L'Ultima Strega

By Trachemys

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Avere sedici anni non è mai facile, questo Chiara lo sa bene. Tra interrogazioni, primi amori, genitori appre... More

Premessa
1.1 Chiara Accolti Marchesi
1.2 Chiara Accolti Marchesi
2.1 Piccoli Incidenti
2.2 Piccoli Incidenti
3.1 La Festa
3.2 La Festa
4.1 Progressi
4.2 Progressi
5.1 Amore e Altri Misteri
5.2 Amore e Altri Misteri
6.1 Vacanze di Natale
6.2 Vacanze di Natale
7.1 Streghe
7.2 Streghe
8. Scomparsi
9.1 Cambio di Carte
Premessa Parte II
9.2 Cambio di Carte
10.1 Vita da Strega
10.2 Vita da Strega
11.1 Passato
11.2 Passato
12.1 Salvataggio
13.1 Ricucire lo Strappo
13.2 Ricucire lo Strappo
Epilogo

12.2 Salvataggio

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By Trachemys

La prima cosa che Chiara vide quando si voltò, fu Carbone che teneva Gennaro per il collo, lo stringeva per soffocarlo, il luccichio delle lacrime del ragazzo e il volto arrossato. Erano ancora stesi sul pavimento, Carbone lo schiacciava sotto il suo peso, e presa dal panico fece la prima cosa che le venne in mente. Si avvicinò di corsa e, prima che lui la notasse, assestò alla testa dell’uomo il calcio più forte che poteva. Lui si afflosciò, collassando su Gennaro che prese una profonda boccata d’aria.

«Poco magico ma funzionale» commentò Umberto con un sorrisino.

«Chiara» rantolò Gennaro invece, ancora in cerca di recuperare un po’ di fiato. Stava sdraiato in terra, Carbone privo di sensi rotolato al suo fianco, e sibilò: «Fai qualcosa. Qualunque cosa.»

Una coppia di domestici era apparsa all’angolo del corridoio che portava alle scale. «Voi chi siete? Che avete fatto al padrone?»

Ecco, questo andava male. Questo poteva essere un problema.

«Chiara» insistette Gennaro. «Fai qualcosa

«Che cosa?!»

«Sei una strega oppure no?»

Fu allora che decise di lasciare che i suoi poteri prendessero il sopravvento. Stava tenendo il suo panico sotto controllo, così decise di liberare quella forza che aveva cercato di soffocare sino a quel momento.

Si concesse di lasciarsi andare alla paura, si irrigidì e strizzò forte gli occhi.

La finestra alla loro destra andò in mille pezzi, investendo loro e i due camerieri di cocci di vetro.

«Strega!» gridò la donna, l’altro la tirò a sé.

«Corri» sibilò quello, e l'attimo dopo erano spariti alla loro vista.

«Ancora poco ortodosso, ma ancora funzionale» commentò Umberto, divertito.

«Ora sbrighiamoci, se non vogliamo che questo posto venga invaso da stregoni poco raccomandabili» sibilò Gennaro, che si era alzato in piedi a fatica.

Infilò le scale e Chiara lo seguì a ruota, seguita da Umberto e Isabella alle calcagna. L’inserviente che l’aveva avvisata di stregoneria gridava in cerca di aiuto, a breve la villa si sarebbe affollata di fuoco nemico. Arrivarono all’ingresso e Chiara spalancò le porte, ormai pura emozione incontrollata.

«Calmati» le intimò Umberto, col fiatone per la corsa. «Se continui così farai male a qualcuno.»

Si riversarono nel giardino e Chiara tentò di prendere un profondo respiro. Si sarebbe dovuta calmare dare una calmata o sarebbe stato peggio. Si era allenata per questo, ce l’avrebbe potuta fare, lo sapeva.

Giunsero al cancello che Cassandra stava facendo crollare l’ultimo stregone, i tre amici erano ancora lì, in piedi e in salute.

Arrivò da loro e Cassandra le gettò le braccia al collo, anche Edoardo si avvicinò a vedere se stesse bene.

Lei le diede una breve stretta e poi la lasciò andare. «Dobbiamo sbrigarci, rinforzi saranno qui a momenti» ansimò, per la corsa.

Gli occhi di Edoardo lampeggiarono di preoccupazione, lo vide tendersi verso di lei e poi rilassarsi, accennando un breve assenso.

