L'Ultima Strega

By Trachemys

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Avere sedici anni non è mai facile, questo Chiara lo sa bene. Tra interrogazioni, primi amori, genitori appre... More

Premessa
1.1 Chiara Accolti Marchesi
1.2 Chiara Accolti Marchesi
2.1 Piccoli Incidenti
2.2 Piccoli Incidenti
3.1 La Festa
3.2 La Festa
4.1 Progressi
4.2 Progressi
5.1 Amore e Altri Misteri
5.2 Amore e Altri Misteri
6.1 Vacanze di Natale
6.2 Vacanze di Natale
7.1 Streghe
7.2 Streghe
8. Scomparsi
9.1 Cambio di Carte
Premessa Parte II
9.2 Cambio di Carte
10.1 Vita da Strega
10.2 Vita da Strega
11.1 Passato
11.2 Passato
12.2 Salvataggio
13.1 Ricucire lo Strappo
13.2 Ricucire lo Strappo
Epilogo

12.1 Salvataggio

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By Trachemys

La notte arrivò che loro erano pronti. La cuoca di Umberto cucinò loro una cena a base di fior di farina cotto nel grasso bollente, con cappone e cannella. Gennaro aveva osservato affascinato la donna tra i fornelli, mentre Lorenzo, Cassandra ed Edoardo avevano bevuto del vino seduti al tavolo per farsi forza.

Quanto a Chiara, lei aveva cercato di rilassarsi. Aveva estraniato i pensieri infausti che le si erano affollati nella testa, e aveva passato la serata con la testa appoggiata sul tavolo e le dita di Cassandra che le massaggiavano i capelli mentre strega e stregoni si scambiavano chiacchiere mettendo da parte divergenze e ostilità.

Si ritrovarono così fuori casa, Chiara che non riusciva a pensare ad altro se non ai suoi occhiali, e notava che tutti la stavano fissando. In verità, si accorse presto che tutti fissavano l’intero gruppo, che svettava sugli abitanti di Castelcaro di parecchi centimetri. Persino Cassandra, la più bassa tra loro, risultava poco più alta della media a giudicare dai passanti. 

«Ignorateli. Siamo solo un po’ strani per loro, non ci disturberanno» sibilò Umberto, facendo strada. 

Le vie di Castelcaro erano tanto, troppo diverse da come le ricordava. Nell’aria c’era un pungente odore di sterco di cavallo e di terra polverosa, la strada lastricata in pietra era stretta, tanto che un’automobile non ci sarebbe passata, le casette basse e tutte ammassate avevano tutte le porte e le finestre spalancate sulla via.

Le persone impegnate in un intenso via vai, oltre a essere abbigliate come personaggi di una rievocazione cinquecentesca, avevano i capelli unti e l’aspetto  trasandato, tanto piccoli da sembrare finti. 

Soprattutto, però, li osservavano con malcelato dubbio e diffidenza. 

Chiara si sistemò gli occhiali a disagio, spingendoli su per il naso. Si sforzò di sembrare naturale, anche se tutto in lei le urlava di rannicchiarsi dietro Umberto, togliersi quella roba dalla faccia e camminare a tentoni.

«Non parlate con nessuno e camminate tranquilli» ripeté la Sibilla, in testa al gruppo. 

Sentì Cassandra sfiorarle la mano con la sua. Doveva avere paura, essere preoccupata, e Chiara ricordò che, se si trovava laggiù, era solo per lei. Se fosse stato per la ragazza, avrebbe messo in atto il piano di Veronica e rubato il Libro agli stregoni friulani, ricattando così il loro Gran Consiglio come aveva fatto per quello di Castelcaro.

Lasciò che quel tocco indugiasse, la presenza di Cassandra le dava conforto, anche se all’inizio l’aveva considerata una nemica. Sapeva che ci si poteva fidare, non aveva rivelato a Veronica del loro piano perché Chiara le aveva chiesto di non farlo, anche se la strega più anziana era forse la persona di cui si fidava di più.

«Seguitemi» sibilò Umberto, infilandosi in una viuzza laterale e distogliendola dai suoi pensieri.

