che esponessero le proprie tesi, le antitesi e che riuscissero solo dopo a smontare quest'ultime dimostrando di aver capito. Forse chiedevo loro fin troppo per la loro giovane età, ma li stavo istruendo proprio come aveva fatto con me mio nonno e se ero diventata ciò che ero, forte e astuta, era anche grazie al sapere che stavo riversando in loro.

<<Rispondere alle domande non è difficile maestra, ci sono le parole e poi io conosco tutte le risposte.>> Ribattè Luis seduto all'ultimo banco con una goccia di spavalderia che non guastava, era giusto che ognuno la pensasse a proprio modo ed io non ero nessuno per cambiare la loro mentalità, ma ritenevo importante che conoscessero che non tutti potevamo pensarla alla stessa maniera.

Mi avvicinai alla lavagna e impugnai un gessetto per scrivere nel nero una frase importante in cui credevo molto.

"Chi conosce tutte le risposte, non si è fatto tutte le domande"
<<Confucio!>> Affermò sicura ancora Michelle che quel giorno sembrava carica e ben attenta, vederla così sprizzante e felice nel rispondere era gratificante. <<Bingo.>> Si vedeva che le piaceva quell'argomento e mi faceva molto piacere vederli così appassionati alle mie stesse passioni, voleva dire che stavo facendo un buon lavoro portandoli ad amare ciò che gli insegnavo.

<<La vita piccoli, non sarebbe avventurosa e divertente se non ci fosse ogni tanto qualche ostacolo a metterci i bastoni tra le ruote.>> Mi appoggiai alla cattedra lanciando un'occhiata all'orologio, era quasi finita l'ultima ora, mancava appena qualche minuto. <<E' impossibile conoscere le risposte alle domande che il destino ci mette davanti, per non dire che poi spesso è anche più facile essere un po' ignoranti in questo campo per vivere più spensierati.>> Li vedevo assopiti dalle mie parole, concentrati a cercare di connettere la logica al mio ragionamento, poi Simon alzò la mano ricevendo il permesso di parola.

<<Ma una volta hai detto che il sapere è potere, io voglio essere potente, non stupido.>> Si ricordavano ogni mia parola, i bambini a volte avevano una memoria di ferro che stupiva, era affascinante vedere come riuscissero ad arrivarci senza problemi.

<<Infatti è così tesoro.>> Non lo contraddissi. <<Ma per ignoranti a volte si intende semplicemente ignorare qualcosa, non per forza essere stupidi.>> Vidi nei suoi occhi una consapevolezza diversa prendere luce. <<Caricarsi sempre dei problemi finisce con il farci crollare, ignorarli a volte aiuta a essere più sereni.>>

Il suono della campanella pose fine alla mia lezione anche quel pomeriggio così, diedi loro il consenso di mettere via tutto negli zaini e prepararsi per tornare a casa con i loro genitori, che ero certa stessero attendendo fuori dalla porta della scuola nel cortile. Era stata una giornata tranquilla e ad attendermi vi erano ancora due ore di sane ripetizioni pomeridiane al mio amato nipotino, doverlo aiutare non mi pesava per niente e poi era tanto che non passavamo un po' di tempo insieme al di fuori della scuola.

Aprii la porta e controllai che tutti corressero dai propri genitori per sicurezza e che non scappassero senza un adulto, non era mai accaduto ma non si poteva mai sapere, era tutto possibile e prevenire era meglio che curare.

<<Ci vediamo domani, maestra Keira.>> Ognuno come ogni giorno mi abbracciava prima di scappare via e, già consapevole di ciò, li attendevo piegata sulle ginocchia per stringerli a lasciarli andare via, l'affetto che avevo nei loro confronti affinava la loro fiducia in me, sapevano di poter contare sulla propria famiglia e che anch'io ero una spalla su cui si sarebbero potuti poggiare. Mi piaceva che fosse così, mi faceva sentire importante per loro.

