I Temibili 10

By GiulSma

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•Terzo volume della serie Le cronache dei Prescelti Celestiali• «We are here...» Negli Stati Uniti si sta ve... More

Prologo
1|Proprio come Eleven
2|Kitsune
3|Strizzacervelli
4|Di nuovo coi guardiani
5|Il MMantello
6|Chi è L. Degare?
7|Terapia di coppia
8|Team Anti-Killer X
9|Un gelato a marzo
10|L'avventuriera
11|Un pomeriggio col principino viziato
12|Killer X
13|Sebastian
14|Resisti
15|Una pessima babysitter
16|Fuggire dai problemi
17|Biscotto?
18|Necessario per vincere
19|Marta, sei un genio!
20|Petali blu
21|Pagina bianca
23|Sta succedendo
24|Chiamata alle armi
25|Odi et amo - M&A
25|Odi et amo - R&D
25|Odi et amo - B&J
25|Odi et amo - E & A/S
25|Odi et amo - D & T
25|Odi et amo - G & T
25|Odi et amo - Loro...
26|Salvare i salvatori
27|Requiem
28|Sei il nostro piccolo Sole
29|Harron
30|Pace?
31|Regina dei mostri
32|In viaggio per Zurigo
33|Il succo è la mia debolezza
34|C'è un asino dietro di te! Ah no, è Nicholas
35|Basta bugie
36|Il tempo scorre
37|Impossibile tocco di due dita
38|Chiromante
39|Non si torna più indietro
40|Non dimenticare le calze
41|Che la missione abbia inizio
42|Φιλία
43|È finita
44|Duo mortale
45|Esprimi un desiderio...
Epilogo
⚜️ Curiosità ⚜️
Ringraziamenti

22|Segreti

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By GiulSma

Un amico non mente, questa è la prima regola.

E quando si diventa più grandi e si cresce insieme all'amicizia, viene scritta nel cuore una seconda regola: un amico è colui che mente per non ferirti.

Se penso a quante volte ho mentito per proteggere l'innocenza dei miei amici mi viene il mal di stomaco. I segreti importanti devono essere protetti con le menzogne, non c'è altro modo che questo, e se si decide di confessarli bisogna accettarne le conseguenze.

Ma quando si sceglie di mentire, prima o poi si esplode. E quando si esplode, qualcuno si fa male. E quando qualcuno si fa male, il mondo crolla. Il tuo mondo, il mio mondo, il mondo di tutti quelli che ci stanno intorno. Lascia una cicatrice profonda nell'anima, che quando si riapre fa fuoriuscire sentimenti così forti da essere indomabili.
Rabbia, tristezza, dolore, risentimento... vendetta.

Molti scelgono l'ultima, perché è più facile puntare il dito contro gli altri e chiamarli assassini, traditori, mostri, che provare a capire perché sono diventati così e chiedersi come si sarebbe potuta evitare una situazione del genere.

Perché un segreto può stravolgerti la vita.

Perché un segreto può sottrarti la gioia di stare in compagnia di un'amica meravigliosa.

Perché un segreto può portarti a urlare disperato sopra la tomba di una persona che amavi.

Perché un segreto, dopo averti tolto ogni cosa, tornerà per sottrarti anche la vita e lo farà con piacere.

Perché un segreto non perdona e nemmeno io lo perdonerò mai.

༺ 𓆩♱𓆪 ༻

Nascosi la ferita sotto la manica mentre entravo nella Domus di Gregorio. Megan mi aveva chiesto di andare ad avvisare il mago che un certo "ospite speciale" era arrivato alla festa.

Non aveva aggiunto altro e non avevo potuto sbirciare dentro la mensa per vedere chi fosse, così misi da parte la voglia di buttarmi sulle fragole ricoperte di cioccolato e obbedii alla sua richiesta.

Ruotai la maniglia della porta e zampettai allegramente dentro il salotto, facendo attenzione a non stropicciare troppo i pantaloni color maggese che avevo stirato con cura prima di presentarmi alla festa.

Stupiti dal nome del colore? Lo ero anch'io quando mia madre me lo aveva detto. Per me tutti i marroni si chiamavano "marrone", non c'era differenza, e quindi lei si era sentita in dovere di rimediare alla mia stupidità infilandomi in testa quindici nomi diversi per le sfumature diverse. Cachi, fegato, maggese, borgogna, tronco, bruno Van Dyck, écru, che diamine di nomi erano? Perché ci si doveva complicare così tanto la vita quando si poteva dire solo "marrone"?

Feci scorrere lo sguardo sugli scaffali colmi di libri antichi appena spolverati e lì, in un angolo, c'era un mazzo di fiori diverso da quello del giorno prima.

Lo ignorai, osservando i quadri del corridoio che raffiguravano meravigliosi paesaggi del Mondo Nascosto. Solo uno raffigurava qualcosa di diverso, un castello nero, dipinto da Gregorio in persona durante i suoi primi anni come direttore. Era nascosto nell'ombra della fine del corridoio, ma mi aveva sempre affascinato. Non era un castello come tutti, aveva un significato speciale per il mago e volevo tanto capire quale fosse. Quell'uomo aveva decine, se non centinaia, di segreti interessanti e io ero così curiosamente ingenua che avevo intenzione di chiedergli delle spiegazioni prima o poi, quando avremmo trovato un momento libero.

Sentii delle voci provenire dallo studio di Gregorio. Erano due e il loro tono era dolce e calmo.
Mi avvicinai alla porta, ben sapendo che non avrei dovuto curiosare troppo, e accostai l'orecchio.

«Vorrei che i fiori che mi porti durassero di più» era la voce di Gregorio.

«Non tutto invecchia lentamente come te, caro» Mi pietrificai sul posto con gli occhi sbarrati dopo aver riconosciuto la seconda voce. «Finché il mio cuore batterà, ti porterò tutti i fiori del mondo solo per vedere il tuo sorriso ogni giorno»

Mi allontanai lentamente dalla porta, appoggiandomi la mano sulla bocca prima che potessi urlare dall'emozione o dalla paura. Non sapevo se essere felice o terrorizzata.

Senza accorgermene sbattei contro un mobiletto dietro di me e una piccola statuetta lignea di un elefantino cadde a terra.

"Diamine!" imprecai silenziosamente, mentre la rimettevo a posto.

Ma fu troppo tardi: la porta dietro di me si aprì.
Da lì sbucarono le facce imbarazzate di Gregorio e... del suo fidanzato.

Mi voltai di scatto, rossa dalla vergogna, e la statuetta cadde di nuovo rotolando ai piedi di Frederich.

«Scusate, non avevo intenzione di interrompervi!» Morivo dalla voglia di scavarmi una fossa, buttarmici dentro e sotterrarmi per sfuggire all'imbarazzo di quel momento.

Gregorio accarezzò la spalla del suo amato e mi rivolse un sorriso gentile. «Non preoccuparti, non stavamo facendo nulla di che» mi rassicurò aggiustandosi i suoi occhialetti tondi. Riuscivo a vedere il rossore delle sue gote nonostante stesse cercando di non sembrare a disagio.

Abbassai lo sguardo. «Però state bene insieme... Da quanto...?»

«Fra un mese saranno cinque anni» rispose Fred mostrando un anello sulla mano sinistra.

Erano sposati e non l'avevo mai notato, com'era possibile? Forse perché mi sembrava strano immaginarmi Gregorio, un trecentenne dalle sembianze di uno stiloso sessantenne, con Fred che ne aveva appena cinquanta.
Ma tutto è possibile se c'è di mezzo l'amore.

Il mago richiuse la porta alle sue spalle, guidandomi verso il salotto. «Stiamo insieme da molto, ma in pochi lo sanno. La Città Aurea non è molto tollerante con i matrimoni di questo genere e soprattutto non lo è con quelli misti. Ma non voglio mettere in cattiva luce i Celestiali, sono stati comunque loro a darmi la possibilità di diventare il direttore del Campo e per questo gliene sarò eternamente grato» Strinse la mano di Frederich con dolcezza. «Perché ho conosciuto il vero amore e ho avuto modo di crescere numerose generazioni di piccoli guerrieri che hanno protetto ad ogni costo le loro famiglie e i loro amici. Non c'è motivazione migliore del lottare per proteggere chi si ama»

Mi accarezzò la guancia sorridendomi dolcemente. Ma il suo sguardo saltellava dalla mia espressione imbarazzata al braccio destro: aveva capito cosa avevo fatto.

Sospirò aggiustandosi gli occhiali dalla montatura circolare e si allontanò per prendere nel suo studio un diario piccolo e spesso di pelle nera con le pagine ingiallite e spiegazzate che scrocchiavano quando provava a richiuderlo con un laccetto di pelle.
Camminò lentamente, aiutandosi col bastone fino ad arrivare davanti a me e mi porse il diario.

«Credo che leggere questo potrà aiutarti»

Accarezzai la pelle nera e polverosa della copertina, sentendo in rilievo un simbolo che aveva catturato la mia attenzione più volte: un doppio uroboro.

Provai ad aprirlo ma Gregorio mi fermò la mano. «Non ora. Dobbiamo andare a fare gli auguri a Marta, ci penserai dopo»

Annuii e infilai il diario nella tasca interna del blazer blu scuro. Pesava un po', ma era sopportabile.
Chissà come poteva aiutarmi un libricino scritto da uno sconosciuto a risolvere i miei problemi. Mi avrebbe dato consigli come aveva fatto la voce?.

La curiosità di aprirlo e leggere vinse quando Fred e Gregorio scomparvero dalla mia vista.
Mi assicurai che non ci fosse nessuno e aprii lentamente l'inizio del diario.

Pagina bianca.

Lo sfogliai confusa e ogni singola pagina era vuota. Cosa dovevo leggere quindi?
Sbuffai richiudendolo e infilandolo in tasca.

