PRICELESS

By JennaG2408

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"Le cattive abitudini generano pessime dipendenze" ๐ŸŒ˜Dark romance ๐Ÿ”žForbidden love ๐Ÿ’ฐCrime romance ๐Ÿ“š SCELTA... More

Avviso
C'era una volta una dedica
PARTE I
Prologo Lea
Prologo Trevor
1. FACCIA DA STRONZA
2. Finchรฉ qualcuno non ti compra
3. Fallo stabilire a me
4. Cosรฌ poco di lei, cosรฌ tanto di suo padre
5. Se l'orgasmo fosse un suono
6. Mi aspettavo di meglio
7. La sua degna erede
8. Un errore da 15 dollari
8.1 L'autrice si รจ dimenticata un pezzo di capitolo.
9. Tienila d'occhio
10. Non รจ Trevor
11. Non vali cosรฌ tanto
12. L'anomalia emotiva
13. Il valore dell'innocenza
14. Quasi tutto quello che mi interessa avere.
15 Stasera quello rosso
16 Il mese prossimo potremmo essere morti entrambi
17 Non puoi urlare
18 La Dea piรน capricciosa dell'Olimpo
19. Aspettami senza far danni (parte1)
20 (parte2)Sei tu, la mia sola cosa importante.
21 (parte 3) Seppelliscimi con le scarpe giuste
22 (ULTIMA parte) Voglio sapere se posso urlare.
23 Who needs a boyfriend when you have puppies?
24 Sei uno stronzo fortunato, Trevor Baker
26 Non puoi toccarla
PARTE II
27 Stanco, ma non di lei
28 La prossima volta ti farร  male
29 Un nome per il sesso e uno per l'amore
30 Dolce figlia di un figlio di puttana
31 Ah, Auguri.
32 Quello che sta intorno al cuore
33 L'inferno non va bene per Sebastian Baker.
34 Non sempre un uomo di successo รจ un uomo di valore
35 Fragola, cioccolato e una goccia di veleno: mortale tentazione
36 Non fare di lei la tua Harley Quinn
37 Due affamati nello stesso letto
38 Niente di male a sanguinare un po'
39 E comunque questo รจ un Valentino, stronza.
40 Cattive intenzioni e voglie pericolose
41 La mia bambina non si tocca
42 Scorre sangue immondo
43 La sua pelle e la mia fame (parte 1)
44 Groviglio di carne e abbandono (parte 2 )
45 La migliore cosa sbagliata della mia vita (parte 3)
46 Il sesso come strumento di guarigione
47 Facciamo finta di no
48 Tutti i per sempre portano il nostro nome
PARTE III
49 Quello che sono disposto a fare per te
50 Scelgo il profano e il blasfemo
51 Il sapore di una truce Apocalisse
52 Non abbastanza. Punto
53 Eppure Lea รจ viva
54 Effetto domino
55 Cinquanta sfumature di BlueDomino
56 Londra รจ la mia puttana
57 Questo non puรฒ essere peggio
58 Gli affetti veri muoiono, quelli falsi uccidono
59 Innalzare le mie depravate pulsioni
60 Non c'รจ differenza tra una danza e una guerra
61 Benvenuti a tutti quelli come noi
62 Dimmi cosa ti ha fatto
63 Fammi male
64 Io mi salvo da sola
65 Mister SeLaTocchiTiUccido
66 La differenza tra stimolare e godere
67 Il grillo che mette nel sacco il gorilla
68 Pietร  e rispetto
69 Non ti darei mai meno di tutto
70 Incassare, elaborare, espellere (parte 1)
71 Stavolta puoi urlare (parte 2)
72 Non lasciarmi solo
73 Ci sarรฒ sempre
74 Stai attenta, bambina
75 Piรน incazzato che lucido
76 Scolpiranno il mio nome sulla tua carne
77 Domani รจ giร  arrivato
78 Sembra un addio, signor Baker
79 Esisti per me
80 A fanculo un'ultima volta
81 Non morire senza di me
82 Soffrire ancora un po'
83 Mentre fuori il mondo cade a pezzi
84 Quella vita non รจ mai la tua
85 Ma tu non ci sei (parte 1)
86 Scopami nel modo sbagliato
87 UNLOCKED
PARTE IV
88 Morirรฒ da re
90 Uno stronzo senza cuore
91 Tre baci sulla punta del naso
92 Un sollievo breve e inaspettato
89 Sono il vostro dio
93 Ciรฒ che mi รจ dovuto
94 Ci sarรฒ io, con te
95 Roba cosรฌ
96 Nessuno di noi avrร  conti in sospeso
97 Da uno a dieci
98 Millequattrocentosessantuno giorni
EPILOGO

25 Ogni regina ha il suo scettro

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By JennaG2408

Il delta per El Diablo.