Umberto e Isabella stavano incitando Gennaro e Lorenzo a sbrigarsi, che ancora erano intenti a controllare che l’altro fosse tutto d’un pezzo, e prima che chiunque arrivasse sul posto si ritrovarono a ripercorrere la strada da cui erano venuti, Cassandra che li seguiva con Isabella per mano, entrambe invisibili.

Chiara si accorse di non dubitare della presenza di Cassandra alle sue spalle, anche dopo che l’ultima volta che era stata invisibile, al palazzo comunale, era scappata a rubare il Libro Sacro lasciandoli soli.

Il pensiero che lei li tallonasse e tenesse Isabella con sé al sicuro la confortava.

Si sistemò gli occhiali sul naso, col fiatone. Edoardo le camminava al fianco, notò che le lanciava occhiate di sfuggita, come per assicurarsi che fosse ancora là. Provò l’istinto di sfiorargli la mano, un breve tocco, per farlo calmare e fargli percepire la sua vicinanza, ma pensò che a Cassandra non avrebbe fatto piacere se lei l’avesse fatto, e non era sicura che Edoardo avrebbe gradito, così non lo fece.

Quando giunsero a casa di Umberto, quando si chiusero la porta alle spalle, Cassandra e Isabella sfarfallarono davanti ai suoi occhi, apparendo nella stanza esauste ma in perfetta salute.

«Bene!» esclamò Lorenzo, sfoggiando un sorriso che era raro a vedersi sul suo volto. «Missione compiuta alla grande, direi!»

«L’ultima volta che ho preso il neutralizzatore è stata ieri, tempo qualche ora e dovrei tornare in possesso dei miei poteri» commentò Isabella, che insieme a Umberto sembrava la più padrona di sé.

«Carbone verrà a contattare Umberto» disse Gennaro. «Dobbiamo essere pronti. Verrà a consultare la Sibilla per sapere dov’è finita Isabella. Sarà allora che dovremo colpirlo.»

Chiara si sciolse in un sospiro. Era chiaro che liberare Isabella non sarebbe stato tutto, ma a lei era bastato e avanzato così. «Che altro dobbiamo fare?»

«Dobbiamo mettere l’idiota del mio antenato al guinzaglio» intervenne Edoardo. «Giusto?»

Umberto annuì. «Esatto. Liberare Isabella ha rallentato il processo, ma lo strappo incombe.»

«Un gioco da ragazzi, insomma» borbottò Chiara.

«Non siamo per niente fuori pericolo» commentò Gennaro, secco. «Faremo meglio tutti a seguire le istruzioni alla lettera se non vogliamo che–»

«Smettila di insinuare» lo interruppe Umberto. «Stai agitando gli animi. Ti ho detto che eviteremo quella possibilità e così sarà.»

«Sì? E perché la vedo ancora, mh?»

«Genny» il sibilo di Lorenzo lo spinse a voltarsi. «Genny, devi dirmelo. Ti prego.»

Umberto si tese, stringendo le labbra in una linea sottile. «Sarai contento.»

«Sì che lo sono. Io voglio dirglielo. Smuoverebbe le acque.»

«Farebbe peggio.»

«Non c’è un peggio.»

«Sei terrorizzato» si inserì Edoardo. «Anche io voglio sapere che succede.»

Isabella si ritrasse. «Se Umberto preferisce non rivelare quel che ci riserva il futuro, allora non voglio sentirlo.»

Fu proprio lui a prendere le redini della discussione. «Ora andiamo a riposare. Domattina Carbone sarà qui, e noi dovremo essere pronti. Ci sveglieremo all’alba e lo attenderemo insieme, tutto andrà come previsto.»

Gennaro tese la mano verso Lorenzo, lui la accettò. «Andiamo a letto. Ho bisogno di stare un po’ con te.»

Lorenzo annuì. Si voltò verso Edoardo, gli occhi azzurri erano due voragini. «Tu vieni?»

«Andate pure. Io penso che aspetterò un po’ per riprendermi. Non riesco a dormire sinché non mi calmo almeno un pochino.»

Chiara ebbe l’impressione che lo stesse dicendo solo per farli stare da soli in pace, ma che in realtà non desiderasse altro che infilarsi nel suo letto. Il pensiero dell’amore che provava per i suoi amici le fece venire una tenerezza infinita.