Come un fiume in piena, tutti uscirono correndo dall'aula, eccezion fatta per uno.

Avrei riportato io Jacob a casa visto che lo avrei aiutato con i compiti per il giorno dopo, così se la stava prendendo un po' più comoda nel mettere via tutto.

Ma il broncio che gli incurvava quella boccuccia a cuore non mi piaceva, vi era qualcosa che lo affliggeva ed io volevo conoscerne il motivo. Infilando i due libri nella borsa, me la caricai in spalla e mi avvicinai a lui, in piedi, accanto al suo banco, che con movimenti distratti infilava tutto nello zainetto colorato.

<<Ehi Jack.>> Tentai di attirare la sua attenzione ma sembrava aver perso l'entusiasmo che ogni mattina gli colorava quegli occhi blu, in quell'ultima ora avevo notato che fosse più silenzioso del solito ma non ci avevo dato poi molto peso, avevo ipotizzato che si trattasse solo di un po' di stanchezza dovuta all'intervallo di qualche ora prima. Correvano e si divertivano sempre come matti, era normale che si fosse stancato, ma c'era altro che non sapevo. <<Piccolo, va tutto bene?>> Chiude la cerniera dello zainetto e, prima che se lo potesse caricare in spalla, glielo sfilai gentilmente di mano per portarlo io, era piccolino tanto che quello zaino gli stava due volte così aiutarlo a portarlo non mi dispiaceva affatto. Gli posai una mano sulla guancia per attirare il suo sguardo, che non mi rivolse, anzi mi superò con fare quasi infastidito.

Che fosse arrabbiato con me?

<<Sto bene.>> Borbottò avviandosi verso la porta per aspettarmi fuori dall'aula, con le braccia incrociate al petto e la schiena poggiata al muro del corridoio, era divertente quando faceva l'offeso, era adorabile anche con quel muso adirato. Abbassai le persiane, spensi le luci e chiusi a chiave la classe per seguirlo fuori dalla scuola. Mi camminava davanti talmente arrabbiato che sembrava marciasse, un piccolo soldatino, il cui comportamento non faceva che aizzare la mia curiosità. <<Sei per caso arrabbiato con me?>> Cliccai il pulsante delle chiavi della macchina per aprirla e lui ci si tuffò dentro senza rispondermi, aprì la portiera del posto davanti accanto al guidatore mentre io caricavo le nostre cose nel bagagliaio.

Conoscevo quell'ometto e sapevo come fargli passare l'arrabbiatura, ma ero curiosa di scoprire cosa lo stesse turbando.

Girai intorno alla macchina e salì alla guida infilandomi la cintura e controllando che anche lui l'avesse messa per bene prima di partire, i suoi piedini a malapena arrivavano a terra sul tappetino e quelle braccia non volevano saperne di smettere di rimanere incrociate. <<Amore, vuoi dirmi perchè sei arrabbiato?>> Gli passai una mano tra quei capelli morbidi scompigliandoglieli tutti, lo faceva sempre ridere quando lo facevo e anche in quel momento sorrise, ma poi si ricordò subito che doveva rimanere arrabbiato, così si ammutolì di nuovo. Tipico suo, pensai.

<<Hai fatto vincere Michelle.>> Finalmente mi lasciò entrare nel suo silenzio dandomi la motivazione di quel muso offeso, i miei occhi si scostarono per un secondo dalla strada per posarsi su di lui e mi resi conto che era serio. Pensava seriamente che avessi fatto vincere apposta l'altro gruppo.