Non dimenticartelo.

Fu Trevor, la mattina dopo, a ricordarmelo. Come avessi potuto lasciare indietro un impegno del genere proprio non lo sapevo. Due giorni senza Denis mi avevano rincoglionita, evidentemente, ma in quelli successivi, per tutta la settimana, feci i compiti con diligenza.

Trevor fu stranamente discreto, tanto che, in alcuni momenti della giornata, mi dimenticavo di avere i suoi occhi elettronici addosso. Alla Credit lavoravo il minimo indispensabile, dato che la somma versata nuovamente da Baker mi garantiva una solida pace da pratiche commerciali per parecchio tempo.

La sera vedevo Andrey al Sweety, e allora capivo che Trevor non era né morto né tornato a Londra. Solo, si nascondeva in qualche angolo tenebroso. Chissà perché. Forse stava elaborando quell'affare che aveva concluso a Milano. Sì, probabilmente stava facendo proprio quello.

E io elaboravo il fatto di essermi fatta scopare in modi che non non mi erano mai stati concessi e che mai avevo concesso. E mi era piaciuto, sì, mi era piaciuto tanto, e ne volevo ancora. Non era un problema che ne volessi ancora, purché la misura in cui ne avesse voluto ancora Trevor fosse maggiore della mia. Non potevo dimenticare tutto quello che c'era in ballo, tutto quell'iceberg di verità più sommerse che emerse: avevo lavorato troppo per vederlo sciogliersi al primo raggio di sole.

Di fatto lo rividi al sabato, quando, secondi i patti, avrei dovuto inserire in sua presenza la chiave di sblocco di El Diablo.

Mi ero esibita nella Red Room, ma avevo preparato la Black per sbloccare El Diablo. Mi presentai con addosso un paio di leggins e un top sportivo: mi ripugnava l'idea di consegnare a Trevor la mia eredità con un Dolce&Gabbana addosso. Il motivo di tanto disgusto sfugge ancora alla mia logica.

E ovviamente lo trovai già dentro la mia room, con le mani in tasca, la giacca addosso nonostante facesse ancora caldo, mentre osservava poco convinto il portatile che avevo semplicemente appoggiato a terra. Mi venne incontro non appena ebbi chiuso la porta.

«Ciao bambina. Ti sono mancato?»

«Per niente.»

Inclinò la testa, studiandomi come fossi un insetto molto curioso.

«Sei proprio una bugiarda del cazzo.» Mi accarezzò i capelli e lo lasciai fare. Forse un po' mi era mancato.

«Cominciamo?» chiesi, ma non attesi nessuna risposta: mi avviai al centro della stanza e mi sedetti a gambe incrociate davanti al laptop.

«Per terra? Sul serio?»

Alzai lo sguardo, convinta. «È pulito, e sono comoda. Tu puoi metterti sulla sedia, o sulla poltrona, se non vuoi sederti per terra.»

Mi guardò di nuovo con la testa inclinata: non capivo se mi stava studiando o se gli facevo tenerezza.

«Starò in piedi, Lea. Ma tu dimmi cosa fai, passo passo. Ok?»

Digitai la password del mio account sulla tastiera, e obbedii. Non mi dispiaceva parlare, mi consentiva di mantenere un certo distacco da quello che stava accadendo.

«El Diablo è un minestrone di roba: un malware metamorfico sostanzialmente, ma con un potenziale inesauribile di possibilità. Attualmente è tarato per spostare sui conti in bitcoin un centesimo per ogni dollaro transato su Wall Street, ma lo si potrebbe modificare e rubare molto di più, o addirittura tutto.»

Di Trevor percepivo solo la presenza al mio fianco, ma supposi stesse osservando dall'alto le mie dita che si muovevano velocemente sui tasti e il monitor del portatile. «Ma in quel caso sospenderebbero le negoziazioni, quindi El Diablo non doveva generare troppo scompiglio. Un centesimo per ogni dollaro è un buon calibro.»