"Se questo è uno scherzo non è divertente" pensai mentre entravo nella mensa.

Nel frattempo erano arrivati altri invitati. Pensavo che sarebbe stata una festa tra noi guardiani e prescelti, un qualcosa di carino e sobrio, invece si era trasformato in un ritrovo per i capofamiglia delle sette dinastie più importanti e per i guerrieri dei ranghi più altri, tra cui Gadreel.

Ero tentata di fare marcia indietro, ma era pur sempre il compleanno di Marta e dovevo essere presente, era una mia cara amica e non potevo abbandonarla in un giorno speciale solo per uno stupido timore.

Avanzai nella stanza, dritta verso le fragole al cioccolato. Avevo scoperto di amarle durante l'incoronazione di Isabelle e non mi sarei lasciata sfuggire per niente l'occasione di poterle mangiare ancora una volta.

Ne afferrai due paia, mettendole sopra un piattino, e iniziai ad addentarle cercando con lo sguardo la festeggiata.
La mensa, un luogo di per sé ampio, sembrava essersi rimpicciolita tante erano le persone al suo interno. E più passavano i minuti più venivano ambasciatori del Mondo Nascosto, guardiani tra i più importanti e abili stregoni. Quest'ultimi si divertivano a far saltellare in aria delle figure luminose di animali come tigri, aquile, coccodrilli e molti altri, intrattenendo gli invitati.
In sostanza la piccola festicciola era diventata una festa di tutto rispetto.

Notai Marta in mezzo alla sala che stava parlando con due guerrieri dall'aria fin troppo giovane, dei novizi che facevano da scudieri ai guerrieri di rango maggiore.
Sorrideva felice e rideva di gusto quando i suoi amici raccontavano qualche loro avventura divertente.

Poi finalmente spostò lo sguardo alla sua destra e mi vide mentre stavo cercando di prendere altre fragole. Tutti avevano in mano un bicchiere di champagne e non mangiavano nulla. Meglio per me, mi sarei goduta tutto il cibo che volevo dato che gli invitati volevano fare i sofisticati e trangugiare alcol per tutta la sera.

Lo sguardo Marta si illuminò di gioia e saltellò velocemente verso di me per abbracciarmi.

«Auguri!» Appoggiai il piattino sul tavolo e la strinsi forte, accorgendomi che ormai era arrivata alla mia altezza, anzi, era leggermene più alta ma non volevo ammetterlo altrimenti mi sarei sentita in imbarazzo. Be' non ci voleva molto a superare una nanetta di poco più di un metro e mezzo.

«Grazie!» rispose saltellando dalla gioia.

Si allontanò poco dopo, permettendomi di vederla meglio. Sembrava così innocente con quel vestito blu chiaro e quella coroncina di margherite sui capelli legati in una treccia impeccabile. Era difficile credere che lei fosse cresciuta così tanto, mi sembrava ieri che una piccola undicenne veniva portata all'Accademia e si faceva valere nonostante tutto, proteggendo la mia amica e portando un po' di gioia all'interno del gruppo 7.

«Ci sono anche gli adulti» disse sbuffando. «Hanno insistito per venire. Oggi è la data di scadenza del patto con Madrigale, se dovesse succedere qualcosa loro ci proteggeranno» Diede un'occhiata ai suoi genitori, al modo in cui si vantavano fieramente dei successi dei loro figli con gli altri. «Ma è più probabile che avvenga il contrario. Non li ho mai visti impugnare un'arma e non credo nemmeno che ne siano capaci. Riponiamo le nostre speranze nei guerrieri migliori, credo sia meglio. Oh! e anche in Ceithir Mikael, da quel che ho sentito, è uno degli spadaccini migliori di tutta la Città Aurea insieme a sua figlia»

Mi ribolliva il sangue nelle vene quando sentivo il suo nome. «È qui anche lui?» chiesi.

Marta annuì lentamente per non far cadere la sua coroncina di fiori. «E c'è anche... no, forse è meglio che lo scopra tu stessa»

La guardai confusa. «Non capisco a chi ti riferisci»

«Lascia stare, non so se... se sei pronta...»

«Marta, non capisco veramente di chi tu stia parlando»

Sospirò arresa. Indicò due persone in fondo alla stanza che stavano parlando insieme a Gadreel. Riconobbi Mira, vestita con un meraviglioso vestito blu scuro con sopra un mantello bianco e di fianco a lei c'era un'altra persona. Indossava anche lei un mantello bianco con l'ampio cappuccio calato elegantemente sulla testa.
A dire la verità, quasi tutti avevano quel mantello, che fosse una moda? O forse era semplicemente una tradizione che non conoscevo.

Dalla corporatura minuta e aggraziata dell'altra persona immaginai che fosse una ragazza.
Il mio cuore fece un balzo quando un'idea di chi potesse essere iniziò a formarsi nella mia testa.
Le mie guance diventarono improvvisamente bollenti, seguite dal progressivo svolazzare di farfalle nel mio stomaco.

Avanzai lentamente verso la ragazza, ignorando le occhiate giudicatorie che mi mandavano i presenti, in particolare Ceithir.

Sentivo i piedi pesanti come mattoni e il loro peso aumentava più mi avvicinavo, insieme al bruciore alle guance e alla pressione nel petto dovuta all'emozione.

Gadreel si allontanò dalle due dopo aver messo una mano sulla spalla della ragazza incappucciata e averle sussurrato qualcosa all'orecchio che l'aveva fatta ridacchiare.

Quella risata... io la conoscevo.

Mira fu la prima a notarmi. La sua reazione non deluse le mie aspettative: roteò gli occhi sbuffando e mi rivolse un sorrisetto arrogante. «Guarda chi c'è. Sei più pulita dell'ultima volta che ci siamo viste»

Strinsi i pugni fino a far diventare rosso l'interno delle mie mani. «E tu sei fastidiosa come sempre. Sai, un po' di scotch sulla bocca si abbinerebbe perfettamente al tuo look»

«Ora smettila. Porta rispetto alla discendente dei Mikael» mi rimproverò con tono severo l'incappucciata.

Sentirla parlare in quel modo fu come ricevere un pugno dritto sullo stomaco. Spostai lentamente lo sguardo verso colei che aveva appena parlato e scorsi il suo volto da sotto l'ombra del cappuccio. I suoi occhi castani non avevano più la luce innocente di un tempo, erano spenti e severi come quelli di qualsiasi persona che era stata costretta a crescere troppo in fretta.

Con un gesto elegante si tolse il cappuccio e mi accorsi di quanto era cresciuta. Senza di me. Era cresciuta senza di me e questa triste verità mi stava lacerando l'anima.

Avrei dato ogni cosa pur di tornare indietro e strapparla dalle braccia di Gadreel prima che la potesse portar via. Ma tutto ciò che potevo fare era solo restarmene in piedi a fissarla, col cuore che sembrava voler uscire dal petto e sfuggire dalle malefiche grinfie degli aghi del dolore.

«Ele...» Il suo nome scivolò dalla bocca senza che potessi fermarlo.

Avevo desiderato per tanto tempo di poterla rivedere, allora perché quel momento non era magico come avevo sognato? Perché non mi abbracciava? Perché non mi guardava con affetto? Perché aveva lo stesso sguardo arrogante di Mira?

La sua reazione non fu per niente come l'avevo immaginata: roteò gli occhi e con crudeltà mi rivolse le seguenti parle: «Non ti è permesso chiamarmi per nome, non sei né un membro delle sette famiglie né un guardiano di alto rango. Io per te sono la sacerdotessa bianca, niente di più niente di meno»

Capii solo in quel momento il perché della sua tunica bianca come il latte, legata da un cordino dorato, e della sua coroncina di alloro dorata posata con cura sulla testa.

«Cosa ti hanno fatto?» chiesi sul punto di scoppiare a piangere se avessi detto un'altra parola.

«Questo non è il luogo né il momento per discuterne»

«Sì che lo è!» ringhiai sentendo gli occhi riempirsi di lacrime. Riuscii con fatica a ricacciarle indietro. «Chi è stato a... cambiarti?»

Invece di provare compassione o di cercare un punto d'incontro, rimase immobile a fissarmi dall'alto in basso con quel fastidioso sguardo severo e apatico degno di una sacerdotessa.
Sembrava che avesse rimosso del tutto le sue emozioni o che le avesse sotterrate per un motivo segreto.

Dopo aver fatto passare qualche attimo colmo di tensione si decise a parlarmi. «Se vuoi discuterne usciamo da qui, vorrei evitare che mi vedano con te. Rovini... la mia immagine»

Come potevo rovinare la sua immagine? Ero una prescelta, avevo salvato centinaia di vite alla sola età di tredici anni e stavo per salvare il mondo sacrificandomi per un bene superiore. Non ero più la ragazzina incapace e immatura di un tempo, sapevo cavarmela da sola e comprendere la situazione. Cosa si diceva di me alla Città Aurea? Era per colpa di quelle voci che tutti in quel posto, meno i miei amici, mi guardavano male?

Uscimmo da una porta sul retro, lasciando Marta chiacchierare e mangiucchiare insieme agli invitati.
Appoggiai la schiena al tronco sottile di un albero, incrociando le braccia e mettendo il broncio.
Indicai con lo sguardo Mira, che ci aveva seguito fin lì. «Perché anche lei è qui?»

«Lei può venire ovunque vuole» rispose Eleonora, ancora con quel tono severo e arrogante.

«Perché?» insistei.

