I Temibili 10

By GiulSma

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•Terzo volume della serie Le cronache dei Prescelti Celestiali• «We are here...» Negli Stati Uniti si sta ve... More

Prologo
1|Proprio come Eleven
2|Kitsune
3|Strizzacervelli
4|Di nuovo coi guardiani
5|Il MMantello
6|Chi è L. Degare?
7|Terapia di coppia
8|Team Anti-Killer X
9|Un gelato a marzo
10|L'avventuriera
11|Un pomeriggio col principino viziato
12|Killer X
13|Sebastian
14|Resisti
15|Una pessima babysitter
16|Fuggire dai problemi
18|Necessario per vincere
19|Marta, sei un genio!
20|Petali blu
21|Pagina bianca
22|Segreti
23|Sta succedendo
24|Chiamata alle armi
25|Odi et amo - M&A
25|Odi et amo - R&D
25|Odi et amo - B&J
25|Odi et amo - E & A/S
25|Odi et amo - D & T
25|Odi et amo - G & T
25|Odi et amo - Loro...
26|Salvare i salvatori
27|Requiem
28|Sei il nostro piccolo Sole
29|Harron
30|Pace?
31|Regina dei mostri
32|In viaggio per Zurigo
33|Il succo è la mia debolezza
34|C'è un asino dietro di te! Ah no, è Nicholas
35|Basta bugie
36|Il tempo scorre
37|Impossibile tocco di due dita
38|Chiromante
39|Non si torna più indietro
40|Non dimenticare le calze
41|Che la missione abbia inizio
42|Φιλία
43|È finita
44|Duo mortale
45|Esprimi un desiderio...
Epilogo
⚜️ Curiosità ⚜️
Ringraziamenti

17|Biscotto?

98 4 102
By GiulSma

Mi rigirai tra le soffici coperte prima di sentire il vuoto sotto di me, e poi caddi a terra con un tonfo.
Dalla mia bocca uscì un lieve lamento mentre aprivo lentamente gli occhi abituandomi alla luce che filtrava dall'alta finestra rettangolare del salotto di Gregorio.

Mi alzai barcollante e osservai i miei vestiti sporchi e rovinati, neanche le scarpe si erano salvate. Guardai il mio paio di Converse blu andato rovinato dalla sera prima, erano piene di terra e avevano i bordi sfilacciati. Sperai che nel magazzino ce ne fosse un paio nuovo.

L'unico indumento che si era salvato era la mia preziosa maglietta degli Slipknot, regalatami da mio padre per il mio compleanno insieme a un CD con le loro canzoni che avevo custodito gelosamente nella mia stanza insieme a quello dei Metallica e dei Black Sabbath.

«Buongiorno» Gregorio entrò nella stanza, avvolto in una vestaglia rossa di cotone. Reggeva in mano una tazza di tè verde che beveva a piccoli sorsi, sobbalzando quando la sua lingua andava a contatto col liquido bollente.

«Buongiorno» risposi guardandomi intorno. Non c'era alcuna novità se non un piccolo mazzo di fiori appoggiato sulla libreria. «Come sono finita qui?»

Il mago ridacchiò profondamente e si sedette sul divano, accanto a me. Appoggiò la tazza fumante su un cerchietto di sughero e mi accarezzò con la stessa dolcezza che un nonno riservava per i suoi nipoti. «Ti sei addormentata in un campo. Grazie a un corvo sono riuscito ad individuarti e infine Athariel è andato a prenderti»

Quindi era stato lui a prendermi in braccio. Non avevamo avuto alcun tipo di contatti da quando il Mezzosangue aveva attaccato il campo e non avevo nemmeno avuto modo di scusarmi con lui.
Non mi voleva parlare o vedere, era profondamente deluso.
Chissà se lo aveva infastidito doversi non solo avvicinarsi a me ma anche prendermi in braccio.