Annuii con la testa, concentrata nell'avviare il collegamento con El Diablo e oscurando il mio indirizzo IP. «Sì, direi un ottimo compromesso considerando che era nato per alimentare i conti in eterno. Ora sto modificando le coordinate di accredito, andrà versato tutto sul conto di tuo padre, e non più sul mio.»

«Stavolta non devi fare errori, Lea.»

Non ne avrei fatti: la prima volta, non essendo a conoscenza del coinvolgimento dei canadesi, mi ero limitata a deviare due flussi senza accorgermi che ce n'era un terzo. Il risultato era che avevo bloccato l'accredito ai Russi e ai Canadesi, ma non agli Inglesi, generando per qualche secondo una serie di bonifici in entrata sul conto di Sebastian Baker di cui mi accorsi solo il lunedì pomeriggio, all'apertura di Wall Street. Intervenni tempestivamente, ma non abbastanza.

Chiaramente, non avrei commesso due volte la stessa leggerezza.

«Ecco, ho fatto. Ora inserisco la chiave di sblocco, che è già comprensiva della variabile e...» digitai una lunga stringa di caratteri alfanumerici. Detti invio, e il malware tornò a vivere. Si sarebbe svegliato lunedì, per cinque giorni. «Finito. El Diablo vive, Trevor. Di Nuovo.»

Alzai lo sguardo su di lui, rassegnata.

«Soddisfatto?»

Sospirò, con le mani in tasca, annoiato da quanto avvenuto, ma infastidito da altro.

«No, Lea, non sono soddisfatto. Te la cavi un po' troppo bene e un po' troppo in fretta con questa roba per essere una che ha iniziato a smanettarci da un paio di mesi.»

E forse Trevor aveva ragionato anche su quell'aspetto, in quei giorni, dato che gli avevo fornito un assaggio della mia confidenza col mezzo già a Milano. Ma che importava, sapevo di avere poco tempo, di dover accelerare su tutto. Con una quantità imprecisata di microcamere a spiarmi costantemente e virus spia in ogni mio dispositivo, mi ero ritrovata in seria difficoltà fin dall'inizio. La mia vita segreta non era mai stata meno al sicuro di così.

«Sono otto anni che lavoro per capire come funziona questa roba, Trevor...»

Si voltò, dandomi le spalle, incamminandosi lentamente verso la parete. Ebbi il sospetto che il vedermi seduta ai suoi piedi gli rendesse difficile sostenere una conversazione sufficientemente aggressiva. Quando tornò a voltarsi, appoggiando le spalle al muro e con le mani perennemente in tasca, potei apprezzare una rigogliosa protuberanza nei pantaloni che diede concretezza ai miei sospetti. Perché in fondo, il più delle volte, la dominanza è solo un'illusione, un bluff, il miglior travestimento di un vizio cui non si sa rinunciare. A dominare davvero sono gli oggetti del desiderio, indipendentemente dalla loro posizione.

«Senti, bambina, io non sono un coglione, anche se ti piace pensare di potermi trattare come se lo fossi. E potrei anche andarmene con quello che mi hai appena dato, con la copia del tuo portafoglio e calcolarmi da solo le tue fottute variabili. Ma tu farai una cazzata. Un'altra cazzata, oltre a quella che ha innescato questo casino.» Ma io non lo ascoltavo più: iniziai a cambiare posizione. Niente più le gambe incrociate: mi sedetti sulle caviglie, i palmi delle mani a terra, aperti. Gli occhi di Trevor che studiavano ogni movimento, mi seguivano come due piume prigioniere del vento. «Dammi tutto quello che hai, Lea. Ti darò ciò che ti spetta e non correrai rischi. Sono un uomo di parola.»

Sorrisi. «La tua parola non vale nulla, Baker. E per quale motivo stiamo discutendo di accordi commerciali a questa distanza?» Come una gatta ricolma d'affetto per il proprio padrone, gattonai verso di lui, una mano davanti all'altra, il labbro recluso tra i denti.

«Oh, bambina, tu non hai gli strumenti per distrarmi dal mio obiettivo.»

Giunsi ai suoi piedi, e sotto i suoi pantaloni vidi ancora spuntare la conferma che i miei strumenti erano quantomeno sufficienti a farglielo venire duro. Mi alzai sulle ginocchia e armeggiai con la sua cintura. «Quindi adesso tu mi impedirai di slacciarti i pantaloni, dico bene, Trevor Baker?»

