I Temibili 10

By GiulSma

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•Terzo volume della serie Le cronache dei Prescelti Celestiali• «We are here...» Negli Stati Uniti si sta ve... More

Prologo
1|Proprio come Eleven
2|Kitsune
3|Strizzacervelli
4|Di nuovo coi guardiani
5|Il MMantello
6|Chi è L. Degare?
7|Terapia di coppia
8|Team Anti-Killer X
9|Un gelato a marzo
10|L'avventuriera
11|Un pomeriggio col principino viziato
12|Killer X
13|Sebastian
14|Resisti
15|Una pessima babysitter
16|Fuggire dai problemi
17|Biscotto?
18|Necessario per vincere
19|Marta, sei un genio!
20|Petali blu
22|Segreti
23|Sta succedendo
24|Chiamata alle armi
25|Odi et amo - M&A
25|Odi et amo - R&D
25|Odi et amo - B&J
25|Odi et amo - E & A/S
25|Odi et amo - D & T
25|Odi et amo - G & T
25|Odi et amo - Loro...
26|Salvare i salvatori
27|Requiem
28|Sei il nostro piccolo Sole
29|Harron
30|Pace?
31|Regina dei mostri
32|In viaggio per Zurigo
33|Il succo è la mia debolezza
34|C'è un asino dietro di te! Ah no, è Nicholas
35|Basta bugie
36|Il tempo scorre
37|Impossibile tocco di due dita
38|Chiromante
39|Non si torna più indietro
40|Non dimenticare le calze
41|Che la missione abbia inizio
42|Φιλία
43|È finita
44|Duo mortale
45|Esprimi un desiderio...
Epilogo
⚜️ Curiosità ⚜️
Ringraziamenti

21|Pagina bianca

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By GiulSma

Fissai il soffitto della mia camera immersa nel buio della notte.
I miei genitori si erano già addormentati, ma io non riuscivo a prendere sonno. Ogni volta che chiudevo gli occhi, i petali blu ricominciavano a scendere e la scena con Ulegard si ripeteva ancora e ancora e ancora...

Non avevo ipotesi su cosa potesse essere, lo avrei scoperto sicuramente in futuro ma il mio cervello non voleva comunque saperne di lasciarmi in pace.

Ogni strada che percorrevo portava a un vicolo cieco fatto di domande su domande su domande.

Spostai lo sguardo leggermente a destra, rannicchiandomi nelle coperte. Il regalo di Marta se ne stava impacchettato sopra la mia scrivania, pronto per essere consegnato alla festa a sorpresa che avevo organizzato con gli altri prescelti durante uno dei nostri allenamenti qualche giorno prima.

Sbuffai rigirandomi e diedi le spalle al muro, fissando l'oscurità nella mia stanza.
La me di un anno prima avrebbe avuto paura del buio, avrebbe chiuso gli occhi e usato la sua coperta come scudo per proteggersi dai mostri immaginari che si aggiravano nelle ombre.

Non avevo più paura di loro, perché sapevo di avere un'arma e dei poteri con cui combatterli.

Ma ora era dei miei demoni che ero terrorizzata.
I miei timori, le mie insicurezze, le sconfitte che avevo subito erano diventati dei fardelli difficili da reggere.

Ogni giorno il peso aumentava insieme al senso di inadeguatezza e io venivo spinta verso un abisso dove la mia stessa voce continuava a ripetermi ogni mio fallimento.

Perché nonostante volessi convincermi del contrario, io stavo fallendo e stavo deludendo le aspettative dei pochi che contavano su di me. Mi ripetevo che sarebbe andato tutto bene, che sarei riuscita a recuperare e a portarmi al livello dei miei compagni, ma c'era sempre quella voce che ripeteva: "bugiarda, non fai abbastanza, non sei abbastanza".

E ogni volta che ottenevo una piccola conquista non mi sentivo felice.

Il mondo aveva perso i suoi colori per me, e non riuscivo più a vederli. Ogni cosa aveva perso il suo valore e io avevo dimenticato il mio.
Mi sforzavo di essere come tutti gli altri e di dimostrare di essere degna del mio compito, perché volevo essere come loro. Sentivo di essere diversa, ma non in senso positivo, non come quelle protagoniste dei libri che sostengono di essere diverse e speciali e magiche e favolose e abilissime in tutto ciò che fanno e naturalmente predisposte al loro destino.

No.

