L'Ultima Strega

By Trachemys

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Avere sedici anni non è mai facile, questo Chiara lo sa bene. Tra interrogazioni, primi amori, genitori appre... More

Premessa
1.1 Chiara Accolti Marchesi
1.2 Chiara Accolti Marchesi
2.1 Piccoli Incidenti
2.2 Piccoli Incidenti
3.1 La Festa
3.2 La Festa
4.1 Progressi
4.2 Progressi
5.1 Amore e Altri Misteri
5.2 Amore e Altri Misteri
6.1 Vacanze di Natale
6.2 Vacanze di Natale
7.1 Streghe
7.2 Streghe
8. Scomparsi
9.1 Cambio di Carte
Premessa Parte II
9.2 Cambio di Carte
10.1 Vita da Strega
10.2 Vita da Strega
11.1 Passato
11.2 Passato
12.1 Salvataggio
12.2 Salvataggio
13.2 Ricucire lo Strappo
Epilogo

13.1 Ricucire lo Strappo

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By Trachemys

La mattina dopo, venne svegliata da una manata di Umberto sulla porta della stanza. Sobbalzò, e sentì la ragazza tra le sue braccia sobbalzare con lei.

Aprì gli occhi controvoglia, e la prima immagine che mise a fuoco fu quella di un’arruffata Cassandra che si svegliava di soprassalto, con un diavolo per capello e l’aria turbata. A Chiara si sciolse il cuore nel petto.

Cassandra le sorrise, e lei avvertì che le sue labbra si aprivano in un sorriso a loro volta. Fu sul punto di darle un bacio, quando la sentirono. «Buongiorno, ragazze. Dormito bene?»

Chiara, che le dava le spalle, si voltò sull’altro fianco e la vide. Isabella era già vestita di tutto punto, abiti integri e non gli stracci logori del giorno prima. Era seduta sul letto e le guardava con un sorrisino che la sapeva lunga, così lei si schiarì la voce e parlò. «Isabella, buongiorno! Scusa per ieri, noi…»

«Scusa per cosa?»

Chiara si chiese se stesse facendo la finta tonta o se davvero non si fosse resa conto che il giorno prima avevano limonato in modo selvaggio giusto a qualche metro da lei.

«Per… perché…»

«Perché abbiamo chiacchierato prima di dormire! Ti avremo tenuto sveglia!» intervenne Cassandra.

«Oh no, no… ho dormito come un sasso!»

«Allora è tutto a posto!» esclamò la ragazza con un sorriso innocente. «Meglio vestirci, oggi è il grande giorno!»

Il grande giorno, il giorno in cui avrebbero rapito Carbone e l’avrebbero costretto a ricucire lo strappo tra streghe e stregoni, il giorno che preoccupava tanto Gennaro e, di conseguenza, Edoardo e Lorenzo. Si alzò a fatica, per poi infilarsi nel suo vestito con l’aiuto delle altre due.

«Come vorrei una doccia» si lamentò, sistemandosi gli orli della gonna 

Isabella arricciò il naso, confusa. «Cos’è una doccia?»

«È come una vasca da bagno, ma dove ti lavi in piedi.»

«In piedi?»

«Sì, c’è un tubo sulla tua testa che fa uscire l’acqua, e tu ti metti sotto per lavarti.»

«Sembra scomodo.»

«Ma no, è molto più comodo di una vasca, è…»

«Andiamo, che ne dite?» intervenne Cassandra, con un sorrisino.

Si ritrovarono di sotto, i ragazzi erano già pronti, nei vestiti del giorno prima. Quando Edoardo le vide arrivare si illuminò, tutti il suo volto si accese di una luce di genuino entusiasmo, e Chiara si sentì in colpa per quello che aveva fatto la notte prima, anche se non riuscì a pentirsene del tutto.

«Ecco cosa faremo» disse Gennaro, che aveva l’espressione seria e il braccio di Lorenzo intorno alle spalle. «Quando Carbone sarà qui, Umberto gli rifilerà del neutralizzatore. In questo modo sarà inoffensivo. Vedremo di tenercelo buono, e poi lo convinceremo a ritirare le accuse contro le streghe.»