«Non essere così infantile, semplicemente trovo la sua presenza più che gradevole. È pur sempre la persona che mi ha dato tutto ciò che ho adesso»

Strinsi le labbra provando a rimanere impassibile come stava facendo lei. Ma la verità era che mi veniva voglia di strappare la garza e continuare a grattarmi fino a ricoprire di sangue quel marchio maledetto.
La voce mi aveva avvisato che avrei sofferto, ma non pensavo che avrei dovuto assistere al cambiamento radicale di una persona che pensavo di conoscere.

«Questa non sei tu. Tu non preferiresti mai la presenza di una ragazzina arrogante e fastidiosa alla mia. Sai chi è suo padre? Probabilmente è stato lui ad ordinare di portarti via da me e dalla tua famiglia. E poi il tuo nuovo ruolo... la sacerdotessa bianca? Mai sentito. Non ti rendi conto che hanno semplicemente costruito un'illusione e te l'hanno spacciata per realtà? Apri gli occhi» la provocai.

Volevo che mi mostrasse qualche reazione, se avesse continuato a guardarmi in quel modo sentivo che sarei potuta esplodere.

«Ti sbagli» La sua voce si indurì. «So bene chi sono e che cosa hanno fatto. Ma a differenza di quel che pensi, non sono loro i cattivi della situazione e nemmeno Gadreel. Mi hanno portato alla Città Aurea per proteggere... non importa»

«A me invece importa. Cosa devi proteggere? Da chi?»

«Sono la sacerdotessa bianca e sono uno dei pochi punti di connessione tra gli angeli e i mortali. Loro mi inviano spesso delle visioni e sta a me ricostruire gli eventi, interpretarle e riferire ogni cosa a Ceithir Mikael»

Sbuffai. «Non hai risposto alla mia domanda. Cosa devi proteggere? E da chi?»

«Non posso dirlo»

«No, tu devi dirlo. Sono una prescelta, il mio compito è proteggere il Mondo Nascosto e il Mondo dei Normali, se c'è una minaccia io devo saperlo altrimenti a cosa servo? A nulla» Le presi gentilmente la mano ma lei si ritrasse immediatamente, guardandomi come se fossi un enorme ragno. Avevo solo provato a mostrarle affetto, che cosa avevo sbagliato?

«Non posso dirlo»

«Perché?»

Mira si intromise mettendosi davanti ad Eleonora per proteggerla. «Smettila di insistere, non può dirti certe cose perché se lo facesse altererebbe il corso degli eventi»

«Non ha senso. Tutto questo non ce l'ha. Io non... capisco»

La sacerdotessa continuava a fissarmi con quello sguardo severo e costantemente in allerta.
Segreto. Aveva un segreto che non voleva rivelarmi, ma perché? Non si fidava abbastanza per dirmelo? Io ero sempre io ma lei... non sembrava più la stessa.

«Eleonora» la chiamai lottando per non piangere di fronte alle due. «Ti prego dimmi cosa ti è successo nella Città Aurea. Ho bisogno di sapere cosa ti hanno fatto»

«Non mi hanno fatto alcun male, basta parlare di loro come se fossero dei mostri, Giulia» disse il mio nome con così tanto disgusto che iniziai a farmi schifo da sola.

«Vuoi sapere cosa è successo? Sono entrata nella Città Aurea in lacrime, urlando il tuo nome. Ero terrorizzata all'idea di non vedere più te o la mia famiglia e più passavano i giorni più capivo che le mie paure sarebbero diventate realtà. Ho passato le prime settimane a piangere desiderando che tu venissi a salvarmi. Gli allenamenti erano più duri del previsto e mi mancava la mia casa... e mi mancavi tu. Ho tentato anche di fuggire, ma sono stata catturata ancora da Gadreel e portata al cospetto di Ceithir Mikael. È lì che ho conosciuto Mira. Mi ha difesa di fronte al padre e gli ha promesso di aiutarmi e istruirmi fino a farmi diventare una tra i migliori combattenti. E così fece»

Si voltò verso di lei, sorridendole mentre le prendeva dolcemente la mano. «In quello stesso periodo, la vecchia sacerdotessa bianca che risiedeva in un piccolo castello nel Mondo Nascosto era morta e il Consiglio aveva bisogno di nominarne una nuova. Si riunirono nella loro solita sala e Gadreel propose me come futura sacerdotessa. A tutti piacque la proposta e io, dopo la mia nomina, ricevetti i poteri e i doveri che derivavano dal mio compito. All'inizio ricordo che ero terrorizzata dalle visioni terribili che avevo, pensavo di stare impazzendo. È stato Gadreel a rassicurarmi e ad aiutarmi. Insieme abbiamo interpretato le visioni e abbiamo capito che riguardavano il futuro di questa guerra. Ogni cosa deve fare il suo corso e se quello che ho visto è vero... non posso dirti nulla. Se tu sapessi ogni cosa adesso cercheresti di impedirlo e rovineresti tutto»

Aggrottai le sopracciglia. Mi trattava come se fossi una bambina che non sapeva fare altro che combinare guai ovunque andava.

«Ed è proprio per questo motivo che devo chiederti di attenerti al tuo ruolo e di non provare in alcun modo ad uscirne, le conseguenze sarebbero disastrose» aggiunse. «Ho sentito che hai provato a sfuggire al tuo destino per un anno e cosa ne hai ricavato? Solo problemi. Quindi per una volta fai la persona matura e ascolta quel che ti viene detto. L'ultima cosa che voglio è vedere la distruzione del mondo intero»

Sorrisi incredula. «Ma ti senti quando parli? Mi tratti come se io avessi intenzione di distruggere il mondo. Voglio salvarlo, okay? Qualsiasi cosa farò sarà perché voglio proteggere tutti quanti e se dovrò morire accetterò il mio destino e morirò. È già tutto deciso, non si può sfuggire dal destino quindi perché ti preoccupi tanto?»

Rimase in un silenzio che poteva voler dire due cose: o l'avevo sconfitta nella discussione o c'era veramente un modo per alterare il proprio destino.
Mi conosceva, sapeva bene quanto fossi testarda e che anche se sostenevo il contrario non mi ero arresa all'idea di voler cambiare le cose. Tenermi nascoste quelle informazioni era funzionale a impedirmi di fare un disastro. Ma non ero così ingenua da cascare in quel tranello, non avrei rovinato nulla e me ne sarei stata buona. Se era questo che dovevo fare, lo avrei fatto. Ma non perché lo volevano Ceithir, Mira, Gadreel o gli altri, no, lo stavo facendo solo e soltanto per Eleonora.

«Capito? Evita di rovinare ogni cosa, come di tuo solito» aggiunse la sacerdotessa rivolgendomi un sorrisetto arrogante che spezzava totalmente l'armonia del suo tenero volto. «Hai già rovinato la nostra amicizia dimenticandoti di me, dimenticandoti di venirmi a cercare. E non fare quella faccia da santarellina, non è altro che una delle tue tante maschere. Cresci un po', Giulia, il mondo non ha bisogno di eroi piagnucoloni, ha bisogno di qualcuno disposto a rischiare tutto per salvare le persone che ama. Tu non sei riuscita a salvare me, come ti aspetti di poter salvare tutti gli altri? Pensaci, soffri, crogiolati nel dolore e infine comprenderai come mi sono sentita io dopo aver realizzato di averti persa per sempre»

Fissai il vuoto avanti a me per non incontrare il suo sguardo.
Volevo strapparmi il cuore solo per ordinargli di non farmi soffrire in quel modo, solo per impedirmi di cadere in ginocchio e scoppiare a piangere di fronte a loro due.

La ferita sul braccio destro iniziò a prudere. Provai a grattarlo da sopra il blazer, ma era tutto inutile.
«Io... devo andare» dissi sentendo un groppo in gola che mi impediva di aggiungere altro.

Mi allontanai di una decina di metri, poi mi voltai per vedere se Eleonora mi aveva cercata con lo sguardo, se finalmente aveva mostrato qualche emozione, ma tutto ciò che vidi furono lei e Mira ridacchiare e ritornare dentro come se nulla fosse.

Non le importava più nulla e tutto questo perché era ferita. Aveva ragione: non avevo saputo proteggerla e ora ne avrei pagato le conseguenze.
Una di queste era il prurito intenso al braccio destro. Stanca di trattenerlo mi tolsi il blazer e strappai via la garza, grattandomelo.
Sentii la crosta staccarsi e le dita affondare nella carne viva, sporcandosi del mio stesso sangue.

Notai il diario dalle pagine bianche buttato in un angolo, sopra i ciottoli della riva.

"Inutile pezzo di carta".

Con un movimento fulmineo lo afferrai con la mano insanguinata.
Lo avrei buttato volentieri in acqua se solo la copertina non si fosse illuminata improvvisamente, assorbendo il sangue sulla mia mano.
Incredula lo sfogliai velocemente, vedendo innumerevoli scritte apparire sulle pagine.

"Il prezzo da pagare per leggerlo era il mio sangue? Che razza di diario è mai questo è perché Gregorio ha voluto darmi qualcosa di così... strano?".

Sembrava il diario di qualche malvagio signore del male, con quella calligrafia fitta e quasi incomprensibile a causa del tratto pesante della penna sul foglio, proprio come capitava di fare anche a me e ad Eleonora. Era una delle cose che avevamo in comune, tra cui la caratteristica lentezza nel mangiare, l'amore per le serie tv paranormali e moltissime altre cose.
Ma a quanto pare era una cosa molto comune calcare sui fogli. Moltissimi miei compagni lo facevano, addirittura Kitsune aveva bucato un foglio durante una verifica. Era sintomo di stress o di una cattiva impugnatura o di entrambi.

Pulii velocemente la ferita nell'acqua del lago e tornai immediatamente a sedermi per analizzare il diario.
Partii con calma dalla prima pagina.

I biscotti di zolfo fanno schifo. Anche quelli con polvere di marmo e fragoline selvatiche. Immangiabili.