<<Sbagli Jack, non ha vinto Michelle ma il gruppo in cui era anche lei, quando si lavora con altri ognuno ha la propria importanza.>> Gli spiegai con calma, era piccolo, era normale che vedesse una sconfitta come una clamorosa perdita. <<E poi hanno vinto perchè hanno guadagnato più punti rispondendo per primi, ma non c'è un vero perdente in queste cose, anche voi avete imparato qualcosa sentendo le loro risposte quindi tutti hanno vinto qualcosa oggi.>> Con la coda dell'occhio lo vidi muovere i piedini penzolanti avanti e indietro, lo faceva quando sapeva che avevo ragione ma non lo ammetteva, era orgoglioso in queste cose ma alla fine poi capiva di essersi sbagliato. <<La prossima volta magari vincerà il tuo gruppo, bisogna impegnarsi per vincere, nulla ti viene mai regalato amore.>> Non lo avrei favorito perchè era mio nipote e lo sapeva bene, per me in quella classe ognuno valeva in egual maniera, poi al di fuori di quelle mura lui era tutta la mia vita ma non avrei lasciato che questo influenzasse la giustizia delle cose in classe.

<<Ovvio che vinceremo, alla prossima gara sarò il migliore.>> Si impose con severità facendomi sogghignare, sapevo che sarebbe stato così, quando si fissava qualcosa in testa era capace di fare di tutto pur di riuscirci. Lo adoravo per quella sua caparbia innata, l'aveva presa da sua madre e anche un po' da me forse.

<<Ne sono certa tesoro mio.>> Spostai la mano dal cambio per fargli il solletico al pancino sentendolo contorcersi sotto le dita tra le risate genuine e isteriche che riempirono l'abitacolo, sentirlo ridere era il regalo migliore che potessi ricevere a fine giornata. <<Sei ancora arrabbiato con me, piccola peste?>> Portai la mano sul volante per prestare più attenzione alla strada e farlo tornare a respirare, adorava il solletico e io adoravo farlo esplodere tra urla e risate. Meritava un po' di svago dopo una giornata di scuola.

Per poi rimetterci ovviamente a lavoro.

<<Forse.>> Affermò furbo come una volpe, quei suoi occhioni celesti mi osservavano con una luce di astuzia infantile, sapeva che avrei fatto di tutto per farmi perdonare e questo lo aiutava a farsi regalare sempre qualcosa. <<Allora vediamo, fammi pensare cosa potrei fare per farti passare la rabbia.>> Mi picchiettai l'indice sul mento facendo finta di doverci seriamente pensare, conoscevo quel mostriciattolo a meraviglia e non era la prima volta che tentava di fregarmi. Ma a lui era concesso, lui poteva fregarmi tutte le volte che voleva. <<Ci sono!>> Recitai sentendolo ridacchiare. <<Che ne dici di una bella coppetta di gelato?>>

Non poteva dire di no al gelato, come ogni bambino lui ne andava pazzo ed io conoscevo anche i gusti che più gli piacevano. Sua madre mi avrebbe uccisa, troppi zuccheri di pomeriggio non andavano bene, ma dopo una giornata di scuola si meritava di essere un po' viziato dalla zia prima di fare le ripetizioni pomeridiane.

<<Evvai! Due palline enormi di gelato.>> Esultò facendomi ridacchiare, aveva usato quel musetto offeso per estorcermi un gelato, quel bambino aveva già imparato tutto della vita, soprattutto come ricevere ciò che voleva. Tutto sua zia. <<Una sola monello, o tua madre mi appende al lampadario.>> Gli servivano energie per riprendere a studiare e durare per altre due ore, energie che un bel gelato gli avrebbe donato, ma se Stef lo avesse scoperto eravamo morti entrambi. E lo sapeva bene.

<<Eddai, facciamo due.>> Mi pregò mentre io giravo intorno alla rotonda per raggiungere la gelateria della cittadina, faceva del gelato squisito e noi ci passavamo spesso dopo scuola.

<<Non se ne parla proprio, poi chi la sente la mamma.>> Dopo il gelato era sempre carico a molla, caratteristica che sarebbe servita molto per essere ben carico durante lo studio, ma poi non volevo immaginare quanto sarebbe stato difficile metterlo a letto la sera stessa. <<Papà!>> Ribattè consapevole ed io scoppiai a ridere sapendo che avesse ragione, Alexei, quel povero martire ci finiva sempre in mezzo, pensai tra me e me.