«Sì, ma come?» chiese Cassandra, che sembrava in fibrillazione.

«Io e Gennaro abbiamo vagliato tutte le opzioni possibili, questa mattina» intervenne Umberto, che si dondolava appena sulla gambe con fare nervoso. «L’unica soluzione è questa: fare leva sulla sua discendenza. Dobbiamo dimostrargli che veniamo davvero dal futuro, e fargli capire che, se continuerà questa guerra, le streghe ruberanno tutti i Libri Sacri e la dinastia degli stregoni si estinguerà.»

Edoardo annuì. «Ce la facciamo. Così lo strappo sarà ricucito, le streghe si risparmieranno la strage, e noi stregoni ci risparmieremo la loro minaccia e il furto del Libro.»

Gennaro si abbandonò del tutto alla presa di Lorenzo, che resse il suo peso. Chiuse gli occhi e disse «Abbiamo meno di tre minuti. Poi sarà qui. Dobbiamo… dobbiamo salire, in modo che non ci veda sinché non avrà preso il neutralizzatore.»

«Quello che ti preoccupava tanto può ancora succedere?» chiese Edoardo, apprensivo.

«Sì. Ma… ma non importa. Sapevo che avrei dovuto sacrificare qualcosa. Tutto ha un prezzo, giusto? E poi, se staremo attenti, forse non si verificherà» Lorenzo non disse nulla, si limitò a premere le sue labbra sulla tempia del compagno, che si crogiolò per un attimo in quel contatto e poi riaprì gli occhi. «Andiamo?»

«Andate» incitò Umberto. «Al resto penso io.»

Si ritrovarono al piano di sopra, in corridoio, tendendo un orecchio verso le scale. La mano di Cassandra sfiorò la sua, e lei la strinse. Notò che a Edoardo cadde l’occhio sulle loro mani intrecciate

Sentirono qualcuno bussare, e Chiara vide Isabella trattenere il respiro. Una voce ovattata che ricordava tanto quella di Edoardo trapelò attraverso le stanze deserte. Isabella e Gennaro sembravano i più nervosi e turbati, ma Chiara sentiva anche lei stessa essere lì lì per andare nel panico.

«Affinché Carbone si fidi di lui, Umberto prenderà il neutralizzatore a sua volta. Questo significa che non potrà vedere il futuro, e quindi io sarò l’unica Sibilla almeno per qualche ora.»

Edoardo annuì. Chiara sapeva che l’avrebbe seguito ovunque, che se Gennaro gli avesse detto di entrare di corsa nella stanza accanto urlando e di saltare addosso a Carbone per atterrarlo l’avrebbe fatto senza pensarci due volte 

Gennarocrazia, così l’aveva chiamata una volta, e si confermava sempre come la verità assoluta, per quei due.

«Ci dici tu quando possiamo uscire allo scoperto?» sussurrò Isabella, che era tornata in pieno possesso dei suoi poteri.

«Sì.»

Sulle sue labbra, nonostante l’ansia dovuta alla presenza del suo carceriere, si dipinse un sorriso ferino.

La mano di Cassandra le diede una stretta forte, a cui le rispose con un’altra  stretta ferma.

«Shh, sto cercando di sentire cosa dicono» sibilò Lorenzo, per zittirli.

Gennaro lo guardò con un sorrisino di scuse. «È inutile. Non puoi riuscirci.»

Questo bastò, lui indossò un’espressione infastidita che sostituì quella concentrata di poco prima.

I minuti passarono nel silenzio, le chiacchiere di Umberto e Carbone che echeggiavano indistinguibili per il corridoio spazioso, in un borbottio cupo.

«Tra sessanta secondi il neutralizzatore farà effetto» sussurrò Gennaro, tra i denti.

Chiara si sentì mancare. Ce l’avevano fatta, dunque? Carbone aveva assunto il neutralizzatore come sperato? Stava davvero tutto andando secondo i piani?