Chiusi immediatamente il diario, cercando di processare quel che avevo appena letto.

Chiunque lo aveva scritto o era pazzo o si annoiava molto.

Forse Gregorio me lo aveva dato per farmi sorridere, sembrava molto comico nonostante la copertina nera dall'aria tenebrosa. Il detto "non giudicare un libro dalla copertina" era vero, in questo caso.

Riposi il diario nella tasca del blazer lasciato a terra e andai a sciacquarmi ancora la ferita sul braccio. Non avevo più una garza per coprirla e non avevo intenzione di usare quella vecchia e ormai sporca.

Alzai lo sguardo e vidi in lontananza il tendone giallo dell'infermeria. Nell'ultimo periodo era sempre vuoto. Persino i guaritori non ci entravano, preferivano stare nei boschi a raccogliere centinaia di erbe curative e poi lavorarle con pestello e mortaio per creare quelle meravigliose pomate che riuscivano a curare ogni cosa.
Con un po' di fortuna nell'infermeria ne avrei trovata qualcuna per il mio braccio.

Raccolsi il blazer da terra e iniziai ad incamminarmi verso il tendone.
Il vento portava i brusii felici delle persone dentro la mensa e mi invogliava a tornare là dentro nonostante ci fossero tutte quelle persone arroganti e presuntuose. Dovevo tornare per Marta... e per le fragole al cioccolato.

Scansai un lembo della tenda ed entrai fischiettando felice.
Un vassoio pieno di bende cadde per terra sulla pavimentazione in legno.
Il mio fischio si spense e si sostituì a un urlo quando mi accorsi che davanti a me c'era una figura nemica, se non la nemica per eccellenza.

Era vestita di nero, con un mantello uguale a quello che aveva trovato Marta nel vecchio Campo e una maschera del medesimo colore che le schermava il volto.

"Un'alchimista" fu il mio primo pensiero. "Dell'Ordine delle Maschere d'Argento".

༺ 𓆩♱𓆪 ༻

Marta si guardò intorno per cercarmi. Aveva visto Eleonora e Mira tornare a braccetto, ma di me non c'era alcuna traccia.

Sentiva che qualcosa era andato storto, ma non poteva allontanarsi dalla festa, non se tutti quanti le stavano addosso per farle gli auguri e strapparle qualche informazione su suo fratello e sugli altri prescelti, come se non sapessero già abbastanza.

"Impiccioni" pensò addentando un pezzo di torta.

Era passata mezz'ora ormai e aveva già spento le candeline e scartato i regali, iniziava a preoccuparsi per me, che dolce.
Andò da Gregorio che stava ammirando il meraviglioso vestito del suo partner a dieci metri di distanza di sicurezza. Doveva fingere che non ci fosse nulla tra di loro, ma lo sguardo innamorato e il battito accelerato del suo cuore riuscivano a tradirlo sempre. Ecco perché doveva allontanarsi.

«Gregorio» lo chiamò la tredicenne. «Sai dov'è Giulia? Non la vedo da un po'»

Il mago scosse la testa. «Non ne ho idea»

«Devo andare a controllare. C'è... qualcosa che non va» disse.

«Vengo con te» Era la voce di Julian. L'aveva seguita fin lì, notando il suo atteggiamento preoccupato.

Gregorio sorrise dolcemente. «Andate, vi coprirò io. Tanto ormai gli adulti sembrano essere presi più dallo champagne che da altro. Tornate presto, mi raccomando»

Marta lo abbracciò forte. «Sei il migliore» Si voltò verso Julian e lo afferrò per la manica del suo smoking blu. «Andiamo!»

Uscirono in segreto dalla mensa e si incamminarono verso la riva del lago.
«Perché incominciamo dalla riva?» chiese Julian, aguzzando la vista.

Marta ridacchiò. «È il suo posto preferito. Ci passa le ore e ogni volta torna col mal di schiena o il mal di gambe perché resta troppo sopra i ciottoli»

Il campo era insolitamente deserto per motivi che gli adulti non avevano voluto rivelare ai due ragazzini.
Si guardarono intorno contemplando il silenzio e la luce rossa del sole che stava tramontando.

Julian sembrava impaziente di dirle qualcosa, ma prima che potesse farlo Marta indicò il tendone dell'infermeria. «Là! Vedo dei movimenti!»

E nell'esatto istante che lo disse, vide una ragazzina volare fuori e rotolare sull'erba sporcandosi il maglione bianco.

༺ 𓆩♱𓆪 ༻

"Quanto mai l'avessi messo!" pensai provando a raschiare via un pezzetto di terra. Niente da fare, l'alchimista mi aveva rovinato il maglione. "Ora me la paghi".

Vidi l'incappucciata correre sul prato, dritta verso il lago. Non avevo né la voglia né i vestiti adatti per correre, ma se aveva intenzione di fare qualcosa di pericoloso era mio dovere fermarla.
E tirarle un pugno, già che c'ero.

«Fermati!» urlai guadagnando terreno.

Raggiungemmo uno strapiombo. Dodici metri di roccia prima di raggiungere il lago. Era recintato per impedire ai guardiani più piccoli di cadere, ma ciò non sembrava fermarla.

Puntò la mano destra contro il lago che stava iniziando ad agitarsi e gridò con tutti i suoi polmoni un nome. «SORMIR!»

Dall'altra parte del lago il serpente marino, sentendosi chiamato, alzò lo sguardo. Ci vollero pochi attimi prima che lui si tuffasse di nuovo in acqua e nuotasse velocemente verso di noi.

«Chi diamine sei tu?» Evocai Ametron e gliela puntai contro.

«Qualcuno di molto potente» rispose.

Sormir schizzò fuori dall'acqua e ruggì forte. La ragazza si arrampicò sul recinto, pronta a saltare sulla groppa del serpente marino.
Lasciai cadere Ametron per terra e la afferrai con entrambe le mani per il mantello, tirandola giù.

«Cosa sei venuta a fare qui? Chi ti ha mandata? Come hai fatto a superare la barriera protettiva del Campo?» la tempestai di domande.

«Saranno affari miei, no?»

Mi tirò uno stivale in pancia, sporcandomi ulteriormente il maglione bianco.

"Io... Io ti ammazzo". La afferrai per le braccia e la bloccai a terra con tutta la forza che avevo. Si muoveva come un serpente che era stato appena ribaltato e cercava di rimettersi sul dorso per tornare a strisciare e minacciare le sue prede.

Quella maschera, quel mantello, quei vestiti, li odiavo con ogni cellula del mio corpo.

Fu proprio quel sentimento che mi spinse a tirarle un pugno dritto sulla maschera, desiderando di spaccargliela a metà, ma era più resistente del previsto. «Questo è per avermi sporcato il maglione!» gridai.

Ne tirai un altro, questa volta più forte. «E questo per essere entrata al Campo senza permesso! Non so chi tu sia, ma se vuoi fare del male a me o agli altri dovrai passare sul mio cadavere e ti assicuro che non sono una che muore facilmente. Mettimi alla prova e se oserai sfiorare con un solo dito gli invitati ti trascinerò all'inferno»

Ero vicina al suo volto, ma l'unica cosa che potevo vedere erano i suoi occhi castani e vigili.

Il serpente ruggì. Le sue scaglie sfregarono sul fianco del dirupo, rompendo la recinzione e facendo franare il terreno poco più distante da noi.
Riuscii per pochi secondi a fissare negli occhi l'enorme mostro marino. Non sembrava furioso, era spaventato. Temeva per la vita di qualcuno. Guardai l'alchimista.

"Sono collegati?" mi chiesi.

Sormir ruggì ancora, creando un'onda d'urto che mi fece perdere la presa sulla ragazza.
Si sarebbe avventato su di noi se una lama di fumo viola non lo avesse colpito in pieno volto, obbligandolo a tornare in acqua.

Mi voltai per vedere da dove fosse venuta e vidi il volto confuso di Julian e quello dispiaciuto di Marta. Il bracciale sul suo braccio sinistro era illuminato da una luce violacea.

«Quella era... magia? Marta... come...?» balbettai.

L'incappucciata riuscì a liberarsi, tirandomi un pugno in faccia. «Ritieniti fortunata, avrei potuto fare di peggio» sibilò.

«E allora perché non lo hai fatto?»

Mi guardò come se fossi pazza. In effetti nessuno sano di mente avrebbe incitato una persona del genere a fare del suo peggio in battaglia.

Era una questione di attimi. Lei si era distratta e io potevo ancora catturarla. La afferrai per il mantello e la tirai con forza verso di me, fino a far cozzare violentemente le nostre teste.
Chissà, forse la botta avrebbe smosso i neuroni ad entrambe.

Dopo aver tramortito entrambe la gettai a terra e la guardai dall'alto in basso. «Chi sei tu?» chiesi tra un respiro pesante e l'altro.

Contro ogni mia aspettativa iniziò a ridere di gusto, come se avessi appena detto una barzelletta. Era ammattita, non c'era altra spiegazione. Forse le avevo tirato una testata troppo forte.
La risata isterica mutò in una diabolica quando estrasse dalla cintura un coltello da lancio.

Per una frazione di secondo vidi me stessa venire colpita in pieno petto dalla lama e cadere a terra.

Osservai il movimento rapido del suo braccio e prima che potesse fare qualsiasi cosa afferrai il diario dalla mia tasca e glielo tirai in faccia, stordendola. Poi con un calcio la buttai sull'orlo del precipizio e mi ripresi il libro.

"Ecco a cosa servi" pensai fiera di quell'oggetto.

«Vuoi sapere chi sono, giusto?» L'alchimista si mise una mano sulla maschera dandomi la vana speranza di poter soddisfare la mia curiosità. Ma era solo un diversivo. Con la mano libera aveva preso una bomba fumogena e l'aveva tirata per terra.