Io ero una sfigata, un'incapace, una persona che continuava a demoralizzarsi, piangersi addosso, desiderare di scomparire e demoralizzarsi di nuovo. Ero entrata in un circolo vizioso che avevo provato ad evitare allontanandomi da tutto e tutti e come risultato mi ero rintanata in un mondo fatto di illusioni dove non potevo vedere o sentire nessuno attorno a me. Ero circondata da persone che mi volevano bene, ma mi ero così tanto estraniata da ogni tipo di emozione che li sentivo più distanti di quanto non fossero. Il loro amore, per quanto grande, non poteva più raggiungermi.

Non c'era più salvezza per me.

Tirai un sospiro tremante mentre mi rigiravo ancora una volta e mi rannicchiavo in posizione fetale.
Accarezzai il marchio sul mio braccio, ricordandomi di come l'avevo ricevuto. Ai tempi dell'Accademia, per quanto difficile fosse la situazione, ero più spensierata ma anche sconsiderata. Ora ero fin troppo prudente, perché avevo paura di perdere le poche persone che avevo intorno. Ma le avevo già perse. Tutte quante. Perché non riuscivo più a sentirle, non come prima.

Allontanai le coperte e mi sedetti sul letto a gambe incrociate. Continuavo a sfregare la mano sul braccio, desiderando di strappare la pelle sopra quel marchio maledetto.

Ringhiai mentre passavo dallo stregare al graffiare. Mi ero tagliata le unghie da poco, le tenevo sempre corte perché mi infastidiva quando mi si conficcavano nella pelle mentre scrivevo, ma in quel momento desideravo averle.

Continuai a graffiare la pelle fino ad irritarla e renderla bollente. I pori si aprirono e da lì uscì del sangue. Poco, ma abbastanza da sporcarmi le unghie con cui stavo grattando.

Cosa stai facendo?

Mi fermai per un attimo, poi ricominciai.

Smettila...

«Lasciami in pace» sussurrai.

Non finché non la smetterai. Cosa vuoi ottenere da tutto questo?

«Non lo so»

E allora fermati...

«No»

Riuscivo a sentire il rilievo della mia pelle, ormai sporca del mio stesso sangue. Era morbido, liscio, piacevole, ma lo stavo rovinando e avrei continuato a farlo.

Non è così che eliminerai il marchio...

«Stai zitta»

Non puoi fuggire da qualcosa che non puoi né vedere né controllare...

«Sì che posso» ringhiai staccandomi un pezzetto di pelle.

No.

«E sentiamo, Miss Esperienza, chi saresti tu per dirmi cosa fare?»

Qualcuno che sa cosa significhi farsi del male e desiderare un destino diverso.

Continuai a graffiare. «E cosa ci fai nella mia camera? Vuoi infestarla, stupido fantasma?»

Sono qui perché tu hai bisogno di me...

«Me la cavo da sola»

Sì, lo vedo bene cosa stai facendo per sistemare ogni cosa. Non sono io quella che si sta autoflagellando nel cuore della notte per motivi idioti...

«Non sono motivi idioti»

E allora perché lo fai? Perché ti stai buttando addosso colpe su cose che non puoi controllare?

«Perché il problema sono io, non lo capisci? Io porto guai»

E allora? È divertente portare guai, rende tutto più interessante. Che vita sarebbe senza delle prove da superare?

«Una vita migliore...»

Migliore? No. No, ti stai illudendo che tutto ciò che non è del tutto negativo sia positivo. Non vedi le sfumature in mezzo...

«Allora sono daltonica»

Idiota.

«Vattene»

No, non me ne vado finché tu non la smetterai di graffiarti quel povero braccio. Non ti ha fatto nulla e nemmeno tu. Tu non hai fatto nulla. Non è colpa tua.

Deglutii a fatica, dando pace al braccio. «Sì che lo è»

E chi lo dice?

«Io»

E tu chi sei?

Trattenni il respiro, poi buttai fuori l'aria e le parole mi scivolarono via in quel soffio. «Non lo so più»

Ottimo. Quindi sei una pagina bianca. E anche la penna che ci scriverà sopra...

«Non-»

Devi ricominciare tutto da capo. So cosa ti aspetta e non sarà facile per te sopravvivere se affronterai i problemi in questo modo. Non puoi addossarti tutte le colpe, devi lasciare che tutto faccia il suo corso. Verrai tradita, subirai tante delusioni e le persone che ami ti volteranno le spalle. Cosa farai alla fine di tutto questo? Piangerai? Ti strapperai di nuovo la pelle? Desidererai di morire? Forse è il caso che tu apra gli occhi e guardi dentro te stessa. Ci sono molte cose che non sai di te, troppe, e più passerà il tempo più sentirai il loro peso. Ti è stata data una seconda possibilità, hai dei poteri, hai degli amici che sono legati a te da un legame più forte di quanto tu possa immaginare. Perché li stai allontanando tutti? Perché per una dannatissima volta non puoi semplicemente perdonarti e accettarti?