Mi fissava immobile, senza sfilare le mani dalle tasche, ancora svogliatamente appoggiato alla mia parete nera, e se le dimensioni della sua protuberanza di carne non fossero state di notevole rilevanza, avrei davvero temuto di lasciarlo del tutto indifferente. Ma non c'era modo di nascondere la durezza del suo desiderio, sebbene lui fingesse non ci fosse nulla di anomalo a pulsare dentro i suoi boxer.

«Non ti impedirò nulla, Lea. Ma qualunque cosa tu abbia intenzione di iniziare, dovrai anche portarla a termine, perché non tollero interruzioni in questi ambiti. Ma voglio che tu sappia che una volta che avrò riempito una qualche parte del tuo corpo con il mio liquido seminale, tornerò a interrogarti suoi tuoi segreti finché te li avrò strappati via insieme ai vestiti. Sono stato chiaro, bambina?»

Non risposi, impegnata a liberare la sua verga dalla costrizione della zip dei pantaloni prima, e dell'elastico dei boxer poi.

Ogni regina ha il suo scettro.

Ancora una volta la voce dei miei ricordi mi soffiò nelle orecchie. Riaffiorò il suo tono divertito, l'implicita derisione di quella frase perversa, mentre mi prendeva la mano per portarla alla base del suo membro, ritto e vigile quanto quello di Trevor in quel momento. Avevo avuto paura di sbagliare tutto, con lui, perché a lui piaceva farmi sentire inadeguata in quelle occasioni. Riempivo il suo ego con le mie incertezze, ma anche con i miei gemiti, con i miei orgasmi incontrollati, che lui sapeva addomesticare e piegare alla sua volontà.

Ma in quel presente era la voce di Trevor a parlarmi. Alla sua domanda non risposi senza prima aver misurato la lunghezza del suo uccello con la lingua, dalla base alla punta, appoggiando sul glande una delicata virgola di saliva e carne, che procurò un piccolo sussulto alla sua erezione. Fu la sua unica reazione, ma l'eruzione di liquido preseminale che mi accarezzò la lingua mi regalò la certezza che Baker era fatto di carne e non solo di bugie. Allontanai di poco la mia bocca dal suo glande, nel parlargli. «Le sue intenzioni sono chiare, signor Baker. Almeno quanto le mie. Non resta che vedere chi dei due ci arriverà in fondo, non crede?»

Finalmente estrasse una mano dalla tasca e mi prese per i capelli, ma con una certa delicatezza. Mi piantò gli occhi sulla bocca, e seppi che avrebbe voluto baciarmi più di quanto avrebbe voluto scoparmi. Misi al sicuro quell'informazione in un angolo del cervello. «Parli troppo, considerando che non stai rispondendo a nessuna delle mie domande. Ora smettila di ammirarlo e prendilo in bocca, Lea. O devo pensare che tu abbia il dubbio di non poterlo contenere tutto?»

Avevo quel dubbio, in effetti. Ma tra dubbio e paura c'è un abisso. Sorrisi, aprii la bocca e lo accolsi dentro, cercando di gestirne la dimensione senza procurarmi dei conati poco eleganti. La presa tra i capelli divenne più dura, ma non ancora dolorosa. Avrei voluto muovermi a piacimento ma la mano di Trevor mi guidò la testa e me lo ritrovai quasi in gola. Mi uscì un lamento soffocato tra le tonsille, l'ugola e il suo uccello.

«Devi impegnarti di più, bambina. Questa è robetta da principianti.»

Sentii lacrime brucianti bagnarmi gli occhi, mentre cercavo di abituarmi a quell'intrusione profonda e impietosa che mi solleticava la parte molle del palato. Ritenni impensabile anche solo l'azzardare qualche altro millimetro di penetrazione, ma la presa ferrea di Trevor tra i miei capelli mi suggeriva che il tentativo andava fatto, assolutamente.

«Inspira, Lea. Allarga la gola. Impegnati, Cristo.»

Mi impegnai, conquistando altro spazio dove credevo non averne più, accogliendo un altro po' di lui, vezzeggiando tuti i suoi centimetri raggiungibili con carezze umide della mia lingua. Mi bruciava la gola, e mi bruciavano gli occhi, e la posizione della mascella era quanto di più scomodo potessi immaginare, ma adoravo quella costrizione alla sopportazione: era lì che volevo stare ed era quello che volevo fare.

«Resisti un po', Lea, ancora un po'.»