«Suvvia, basta fare quella faccia da funerale. Prendine uno» Mi porse un piattino con dei grossi e burrosi biscotti al cioccolato. Ne addentai uno e sorrisi, coccolata dai modi gentili di Gregorio. «Anche se non vuole ammetterlo, Athariel è felice che tu sia qui»

«E allora perché non me lo dice di persona? Perché si nasconde dietro di te? Quell'uomo ha mille anni, tu poco più di trecento, sembra più bambino lui che i piccoli guardiani che si stanno allenando proprio adesso»

Gregorio sorrise, increspando la pelle rugosa. Aveva l'aspetto di un sessant'enne ma non sembrava per niente più vecchio di quando lo avevo incontrato per la prima volta. Invecchiava molto lentamente, ma era meglio così, almeno sarei morta con la consapevolezza che ci sarebbe stato lui al campo a proteggere i piccoli guardiani e a trasmettere loro tutto l'affetto di cui avevano bisogno.

Appoggiai la testa sulla sua spalla. «Perché quell'uomo dev'essere sempre così irritante?»

«Non tutto è come sembra, piccola apprendista. Athariel sarà pure burbero, ma ha a cuore la tua salute. Non dico che ti voglia bene, lui prova difficilmente delle emozioni o dei sentimenti, ma ci tiene che tu rimanga in vita»

«È... Era il mio allenatore, è normale che voglia che io sopravviva grazie alle tecniche che mi ha insegnato ma sa bene che non accadrà...»

Il mago riprese in mano la tazza. «Basta pensare a cose negative, rilassati. Vuoi del tè?» Scossi la testa, poi lui mi porse ancora il piatto pieno di biscotti. «Allora prendine un altro. Il cioccolato è la miglior medicina contro la tristezza»

Presi un altro biscotto caldo e lo mangiai mentre Gregorio beveva e sospirava felice. Come faceva ad essere così tranquillo nonostante tutto? Aveva un campo di ragazzini da gestire, centinaia di scartoffie da compilare e possedeva i ricordi della precedente Grande Guerra che era stata assai violenta, come faceva a non mostrare il minimo segno di preoccupazione nell'immaginare il suo campo distrutto e i suoi ragazzi massacrati? Perché era quella la fine che avremmo fatto, proprio come trecento anni prima.

«Riesco a percepire i tuoi pensieri negativi da qui» Fece una smorfia divertita. «Non alimentare le tue paure e non sottometterti a loro. Impara a calpestarle di tanto in tanto, vedrai che così vincerai ogni tipo di battaglia» Mi porse ancora il piatto. «Biscotto?»

La porta dello studio, vicino al salotto, si aprì scricchiolando appena e da lì uscì Athariel, col suo solito sguardo cupo e severo. Notai subito il suo nuovo taglio di capelli, probabilmente fatto da Fred che si vantava spesso delle sue abilità da barbiere.

Ora, al posto della folta chioma corvina che gli arrivava alle spalle come quella di Faramir del film Il Signore degli Anelli, c'era un taglio più moderno, con un ciuffo corto che si sviluppava al centro del cuoio capelluto e i lati sfoltiti e rasati quasi del tutto.

Ma la cosa che mi colpì più di tutte era l'assenza della sua armatura dorata. Vestiva solo con una morbida maglietta grigia di cotone e una tuta nera, mentre ai piedi, al posto degli stivali, indossava un paio di ciabatte morbide.

Quando mi vide sorridere sopra il divano, con un biscotto al cioccolato in bocca, sembrò quasi fare una smorfia felice. Poi si ricompose e percorse a grandi falcate la stanza.

Feci finta di nulla, pensando che mi avrebbe ignorata come aveva fatto per tutto quel tempo. Da un lato me lo meritavo, non sarei dovuta scappare di fronte ai miei problemi, ma ormai era inutile piangere sul latte versato.

Gregorio si alzò dal divano, sorridendomi dopo avermi accarezzato la spalla. «Se hai bisogno di farti una bella doccia calda, usa una di quelle della domus» Poi rivolse un ultimo sguardo ad Athariel che era a metà tra un ammonimento e un incoraggiamento, e infine se ne tornò nel suo studio per controllare attraverso la pila di fogli sulla scrivania la situazione all'interno del Mondo Nascosto.

Il guerriero si mise dall'altra parte del tavolino, in piedi, a fissarmi con le braccia incrociate.
Abbassai lo sguardo, sentendomi inutilmente colpevole.

