I Temibili 10

By GiulSma

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•Terzo volume della serie Le cronache dei Prescelti Celestiali• «We are here...» Negli Stati Uniti si sta ve... More

Prologo
1|Proprio come Eleven
2|Kitsune
3|Strizzacervelli
4|Di nuovo coi guardiani
5|Il MMantello
6|Chi è L. Degare?
7|Terapia di coppia
8|Team Anti-Killer X
9|Un gelato a marzo
10|L'avventuriera
11|Un pomeriggio col principino viziato
12|Killer X
13|Sebastian
14|Resisti
15|Una pessima babysitter
17|Biscotto?
18|Necessario per vincere
19|Marta, sei un genio!
20|Petali blu
21|Pagina bianca
22|Segreti
23|Sta succedendo
24|Chiamata alle armi
25|Odi et amo - M&A
25|Odi et amo - R&D
25|Odi et amo - B&J
25|Odi et amo - E & A/S
25|Odi et amo - D & T
25|Odi et amo - G & T
25|Odi et amo - Loro...
26|Salvare i salvatori
27|Requiem
28|Sei il nostro piccolo Sole
29|Harron
30|Pace?
31|Regina dei mostri
32|In viaggio per Zurigo
33|Il succo è la mia debolezza
34|C'è un asino dietro di te! Ah no, è Nicholas
35|Basta bugie
36|Il tempo scorre
37|Impossibile tocco di due dita
38|Chiromante
39|Non si torna più indietro
40|Non dimenticare le calze
41|Che la missione abbia inizio
42|Φιλία
43|È finita
44|Duo mortale
45|Esprimi un desiderio...
Epilogo
⚜️ Curiosità ⚜️
Ringraziamenti

16|Fuggire dai problemi

96 5 95
By GiulSma

Il serpente di Marisol sembrò farmi la linguaccia quando lei lo prese in mano per accarezzarlo.
Le sue piccole squame bianche avevano assunto la sfumatura azzurrognola delle lucine poste dietro i sedili, che formavano una L, e attorno alla zona bar di fianco a me e davanti ai due ragazzi.

Andrew si servì bevendo una lattina di Coca Cola, poi arraffò un piccolo pasticcino al cioccolato e lo divorò in un solo boccone, leccandosi le dita con gusto.

Con tutto quello che mi era capitato quella sera era già tanto che fossi riuscita a tenere in pancia la meravigliosa cena preparata dallo chef di Sebastian, e per quanto volessi poter assaggiare quel che c'era nella limousine, gentilmente offerto da quello strambo di Ulegard, non ero sicura che il mio stomaco fragile avrebbe gradito.

Marisol avvicinò a me la mano dove si era attorcigliato il piccolo Nathair. Mi schiacciai contro lo schienale del sedile, spaventata.
Il mamba albino chiuse gli occhietti e mostrò la sua linguetta.

«Gli piaci!» esclamò Marisol «È raro, sai?»

«Molto raro» aggiunse ironico Andrew, infilando in bocca un altro pasticcino.

La ragazza lo ignorò. «A Nathair piacciono le persone dal cuore tenero e tu sei burbero come pochi»

«Sarò pure burbero» Le diede un bacio fugace lasciandola senza parole. «Ma sono ottimo a baciare»

Guardai fuori dal finestrino desiderando di poter uscire al più presto da quella macchina, tutto quel cicci pucci era nauseante.

Era mezzanotte passata e in strada non c'era nessuno. Sicuramente la limousine non mi stava portando a casa mia, anche perché l'autista non conosceva il mio indirizzo, ma non ero preoccupata. La presenza di Marisol mi confortava, non la consideravo una nemica o, per meglio dire, non accettavo la possibilità che lo fosse.

Mi schiarii la gola per porre fine a quel momento imbarazzante. «Scusatemi se mi intrometto» Non è vero, non mi dispiaceva. «Ma si può sapere cosa ci fate voi qui e di cosa vorreste parlarmi?»

Marisol sorrise raggiante e si lasciò cadere sul posto vicino al mio, mettendomi il braccio dietro le spalle. «Ti ricordi che tempo fa ti accennavo a delle mie visioni sul futuro?»