Eppure, Gennaro non sembrava essersi tranquillizzato. Questo la turbò.

Attesero col fiato sospeso per un minuto che parve un’era, poi Gennaro si riscosse e annuì. «Andiamo. Qualunque cosa succeda, Chiara, non ti avvicinare a lui prima che sia immobilizzato. Capito?»

«I… io?» balbettò, confusa.

«Sì, tu. È di vitale importanza che tu segua questa mia indicazione. Ce la farai?»

«Sì, certo.»

Non osava nemmeno pensare cosa sarebbe potuto succedere se avesse ignorato il suo consiglio. Forse la prospettiva che lui e Umberto tanto temevano si sarebbe avverata, forse…

«Andiamo» borbottò sbrigativo Lorenzo, attraversando il corridoio e sbucando nella stanza degli ospiti.

Col cuore in gola, Chiara lo seguì.

Sentì il rumore di due serrature che scattavano, e intuì che qualcuno, forse Isabella, doveva aver sigillato la stanza con la magia. Soltanto qualcuno con una chiave – o con dei poteri – sarebbe potuto uscire, nessuna delle opzioni si applicava a Carbone.

Non appena sentì quel suono secco, si voltò di scatto. Il suo sguardo si soffermò prima su Gennaro, poi vide lei.

«Tu» sibilò, volgendo lo sguardo verso Umberto e alzandosi in piedi. «Tu mi hai ingannato.»

Fu Edoardo a farsi avanti. «Vogliamo solo parlare.»

Ci fu qualche attimo di silenzio, poi il volto di Carbone si accartocciò in una smorfia frustrata. «Mi hai rifilato un neutralizzatore» disse, facendo un passo verso Umberto.

«Io non ci proverei, se fossi in te» intervenne Isabella. «Noi i poteri li abbiamo ancora. È finita, Leonardo. Ora dovrai ascoltarci.»

«Verranno a cercarmi. Sanno tutti che ero diretto dalla Sibilla, se non tornerò verranno qui.»

«Abbiamo tempo prima che arrivino» rispose Gennaro. «Più che a sufficienza. Almeno quattro ore, forse di più.»

Edoardo si avvicinò a lui, per convincerlo a calmarsi e immobilizzarlo con dei lacci preparati da Umberto già prima del loro arrivo. Accadde in un attimo. Carbone gli afferrò il braccio e lo girò dietro la sua schiena, Edoardo emise un verso di dolore, poi Leonardo gli assestò un calcio che lo fece piegare in avanti boccheggiando.

La mente di Chiara si azzerò. Dimenticò che cinque persone, lei ed Edoardo compresi, avrebbero potuto usare la magia in quella stanza. Vedeva solo Edoardo ferito, doveva fare qualcosa, così saltò in avanti e gli fu addosso.

L’istante dopo, Edoardo era stato spinto a terra e lei si ritrovò con un pugnale premuto sulla gola.

Strabuzzò gli occhi e guardò i suoi compagni. Lorenzo stava dando una mano a Edoardo ad alzarsi, Cassandra la guardava impaurita, Isabella sembrava furiosa. Gennaro no. Lui era solo terrorizzato.

Sentì la lama che si spingeva più contro la sua carne e una piccola ferita, doveva averle tagliato appena la pelle della gola.

«Chiunque faccia il minimo accenno al fare una magia e le apro la gola in due. Ve lo giuro.»

Chiara non ebbe neanche la forza d’animo di maledirsi per quello che aveva fatto, la presenza del pugnale era troppo ingombrante nella sua mente, sentiva le gambe molli dalla paura.

Se Gennaro e Umberto avessero visto questo? Se avessero visto la sua morte?

Sentiva il cuore picchiarle in gola, ansimava col fiato corto, e si forzò di tenere gli occhi puntati sui suoi amici senza vacillare.

«Tu» abbaiò Carbone, facendo un cenno verso Umberto. «Apri la porta, avanti.»