La notte, in un’epoca  come quella, era ancora più buia di quanto Chiara si sarebbe aspettata. La mancata illuminazione urbana, se non per qualche flebile luce di lampada a olio proveniente dall’interno delle case, faceva sì che la luna fosse l’unica fonte di luce sulla via. Poteva scorgere la Via Lattea con facilità da laggiù, pur essendo in pieno centro città. 

Entrarono in piazza Bologna, al centro dello spazio aperto svettava la statua del santo, priva dei faretti che in tempi futuri le avrebbero dato l’attenzione  che meritava. Quello che un giorno sarebbe stato il palazzo comunale, che doveva essere già la sede del Gran Consiglio cittadino, era già al suo posto: un palazzo medievale, composto dai mattoni rossi caratteristici del bolognese.

«È lontano?» chiese Edoardo, che non aveva ancora smesso di guardarsi intorno circospetto. 

«No, ci siamo quasi. La villa dei Carbone è poco fuori le mura.»

Gennaro camminava accanto al suo antenato, si guardava intorno bevendo tutto ciò che vedeva. Edoardo e Lorenzo erano subito dietro di loro, parlottavano a bassa voce di qualcosa che Chiara non riusciva a sentire. Alle loro spalle Chiara e Cassandra, con quest’ultima che continuava a sfiorare con finta disattenzione la mano contro la sua. 

«Possiamo farlo» sussurrò, rivolta alla compagna. «Dobbiamo farlo. Ricuciremo lo strappo, e quando torneremo nel futuro sarà tutto diverso. Migliore. Vedrai che abbiamo fatto la scelta giusta.»

«Vorrei poterti credere…»

«Se non cambieremo nulla, nessuno si sarà accorto della nostra assenza. Continueremo il piano come programmato, ruberemo il Libro Sacro agli stregoni con l’aiuto di Gennaro e faremo come dice Veronica. Non rischiamo niente.»

«Già, solo di morire.»

«Non morirà nessuno» liquidò Chiara, anche se non ne era affatto sicura.

Doveva crederci. Doveva credere al fatto che sarebbe andato tutto bene. Perché, se non fosse stato il caso, sarebbe stata solo colpa sua. E di perdere qualcuno in quel modo non se lo poteva proprio permettere.

«Eccola là» esclamò Umberto, tra i denti. 

La villa dei Carbone, sotto la luce della luna, appariva imponente. Era chiaro quanto i Carbone fossero i signorotti del luogo, la loro abitazione senza dubbio la più maestosa nei paraggi, in stile neoclassico col colonnato corinzio intorno e il giardino rigoglioso, con la statua di un satiro, colma di acqua cristallina. Le rifiniture d’oro dello stucco bianco brillavano sotto il firmamento, come una piccola galassia a sé stante.

«Com’è che non hai ereditato questa meraviglia?» chiese Lorenzo, quando decisero di avvicinarsi.

«Sono passati cinquecento anni, sarà andata distrutta o inglobata dalla città moderna che si è allargata dal centro» rispose, sovrappensiero. 

«Sarà, io me la sarei tenuta stretta.»

Chiara e Cassandra si scambiarono uno sguardo seccato. Come faceva Lorenzo a essere sempre così superficiale?

«Fermi!» Il grido di Umberto riportò Chiara sull’attenti. «Qualche passo in più e supereremo le barriere difensive, sapranno tutti che siamo qui.»

«Ci sono cinque stregoni di guardia qua intorno, nel caso in cui le streghe avessero la malaugurata idea di riprendersi Isabella» spiegò Gennaro. «Incontrerete il primo tra loro tra quattro minuti, più o meno. Per allora, noi tre ci saremo dovuti già infiltrare all’interno. È di vitale importanza che non vedano Umberto, e anche che agiate prima che ognuno di loro possa mettersi a urlare. Non dovreste imbattervi in più di una guardia alla volta, sono superiori a voi ma in tre dovreste sopraffarli senza problemi.»

Lorenzo allungò la mano verso di lui come per sfiorarlo, poi la ritirò. «Non andare, resta con noi. Loro hanno già la loro Sibilla.»

«Lui deve venire con noi» liquidò Umberto. «È così che deve essere. Tre e tre, solo così abbiamo delle possibilità.»

«Tornerò» lo rassicurò il compagno, nella voce la certezza di chi sa come deve andare.