«No...?»

«Non importa, ora lo sai. Ho avuto una visione dove tu entravi nella casa di Sebastian e l'ho riferita al signor Ulegard, il nostro maestro, che ti stava cercando dalla serata dell'incoronazione. Devi aver fatto colpo su di lui, è raro che veda del potenziale in una persona, ma forse è perché non aveva mai visto una prescelta prima di quel momento»

Sbiancai improvvisamente. «Quindi voi sapete...»

«Sì, sappiamo ogni cosa, vero Andrew?» Il ragazzo annuì distrattamente mentre apriva una seconda lattina di Coca Cola. «Ma non preoccuparti, il tuo segreto lo sappiamo solo noi e Ulegard»

«Lo Stregone Cremisi lo sa?»

Marisol scosse la testa. «Quel vecchiaccio, per quanto potente, si è rincitrullito a causa della vecchiaia. Non ci sente più e fatica a vedere, ma rimane pur sempre il Gran Maestro dell'Ordine delle Maschere d'Argento. E poi non bisogna dirgli tutto, alcune cose possono essere tenute segrete, specialmente se potrebbero mettere in pericolo una mia cara amica»

Andrew ruttò, attirando la nostra attenzione. «Scusate» Si coprì la bocca soffocando un secondo rutto. «Dovevi vedere Marisol come ha pregato Ulegard di tenere la bocca chiusa, è stata molto coraggiosa ad affrontare quel vampiro spocchioso»

Le gote della ragazza si tinsero di rosso. «Adulatore» lo rimproverò. Poi si concentrò di nuovo su di me. «Vuoi sapere di cosa volevo parlarti?» Annuii lentamente mentre Nathair scivolava lentamente sul sedile e saliva sulla mia gamba. Ero tentata di lanciarlo via, ma gli avrei dato solo un motivo per mordermi. Marisol notò il mio disagio e riprese in mano il suo mamba albino, accarezzandogli la testolina con l'indice. «Come già saprai, i prescelti infernali sono stati nominati e la Grande Guerra sta per avere inizio. Ma nel Mondo Nascosto, a insaputa tua e dei Celestiali, si stanno organizzando le fazioni che lotteranno contro di voi. La nuova repubblica dei vampiri si è schierata con gli Infernali mentre le altre Creature della Notte hanno deciso per ora di astenersi dal conflitto, ma sappiamo entrambe da che parte si schiererebbero se fossero costrette a prendere una decisione»

«Quindi siamo circondati da nemici, perché anche il Mezzosangue sembra provare astio nei nostri confronti e in particolare dei miei»

Marisol inarcò il sopracciglio. «Che cosa gli hai fatto?»

Inspirai profondamente. «Ho rovinato più volte i suoi piani e ho rifiutato l'offerta di unirmi a lui»

Andrew per poco non si strozzò. «Tu sei stramba. Schierarsi con lui avrebbe garantito la vittoria!»

«Sì ma contro i miei amici!» ribattei sbattendo le mani sulle mie stesse cosce. Il piccolo Nathair fece un balzo e si rifugiò sulla spalla della sua padroncina, sibilando impaurito. «A che serve tradire le persone a cui tengo per poter aver salva la vita? Vivrei per sempre col rimorso di averli condannati e traditi, tanto vale morire»

Il ragazzo riprese a mangiare una fetta di torta. Era magro ma sembrava che dentro il suo stomaco ci fosse un buco nero. «Sei davvero coraggiosa, proprio come quando ci hai liberati dal controllo di Mr. Slave, ma non confondere il coraggio e l'onore con la stupidità, la sua proposta era davvero interessante»

«Ho già spiegato perché non volevo stare con lui. In più è un uomo spregevole, crudele e manipolatore. Non mi stupisco che sia anche solo... Solo con un esercito immenso, una strega come braccio destro, e un colosso soprannominato Scorpione»

Marisol fischiò stupita. «Pare persino più potente di come me lo ero immaginato. Ad ogni modo sembra inoffensivo...per ora. Ciò di cui ti devi preoccupare sono gli Infernali»

«Sì ma non so chi sono, a parte uno...»