Il giovane, con mano tremante, estrasse la chiave da una piega della sua veste e si avvicinò verso la porta. Se Carbone l’avesse portata via come ostaggio, i suoi compagni avrebbero dovuto liberarla. Non avrebbero mai fatto in tempo prima di quel pomeriggio, quando l’incantesimo del tempo si sarebbe esaurito. Non avrebbero mai fatto in tempo a recuperarla per tornare a casa entro le tre, sarebbe rimasta nel passato per sempre. Non avrebbero mai fatto in tempo a ricucire lo strappo prima di svanire, tutto ciò che avevano fatto sarebbe stato inutile.

Tenendola per la gola, Carbone fece qualche passo verso la porta. Chiara guardò Umberto, e glielo lesse negli occhi. Non avrebbe lasciato che tutto il loro lavoro fosse andato sprecato, non avrebbe lasciato che il loro viaggio fosse stato invano.

Tutto si mosse attorno a lei come sfocato. Umberto afferrò il polso di Carbone che teneva il pugnale e lo strattonò, Chiara saltò in avanti, libera dalla sua presa. Sentì Gennaro gridare e gettarsi verso il suo antenato, ci fu una colluttazione, un urlo di dolore, poi tutti e tre furono sbalzati a terra.

«Ne ho abbastanza» sibilò Isabella, che doveva aver fatto un incantesimo. «Il gioco è finito.»

Chiara così si ritrovò tra le braccia di Cassandra, al sicuro, con Isabella che stava in piedi e osservava la scena con uno sguardo dardeggiante d’odio. Carbone era privo di sensi, opera sua senza dubbio, e Gennaro e Umberto si lamentavano entrambi, Chiara vide lo scintillare rosso del sangue.

Sentì un «Genny» terrorizzato, e l’istante dopo Lorenzo ed Edoardo erano accanto all’amico.

«No» mormorò Gennaro, alzandosi a sedere a fatica. «No, no, no…»

Si trascinò sino a Umberto, era lui che perdeva tutto quel sangue. Aveva una ferita a un lato del collo, sopra la scapola, che grondava di un rosso vischioso.

«Ci penso io» mormorò Lorenzo, inginocchiandosi in quella pozza scarlatta e infradiciandosi le vesti di rosso. «Ce la posso fare, ci penso io.»

«È troppo tardi» riuscì a rantolare Gennaro, con voce rotta. «Non puoi fare nulla. Sta morendo, oddio, sta morendo.»

Mentre Lorenzo provava a toccarlo per assicurarsi che fosse vero, il suo bisogno di consolare il compagno che superava la sua fiducia cieca, Edoardo si abbassò e abbracciò il suo amico, che sembrava inconsolabile.

Chiara restò rigida al suo posto, con un vuoto nel petto. Non aveva ascoltato le parole di Gennaro, e Umberto era morto per questo. Per una sua leggerezza, per non aver seguito la predizione della Sibilla.

Sentì il suo stomaco contorcersi insieme alle sue viscere e i suoi occhi riempirsi di lacrime. «Mi dispiace… mi dispiace, io…»

L’espressione di dolore sul volto di Umberto svanì, i suoi muscoli si rilassarono.

Era finita.

È colpa mia. È colpa mia. È colpa mia. Si accorse di avere la nausea, bisogno di vomitare.

Gennaro stava tentando di reprimere singhiozzi violenti, uno gli sfuggì da petto. Edoardo stava tentando di calmarlo come poteva, era accovacciato accanto a lui e lo stava stringendo.

«Non lo capite. Non lo capite, vero?» chiese poi, con voce graffiante dal pianto.

Edoardo gli sussurrò qualche parola all’orecchio, stringendolo più forte, ma lui scosse la testa.

«Non l’avete capito… Umberto non sarebbe dovuto morire. Lui non aveva… non aveva ancora avuto figli. Sapete che significa?»

«Che cosa?» chiese Lorenzo, con voce tremante, nel momento esatto in cui Cassandra disse: «Oh.»