<<Ho detto di no Jacob, una sola, prendere o lasciare.>> Gli diedi un ultimatum vedendolo pensare, con noi era sempre così, un botta e risposta, una sfida continua che ci divertiva un mondo, aveva la lingua biforcuta quel marmocchio.

<<Due e io non dirò a mamma che hai rotto il suo vaso preferito.>> Mi lasciò senza parole. Diversi mesi prima, ero stata da loro a pranzo e giocando a pallone con lui avevo rotto un vaso in veranda, segreto che ci eravamo ripromessi di tenere tra di noi ma a quanto pare, il furbetto, aveva imparato bene come conquistarsi le cose.

<<Genialmente malefico, impressionate, ma da chi hai preso?>> Quel bambino era un portento.

<<Da te.>> La risposta non mi stupì. Lo stavo crescendo proprio bene.

<<Touchè.>> Non potevo ribattere, ormai aveva vinto. <<E allora che due palline di gelato siano.>>

Al settimo cielo avendo conquistato la sua vittoria del giorno, iniziò a fare un balletto esilarante muovendo quelle manine in aria, era un piccolo genio quando voleva e io non riuscivo mai a dire di no a quegli occhioni blu, era il mio punto debole.

Accesi il telefono per lanciare un'occhiata all'orario, era ancora presto quindi avevamo il tempo di passare dal gelataio e prendergli un gelato, io non potevo mangiare quelle cose, facevano ingrassare e mia madre non mi avrebbe mai perdonato qualche chilo di troppo, ma lui se fosse stato per me poteva ricevere per il compleanno anche un'intera gelateria se solo avesse voluto. Renderlo felice era tutto ciò che volevo.

<<Sai, quando sarò grande voglio diventare come te zia.>> Esclamò deciso quando smise di ballare seduto sul sedile lasciandomi interdetta, una frase come quella non me l'aveva mai detta e per un secondo persi un battito, era la cosa più bella che avesse potuto dirmi. Ma essere come me era la peggiore cosa che potesse capitargli e non avrei permesso che accadesse, nessuno avrebbe mai toccato mio nipote.

Nessun dolore lo avrebbe mai afflitto, fin dalla sua nascita era tutto ciò che mi ero ripromessa.

<<Che intendi amore?>> Accostai accanto alla finestrella della gelateria dalla parte riservata alla gente in macchina che andava di fretta, ci conoscevano bene, infatti la signora che si affacciò non appena ci vide sorrise e si mise già in moto per preparargli la sua coppietta con due palline di gelato.

Fragola e cioccolato fondente, finiva sempre con lo sporcarsi e macchiarmi la tappezzeria della macchina, ma non mi importava, poteva capitare ogni tanto.

La signora me lo passò ed io gli porsi una banconota da cinque dollari, non volevo mai il resto, lo trovavo alquanto inutile e poi nel prezzo io comprendevo anche la gentilezza e il garbo del lavoratore, quella donna ci trattava sempre bene così, una volta passato il gelato a mio nipote e salutata la donna, ripartii per avviarci verso casa dei suoi genitori. <<Intendo che tu sei una forza, sei la migliore.>> Mi spiegò per poi infilarsi una cucchiaiata di gelato in bocca con quella palettina di plastica in dotazione, gustandosi il suo gelato preferito in calma e pace.

Mi vedeva così, completamente impenetrabile ed ero felice che lui vedesse di me solo quel lato, ma in cuor mio sapevo che prima o poi si sarebbe accorto di chi era davvero sua zia, speravo solo che quel momento fosse ancora molto ma molto lontano.

Un vuoto, un'ombra che si vedeva anche quando il sole tramontava.