Ripensare a Sebastian era più doloroso di quanto potessi immaginare. Ma perché ci ero rimasta male? Lui era una persona come tante altre e non eravamo nemmeno così vicini da considerarci amici. Perché dovevo ingigantire qualcosa che doveva rimanere piccola? Per non scoppiare di fronte a Marisol e Andrew rimpicciolii quei sentimenti e li soffocai, com'ero solita a fare. Quanto avrei retto prima di disintegrarmi l'animo a furia di sopprimere spietatamente ogni sentimento?

Marisol sembrò decifrare la mia espressione preoccupata, anche se avevo cercato di rimanere il più neutra possibile. «Ce la farai»

«Lo spero... Ma anche se riuscissi a vincere, dovrei morire comunque»

«E allora, se devi morire, cosa ci fai qui? Perché non sei a spassartela e a divertirti? Perché stai vivendo una vita noiosa e monotona senza alcuno scopo? Guardare la tua fine non ti porterà altro che nuove preoccupazioni, devi spassartela!» Marisol mi abbracciò forte, stritolandomi come un boa mentre il suo piccolo mamba albino strisciava felice sui sedili in pelle nera.

Forse aveva ragione, ma come potevo fare a divertirmi quando sapevo di essere circondata da doveri? Una soluzione sarebbe stata abbandonare tutto e vivere da eremita in un bosco, insieme a un gatto paffutello che avrei chiamato Mr. Chonky. Ma, conoscendo i Celestiali, mi avrebbero trovata e lanciata senza pietà nel mezzo di una guerra che non ero in grado di gestire.

Mi chiedo come facevano i giovani del medioevo ad impugnare una spada e lanciarsi in battaglia con lo stesso coraggio dei cavalieri più valorosi.
Probabilmente perché avevano uno scopo e qualcosa in cui credere. Erano spinti dalla fede, io ero spinta da una forza invisibile che cercavo di contrastare.

Tuttavia avevo fatto dei progressi. Mi ero avvicinata di più agli altri prescelti e avevo ripreso gli allenamenti, anche se molti li saltavo a causa dei compiti e dello studio. Ma non riuscivo ad usare i miei poteri, non senza provare una strana sensazione. Era come usare qualcosa di non mio, non era naturale, era una forzatura. E la maggior parte delle volte, anche se volevo usarli, non ci riuscivo.

Tutte le sere da quando ero tornata al Campo immaginavo me stessa davanti ai miei nemici e realizzavo quanto fossi debole.
I poteri non funzionavano come sperato, le tecniche di scherma erano grezze o quasi inesistenti, non avevo strategia e se provavo a visualizzare la presenza dei miei nemici mi pietrificavo sul posto dalla paura. Se non ero in grado di reagire a uno scenario fittizio, come avrei fatto quando li avrei incontrati veramente tutti e dieci?

Più ci pensavo e più la mia ansia si ingigantiva, schiacciando ogni pensiero positivo che avevo provato a riordinare per tranquillizzarmi.

«Basta pensare» mi sgridò Marisol, con voce bassa e consolatoria. «Ce la farai, io credo in te e negli altri prescelti. E per qualsiasi cosa potrai contare su di me»

Il piccolo Nathair strusciò teneramente la sua testolina sulla mia gamba, dandomi momentaneamente il coraggio di vincere la mia paura dei rettili e accarezzarlo.

Le piccole squame erano lisce e fragili, anche se leggermente viscide. Mi fissava con i suoi teneri occhietti neri e con la sua piccola bocca sembrava sorridermi.

Passai il dito sulla sua testolina e lo ritrassi poco dopo sentendo un brivido schifato lungo la schiena. Mi facevano ancora impressione i serpenti, ma almeno potevo dire di averne toccato uno.

«Visto? Non era poi così difficile» Marisol prese in mano il mamba e gli diede un bacetto a cui il piccolo rispose con una linguetta sfarfallante e un'espressione felice. «A volte bisogna correre il rischio e fare ciò che ci spaventa. E poi, come ti avevo detto, tu sembri piacere molto a Nathair» La sua bocca si incurvò in un sorriso gentile. «Perché sei una brava persona»

Andrew sbuffò incrociando le braccia davanti al petto. «Io ancora non ho capito perché non gli piaccio. Il cuore gentile ce l'ho eccome!»