«Buona notte» concluse Umberto, poi si rivolse a Isabella. «Vieni, ti mostro la stanza.»

Quando tutti e quattro furono diretti alla zona notte, Chiara si ritrovò sola con Edoardo e Cassandra. D’un tratto, il ricordo di come entrambi erano venuti da lei ad assicurarsi che fosse tutto a posto le tornò alla mente, e si sentì avvampare.

Avrebbe dovuto decidersi, non poteva continuare a tenere il piede in due scarpe.

Che frustrazione 

Edoardo si abbandonò a una delle poltroncine. «Voi non andate a dormire? È tardi, sarete stanche.»

«Non ho ancora sonno» si inserì Chiara. Non l’avrebbe lasciato solo con le sue preoccupazioni, non lo meritava.

Anche Cassandra si lasciò andare a uno slancio altruista. «Già, nemmeno io.»

«Quei bastardi mi hanno conciato proprio per le feste» borbottò lui.

Chiara schiuse le labbra. «Sei ferito? Non hai detto niente.»

«Solo un po’ ammaccato.»

«Fai vedere» si espose Cassandra, inginocchiandosi davanti a lui.

«Non so neanche come si tolgono, questi vestiti…»

«Ci proviamo insieme. Grazie per prima. Non avresti dovuto.»

«Siamo compagni, non è così? Se non ci possiamo fidare tra noi come possiamo sperare che gli stregoni e le streghe collaborino tra loro?»

La domanda sul cosa fosse successo quando erano stati soli bruciò sulla lingua di Chiara, ma non disse nulla. Fu Cassandra a rispondere per lei. «Ti sei preso un bel colpo al mio posto. Non è da tutti.»

Edoardo alzò le spalle. «Te l’ho detto, siamo compagni. Ci copriamo le spalle, il punto è questo.»

«Aspetta, ti aiuto io» accorse Chiara, al vederlo litigare col suo farsetto. Si inginocchiò a sua volta, proprio accanto a Cassandra, e infilò le mani sotto il raso della sua veste.

Lo sentì deglutire, gli occhi fissi su di lei. Poteva sentire gli sguardi di Edoardo e Cassandra che la trafiggevano, e si ritrovò a desiderare di non dover scegliere per forza. Si ritrovò a desiderare di poterli tenere entrambi.

Sarebbe stato troppo egoista, così accantonò il pensiero.

Riuscì a liberare la pelle pallida del ragazzo seduto sulla poltroncina, scoprendo quello che minacciava di diventare un grosso livido al fianco.

«Ahia» sussurrò Cassandra, a mezza bocca. «Ora ti sistemo un po’.»

«Non c’è  bisogno, davvero…»

«Fatti aiutare» insistette Chiara. «Domani avremo bisogno di tutta l’energia possibile.»

Lo vide chiudere gli occhi e abbandonarsi allo schienale. «E va bene. Fai quel che devi.»

Cassandra sfiorò il livido con le dita mentre Chiara teneva sollevata la stoffa pregiata del suo abito. Lo vide rabbrividire a quel tocco, ma non si sottrasse.»

«Non sono fortissima con gli incantesimi di guarigione. È una cosa nuova per me.»

Sentirono Edoardo soffocare una risatina. Edoardo sbuffò una risata sommessa. «Non me ne parlare…»

«So che Lorenzo è bravissimo in quelli» intervenne Chiara, per spezzare l’atmosfera tesa che si era creata.

Edoardo riaprì gli occhi e si sistemò sulla sedia. «Lorenzo è fortunato. Lui non ha dubbi, sa quello che vuole e alla fine se l’è preso. Non è così per tutti.»

Cassandra chiuse gli occhi e si concentrò, prese un profondo respiro. Chiara la vide flettere le dita sulla pelle bianca, e poi il livido che stava nascendo sul fianco di Edoardo si schiarì sin quasi a sparire.

Lei aprì gli occhi, rivelando i due pozzi scuri. Chiara si chiese a cosa avesse pensato, ma decise che la domanda era troppo personale per essere pronunciata. «Beh, dai, un pochino è migliorato.»

«Grazie.»

«Figurati. Siamo compagni, giusto? Ci copriamo le spalle.»

Edoardo le sorrise. Era sempre bello quando sorrideva, e Chiara si chiese come avesse fatto a negare a Rebecca che lui le piaceva per così tanto tempo, quando in realtà gli era andata sotto come a un treno.