Cassandra frugò le ampie tasche del suo abito, con l’espressione  aggrottata di a chi non piace quel che sta facendo. «Dobbiamo sbrigarci. I quattro minuti si saranno ridotti, non possiamo permettere che la guardia veda Umberto. Buttiamo giù queste barriere.»

Tirò fuori tre pietre levigate, i catalizzatori di incantesimi che erano stati sul tavolo di casa di sua nonna al momento del salto.

«Volete che provi anch’io?» chiese Chiara, a volume appena accennato per la vergogna. 

«No» risposero Lorenzo e Umberto in coro. 

«Sarebbe solo peggio» le disse Gennaro, cercando di suonare conciliante. «È un incantesimo troppo avanzato, non sei ancora pronta.»

Chiara non protestò. Vide Edoardo prendere la mano di Lorenzo e tenderla verso Cassandra, Veronica le aveva spiegato perché: le magie funzionavano meglio se le persone che le praticavano erano in contatto. 

Cassandra spalancò gli occhi, sorpresa, poi l’afferrò. Lo guardò negli occhi e alzò un sopracciglio, la mano scura della ragazza in contrasto con quella pallida dell’altro. «Pronti?»

«Ovvio» sbuffò Lorenzo. «Tu, piuttosto? Pronta?»

Cassandra alzò gli occhi al cielo. «Non ti rispondo neanche.»

I tre chiusero gli occhi, con le mani strette tra loro, e Chiara osservò rapita la magia che si attivava. Una scarica di energia luminosa, come un piccolo fulmine addomesticato, strisciò dal terreno verso l’alto, mostrando che tutto intorno alla villa stava una bolla invisibile agli occhi umani. La scarica di energia si stiracchiò e si allargò, le diramazioni che continuavano a strisciare sulla bolla di difese messa su da Carbone.

Chiara vide che Gennaro si avvicinava a lei, il ragazzo andò dietro le sue spalle e avvicinò le labbra al suo orecchio. «L’emozione da provare, quando si annullano delle difese di questo tipo, è quella che si prova un attimo prima di mettersi a nudo. Devi immaginare di stare per rivelare un segreto importante, confessare qualcosa che non vorresti confessare a nessuno.»

Piano piano, dopo poco più di un minuto, la bolla iniziò a sgretolarsi là dove la scarica di energia si era formata la prima volta, per aprire un varco scintillante. Edoardo, Cassandra e Lorenzo riaprirono gli occhi, Cassandra fu la prima a lasciare la mano di Edoardo, come se non avesse visto l’ora  di farlo, poi, dopo qualche attimo, anche Edoardo e Lorenzo si lasciarono andare. 

«Dobbiamo andare» disse Umberto. «A breve saranno qui.»

«Fate attenzione» sussurrò Lorenzo, che aveva distolto lo sguardo.

«Anche voi» disse Chiara, che di perdere uno di quei tre non ne voleva sapere.

I ragazzi si infilarono nello spazio libero lasciato dalla bolla sgretolata, i compagni dietro di loro. 

«Andiamo. In fretta» sibilò Gennaro, iniziando a camminare a passo svelto verso la villa. «Qualcuno potrebbe farsi male sul serio.»

Chiara sentì l’angoscia stringerle le viscere, la paura prenderla e trascinarla in un buco profondo, avviluppata in una patina di fredda oscurità.

Vide che Gennaro e Umberto procedevano spediti, così li seguì. Il giardino dei Carbone era imponente, silenzioso a quell’ora di notte. Quando si furono infilati abbastanza al suo interno, sentirono il rumore di una colluttazione in direzione dei loro compagni. Chiara non si voltò. Dovevano fare in fretta, solo in questo modo sarebbe andato tutto bene.

Pensò che, se uno tra Edoardo e Cassandra avesse dovuto farsi davvero male, questo almeno le avrebbe facilitato la decisione da prendere. Posto che Edoardo, in tutta probabilità, neanche la voleva più con sé.

Che pensiero da stronza egoista, rifletté.

Giunsero ai battenti della porta della villa, Gennaro e Umberto si fermarono e si voltarono a guardarla, in attesa.

«Cosa c’è?»

«Devi aprire la porta.»

Chiara deglutì. «Io?»

«Beh, noi non abbiamo l’uso della magia. Non possiamo farlo» disse Umberto.