Nascosi la faccia nell'incavo del mio braccio per non respirare il fumo e quando finalmente si diradò, l'intrusa se n'era già andata.
Controllai sotto il dirupo, ma riuscii a vedere solo la coda violacea di Sormir immergersi nel lago.

«Se osa tornare e sporcarmi di nuovo i vestiti giuro che quella maschera gliela faccio ingoiare»

Non potrei essere più d'accordo, bisogna fargliela pagare...

«Esatto! Finalmente iniziamo a pensarla allo stesso modo»

Spostai la mia attenzione su Marta e mi ricordai quel che aveva fatto.
Si era accovacciata a terra, dondolandosi su se stessa mentre Julian, terrorizzato, cercava di calmarla.

«Va tutto bene, Marta» continuava a ripetere Julian, accarezzandole le mani.

Mi sistemai il blazer e li raggiunsi. «Non siete feriti, vero?» mi accertai.

Julian scosse la testa. «No, e tutto questo grazie a Marta» La scosse leggermente per farla uscire dal suo stato di shock. «Non so cosa tu abbia fatto ma ci hai salvati da quel mostro»

Non dissi nulla per non peggiorare la situazione, ma avevo appena lottato contro una ragazzina mascherata che continuava a fare la spaccona e non avevo ricevuto alcun premio.

"Le fragole al cioccolato, loro saranno il mio premio" riflettei con l'acquolina in bocca al solo pensiero di tornare da quelle meraviglie.

«Marta, guardami» la chiamò Julian accarezzandole la guancia. Improvvisamente mi sentii una terza incomoda. «So che in questo momento potrei sembrarti privo di tatto, ma cosa è successo? Come hai fatto a lanciare quella lama di fumo?»

La guardiana inspirò profondamente. «Non posso dirlo»

«Sì che puoi» insistette l'altro. «Puoi dirmi tutto, lo sai. Non ti accadrà nulla di male»

Mi accovacciai di fianco a lei. «Ha ragione. E se qualcuno avrà il coraggio anche solo per sfiorarti dovrà fare i conti con me»

«E con me» Gli occhi bicromatici di Julian brillavano di speranza e determinazione. «Puoi dirci qualsiasi cosa»

Marta sorrise lievemente, poi prese un grosso respiro e si preparò a parlare. Non era facile rivelare un segreto, ma doveva farlo se voleva liberarsi di quel peso. «Il mio bracciale è un catalizzatore. Così come le bacchette e i bastoni sono il catalizzatore dei maghi, questo è il mio... ed è abbastanza potente. È da un anno ormai che ce l'ho e che mi chiedo quando avrei rivelato a tutti che sono utile» Il suo sguardo triste si posò su di me. «Io posso aiutarvi, posso combattere con voi questa guerra»

«Marta...» sentii i miei occhi riempirsi di lacrime. «Tu sei già forte così. Non ti servono i poteri per poterci aiutare ed è proprio questo che ti rende fantastica» Chiusi le sue mani dentro le mie, sentendo quanto fosse cresciuta. «Magia o non magia, Marta tu sei meravigliosa e sei la persona più in gamba e solare che io conosca»

«Grazie ma... non tutti la pensano come te»

Julian sbuffò stizzito. «Io sì. Io penso che tu sia bellissima» Gli ci vollero un paio di secondi e un intenso rossore sulle guance della ragazza per accorgersi di quel che aveva detto. «Volevo dire fortissima! Sei fortissima!»

"Sono la terza incomoda, eh già" realizzai.

«Il bracciale me lo ha dato Lidia» disse tutto d'un fiato, sostituendo il terrore e la confusione alla tenerezza del momento. «È stata lei a insegnarmi come gestire questi poteri. È stata lei a portarmi all'Accademia per salvarmi dalla crudeltà dei miei genitori. Ed è stata lei a farmi giurare di non dire nulla. Il Consiglio è intollerante su queste cose, se sapessero che una strega come lei mi ha "corrotto la mente" mi tratterebbero come una traditrice. Capite perché dovevo mantenere il segreto? Non voglio finire imprigionata! Io voglio restare qui e vivere felice gli ultimi anni che mi restano con mio fratello e con voi prescelti. Non sono pronta per dirvi addio, non senza lottare»

Senza pensarci la abbracciai così forte che temetti di romperle qualche costola. «La mia piccola guerriera»

«Non sono più così piccola...»

«Shh lo so, non rovinare il momento, stavo per tirare fuori una perla di saggezza»

«Be' dilla allora»

Feci una breve pausa di riflessione. «Mi sono dimenticata cosa volevo dire. Ops»

Sentire la sua risata mi riscaldò il cuore. E a giudicare dall'espressione sollevata di Julian, aveva rassicurato anche lui.

«Ora torniamo alla festa, direi che di stranezze ne abbiamo viste fin troppe oggi» Sorrisi. «Ora che ci penso saresti un'ottima compagna d'armi. Vuoi diventare il mio braccio destro? Tipo Batman e Robin»

«Il mantello nero ce l'ho io però! Tu fai Robin che sei anche bassina» Eccola lì. Ecco la mia Marta.

«Come osi?! Siamo alte uguali!»

Il sole era ormai calato e la giornata stava per volgere al termine tuttavia c'era qualcosa che mi turbava. Provavo una sensazione di inquietudine nonostante la misteriosa ragazza incappucciata se ne fosse andata già da un pezzo.

Camminai verso la fine del dirupo non curandomi delle occhiate confuse dei due ragazzi.

Annusai l'aria. Bruciato. Qualcosa stava bruciando.

Volsi lo sguardo verso l'orizzonte.
Persi il respiro e caddi in ginocchio con gli sguardi spalancati quando mi accorsi che dall'altra parte del lago c'erano migliaia di torce accese sorrette da altrettante ombre. Nemici.

«Marta... dobbiamo... correre...»

Mi rialzai tremando. Quello era il terrore, l'incapacità di parlare o muoversi dopo aver visto in faccia la morte.

Fu Julian a farmi riemergere dal mio stato di shock con una pacca decisa sulla schiena. «Dobbiamo avvisare gli altri!» esclamò. Poi si voltò verso Marta e le porse la mano. «Andiamo»

Corsero mano nella mano, facendosi forza per correre più veloci. Io li seguivo arrancando più indietro. Zoppicavo per colpa della lotta con quella stupida alchimista. Se non mi fossi stancata con lei a quest'ora sarei riuscita a schizzare fino alla mensa alla velocità della luce, letteralmente.

Una volta arrivati spalancammo le porte della mensa pensando di trovare tutti gli invitati, ma la ritrovammo completamente vuota e buia.
I festoni, i regali, erano tutti scomparsi. Tranne il cibo.

«Sono stati rapiti?» chiese Julian.

«Se ne sono andati» disse Marta, crollando in ginocchio. «Ci hanno lasciati qui»

«Forse nella confusione del momento non se ne saranno accorti» provò a giustificarli Julian. Non poteva credere che la sua famiglia lo avesse abbandonato.

«Dovevamo aspettarcelo» affermai. «Era il loro piano sin dal primo momento. Tutti i guardiani erano già stati evacuati prima della festa. Il loro piano non era quello di affrontare il Mezzosangue ma di scappare intrappolando il suo esercito qua dentro senza nessuno da uccidere»

«Raderanno al suolo il Campo!» gridò Marta. «Non possiamo permetterglielo!»

«Loro sono troppi...» le feci notare.

«No, abbiamo comunque un vantaggio» Si alzò in piedi battendo un pugno sul palmo dell'altra mano. «Sono divisi da un lago e tu, Giulia, puoi controllare l'acqua»

«Solo piccole quantità! Quelli saranno seicentomila litri d'acqua se non di più!»

«E allora? Tu puoi fare tutto! Sei o non sei una prescelta?»

Tornò il prurito al braccio, che soffocai riempendomi la bocca delle restanti fragole al cioccolato. Erano diventate il mio dolce e delizioso antistress.

«Stiamo per morire e tu mangi?!» disse Julian scandalizzato.

«Hmo fome» mugugnai mangiando anche un pasticcino. «E fomo buomi»

«Moriremo» affermò Julian sbattendosi il palmo della mano contro la fronte.

«Non morirete»

Ci voltammo tutti verso Gregorio e Frederich, appostati all'entrata della mensa. Erano venuti per salvarci?

«Dobbiamo andarcene dal Campo prima che sia troppo tardi. La Città Aurea ha appena attivato una barriera protettiva impedendo a chiunque di accedervi» Fred sembrava il più preoccupato fra i due.

Fissai il vuoto davanti a me. «Quindi... addio luogo sicuro dove ripararsi. E ora che si fa? Si torna nel Mondo dei Normali? Posso ospitarvi a casa mia...»

Gregorio sospirò sconsolato. «I portali sono stati sigillati. Il loro piano era intrappolare Madrigale e il suo esercito qui, ma nella fretta del momento hanno lasciato delle persone fuori»

«Quindi siamo intrappolati qui» concluse Julian rabbrividendo.

Fred si avvicinò al marito. «Potremmo provare a rimanere nascosti»

Scossi la testa. «Non ha senso. Madrigale e il suo esercito sono bloccati qui insieme a noi a tempo indeterminato e poi se i suoi soldati dovessero radere al suolo ogni cosa ci troverebbero comunque. L'unico modo per cavarcela è sconfiggerlo e per farlo ci serve un piano» Mi feci avanti accarezzando la mia collana. «Posso provare a rallentare il suo esercito»

«E come? Bruceresti tutte le tue energie al primo attacco» ribatté Fred.

«Forse, ma se non ci provo il Campo verrà distrutto. Dove verranno accolti tutti i guardiani? Dove finiranno tutti i libri antichi che hai accumulato nel tempo, Gregorio? E dove ci si potrà rifugiare in caso di pericolo?»