Era bello in modo sfacciato, ma non solo questo. Era anche amorevole. Copriva i due amici di affetto e attenzioni, non tutti i loro coetanei l’avrebbero fatto, soprattutto considerando che avevano una relazione. E quanto la faceva ridere, sia al banco che fuori…

Lui si stiracchiò. «Forse è davvero ora di andare a dormire, ho lasciato le due pesti a fare i piccioncini abbastanza a lungo. Ed è vero, domani dobbiamo essere in forze.»

«Sì, forse è meglio» sospirò Chiara, e si alzò in piedi a fatica. Anche Edoardo la imitò.

«Buona notte, Chiara» le disse, accennando un sorriso. Lo vide tendersi come se intendesse toccarla, poi arrendersi. «Mi sei mancata… un pochino.»

Fu lei a sporgersi allora. Si alzò sulle punte come tutte le volte che l’aveva baciato, e gli premette le labbra sulla guancia. «Buona notte» sussurrò, imbarazzata. «Grazie.»

«Cassandra» salutò lui, con un cenno del capo, poi si avviò verso la sua stanza.

Le due ragazze furono sole allora, e Chiara diede una mano alla compagna, tirandola su di peso. Cassandra, al contrario di Edoardo, era alta quanto lei. Proprio dell’altezza  giusta per assaggiare le sue labbra.

La ragazza si strinse nelle spalle e distolse lo sguardo con fare incurante. «Dormi con me stanotte?» 

Chiara spalancò gli occhi. «Con te? Nel tuo letto?»

«Con me. Nel mio letto.»

Rispose prima di pensarci troppo e potersene pentire. «Sì.»

Quando arrivarono in camera, Isabella era già stesa nel letto addossato al muro, girata dall’altro lato dando loro la schiena. I suoi respiri suonavano lenti e regolari, Chiara suppose che, libera dalla sua cella, si fosse davvero concessa di abbandonarsi al sonno per la prima volta da chissà quanto.

Cassandra la aiutò a liberarsi dell’ampio vestito, e lei ricambiò il favore. «Che letto vuoi?»

La ragazza ci pensò su. «Quello più a lato» disse poi, per allontanarsi da Isabella il più possibile e non disturbarla con le loro chiacchiere durante il sonno.

Cassandra obbedì subito, gettando i vestiti smessi nel letto al centro della stanza e dirigendosi verso il più lontano, in intimo. Si infilò sotto le coperte e le fece cenno di seguirla. Chiara, titubante, lo fece.

Quel materasso era scomodo, più di quello di casa sua, era sottile e duro e non accompagnava la forma della sua schiena. Le lenzuola però profumavano di pulito, e la coperta era calda e pesante.

Si ritrovarono faccia a faccia, strette nel lettino, Chiara si strinse più a lei, trovando conforto nel calore del suo corpo.

Cassandra allungò una mano verso di lei e le scostò una ciocca da davanti al volto. Era così vicina che Chiara riusciva a coglierne ogni particolare persino senza occhiali, posati sul comodino. Poi la ragazza parlò.

«Lui ti piace ancora» mormorò.

Se fosse stata in piedi, avrebbe sentito le gambe molli dall’ansia. Così il momento di affrontare i suoi sentimenti era arrivato. In tutta onestà, su quella notte insieme nel letto aveva riposto speranze differenti.

«Sì» rispose, a mezza voce.

«Vuoi sapere un segreto?»

«Sì.»

«È un idiota, ma inizio a capire perché ti piace tanto.»

Lei si accigliò. «Pensavo lo odiassi.»

«Lo pensavo anch’io. È uno stregone, poi… poi aveva tutte le tue attenzioni. Ed è un mezzo pallone gonfiato. Però… però è leale, ed è gentile, e… diverso. Da come mi aspettavo» rispose, poi ghignò. «Diciamocelo, la verità è che è anche un discreto manzo.»

Chiara si trattenne a stento dal ridere. «Non sei arrabbiata?»

«Perché?»

«Ti ho baciata anche se mi piace Edoardo.»

«Se vogliamo essere precisi, sono stata io a baciarti. E poi, io ti piaccio?»