Tutto ciò che non sarei mai stata con lui, lui meritava solo il meglio di me, per quanto poco ci fosse in me di buono.

<<Invece io ti auguro di essere anche meglio di me tesoro.>> Molto meglio di me, tutto ciò che di buono vi era al mondo, felice come non mai e ispirato dalla sua più grande passione che avrei fatto di tutto per aiutarlo e far sì che la seguisse. Fin quando ci sarei stata io al suo fianco, niente e nessuno avrebbe mai potuto distruggere i sogni di mio nipote.

<<Sei ricca, famosa e hai una macchina fortissima, non c'è nessuno migliore di te zia.>> Mi adulava gustandosi quel nucleo di zuccheri con il sorriso stampato su quelle labbra sporche di cioccolato, era un vero impiastro. <<Lo so che è bello tutto questo piccolo, i soldi, la fama...>> Elencai. <<La macchina bella.>> Risi consapevole che adorasse la mia bambina tanto quanto l'adoravo io. <<Non ti mentirò dicendo che sono tutte cose futili, essere ricchi è bello, tanto.>> Non sarei mai stata come quegli ipocriti pieni di soldi che in pubblico si inventavano la solita stronzata che citava: "i soldi non fanno la felicità". Erano tutte idiozie, piangere su una Maserati in corsa alle Hawaii era di certo meglio di farlo seduta su un divano in una casa ordinaria. Ma non voleva dire che contassero solo quelle cose materiali nella vita, averle non gli conferiva un'importanza tale da renderli una priorità. Io amavo la mia ricchezza, la mia importanza, il mio potere, ma quando ero sola con lui, con Stef o con mio nonno, contavano solo i respiri che la vita mi regalava in loro presenza. <<Ma quando sono con te io non sono la donna ricca, famosa e potente di cui tutti parlano.>> Lui possedeva tutto quel poco di buono che vi era ancora in me. <<Sono solo la tua zia, una persona che ti ama più di quanto ami chiunque altro.>> E volevo che mi vedesse così, per gli altri ero un mostro, per il mio inferno ero la regina, per il mondo ero una condanna, ma per lui ero tutto ciò che avrebbe voluto che io fossi, qualsiasi cosa. 

<<Anch'io ti amo tanto zia Kei.>>

Ed era tutto ciò che mi teneva ancora in vita.

Per quanto dentro, non fossi più nulla.



SPAZIO AUTRICE:


Finalmente I Mihai e Keira del passato hanno fatto fuoco e fiamme, mentre invece tornando al presente, in questo capitolo avete potuto conoscere meglio il legame molto stretto che lega Kei a suo nipote Jacob. Ma ragazze mie, dai prossimi capitoli ne vedremo delle belle, le ripetizioni serali di Jacob incominciano e Kei dovrà frequentare sempre più spesso la casa in cui alloggia anche il nostro bello e tenebroso.

Cosa ne pensate?

In ogni caso se la storia vi è piaciuta, se vi va potete lasciare una stellina e scrivermi un bel commento, vi ringrazio per la lettura e al prossimo capitolo.

Ciauuuu <3



Continue Reading

You'll Also Like

7.6K 405 12
Lea ha 24 anni ed é rimasta orfana dei genitori qualche anno prima. Improvvisamente si ritrova senza lavoro e per sbaglio invia un curriculum in uno...
1.4M 48.1K 67
Sewed Hearts Iris Thomson è una ragazza solare, allegra e piena di vita. Amos Wright è un solitario, un uomo freddo e distaccato, tranne per una pers...
36.1K 1K 63
Lexi frequenta il penultimo anno alla Berklee. Il suo sogno è quello di diventare una cantante famosa e si sta impegnando sodo per raggiungere il suo...
878K 26.2K 50
[COMPLETA] Catherine Boulevard a ventitré anni è in uno stato confusionario della sua vita. Vive in un piccolo appartamento nella cinquantaduesima st...