Strinsi gli occhi, conscia che quei secondi non sarebbero stati poi così pochi, che avrei dovuto tollerare quell'ingombrante occupazione più a lungo di quanto chiunque altro avrebbe voluto. Chiunque altro, a parte me. Io volevo solo che mi restasse dentro il più possibile, finché non mi si fosse frantumata la mascella e incendiata la gola.

Sentii il tocco delicato delle dita di Trevor sulla guancia, un muto incoraggiamento, o forse miti congratulazioni per la resistenza di cui stavo dando prova.

«Hai una lingua, Lea. Usala, andiamo.»

C'era così poco spazio libero, dentro la mia bocca, che muovere la lingua mi parve un atto forzoso e sgraziato, ma avvolsi il membro di Trevor come meglio potei. Il gemito che scaturì dalla sua gola libera da ostacoli mi diede abbastanza fiducia da proseguire.

Le dita smisero di accarezzarmi, rimase solo la presa dell'altra mano tra i miei capelli.

«Preparati. Adesso si fa sul serio.»

Ebbi un fremito di paura quando compresi che non avrei più dovuto sopportare l'immobilità, ma un brusco moto di cui non avevo il controllo: era Trevor a stabilire di quanto potevo muovere la testa, allontanandola da lui per poi tornare a misurare le sua lunghezza fino alle tonsille. E i suoi colpi decisi sembravano voler prendere a pugni la mia gola: non era un movimento eccessivamente veloce, quello cui mi costringeva, ma era piuttosto profondo. Non trattenni un colpo di tosse che si infranse tra la mia ugola e il suo spietato ariete di carne. Infine mi ci abituai: la gola si allargava quanto bastava a ogni affondo, mi tranquillizzai nel constatare che il ritmo era costante e sopportabile, sebbene il dolore che mi attraversava la mascella stesse raggiungendo nuovi livelli di intollerabilità.

Poi, senza preavviso, Trevor si sfilò completamente dalla mia bocca e io ripresi fiato, lasciando che piccoli rivoli di saliva mi colassero lungo il mento. Alzai lo sguardo sul suo pulendomi il viso con il dorso della mano. Le sue dita mi stringevano ancora i capelli.

«Lea, mi spieghi per quale motivo sono l'unico a usare le mani? Avanti, bambina, un po' di iniziativa...»

Mi spinse di nuovo la testa tra le sue gambe ed ebbi appena il tempo di realizzare che la pausa era finita, prima di ritrovarmi di nuovo la bocca invasa da lui. E non c'era più nulla di lento, mi mancava il tempo di allargare la gola tra una spinta e l'altra: incapace di sostenere a dovere la situazione, sfregai i denti sulla pelle sottile di Trevor, che imprecò in un ruggito.

«Cazzo, Lea!»

Ma non si fermò, né rallentò, e anzi prese a muovere il bacino in moto opposto al mio, e io che ero ormai in balia del suo bisogno di sentirsi appagato al più presto non trovai alcun modo utile di occupare le mani, se non appoggiandole alle sue cosce cercando di opporre un minimo di resistenza all'occupazione sempre più cruenta cui mi stava sottoponendo.

«Ancora un po', bambina, ancora un po'...»

Le lacrime infine presero a scendere lungo i lati delle guance, spinte non da un bisogno emotivo quanto dall'esigenza del mio corpo di buttare fuori qualunque cosa pur di far posto a quello che mi stava occupando la bocca con tanta brutale arroganza. E resistetti, con il dolore di schegge di vetro nella gola e di una pugnalata ad attraversarmi ila mascella, in attesa di sentirmi sgorgare lungo l'esofago il frutto di quell'atto feroce e languido allo stesso tempo, che mi stava piacendo nella stessa misura in cui mi stava demolendo, che mi riempiva e mi svuotava nell'anima oltre che nella bocca.

E alla fine il suo miele caldo si fece balsamo nella gola arrossata, zampillando allegramente sul palato e corteggiando l'ugola, restandomi dentro in maniera definitiva, attraversandomi piano, e arrivandomi nello stomaco, che resse l'urto e con una piccola contrazione. Sentii l'ingombro di carne farsi più piccolo e adagiarsi lentamente sulla mia lingua, ancora scosso da qualche spasmo di piacere, ma ormai arrendevole, addomesticato.

E succhiai ogni goccia del suo succoso nettare, ripulendo con dedizione ogni piega della pelle, con gli occhi di Trevor piantati nei miei, stanca, anzi distrutta, ma non sconfitta.