Gennaro fece un passo verso di lei, apprensivo. «Voglia di scappare. È questa l’emozione, te lo ricordi?»

Lei lasciò andare un sospiro tremante, e chiuse gli occhi. «Sì.»

Non fu difficile. Tutto quello che voleva era darsela a gambe, così si concentrò su questo. Su quanto sarebbe stato bello schioccare le dita e tornare al sicuro, nel duemilaventi, portando tutti i suoi amici con sé. Sul cadere in ginocchio e pregare Umberto di rispedirli indietro, in qualsiasi modo. 

Poi sfiorò la porta con le mani, il legno spesso, e cercò di catalizzare tutta quella frenesia, quel bisogno di fuggire, su di lei. Non passò che un istante che sentì Umberto sospirare di sollievo, poi con uno scatto la porta si aprì.

«Ce l’ho fatta!» sibilò, lasciando che l’orgoglio prendesse il sopravvento per un attimo. E se quella era una magia elementare poco le importava, era una magia, e lei una strega, questo era tutto ciò che contava. 

Gennaro le rivolse un sorriso che andava da un orecchio all’altro. «Grande, Chiara!»

«I domestici sono addormentati» sussurrò Umberto, facendosi strada nell’atrio. «Tra circa otto minuti una tra i camerieri uscirà dalla sua stanza per cercare dell’acqua, ma noi saremo già all’ultimo piano per allora. Non dovrebbe vederci nessuno.»

«La cosa più importante» aggiunse Gennaro, «è che nessuno veda Umberto. Nessuno deve sapere che lui è qui. Poi noi possiamo anche farci prendere, capito?»

Chiara lo guardò, sembrava più serio che mai. Non aveva idea del perché fosse tanto importante che nessuno vedesse Umberto là dentro, a lei sembrava difficile che questo fosse più importante del non farsi prendere. Eppure ad averlo detto era Gennaro e si accorse che, come Edoardo e Lorenzo, ormai si fidava. Si accorse che si sarebbe buttata a occhi chiusi da una finestra se Gennaro le avesse assicurato che non si sarebbe fatta alcun male.

Sono diventata ciò che ho giurato di distruggere, pensò, contrita.

«Capito» disse invece, con un piccolo cenno del capo.

Umberto li guidò in quella casa, attraversò un corridoio buio e imboccò le scale. Chiara poteva sentire solo i suoi respiri e quelli delle due Sibille, per il resto il silenzio.

«Ancora?» chiese lei senza fiato, al termine del quarto piano. Quei piani erano più alti del normale, per via dell’altezza dei soffitti, e sentiva il fiatone e male alla milza per lo sforzo.

«Solo un altro piano, in soffitta» sussurrò Umberto. 

Arrivati alla cima delle scale, il pensiero di Chiara volò a Cassandra, Edoardo e Lorenzo. Chissà se i suoi compagni erano riusciti ad arginare la presenza delle guardie. Non sembrava che qualcuno avesse dato l’allarme, quindi per il momento pareva andare tutto per il verso giusto.

«Carbone è là, girato l’angolo» mormorò Gennaro, fermo in mezzo all’ultimo corridoio.

«Come lo superiamo?» chiese Chiara, in un filo di voce.

Gennaro sospirò. «Dovrò espormi io. Umberto non può farsi vedere, e tu ci servi. Lo terrò occupato mentre voi liberate Isabella.»

«È pericoloso. Carbone è uno stregone potente.»

«E io sono la Sibilla Cumana. Starò bene.»

«Non c’è altra via» confermò Umberto.

Chiara sospirò. Se fosse successo qualcosa a Gennaro, Lorenzo le avrebbe fatto pelo e contropelo, questo era certo. «Non sono d’accordo con questa storia.»

«Ma noi la faremo lo stesso. Andiamo» sibilò il ragazzo, poi uscì allo scoperto. 

Carbone ci mise poco a vederlo.

«E tu chi saresti?»

Umberto si posò l’indice alle labbra, facendole segno di tacere. «Ti dico io quando è troppo occupato e possiamo andare» sussurrò.

«Sono qui perché hai fatto un bel casino» disse la voce di Gennaro. Chiara avrebbe dato qualsiasi cosa per potersi affacciare a guardare. «Sono qui per la strega.»