«Fuggire dai problemi non è e non sarà mai la soluzione» affermò senza rancore. «Ma essendo il nostro primo dialogo dopo tanto tempo preferirei evitare di rimproverarti, per quello avremo tempo ogni sera da oggi. Riprenderai ad allenarti con me»

Nei suoi occhi colsi un bagliore soddisfatto, che non andava confuso con la gioia. Athariel non era felice di continuare ad allenarmi, non se fino ad un anno prima gli avevo dimostrato che nonostante tutti i suoi insegnamenti io rimanevo bloccata nella mia incapacità di combattere. Portarmi al pari degli altri prescelti suonava impossibile, ma questo perché non mi ero ancora scontrata con la vera testardaggine del guerriero. Era un uomo d'onore e avrebbe portato a termine il suo compito a tutti i costi, glielo leggevo nello sguardo severo e lievemente preoccupato.

«Ma prima di fare qualsiasi cosa voglio sapere cosa ti è successo ieri sera. Se devo essere disturbato durante l'ora della mia meditazione per venire a recuperare una ragazzina svenuta voglio sapere perché ti sei trovata in quella situazione»

Abbassai lo sguardo imbarazzata. Il suo tono era più morbido rispetto alle altre volte, merito dei consigli e dei rimproveri di Gregorio, ma dover spiegare che ero finita nella tana del lupo per due volte nello stesso giorno mi imbarazzava. Chi non si sentirebbe stupido ad essere così ingenuo? Avevo quattordici anni e mi comportavo come una bambina di quattro, quanto tempo ci avrei messo e quante volte mi sarei cacciata nei guai prima di crescere e riconoscere i miei veri nemici?

Smisi momentaneamente di autocommiserarmi e raccontai ogni cosa ad Athariel, tralasciando i dettagli più pericolosi o imbarazzanti come tutta la discussione con Kitsune.

Più parlavo e più il guerriero si incupiva, avvicinandosi per sentire meglio fino a sedersi accanto a me. Averlo di fianco mi faceva sembrare minuscola al confronto, eppure era proprio questa consapevolezza a farmi sentire protetta. Per la prima volta riuscivo a sentirlo vicino.

Lui mi aveva permesso di entrare nella sua bolla, io nella mia, e da quel momento era iniziata una gara a chi avrebbe resistito abbastanza a lungo prima di scoppiarla e far ritornare tutto come un tempo, quando speravo che sparisse per sempre lasciandomi in pace.

Finito di raccontare, Athariel rimase seduto sul divano, massaggiandosi il mento sbarbato. «Quindi ora conosciamo l'identità di uno degli infernali» rifletté. «Potresti sfruttare la situazione per individuare gli altri Infernali. Il vampiro gli ha rimosso ogni memoria del vostro breve rapporto, puoi ricominciare ogni cosa con discrezione»

«Non è stupido, si accorgerebbe se lo sfruttassi per raccogliere informazioni. A quel punto intuirebbe che sono sua nemica»

«Non necessariamente»

Mi voltai di scatto, notando come i suoi soliti occhi dorati e luminosi fossero spenti e stanchi, prosciugati da troppe notti passate in bianco. Da quant'era che non dormiva? «Che cosa intendi? Sebastian è un ragazzo sveglio, anche fin troppo, cosa ti fa pensare che non si accorga della mia identità?»

«Il fatto che sia un ragazzino tanto quanto te. Ha bisogno di una persona su cui fare affidamento ed ecco che entri in gioco tu»

Inarcai un sopracciglio. «Ma questo vuol dire manipolarlo»

«Esattamente, dovrai manipolarlo. In guerra dovremo tutti sacrificare qualcosa, se ci pensi un'amicizia destinata a fallire sembra il sacrificio più semplice da fare per assicurarci la vittoria»

«Sapere l'identità degli Infernali non ci garantirà la vittoria. Dovremo comunque combattere tra noi»

«Ed è qui che ti sbagli» disse sicuro delle sue idee. «Sapendo chi sono potremo risalire ad ogni informazione su di loro, sulle loro famiglie e sui loro amici»

Spalancai gli occhi, sapevo già dove sarebbe andato a parare il discorso. «No. No, è immorale»

«Una guerra non si vince facendo gli onesti»

Mi alzai di scatto. «Ma nemmeno comportandosi da mostri. Non raccoglierò alcuna informazione a meno che tu non mi prometti che non farete del male alle famiglie degli Infernali»

Athariel sospirò rassegnato. «Questo non lo decido io, ma posso provare a far ragionare i membri del Consiglio»

Incrociai le braccia guardandolo con scetticismo. «Lo prometti?»