Marisol rivolse gli occhi al tettuccio della limousine. «Sì ma si vede che la vista di Nathair ti inorridisce. Lui non ama quando gli altri lo giudicano male, è un po'... permaloso»
Il serpente abbassò il musetto, offendendosi.

«Pensa quel che vuoi, ma tanto sono sempre io a dargli i topolini la sera» Alzò le braccia in segno di resa.

«Gli dai dei pezzi troppo grandi! Ha l'interno sensibile»

«Scusami se mi fa schifo squartare un povero topolino!»

«Non lo devi-»

«Siamo arrivati» li interruppi quando vidi la limousine fermarsi di fronte a un palazzo di quattro piani così malandato da sembrare un detrito unico.
Quella di certo non era casa mia e, a giudicare dai graffiti, dalle porte inesistenti e dai vetri rotti, non era la casa di nessuno.
Si trovava vicino a un ristorante turco da cui provenivano ancora le voci stonate di qualcuno che stava provando a cantare qualche canzone latinoamericana. Strano che dopo la mezzanotte si potesse fare ancora baccano, mi dispiaceva per i residenti della piccola villetta accanto.

Entrammo nel palazzo smembrato. Il buio non mi permetteva di ammirare i bellissimi graffiti sui muri finché Marisol non accese la torcia del telefono. Salimmo delle scale intrappolate dai rampicanti e arrivammo in una stanza allestita con un tavolino basso ma largo, delle sedie rovinate e una poltrona. Su ogni cosa erano presenti disegni e caricature. Dei diavoletti si rincorrevano sui muri e i loro sghignazzi erano mimati dal vento gelido che entrava senza pietà nella stanza portandosi con sé delle foglie secche resistite all'inverno.

Lasciò il telefono sul tavolino e si sedette sulla poltrona lasciandosi andare a un sospiro di sollievo.

«Perché siamo qui?» chiesi. Una nuvoletta di vapore scivolò via dalla mia bocca, mescolandosi con l'aria.

«Perché dovevamo essere qui» Marisol si alzò dalla poltrona, camminando lentamente verso di me. «Voglio il tuo bene, Giulia, ma devo obbedire al mio maestro. Non urlare, non fuggire e non opporre alcuna resistenza. Il signor Ulegard vuole vederti e non ha cattive intenzioni»

Corri...

Non sapevo se essere più terrorizzata dal fatto che ero finita in trappola per la seconda volta quella sera o per il ritorno della voce.
Ulegard sbucò dall'ombra, con indosso un mantello bianco come la neve di Incubia, la terra dei vampiri. I suoi occhi scintillarono di rosso, bramosi di osservarmi. Era inquietante.

Corri...

Ripeté la voce. Mi rimbombava nel cranio impedendomi di pensare.
Ulegard arrivò a pochi centimetri da me e mi accarezzò il mento con le sue lunghe e pallide dita vampiresche. «Finalmente abbiamo modo di parlare, prescelta» La sua risata era profonda e inquietante. «È insolito che tu non sia una Mikael...» Mi girò attorno come un boa che si preparava a circondare la sua preda. «Ed è ancora più insolito il tuo aspetto. Una prescelta non dovrebbe avere un'armatura e girare sempre con la sua arma? Sono curioso di vedere cosa impugni. Mostramela»

Ti ho detto di correre...

"Non posso!" risposi alla voce, deglutendo a fatica. I miei piedi si erano incollati al pavimento pieno di vernice e polvere di detriti.
Toccai la mia collana, preparandomi ad estrarla. Dovevo fare una toccata e fuga: estrarre la spada, attaccarlo e scappare. Ma il vampiro non mi sembrava stupido, aveva trecento anni di esperienza e un attacco a sorpresa non avrebbe portato a nulla.
Evocai la spada, mostrando la lama al vampiro.

CORRI! CORRI, IDIOTA!