«Significa che…» la sua voce si spezzò e si separò dalla stretta di Edoardo con stizza. «Cazzo. Significa che il mio antenato non ha alcuna discendenza. Significa che la mia famiglia è appena stata spazzata via. Significa che io non sono mai nato. Significa che non potrò più tornare nel futuro. Svanirei nell’istante in cui compaio, perché laggiù non ho più senso di esistere.»

Chiara si sentì mancare.

«No» disse Lorenzo, «non è vero. Ci dev’essere una soluzione.»

«Non c’è. Dovrete… dovrete lasciarmi indietro. Dovrete lasciarmi qui.»

«Resto anch’io» insistette il ragazzo. «Restiamo insieme. Non ho alcun interesse a tornare in un futuro in cui non esisti. Resto io con te.»

«No, invece. Tu tornerai nel duemilaventi, e sarai distrutto per un po’… poi ti ci abituerai, come un dolore cronico, imparerai a conviverci. Avrai altre relazioni, alcune andranno bene e altre male, come tutti. È così che deve andare.»

«Non mi interessa come deve andare, e non voglio altre relazioni.»

«Abbiamo sedici anni. Non staremmo insieme per sempre comunque. Non puoi rinunciare alla tua vita per me.»

Lorenzo lo guardò come se avesse detto un’assurdità. «Cosa dici? Certo che… certo che staremo insieme per sempre.»

«Invece no. Io l’ho visto. Saremo felici per un pezzo, poi conoscerò una ragazza e ti lascerò, e tu ti pentirai di non essere tornato indietro quando avresti potuto farlo.»

«Non è vero, è una bugia. Lo stai dicendo… lo stai dicendo per convincermi a tornare. È una bugia.»

Gennaro gli rivolse un sorriso bagnato. «Immagino che non lo saprai mai. Immagino che dovrai fidarti di me.»

«Vado a prendere aria» rispose Lorenzo, alzandosi in piedi e dirigendosi a grandi passi verso i piani superiori. La serratura scattò sotto le sue mani esperte, e sparì.

Edoardo si alzò per andargli dietro, ma Gennaro lo fermò. «No. Ti prego. Vado io, devo… non posso salutarlo così. Devo parlargli ancora.»

«Sì.»

«Voi sistemate… sistemate Umberto. E aspettate che Carbone si svegli. Se succede qualcosa venite a chiamarci» farfugliò di fretta, poi si alzò e li abbandonò là dove stavano.

«Dobbiamo immobilizzarlo» disse Isabella, poco colpita dallo scambio appena avvenuto. Chiara sapeva che lei stava pensando solo allo strappo, nient’altro le importava. «Vieni, dammi i legacci, presto. Non sappiamo quando si sveglierà.»

Edoardo accorse da lei, e la aiutò a rigirare il corpo a peso morto di Leonardo, a fissare le sue mani dietro la schiena.

«Ora gli faremo la guardia sinché non si sveglia, a turno. E intanto ci occuperemo di lui» continuò, rivolta verso Umberto. «Cassandra, resti con me?»

«Sì, certo.»

«Anch’io ho bisogno di cambiare aria» mormorò Chiara, che non sapeva come facesse a stare ancora in piedi sulle sue gambe.

«Ti accompagno» intervenne subito Edoardo, in un attimo al suo fianco e con la mano sulla sua spalla. La guidò su per le scale, e la condusse alla stanza delle ragazze, quella dei ragazzi già occupata dai due che stavano litigando – o facendo pace, Chiara non lo sapeva.

«È colpa mia» mormorò, quando fu seduta sul letto in cui aveva dormito con Cassandra quella notte. «Umberto è morto, Genny è condannato a restare qui, ed è colpa mia. Non mi sarei dovuta… non mi sarei dovuta avvicinare. Lui l’aveva detto, e adesso…»

Edoardo si sedette accanto a lei, sentì il materasso abbassarsi sotto il suo peso. «Non è colpa tua. L’hai fatto per aiutarmi. È stata… è stata una cosa bella.»