«Lo prometto»

Sorrisi soddisfatta. «Allora va bene. Grazie, Athariel»

Per un attimo gli angoli delle sue labbra fecero un guizzo all'insù, ma furono così veloci che pensai di essermelo immaginata.

Indicò dei vestiti puliti e piegati lasciati sopra una poltrona. «Quelli sono tuoi. Vai a farti una doccia, ridurrà la tua tensione. Rilassati finché puoi, perché da questo tardo pomeriggio in poi sarai obbligata ad allenarti con me»

«Va bene» risposi tranquillamente, prendendo i vestiti. Stare con Athariel non sembrava poi così spaventoso o terribile e tutto grazie ai lunghi discorsi che gli aveva fatto Gregorio. «A dopo»

«A dopo» mi salutò. «Non fare tardi all'allenamento o farai il doppio degli esercizi, niente sconti della pena»

Ovviamente doveva rovinare tutto con una innocente minaccia, ma non ci badai molto, dovevo ancora elaborare il fatto che non mi avesse urlato contro com'era solito fare e che, anzi, mi era sembrato più comprensivo.

༺ 𓆩♱𓆪 ༻

Ma se Athariel aveva dimostrato di essere cambiato in meglio, il Mezzosangue aveva dato prova di essere peggiorato.

Dopo il nostro scontro acceso al Campo il suo odio per i Celestiali, già grande, si era triplicato. Era rimasto nell'ombra per più di un anno, ma non si era mai concesso una pausa.

Aveva elaborato nei minimi dettagli un piano che prevedeva l'espansione del suo esercito e l'acquisizione di sempre più alleati all'interno del Mondo Nascosto.
Mandava spie kamikaze nella Città Aurea, non curandosi di come venivano trattate, minacciava chiunque non volesse collaborare e uccideva nei modi più originali chi lo ostacolava.

Un grande imprenditore aveva osato opporsi a lui e non pagare più il pizzo impostogli, quindi prima di tutto Madrigale aveva acquistato ogni sua azione e società, poi aveva modificato la struttura del suo corpo in modo che le braccia si fondessero col petto e infine l'aveva buttato giù da un grattacielo.

Poi si era ribellato uno stregone tra i più potenti, facendo leva sull'umanità degli altri soldati li spinse ad andare contro il Mezzosangue. Il risultato fu inconcludente: la rivolta fu sedata immediatamente da un debole gesto della mano di Madrigale con il quale schiacciò tutti i rivoltosi all'interno di una stanza, imbrattandola del loro sangue, e li rimpiazzò immediatamente con nuovi acquisti.

Il Mezzosangue non era un individuo che si faceva mettere i piedi in testa, era lui a metterli e se la persona su cui li posava non si inchinava, rischiava di morire nel peggiore dei modi.
Era un tiranno, un manipolatore, un mostro che aveva perso ogni traccia della sua umanità.
Nemmeno le parole di Lidia erano riuscite a dissuaderlo dal minacciare una povera ragazzina che voleva solo proteggere le sue sorelline.

E tutto questo per cosa? Cosa voleva così ardentemente da sacrificare la sua stessa natura per ottenerla? O meglio, chi voleva?

Erano domande che Scorpione si poneva ogni giorno.
Vedeva il suo padrone confidarsi con Lidia, lei sapeva ogni cosa, mentre lui rimaneva all'oscuro di tutto. Ma non gli importava, non era una persona curiosa e non lo era mai stato, neanche da bambino.
Rigido e silente, ecco com'era. Parlava di rado perché, per quanto si sforzasse, non era in grado di parlare la lingua delle Creature della Notte o le varie lingue dei Normali, ma riusciva comunque a comprenderle.