Infine non rimase più nulla da pulire, più nulla di cui impadronirmi, e restituii lo scettro al mio re.

La tua regina ha un nuovo scettro, brutto figlio di puttana.

Ma tanto lui non lo avrebbe saputo mai, che finalmente avevo abbattuto tutti i muri che mi aveva costruito intorno.

Quello che dovevo assolutamente evitare, era di ritrovarmi prigioniera delle nuove regole di Trevor.

«Una prestazione accettabile, Lea.»

Un commento quasi sprezzante, di cui non mi curai troppo. Lo avevo visto allontanarsi da me per gestire una dolorosa erezione senza che lo avessi nemmeno sfiorato: Trevor sapeva mentire incredibilmente bene con la bocca e con il corpo. Ma il suo cazzo no, non sapeva proprio mentire.

«Ora può andare signor Baker. Hai avuto più di quanto ti meritassi e ti è piaciuto più di quanto tu sia disposto ad ammettere.»

Mi porse la mano e mi fece alzare. Mi ripulì il mento con il pollice, e vidi di nuovo il suo sguardo infilzarmi la bocca. Quell'uomo avrebbe voluto baciarmi fino a prosciugarmi.

«È piaciuto anche a te, bambina. Avevi voglia di avermi dentro, e hai trovato il modo di soddisfare la tua voglia. Adesso ti porto a casa, e resterò lì finché non mi avrai detto tutto quello che voglio sapere.» Mi passò le dita sul contorno delle labbra: mi piaceva il suo tocco, ma non quanto io piacessi a lui. Almeno, quella era la mia convinzione. «Credimi, Lea, posso essere convincente anche senza ucciderti. Ti ricordo che Denis è un fattore più che trascurabile in questa faccenda: dovesse capitargli qualcosa di brutto, per me non sarebbe un problema.»

La prima immagine che mi sovvenne nella testa nell'acquisire la sua intenzione di portarmi a casa, fu quella di me appoggiata al tavolo della cucina e Trevor in piedi tra le mie gambe che mi scopava con tutta la sua prepotenza.

La seconda fu quella di Denis sanguinante a terra, davanti alle Nike bianche di Trevor.

«Prendersela con Denis è proprio da pezzi di merda, Trevor.»

Le sue dita abbandonarono la mia bocca.

«Allora non fare di me un pezzo di merda. Parla. Salverai sia te che lui.»

«Non ho nulla di nuovo da rivelarti.»

«Come vuoi tu, bambina. Ma sappi che stasera sarò l'unico ad avere un orgasmo. Non è facendoti godere che ho intenzione di farti parlare.»

Ma qualunque fosse l'intenzione di Trevor per quella notte, si scontrò con avvenimenti imprevisti.

Ricordo che uscimmo dal Sweety, che chiusi il cancello dopo aver attivato l'allarme e che mi avviai con lui alla macchina.

Poi ricordo un odore strano nelle narici, un sapore sgradevole in bocca, un dolore inaspettato alla base del collo e la voce di Trevor che mi gridava qualcosa che non compresi. Mi risvegliai su un pavimento di pietra, in una stanza buia. Trevor era legato a una sedia e sanguinava dal naso.

SPAZIO AUTRICE

Ci siamo, a camminare in un campo minato, prima o poi si pesta una mina.

Vi ricordo che questo è un dark romance dalle tinte crime e che quindi scene di violenza bla bla bla abusi bla bla linguaggio volgare bla bla bla.

Insomma, ci siamo capiti.

Il prossimo è l'ultimo capitolo relativo alla PARTE I di Priceless.

La PARTE II è quella che mi sta facendo rincoglionire più del solito.

Quanto è lungo Priceless? Credo tra i 70 e i 90 capitoli (ho le idee chiarissime ahaha).

Quando lo finirò? Se vedo che è fattibile provo entro luglio per iscriverlo al concorso WATTYS, altrimenti me la prendo con un po' di calma nella speranza che giungano nuove lettrici. A questo proposito... solita solfa: se vi va e lo ritenete, una stellina o un commento eccetera.

Stavolta sarò ancora più sfacciata: se volete condividere la storia con amiche/follower/social ben venga. Io purtroppo sono sia su tik tok che su Insta ma sono un'influencer da mezzo soldo bucato.

Grazie a chi è giunto fin qui, e grazie a chi mi seguirà fino alla fine.

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