«Ho sbagliato. C’erano mille altre modi per aiutarti, sono… sono una strega, cazzo. Avrei potuto… avrei dovuto…»

«Ehi» sussurrò, sfiorandole il volto. «L’unica persona che ha delle colpe è quel bastardo del mio antenato. È stato lui ad ammazzare Umberto, non tu, hai capito? Tu hai solo… Dio, lo spavento che mi hai fatto prendere. Quando ti ha presa… pensavo di morire.»

«Tutta colpa della mia stupidità e goffaggine.»

«Tutta colpa del tuo altruismo e del tuo essere sempre così disponibile ad aiutare gli altri.»

«Non l’ho fatto per altruismo. Io… avevo paura per te.»

Edoardo tacque per qualche secondo, a quelle parole. «Anche io avevo paura per te.»

«Dovresti odiarmi. Ti ho lasciato senza Libro Sacro, sono scappata con Cassandra, non mi sono più fatta sentire. Mi sono comportata in modo orrendo, io…»

«Che altro potevi fare? Consegnarti al Gran Consiglio, che ti aveva tenuta nascosta la tua natura per anni? Al posto tuo sarei andato dalle streghe anch’io.»

«Non sei più… non sei più arrabbiato?»

«Oh, lo ero molto. Ma Genny e Colo mi hanno aperto gli occhi, e ora non lo sono più.»

«Gennaro e Coletti mi hanno difesa?»

«Sembra strano, vero? Ma sì» le disse, poi prese un profondo respiro. «Tra te e Cassandra c’è qualcosa, vero? State insieme.»

Eccolo, il vero problema per una loro riappacificazione. Quando era con Cassandra era felice con lei, ma quando era con Edoardo stava tanto bene con lui. E, in quel momento, sembrava costretta infine a fare la sua scelta.

«Io… non lo so. C’è stato qualcosa. Ma non so cosa siamo.»

«Tu le piaci. Si vede da come ti guarda. E anche lei ti piace. Del resto, perché non dovrebbe? È una bella ragazza, è intelligente, spiritosa, e ha sempre la risposta pronta. A chiunque piacerebbe.»

«In realtà pensavo che non potessi soffrirla.»

«Era così. Voleva rubare il libro, infangava il Gran Consiglio e aveva… aveva rubato te. Ma tu non sei un oggetto, giusto? Nessuno può rubarti. Sei tu che decidi dove andare, e hai deciso.»

«Edo, io… non ho ancora deciso niente.»

«Dimostramelo.»

Così Chiara lo fece. Lo guardò, attraverso le spesse lenti dei suoi occhiali, si sporse in avanti verso di lui e lo baciò.

Sembrò che lui non aspettasse altro. Affondò le mani tra i suoi capelli e approfondì subito il bacio, e lei si lasciò andare. Si immerse nelle sue labbra, nel suo profumo, lasciò che le sue mani la modellassero come creta, si permise di prendere forma grazie a lui. Gli occhi chiusi, il respiro affannoso, tutto le faceva girare la testa e quando Edoardo si lasciò sfuggire un versetto di approvazione si sentì mancare.

«Ragazzi–» la voce di Cassandra si interruppe di colpo. Chiara sentì il sangue gelarsi nelle vene.

Note autrice
Come dicono gli anglofoni, che dumpster fire questo capitolo!
Umberto è morto, Gennaro non potrà più tornare nel presente e non vuole che Lorenzo resti con lui, Chiara si è limonata Edoardo e Cassandra l’ha colta in flagrante. In tutto ciò, devono ancora parlare con Leonardo Carbone per sanare lo strappo.
Che strazio!
Vedremo un po’ come si concluderà la storia prossimamente, intanto vi lascio tirare fuori i forconi, lol. E COMUNQUE RICORDATE DELLO SPINOFF, OKAY, NULLA È ANCORA DETTO, NON MI AMMAZZATE.
Certo che Chiara non aspettava altro che tornare con Edoardo, dato che l’ha fatto col corpo di Umberto ancora caldo, lol. Però che dire, i bei spaventi a volte servono anche a sbloccare la situazione.

P.S.
La frase di Edoardo “tu non sei un oggetto e nessuno può rubarti” è una delle mie preferite e ci tengo tanto!

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