Il suo silenzio lo aveva reso più temibile di quanto in realtà fosse. Tutti notavano subito il suo aspetto massiccio e possente, lo associavano ad una montagna impenetrabile e ad un assassino silenzioso e letale, ma se lo avessero visto in quel momento, intento a finire di ricamare una meravigliosa farfalla col punto croce, chissà cosa avrebbero pensato di lui.

Per fortuna era solo nella sua stanza, lontano dalla violenza e dal trambusto dei piani inferiori della Torre di Ossidiana, dove i generali si radunavano spesso per prendere decisioni importanti e finivano per uccidersi a vicenda. Morti questi, Madrigale ne trovava altri e tutti facevano più o meno la stessa fine. Ecco perché ora il ruolo di generale era stato abolito e rimaneva solo quello di comandante dell'esercito, affidato a Scorpione, anche se rimanevano comunque gli ufficiali che a loro volta litigavano.

Ma per quanto fosse bravo in battaglia, non riusciva comunque a parlare o ad esporre le sue idee in una lingua che tutti i suoi soldati capissero. Così chiamava una o due persone che avevano studiato la sua lingua madre e le mandava ad esporre le sue strategie. E nel frattempo si dedicava al cucito.

Trascinato dal vortice di pensieri, si punse con l'ago. Guardò una goccia di sangue verde scuro scivolargli giù dal pollice e cadere per terra. Mise il pollice in bocca, come un bambino, e quando lo tirò fuori la ferita era scomparsa.

A dispetto di quel che era stato costretto a diventare, era un ottimo guaritore.
Nella sua comunità dove aveva vissuto fino ai vent'anni, vi erano dei druidi che ricoprivano le cariche massime dei villaggi e istruivano i giovani.

Suo padre era uno di questi e gli aveva insegnato ogni mestiere: cucire, curare, cucinare, e cacciare.
L'arte del combattimento l'aveva appresa tempo dopo, quando i soldati della regina erano giunti nel suo villaggio per reclutare i giovani più prestanti.

Essendo un ragazzo alto e ben piazzato non era difficile notarlo, così intraprese un lungo cammino verso la capitale dove venne addestrato ed entrò nell'esercito.

Ma si rifiutava di ricordare gli eventi da quel momento in poi. Preferiva concentrarsi sul presente, sotterrando ogni prova di un passato che non aveva mai raccontato a nessuno, eccetto per una persona.

Strizzò gli occhi per non pensarci e si concentrò sulla farfalla che stava ricamando. "Ho sbagliato un punto" pensò aggrottando le sopracciglia mentre sfilava con cura il suo errore.

«E io che pensavo che ti stessi allenando» Lidia sbucò fuori dall'ombra della stanza. Per quanto tempo era rimasta ad osservarlo? Scorpione le rivolse uno sguardo confuso. «Non guardarmi così, sono solo abituata a vederti impugnare i tuoi strani pugnali ricurvi, tutto qui» Si allontanò dal muro per osservare la farfalla ricamata. «Poi cosa ci farai?»

«Quadro» rispose Scorpione nella lingua delle Creature della Notte. «Poi appendo sul...» indicò il muro vicino a loro dov'erano appesi una decina di quadri, tutti ricamati da lui. Grandi o piccoli, erano tutti ugualmente spettacolari.

Lidia annuì fiera del suo amico. «Ottimo, ma dovrai finire il tuo lavoro un'altra volta. Madrigale ci vuole vedere e non sembra per niente di buon umore»

"E quando mai lo è stato?" pensò lui sforzandosi di non alzare gli occhi al cielo. Il suo padrone poteva anche avere trecento anni ma possedeva le stesse sembianze e la maturità di un ragazzino.

Lidia schioccò le dita e avvolse entrambi in un vortice di fumo viola. Quando Scorpione riprese a vedere, si ritrovò nella grande sala in cima alla Torre. Un tempo c'era un trono su cui Madrigale si sedeva per pensare, ma lo aveva distrutto qualche settimana prima, in preda a un momento di furia.