«Nella Città Aurea» rispose Julian picchiettandosi l'indice sul mento. «Da quel che ne so era da tempo che volevano concentrare lì tutti i guardiani»

«E questa è la scusa perfetta per farlo» continuò Marta. «E Gregorio? Che fine farebbe? Non gestirebbe più il Campo»

Gregorio sospirò arreso. «Non potrò più occuparmi dei miei piccoli guardiani. Ma non sarà la fine del mondo, mi ritirerò nella mia piccola casa in mezzo alle foreste della California»

Strinsi i pugni. «Io non mi arrendo senza lottare. Non rinuncerò al Campo»

Fred scosse la testa. «Moriresti. Hai idea della potenza del Mezzosangue? Può svuotare un corpo delle sue stesse viscere con un solo schiocco di dita. E il suo braccio destro, Lidia The Witch, è la strega più potente del Mondo Nascosto»

«Li ho già affrontati un anno fa, posso rifarlo»

«Con anche un esercito?» obbiettò Fred. «È una missione suicida»

«Non ho paura della morte» Presi al volo una manciata di patatine. «Fafo a affomtafli»

Fred si mise tra me e la porta. «Da sola? Senza un'armatura e delle armi di scorta?»

«Be'... sì» risposi pulendomi le mani sul blazer.

Chissà quanto sarebbe durata la ramanzina di mia madre quando le avrei mostrato i miei vestiti sudici. Temevo quasi più lei che Madrigale.
Il Mezzosangue poteva anche comprimere il mio corpo con uno schiocco di dita, ma mia madre poteva disintegrarmi l'anima con un solo sguardo.

Rabbrividii al solo pensiero e mi concentrai sul momento. Niente rinforzi, avevamo solo a disposizione la fortuna.

Marta rivolse uno sguardo speranzoso al mago. «C'è la possibilità di creare un portale?»

«Forse, ma servirebbe molta magia e non so se sarò in grado di crearlo da solo»

La ragazzina non aspettava altro. «Ti aiuto io»

Gregorio non sembrò turbato, anzi era fiero della sua piccola guardiana. Lui sapeva tutto, lo aveva già intuito da tempo ma non aveva mai detto nulla. Aveva semplicemente aspettato che Marta fosse pronta a dirglielo da sola.

«Allora andiamo» disse Gregorio.

«Vengo con voi!» La voce di Julian era tremante dall'emozione. Quella era la prima volta che si trovava in una situazione di vita o di morte.

Battei le mani per attirare l'attenzione dei presenti. «Io vado a guadagnare tempo. Fred, Julian, li proteggete voi mentre fanno l'incantesimo?»

I due annuirono.

«Non c'è altro tempo da perdere» affermò Frederich una volta usciti dalla mensa. Le torce erano aumentate. «Fai quel che devi fare prescelta, contiamo su di te»

E con quell'ultima frase ci dividemmo.
Raggiunsi la riva e guardai le migliaia di torce che illuminavano tutto il semiperimetro del lago.
Piantai Ametron in mezzo ai sassi e mi concentrai sull'acqua. Riuscivo a percepire i movimenti delle onde, la cenere delle torce che gli cadeva dentro, il serpeggiare inquieto di Sormir.
Era tutto sul palmo delle mie mani.

Mi immersi nel lago fino alle caviglie e guardai le torce d'avanti a me. Ignorai l'insolita sensazione di deja vu e rivolsi le mani verso il nemico.

"Alzati" ordinai.

Ma non accadde nulla, o così pensavo. Un piccolo muro di pochi centimetri si era alzato davanti a me. Digrignai i denti delusa da me stessa.

"Alzati" ordinai per la seconda volta.

Questa volta non si alzò nemmeno il muretto di prima.

Tutto qui?

"Zitta, sto cercando di concentrarmi".

Non ci riuscirai. Affronta la verità: non sei abbastanza. Morirai...

"Ho detto che devi stare zitta".

Ti dà fastidio quando ti si dice la verità? Sei così infantile. È passato un anno e ancora non sei in grado di sfruttare i tuoi poteri. Eleonora e Mira hanno ragione a pensare che tu sia inutile...

"Non è vero, Eleonora non lo pensa veramente".

Tu dici? E allora perché non è corsa ad abbracciarti appena ha potuto? Perché ti ha guardata dall'alto in basso tutto il tempo? Sei una vergogna, una delusione e stai ancora deludendo tutti. Eleonora fa bene a preferire la compagnia di Mira alla tua, lei si che sa scegliere i vincenti, i più forti. Tu invece... Sei un a perdente. L'unica cosa che sai fare è piagnucolare e autoflagellarti. Sai cosa sei?
Sei patetica.

«Ho detto... che devi stare... ZITTA!»

Un'enorme onda d'urto si scaturì dalle mie mani mandandomi a gambe all'aria.
L'acqua sotto di me era scomparsa, così come tutta quella della prima metà del lago. E proprio là in fondo un enorme muro d'acqua alto quindici metri si stagliava sull'esercito nemico.
Guardai le mie mani. Ero stata io a farlo?

Ringraziami dopo...

No, non lo avrei fatto.
Avvicinai le mie mani e schiacciai un palmo sull'altro. Dopo quel gesto, l'acqua del muro ricadde come un enorme tsunami sopra i nemici, spegnendo ogni torcia e devastando totalmente l'altra parte del lago. Qualsiasi struttura, libro o vecchio indumento era stata spazzata via, così come ogni nemico.

«Ce l'ho fatta!» esultai saltellando.

Un battito di mani lento e regolare mi colse alla sprovvista. «Complimenti, hai appena abbattuto tremila fantocci» Mi voltai verso il Mezzosangue e lo vidi ghignare. «Però devo ammettere che la tua performance è stata sorprendentemente impeccabile. Non comprendo però perché tu abbia urlato a te stessa di stare zitta. La piccola prescelta di Michele sta per caso dando dei segni di pazzia?»

Impugnai Ametron nonostante il dolore al braccio. «Cosa vuoi?»

«Ciò che è mio di diritto» rispose disarmandomi con un calcio. «Mi chiedo quanto offrirebbero per te oltre alle informazioni che cerco»

Ridacchiai ilare. «Non ti darebbero mai nulla. Se potessero si libererebbero loro stessi di me»

«E allora perché sei rimasta dalla loro parte? Perché non hai accettato la mia proposta?»

Con un movimento fulmineo mi ripresi Ametron. «Perché piuttosto di unirmi a un mostro come te preferisco subire il giudizio di ogni singolo guerriero e membro delle sette famiglie»

«Con me non ti sentiresti giudicata»

«Forse hai ragione, ma non sono come te, Madrigale, so bene come gestire l'odio della Città Aurea e soprattutto non ho intenzione di tradire i Celestiali»

Il ragazzo sorrise. «Anch'io la pensavo come te finché non hanno ucciso la mia famiglia. Cosa immagini che faranno a te? Non sembri seguire molto le regole. Vivi di eccezioni e loro temono ciò che non possono controllare»

«Non mi interessa»

«Dirai così anche quando tornerai a casa dopo aver disobbedito ai loro ordini e troverai i corpi morti dei tuoi genitori?»

Un'immagine tremenda balenò nella mia testa. «Smettila»

«Stai iniziando a dubitare» Il suo sorriso si allargò. «Ottimo»

«Non ho le informazioni che cerchi e nessuno te le potrà dare. Cosa sei venuto qui a fare?»

Mi porse la mano guantata. «Sono qui per portare comunque qualcosa a casa»

«Portati una pigna, sarebbe un perfetto souvenir»

Ridacchiò alla mia battuta. «Non ti vuoi arrendere, eh?»

«No. Mai»

Si avvicinò a me, continuando a tendere la mano. «Io posso offrirti qualsiasi cosa tu voglia. Fama, soldi, fortuna, ogni cosa»

«Non ho bisogno di queste stupidate. Sono una ragazzina, tutto ciò che voglio è dormire, mangiare e guardare video di gattini su Instagram»

«E qualcuno che ti faccia sentire speciale»

Indietreggiai facendo attenzione a non scivolare. «Ho i miei amici»

«Amici? Li chiami così quelli che sparlano alle tue spalle?»

«Non è vero, non lo fanno» Strinsi la presa su Ametron. Ero pronta a scattare alla sua prima mossa falsa. «Bugiardo»

«Ti sbagli. Cosa pensi che si sia detto di te per un anno? Di certo non cose positive. E ora cercano di includerti e di trattarti meglio perché si sentono in colpa. Ma non li noti i loro sguardi di compassione? Sfruttano la tua ingenuità per apparirti come tuoi amici e ti manipolano. Ti stanno vicini solo perché non possono permettersi di perdere un loro membro»

«E tu sfrutti i miei sentimenti contro di me» replicai.

«Vero, ma a differenza loro riconosco il tuo valore. La prima volta che ti ho incontrata è stato all'Accademia, quel luogo squallido e incolore. Lì ho visto un'ingenua ma determinata ragazzina pronta a fare di tutto per proteggere chi ama, ed è proprio questo che cerco. I Celestiali non sono quel che sembrano, non ti insegnano a lottare per chi ami ma per chi te lo comanda»

Avanzò tenendo la mano tesa. «Tu sei molto più che un burattino. Io posso proteggerti e proteggere la tua famiglia da loro. Potrei anche permettere ai Celestiali di vincere la guerra senza che i prescelti muoiano»

«E come pensi di fare? Il destino non si modifica»

Madrigale mi sorrise con la stessa dolcezza che provava un adulto verso un bambino piccolo. Chissà quanto piccina dovevo sembrargli. «Il destino non è una linea singola, è un albero fatto di migliaia di rami. Quando ne segui uno hai più scelte che possono portare allo stesso finale o a cambiarlo, decidi tu quale strada prendere. Ciò che è scritto non è la tua vita intera, è un elenco di possibilità» Mi avvicinò con insistenza la mano. «Accetta il mio aiuto, potrebbe essere la tua unica possibilità per salvare chi ami»

«Io... io posso salvarli da sola»

«Forse...» Guardò il mio braccio destro da cui colava il sangue. «O forse hai bisogno di qualcuno che ti aiuti»

«E se non avessi bisogno di essere aiutata?»