«Sì» annunciò, solenne, e come avrebbe potuto rispondere in modo diverso? Cassandra le piaceva, questo era chiaro, quella vicinanza le annodava la lingua e le faceva impazzire il cuore, dividere il letto con Rebecca non era così.

Avrebbe tanto voluto allungare le mani sotto le coperte, ogni secondo era una tortura a non farlo che le faceva dolere i muscoli.

«Vedi? Se ti piaccio non mi hai presa in giro» sussurrò lei, poi si sporse in avanti e la baciò. Posò le labbra sulle sue, delicata ma decisa, e fu Chiara a prendere il coraggio a due mani e ad approfondire il bacio, quella volta.

Sentì che si muoveva accanto a lei e d’un tratto Cassandra le fu sopra, premendola sul materasso. Lei si lasciò andare a un verso di sorpresa, poi le percorse con le mani la schiena mentre il bacio si accendeva e un calore improvviso divampava nella sua cassa toracica per allargarsi a tutto il corpo.

Con Edoardo si erano baciati tante volte, e lei aveva pensato tante volte di finire a letto con lui, ma non era mai successo. In quel momento si sentiva febbrile, affamata, sentiva Cassandra che si strusciava contro di lei e che la mandava a fuoco, mentre con mano tremante esplorava quella pelle calda e che sfregava sulla sua.

Voleva di più, lo voleva tanto e subito, e non sapeva più dove toccare, stringere, ma sapeva di volerlo fare, sapeva di voler sentire i suoi respiri all’orecchio e il suo profumo nei polmoni. Le insinuò le mani nei capelli e la baciò più forte, erano profumati e morbidi, sentì che si strusciava ancora e represse un verso di approvazione che minacciava di sfuggirle dalle labbra.

Stava giusto pensando di fare scivolare le mani più in basso, anche se non sapeva come, quando sentì del movimento alla sua sinistra e intuì che Isabella si era rigirata nel letto.

Anche Cassandra dovette averlo sentito, perché si separò da lei e la guardò con gli occhi spalancati. «Scusa. Mi sono lasciata un po’ prendere…»

«No, scusa tu. È colpa mia.»

L’attimo dopo, la ragazza non era più su di lei. Chiara aveva ancora il fiato corto e sentiva caldo al basso ventre, provò a fare dei respiri profondi per calmarsi. Aveva una domanda sulla punta della lingua, che diceva: “Ma quindi usciamo insieme?”

Moriva dalla voglia di scoprire cosa c’era tra loro, ma allo stesso tempo non avrebbe voluto pensarci. Non credeva che avrebbe potuto dare a Cassandra ciò che voleva, non con Edoardo nei paraggi che ancora le infestava i pensieri.

«Cosa ti ronza in testa adesso?» le chiese l’altra, anche lei scossa.

«Non lo so» rispose lei, in un sussurro.

«Te l’ho già detto, non mi devi niente se non te la senti, va bene? Lo so che non sono quella che ti piace di più.»

Fece una smorfia. «Neanche io lo so, chi è che mi piace di più.»

«Lui è un ragazzo, è tutto più facile. Ed è anche molto carino...»

«Anche tu sei carina.» Lei sollevò un sopracciglio, scettica. «È vero!» insistette, indignata da quella mancanza di autostima.

Cassandra non sembrò crederci molto, ma le sorrise. «È meglio se dormiamo, adesso. Domani sarà una giornata pesante, dovremo essere in forze.»

Chiara le passò un braccio intorno al fianco, stringendosi a lei in uno slancio di coraggio. L’altra parve gradire, perché si stiracchiò nel suo abbraccio e poi si accoccolò contro il suo corpo.

«Buona notte, a domani» sussurrò, gli occhi chiusi e la pace nel petto.

«Buona notte» rispose l’altra, e tutto si fece buio. 

Note autrice
Isabella è sana e salva, una parte del lavoro è fatto! Ora devono rigirare un po’ la frittata a Leonardo Carbone e tutto sarà andato secondo i piani. Ma potrà finire tutto così bene? Sarà poi così facile? Lo vedrete nei prossimi capitoli, abbastanza intensi.
Intanto, Chiara è sempre più confusa su quello che vuole. Cassandra non sembra esserci rimasta male del fatto che lei tenga un piede in due scarpe, chissà che ne pensa Edoardo. Intanto, i due sembrano aver seppellito l’ascia di guerra, e questo è già qualcosa.

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