Così quel posto era solo un'enorme sala vuota con un'intera parete di vetro da dove si sarebbe potuto vedere ogni cosa se solo le nuvole tempestose che vorticavano attorno alla Torre non coprissero il paesaggio.

«Ed eccoci qua» gongolò Lidia, avvicinandosi a Madrigale. Il ragazzo dava loro le spalle, osservando il nulla cosmico fuori dalla vetrata. «Di cosa volevi parlarci?» chiese Lidia, mettendosi al suo fianco.

Scorpione tenne le distanze. Non aveva lo stesso rapporto di Lidia col suo padrone, il loro legame era stato quasi forzato.
Avevano un obbiettivo in comune, tutto qui.
Lo seguiva e stava al gioco solo per questo e una volta che sarebbe riuscito ad ottenere quel che cercava se ne sarebbe andato, abbandonando quella vita da assassino che tanto ripudiava.

Sporcarsi le mani di sangue lo inorridiva e lo faceva sentire impuro. Ogni volta che eliminava una vita andava contro agli insegnamenti di suo padre, motivo per cui era costretto a rintanarsi nella sua stanza e scusarsi con gli dèi per le sue azioni empie.

E a giudicare dalla furia di Madrigale che stava scatenando nell'ultimo periodo, Scorpione si sarebbe dovuto sporcare le mani un'altra volta.

"Questa volta non basteranno un paio di preghiere a farmi perdonare" immaginò.

«Ho un lavoro per entrambi» disse il Mezzosangue senza voltarsi. «Ho dato un ultimatum ai Celestiali. Hanno tempo fino a domani al tramonto per consegnarmi ogni informazione su una ragazza»

«Morgan?» azzardò Scorpione.

Quanto mai l'avesse mai detto: Madrigale si voltò furioso, pronto a spaccare il mondo in due se avesse potuto. Lidia lo fermò in tempo prendendolo per il braccio e gli fece segno di calmarsi con l'altra mano.

Il ragazzo si ricompose in fretta, sistemandosi la ciocca di capelli che si era ribellata all'acconciatura precisa. «Esattamente. La voglio qui il più presto possibile, prima che gli Infernali entrino in gioco e che lei rovini i miei piani»

"Tanti problemi per avere tra le mani qualcuno che non si vuole far trovare" rifletté Scorpione. "Povera ragazza, se quel mostro mettesse le mani su di lei..."

«Ciò che dovrete fare sarà assicurarvi che non facciano alcuna mossa avventata. Domani sera verrete con me e se non dovessero darmi ciò che voglio» Lanciò uno sguardo d'intesa al suo comandante. «Dovrai uccidere chiunque ti capiti a tiro»

"Non mi piace" borbottò tra sé e sé nella sua lingua natale.

«Lo farò» rispose senza battere ciglio. "O almeno ci proverò" L'ultima cosa che voleva era fare del male a delle famiglie innocenti. Era già stato costretto più volte a farlo e sapeva bene come si sarebbe sentito male. Portava tutti quei fantasmi sopra le spalle, sperava di liberarli pregando i suoi dèi ma alcuni erano troppo grandi per lasciarlo. Così ci conviveva e cercava di rendere loro onore ricamando qualcosa che glieli ricordasse.

«Ora puoi andare, Scorpione» Non era una concessione, era un obbligo. «E prima che tu torni a ricamare, fai visita a un mio vecchio amico, il signor Hunter, e ricordagli che mi deve ancora fornire i risultati di quei test»

L'uomo si inchinò rigidamente e se ne andò. Per quanto tempo sarebbe avrebbe ancora dovuto assecondarlo? Quanti innocenti avrebbe ucciso fino a quel momento?

Sospirò pian piano che attraversava i lunghi corridoi della Torre. "Devo sbrigarmi a finire di ricamare la farfalla... Nuovi fantasmi si aggiungeranno presto".


Capitolo un po' insolito, non trovate?
Con Athariel che sembra migliorato... e il primissimo punto di vista di Scorpione.
Troppa calma, c'è stata decisamente troppa calma.
Be', avrò modo di rimediare nei prossimi capitoli :)

Buona serata da
GiulSadic

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