«Avrai comunque bisogno di qualcuno al tuo fianco. I tuoi amici non ci saranno sempre. Guarda che è successo stasera: alla prima occasione ti hanno abbandonata. Si sono dimenticati di te e ti hanno lasciata qui. Forse volevano persino liberarsi di te sperando che io ti avessi uccisa, ma non è così. Non voglio farti del male»

Scossi la testa incredula. «No? E allora cosa sei venuto qui a fare?»

Abbassò lo sguardo puntandolo sul sangue che mi colava dal braccio. «Voglio delle risposte. Tu più di tutti dovresti capirmi»

«Sì, ma non è questo il modo di ottenerle. Hai minacciato delle bambine, ucciso centinaia di persone se non migliaia e hai la faccia tosta di fare la faccia da cagnolino bastonato con me per convincermi a seguirti. Perché dovrei unirmi a qualcuno di così malvagio? Perché dovrei venire con te, che mi fai paura?»

Calò il silenzio.
L'acqua stava ritornando sulla parte di riva, bagnandoci i piedi e le caviglie.
Non avevo mai visto il Mezzosangue senza il suo solito sguardo cupo o furioso. Sembrava triste e stanco, come se si stesse quasi arrendendo. Dopo trecento anni di ricerca senza sosta di qualcosa o qualcuno era difficile tenere viva la fiamma della speranza, anche se quella dell'odio era più che accesa.

Lo vidi tastarsi una tasca e sospirare sconsolato. Per un momento temetti pure che si mettesse a piangere tanto i suoi occhi erano lucidi e rossi dalla stanchezza.
Da quanto non dormiva? Che cosa gli era successo? Chi era lui veramente?

«Stai lontano da lei!» gridò Fred impugnando un'ascia.

Madrigale si voltò di scatto, facendo svolazzare il suo cappotto nero. Alzò una mano puntandogliela contro e irrigidì le dita.

"Fai qualcosa" mi dissi sull'orlo di una crisi nervosa. "Fai qualcosa o lo ucciderà!"

Alzai Ametron e con un taglio netto gli squarciai il cappotto e glielo tirai nella speranza di fermarlo, con l'unico risultato di buttarglielo in acqua.

Passò qualche secondo prima che lui realizzasse l'accaduto e si gettasse in ginocchio per prendere frettolosamente qualcosa dalle tasche. Nei suoi occhi si accesero il terrore e la rabbia, sentimenti che mi portarono ad indietreggiare spaventata.

Riuscì ad estrarre dalla tasca un quadratino di carta bagnato, con uno degli angoli mangiato dall'acqua o dalle fiamme. Col buio non riuscivo a distinguerlo.
Perché fare tutta quella scenata per un pezzo di carta?

«Frederich!» Era la voce preoccupata di Gregorio, che ci stava raggiungendo sul posto. Marta e Julian erano al suo seguito, insieme a Lidia e a Scorpione.
Non sapevo da dove fossero spuntati né quali fossero le loro intenzioni.

In quel momento mi era impossibile distinguere se fossero nemici o meno perché nonostante tutta la rabbia che il Mezzosangue covava nei confronti dei Celestiali, non aveva alzato un dito su di me.

«Non capisci» ringhiò Madrigale. «Non volevo fare del male a Frederich, ma alla persona dietro di lui!»

Un lampo dorato attraversò il prato. Mi girai appena in tempo per vedere una lama spuntare dal petto di Fred. Dopo quello tutti i suoni che sentii rimasero coperti da un forte fischio alle orecchie.

Le urla di dolore di Gregorio si mischiavano a quelle terrorizzate dei due ragazzini.

Lidia provava inutilmente a coprire gli occhi a Marta per impedirle di vedere il sangue uscire a fiotti dal petto dell'uomo e dalla sua bocca, mentre Scorpione tirava indietro Julian per proteggerlo.

Mi scivolò la spada di mano e affondò nell'acqua così come il cappotto strappato.
Madrigale fu l'unico a non perdere tempo, spinto dalla fiamma dell'odio che aveva appiccato un incendio nel suo cuore e nei suoi occhi.

Afferrò la mia spada, non curante dell'enorme peso che aveva perché non era il suo possessore originario, e la scagliò contro l'aggressore. Contro Gadreel.

Un sorriso maligno si fece strada nel volto del guerriero che si scansò appena in tempo e buttò sulla traiettoria dell'arma Gregorio.

"No..." fu l'unica cosa che il mio cervello riuscì a pensare.

Sentii il ruggito straziato di Sormir, poi tutto intorno a me esplose.
Il mostro marino si avvicinò alla riva ad una velocità inaudita e per la prima volta toccò terra ferma, assaltando Gadreel.

Il guerriero tentava invano di squarciargli la pelle. Le squame del serpente erano immuni a qualsiasi arma, conferendogli un incredibile vantaggio.

L'assassino era veloce, ma il mostro riusciva a tenergli testa. Gli strappò l'armatura a morsi e continuò a braccarlo nella speranza di divorarlo per fargliela pagare.

«No! La vendetta su Gadreel è mia!» gridò Madrigale, correndo verso il nemico.

"Fai qualcosa" continuavo a ripetermi, sentendo solo il cuore battermi nelle orecchie. "Qualsiasi cosa".

Mossi un piede, creando tante piccole ondine circolari nell'acqua. Mossi l'altro, facendo attenzione a non scivolare.

Fissai Ametron in lontananza, conficcata nel petto del mio mentore, della persona più gentile che avessi mai conosciuto.
Non si meritava una fine così, non dopo tutto quel che aveva fatto per me, per i guardiani e per la Città Aurea.

Nonostante tutto il dolore che stava provando, cercava di afferrare la mano dell'amato, la cui vita si era appena spenta, parlandogli dolcemente come se potesse sentirlo.

«I fiori che mi mandi... sono meravigliosi» sussurrò sorridendogli. Il sangue gli colava dai bordi delle labbra, unendosi a quello del suo sposo la cui anima aveva ormai abbandonato il suo corpo.

Mi gettai in ginocchio, accanto al mago, cercando di fissare bene la sua immagine in testa nonostante le lacrime mi appannassero la vista.

«Gregorio... non andartene» dissi con un filo di voce. «Ti prego, ho bisogno di te... Tu sei stato l'unico a non guardarmi come se fossi un'aliena o una delusione. Senza di te io... io cosa farò? Chi mi proteggerà come hai fatto tu? Chi mi offrirà dei burrosi biscotti al cioccolato? Chi mi farà sentire a casa?» Sospirai tremante, afferrandogli il cardigan. Le sue palpebre stavano iniziando a chiudersi. «Non chiudere gli occhi! Te lo proibisco! Non puoi morire! Non ora! Ho bisogno di te! Di te e di nessun altro! Ho bisogno dell'unica persona che mi conosce veramente

Rimasi in silenzio dopo aver parlato, in attesa di una sua risposta.

«Vorrei... stare con te, giovane allieva...» Tossì sangue, schizzandomi il volto di quel liquido vermiglio. «Vorrei rimanere con tutti voi... e vedervi crescere... Vorrei che tu vincessi la guerra... E che tu... sopravvivessi...» Tossì ancora e alzò una mano insanguinata per accarezzarmi la guancia. «Vorrei poterti dire ancora tante cose... Ma ho i respiri contati... Quindi tieni... bene a mente questo: non... farti convincere di essere... inutile, sei più... p... potente di quel che ti vogliono far credere. Segui solo il tuo cuore... Non lasciare che l'ombra degli altri lo oscuri... Trova il fiore...» L'immagine di una cascata di petali riaffiorò nella mia mente. «Trovalo... Lui saprà risponderti»

«Gregorio, non capisco. Come può un fiore rispondermi? Io...»

«Tu hai... delle domande nascoste... nella tua mente pura...»

Iniziò a lasciare la presa. Gli afferrai la mano, tenendola premuta sulla mia guancia. Era fredda e pallida, nonostante fosse imbrattata del suo stesso sangue.

«Gregorio...» lo chiamai tra un singhiozzo e l'altro.

Un'altra persona si inginocchiò di fianco a me. Era Athariel, con l'armatura ammaccata e il sangue che gli usciva dalla tempia. Non l'avevo mai visto ridotto così.

«Sei arrivato... vecchio amico...» disse il mago in un sussurro, prima di chiudere gli occhi. «Prenditi cura di lei, Athariel... Prenditi cura... di tutti i miei piccoli... guardiani...»

Riuscii a sentire il suo ultimo respiro.
La sua vita si spense sotto i miei occhi e sotto quelli di Athariel.
Per la prima volta vidi le lacrime solcare le guance del guerriero sporche di terra e sangue.
E sempre per la prima volta accettò di stringermi forte per consolarmi.

«Ho provato a fermare Gadreel» ammise. «Ho fallito»

Scorpione si fece avanti, ignorando il suo padrone che lottava furiosamente contro l'assassino, insieme al serpente marino. «Non potevi fermarlo» disse con un accento marcato. «Ci abbiamo provato noi per molto tempo. Pochi risultati»

La coda del mostro sbatté contro la mensa, facendo crollare un muro che si portò dietro tutto il tetto.
Udimmo il grido frustrato del Mezzosangue avvicinarsi, così come Gadreel e il mostro.