Assaltai Ulegard, squarciandogli il mantello con un taglio netto e saltai giù dal palazzo, cercando appiglio tra gli alberi spogli. Volai giù, in mezzo alla strada, rotolando e sbattendo ovunque. Mi sbucciai un gomito, ruppi il mio giubbotto e mi sporcai di polvere e di residui del benzene espulso dalle macchine, ma ero ancora in grado di correre.

E allora corsi, corsi fino a farmi scoppiare i polmoni, fino a riempire la mia milza di sangue. Ulegard mi osservava dal palazzo, deluso e amareggiato, ma non tentò di inseguirmi, confidava nel destino che ci avrebbe fatti incontrare di nuovo.

Ero stanca e tutta l'energia che non impiegavo per correre la usavo per tenere gli occhi aperti.
Un ultimo sforzo e sarei stata al sicuro.
Piantai i piedi sul suolo, crepando la terra arida talmente era grande la forza che gli stavo imprimendo e mi piegai in avanti, pronta a scattare.
Sentii un formicolio propagarsi dal marchio fino ad arrivare alle gambe, era da tanto che non provavo quella tecnica. Riuscivo a vedere la luce addensarsi davanti a me, in un vortice appuntito che si creava man mano diventando sempre più luminoso e denso.

Ci saltai dentro, percependo la resistenza dell'aria come una bolla densa che riuscii a scoppiare per miracolo, e viaggiai senza meta, col solo scopo di allontanarmi dal vampiro e dai due ragazzi.

Furono solo dieci secondi di viaggio ma mi sembrarono un'eternità. Poi la mia energia finì e venni sbalzata fuori, rotolando sull'erba incolta di un campo lasciato a maggese.

Potevo vedere le stelle da lì e sentire i grilli fare un concerto di suoni insieme ai corvi ancora svegli per dare la caccia agli scarti dei fastfood lasciati incustoditi nei cestini o sul ciglio della strada.
Era tutto così rilassante che per un attimo mi dimenticai delle migliaia di insetti che dovevano essere finiti sotto di me o addirittura sopra.

Mi lasciai cullare dal canto del vento e chiusi gli occhi, pregando che quella pace non finisse e che io potessi essere tanto in armonia quanto lo erano tutti quegli esseri tra di loro.

La natura non combatteva, conservava ciò che riteneva più importante e lasciava tutto il resto al caso, immaginando che tutto si sarebbe sincronizzato armonicamente, ristabilendo l'ordine naturale.
Perché non era così anche per noi umani? Perché non potevamo semplicemente sincronizzarci con ciò che ci stava intorno invece di combatterlo e sottometterlo?

Battaglie su battaglie, guerre su guerre, sangue su sangue e il mondo cadeva a pezzi. La natura poteva essere brutale, ma l'uomo lo era di più perché se gli animali seguivano l'istinto, gli esseri umani seguivano la ragione ed erano doppiamente colpevoli delle atrocità che compivano poiché ne erano consci.

Ma tutto quel dolore e quella voglia insaziabile di possedere non la sentivo. Ero ancora una ragazzina, una delle più innocenti e ingenue, non avevo bisogno di altro al di fuori di affetto e buoni voti a scuola. Non volevo il mondo, non volevo il potere, volevo ciò che era necessario per vivere nel mio piccolo universo e godermi la mia breve vita. Perché gli adulti non potevano fare lo stesso? Perché dovevano permettere che il male li corrompesse?

Sospirai, sentendo la presenza di un corvo accanto a me che aveva smesso di gracchiare per non svegliarmi. Mi picchiettò il duro becco sul braccio, come a controllare che fossi viva, poi zampettò via alla ricerca di qualcosa da mangiare.
Sorrisi sentendo l'erba solleticarmi le mani, infine mi addormentai.

Qualcuno mi trovò e mi raccolse da terra, prendendomi in braccio com'era solito fare ai bambini. Era una persona grande, dalle spalle larghe e le braccia forti, modellate da anni di addestramento.

Sembrò lanciare qualcosa poco più avanti, forse un sasso, poi avanzò verso il centro del campo, dove si stava formando una piccola voragine, e mi portò al sicuro tra i miei simili: al Campo dei Guardiani.

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