«Io... non sono come vorrei»

E allora diventalo, idiota! Nessuno ti darà già tutto nella vita. Devi prendertelo, rubarlo se sei costretta...

«Non so come fare»

Incomincia da medicarti quella stupidata che hai fatto. Poi penserai al resto...

«E se non ci riuscissi? Se crollassi sotto il peso di tutti i miei problemi?»

Non sei sola...

Abbozzai un sorriso rassicurato, asciugandomi una lacrima con la manica del pigiama. «Lo so, ma io mi sento sola e non so come fare a smettere di provare questa sensazione ogni volta che qualcuno prova ad avvicinarsi a me»

Non devi soffocare le tue sensazioni. Devi accettarle. Ti senti sola? Bene, cerca qualcuno. Accettalo. Perché è l'unico modo che hai di sopravvivere. Accettalo. Perché ora sei una pagina bianca e devi ricominciare da capo. Ogni volta che sbaglierai dovrai farlo. Ricomincia finché non raggiungerai un equilibrio. Questo è il mio consiglio per te. Ora medicati quella ferita, mettiti l'animo in pace, riposa e preparati a quel che sta per accadere.

«Sarà così orribile?»

Sì. E tu non devi soccombere al dolore. Non farlo o non ci sarà più alcuna speranza. Perché se crolli tu, crollano tutti. Sei più importante di quel che pensi.
La voce fece una breve pausa, poi ricominciò a parlare.
Ti vuoi dare una mossa? Vorrei riposare in pace e vederti fare certe stupidate mi irrita. Su, muovi quelle chiappette e cercati disinfettante, garza e tutto il resto!

Inspirai profondamente e mi alzai dal letto, sentendo il sangue scivolare lentamente sulla mia pelle rovinata.

Andai nel bagno di fronte alla cucina, lontano dalle camere per evitare che i miei genitori mi sentissero. Accesi la luce e mi resi conto del disastro che avevo fatto. Il mio braccio era totalmente rosso, le dita della mia mano sinistra erano incrostate di sangue e riuscivo a vedere il solco dei miei graffi che divideva in tre parti esatte il marchio.

Bruciava e pizzicava mentre gli appoggiavo delicatamente sopra un batuffolo di cotone imbevuto di disinfettante. Applicai con cura la garza, fissandola con uno scotch di tessuto bianco, infine nascosi tutto sotto la manica e me ne tornai a letto.

La voce, chiunque essa fosse, aveva ragione su tutto e decisi di ascoltarla, perché volevo vivere.

Questo capitolo non era in programma, ma ho voluto metterlo perché io in primis sentivo la necessità di farlo.

Arriva un momento nella vita dove ci si sente sbagliati, inferiori, inadeguati. Dove ogni cosa perde il suo valore. Il cibo, le piccole conquiste, gli amici, la famiglia. Ogni voce o presenza sembra lontana, intoccabile.
Ed è proprio in questi momenti che le persone hanno bisogno di sentirsi dire proprio queste parole.

Lo so, perché in questo periodo ne ho sentito molto la necessità ma nessuno riusciva a dirmi esattamente questo, non mi diceva ciò di cui avevo bisogno veramente. Le parole di compassione, i "ci sono" e tutte quelle dimostrazioni di affetto sono utili... ma a volte non sono abbastanza.
Quindi ho dovuto dirmelo da sola, perché era l'unico modo per farmelo capire.

Non tutti sono come me però. Alcuni hanno bisogno che siano gli altri a pronunciare quelle parole.
Quindi ho provato a farlo. Perché nessuno merita di sentirsi così. Non abbiamo alcuna colpa. Siamo umani... e per questo motivo bisogna accettare ogni sconfitta.

Concludo sperando di riuscire ad applicare quello ho scritto qui, che altrimenti predico bene e razzolo male come al solito *facepalm*

Buona lettura dalla vostra GiulSad :(

(Scusate, ma sentivo la necessità di fare anche questo giochino di parole ahah...
Tremate perché dal prossimo capitolo ritornerò GiulSadic. Buon continuo lettura 😇)

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