«Ci schiaccerà!» esclamò Lidia preoccupata, tenendo stretta Marta.

Scorpione scosse la testa. «Vecchio amico Sormir non ci farà del male. Guardate»

Indicò il serpente che si scansò dalla traiettoria e rientrò in acqua con uno schizzo che bagnò tutti quanti.
Madrigale venne scaraventato con un calcio verso di noi e rotolò sui ciottoli.

Lidia fu la prima a gettarsi su di lui per proteggerlo dal guerriero intento a finirlo. Ma a difenderli ci pensò Athariel che con uno scatto estrasse Ametron dal petto di Gregorio e lo respinse.

«Non ti permetterò di fare altre vittime» affermò, lasciando cadere la mia spada. Il suo peso era insopportabile per chi non ne era il proprietario.

«Perché li hai uccisi?!» gridò Marta così forte che temetti potesse rompersi le corde vocali. Era rossa, furiosa e desiderosa di fargli del male.

Gadreel sorrise come se nulla fosse, come se non avesse appena ammazzato la persona che ci stava più a cuore e lo sposo di costui. «I suoi segreti dovevano morire con lui prima che potesse rivelarli. Questi erano gli ordini»

«Ordini di chi?» gridò ancora Marta, stringendo i pugni. Julian la tirò indietro per il braccio con l'intento di proteggerla.

«Chi altro se non Ceithir Mikael?» ridacchiò il guerriero. «Gregorio minacciava la riuscita del nostro piano. Corrompeva le menti dei giovani guardiani, addolcendoli troppo. Non era un buon maestro e soprattutto non era in grado di gestire il Campo come gli era stato ordinato. Vi ho solo liberato da un incompetente»

Marta avanzò nonostante Julian tentasse di tenerla ferma. «Come osi gettare fango sulla sua memoria? Gregorio era l'unica persona che mi dava speranza nei Celestiali! Senza di lui siete... siete solo dei mostri. Dite che siete migliori del Mezzosangue, ma siete i primi ad uccidere la vostra stessa gente per motivi inumani. Madrigale non lo farebbe mai, non tradirebbe i suoi compagni...»

«Tu dici? Eppure ha tradito i Celestiali molto tempo fa, condannandoli ad una morte terribile»

Madrigale si rialzò, aiutato da Lidia. «Dite solo questo di me ai Celestiali? Quanto siete riduttivi, cosa vi costa raccontare tutta la versione dei fatti? Aggiungete cosa avete fatto alla mia famiglia. Aggiungete le persecuzioni e le torture fatte a me e ai miei uomini. Quelle non le nominate perché vi metterebbero in cattiva luce, vero?»

Il sorriso di Gadreel si spense velocemente. «Sei un parassita, sporco Madrigale. Sei stato salvato dalla morte una volta, ma non riuscirai a ritornare anche una seconda»

«Continua a minacciarmi, non hai ancora trovato un modo per uccidermi»

Il guerriero indietreggiò tirando fuori dalla tasca una pietra del portale. «Questo è ciò che pensi» Gettò la pietra per terra, aprendo un vortice luminoso di fianco a sé. «È tempo che io vada. Il Consiglio sta per arrivare. Peccato, mi perderò le loro espressioni di puro odio quando assoceranno questo orrore a te, Madrigale»

Senza darci il tempo di ribattere, se ne andò e subito dopo un portale più grande si aprì e da lì uscirono numerosi guardiani, il Consiglio e la sacerdotessa bianca insieme a Mira. Dei prescelti non c'era traccia.

«Cosa è successo?» chiese furioso Ceithir, facendo finta di non sapere nulla.

«Questo è troppo!» gridò Marta facendo saltare lo sguardo dai due cadaveri vicini al Consiglio. «Voi... mostri!»

«Marta!» gridò sua madre, troppo terrorizzata per avvicinarsi.

Il padre della ragazza però riuscì a farsi strada tra gli altri. «Hai una vaga idea di quanto ci hai fatto preoccupare?»

La guardiana scosse la testa incredula. «Farvi preoccupare? Mi avete lasciata qui, in mezzo al pericolo. Frederich e Gregorio sono morti e al loro posto potevo esserci io. Ma no, andatevene pure, lasciatemi qui a morire e poi fate ricadere tutta la colpa su di me come fate sempre, perché tanto la colpa è ovviamente mia, mai vostra. Scommetto che il vostro primo pensiero è stato controllare che Gregor fosse venuto con voi, giusto?» Scoppiò in una risata nervosa. «Non capite che è proprio questo che odio di voi? Odio come riusciate sempre a mettermi in secondo piano e a dimenticarvi di me»

Lo sguardo di suo padre si indurì. «Vieni qui, immediatamente»

«No» Indietreggiò fino a raggiungere il Mezzosangue e Lidia. «Ora so la vostra vera natura. So chi sono veramente i Celestiali e mi fate schifo. Siete la causa della morte di migliaia di persone e di tutte le mie sofferenze. Non verrò da te»

«Marta, non te lo ripeterò un'altra volta. Vieni qui, ne riparleremo a casa»

Lei scosse la testa, avvicinandosi sempre di più a Madrigale. «No. Non tornerò a casa. Non con voi. Non siete più la mia famiglia, siete solo degli assassini!»

«Marta!» gridò la madre da lontano, ancora restia ad avvicinarsi.

«Smettetela di fare finta che vi importi! Per voi dovrei essere io quella a morire, non Gregor. So che lo pensate, sento i vostri discorsi la sera quando credete che io dorma, invece rimango sveglia ogni singola notte a pensare cosa fare finalmente per essere notata da voi, per guadagnarmi la vostra attenzione. Ma sono stata una stupida a non accorgermi che ho solo sprecato tempo e lacrime»

Rivolse uno sguardo determinato a Madrigale. «Lidia mi aveva promesso che se mai ne avessi avuto bisogno, mi sarei potuta unire a voi»

Julian sbarrò gli occhi. «Non farlo!» le urlò.

«E cosa dovrei fare? Tornare a casa con quei mostri? Fare finta che non sia successo nulla? Per te è facile, i tuoi genitori ti amano e vogliono proteggerti. Io ricevo pugnalate al cuore ogni giorno, ogni ora, ogni secondo che incrocio il loro sguardo severo»

Suo padre si avvicinò pericolosamente a lei, cieco di rabbia. «Non osare seguire questo mostro. È il Mezzosangue, te lo sei dimenticata? Le sue mani sono sporche del sangue di migliaia se non milioni di persone! Se lo segui diventerai una traditrice. Verrà emanato l'ordine di ucciderti, hai capito? Veni a casa con me, è un ordine

Lidia si frappose tra la ragazzina e suo padre. «La scelta è sua e di nessun altro»

L'uomo alzò una mano per tirare uno schiaffo a lei o a sua figlia o forse ad entrambe. Era quello il modo con cui voleva rispondere alle sofferenze della sua bambina? Con altre sofferenze?

Lidia lo pietrificò con un incantesimo. Avrebbe preferito ucciderlo sul colpo, ma c'erano già state troppe vittime quella sera.

«Decidi con chi stare, Marta. Decidi se essere schiava dei loro giudizi o libera di essere chi vuoi» disse il Mezzosangue con voce calma e gentile, tendendole la mano guantata.

Capiva la situazione della ragazzina e sembrava veramente volerla aiutare. Ma cosa sarebbe diventata insieme a lui? Cosa le avrebbe fatto fare?

Non potevo muovermi, avevo esaurito tutte le mie forze e tutte le mie parole. Potevo solo restare a guardare mentre Marta afferrava la mano del Mezzosangue, provocando lo scoppio delle reazioni altrui.

Madrigale sorrideva trionfante, felice di aver dato uno smacco ai Celestiali per una volta. I guardiani, invece, si avventarono su di lui sotto l'ordine degli adulti.

Ma non riuscirono a fare nulla. Con uno schiocco di dita, il Mezzosangue aveva portato via i suoi alleati, Marta compresa.

Le urla straziate della madre riecheggiarono nel Campo vuoto e mezzo distrutto.

Marta ha fatto la sua scelta... Ora tocca a te. Cosa vuoi fare? Conosci la verità...

"Non tutti sono marci" Guardai i cadaveri di Fred e Gregorio, le loro mani erano rimaste intrecciate anche dopo la morte. "Loro non vorrebbero che io mi arrendessi proprio ora".

E tu cosa vuoi?

"Voglio proteggere le persone che amo e curare quelle che sono state ferite. Non morirò e non me ne andrò finché non avrò portato a termine il mio compito".

Athariel mi aiutò ad alzarmi, allontanandomi dalla vista dei cadaveri. «Andiamo» disse indicandomi il bosco. «Se rimaniamo qui ci riempiranno di domande scomode. Lasciamoli sbollire»

«Ma Gregorio e Frederich...»

«Torneremo per il loro funerale. Ora seguimi, basta sofferenze per oggi»

"E basta segreti..."


*sospiro stressato misto a lacrime*

11 mila parole di pura sofferenza. Ve lo avevo detto che sarei tornata GiulSadic in un attimo, solo... non mi aspettavo che sarebbe andata così.

Non ho altro da dire a parte che questo capitolo mi ha disintegrato l'anima sia per il contenuto sia per il tempo che ci ho impiegato per scriverlo.
Perché non solo l'ho scritto...

L'ho scritto, cancellato, riscritto, cancellato, riscritto, sistemato, PIANTO, risistemato e poi postato.

Ergo ho sofferto molto. Ma mi rassicura il fatto che abbiate sofferto anche voi, almeno non sono l'unica :)

Ora vado prima di venire fatta a fettine da delle sciabole molto affilate. Ciao!

GiulSadic

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