«Come hai fatto a passare le difese?»

«Io posso tutto, non dimenticarlo mai questo.»

«Non ti conosco. E io conosco tutti gli stregoni della città.»

«Non sono uno stregone, per tua sfortuna. Se lo fossi, avresti buone probabilità di sconfiggermi.»

Ci fu qualche attimo di silenzio, Chiara trattenne il respiro anche se provò l’istinto di ansimare. Umberto era davanti a lei e gli faceva cenno di tacere con l’indice posato sulle labbra.

D’un tratto, la stanza esplose di luce. Una lingua infuocata passò davanti ai loro occhi, e Chiara capì che Carbone doveva averla diretta su Gennaro.

«Visto? Non puoi colpirmi! Meglio se mi fai passare subito, libero la strega e tanti saluti.»

«Chi sei tu? Cosa vuoi dalla strega?»

«Sono uno molto seccato con te. E voglio la strega perché eliminarla non porterà a niente di buono.»

«Se la consegnamo non sospetteranno di noi. È solo sopravvivenza.»

«È un’ingiustizia, e tu lo sai.»

«Che stai facendo? Fermo!»

«Stai tranquillo, sto solo venendo più vicino, stai…» passò qualche secondo di silenzio, poi la terra tremò e Chiara udì un crollo, qualcosa di pesante schiantarsi sul pavimento di marmo. Il suo cuore si fermò, che Gennaro fosse davvero…? «Te l’ho detto» esclamò lui, «io posso tutto. Non puoi colpirmi.»

«Cosa sei?» la voce di Carbone venne fuori più preoccupata di quanto forse aveva inteso.

«Sono il tuo più grande problema, al momento.»

«A breve arriverà la servitù, attratta dal rumore. Dobbiamo andare» sibilò Umberto.

Chiara trattenne il fiato. Quello era il momento. Sentì tutti i muscoli in lei tendersi, e si preparò a correre. La mano di Umberto le afferrò il braccio. «Non ancora. Aspetta un secondo….» Sentirono un rumore forte e la Sibilla sussurrò «adesso.»

La ragazza uscì allo scoperto, col cuore in gola. I due stavano lottando sul pavimento, Carbone schiacciava Gennaro in terra, lui si dibatteva per liberarsi.

Doveva aver capito che con la magia non sarebbe arrivato a nulla, non c’era da biasimarlo.

Chiara e Umberto scivolarono dietro di loro senza che i litiganti se ne accorgessero e giunsero alla porticina al termine del corridoio. Chiara mise la mano sulla maniglia e spinse. Chiusa, ancora una volta.

«Forza ragazza, ce la puoi fare.»

Lei si concentrò. La voglia di darsela a gambe che la rendeva debole e dal passo malfermo prese il sopravvento. 

Via. Devo andarmene di qui. Devo scappare, adesso, pensò, con le dita che stringevano la maniglia in un gesto convulso. Proiettò sulla porta quel sentimento e quella scattò.

Anche in quell’ansia, sorrise. Stava diventando piuttosto brava.

«Sbrigati, presto» sibilò Umberto, così abbassò la maniglia e la porta si spalancò.

Isabella era là, proprio come la ricordava. Le sue vesti erano logore, il volto scavato, ma lei era libera. Libera!

«Chiara, sei venuta» le disse, alzandosi dal suo giaciglio e avanzando verso di lei. «Sei venuta per me.»

«Certo che sono venuta» rispose, con voce rotta. «Mi hai chiamato e ora sono qui.»

Isabella le sorrise e giunse sino a lei, le posò una mano sulla spalla e la strinse. «Grazie.»

«I ringraziamenti a dopo. Ora dobbiamo darcela a gambe. Non possiamo diventare invisibili, siamo in troppi per Chiara e non riuscirebbe a nasconderci tutti. Dovremo tornare indietro cercando di evitare la servitù.»

«Isabella non può aiutarmi?» chiese, spostando gli occhi verso la strega appena raggiunta.

«Temo di no. Mi hanno propinato un neutralizzatore, altrimenti sarei scappata molto prima.»

«Un neutralizzatore, giusto» borbottò, come aveva fatto a non pensarci?

«Andiamo, Gennaro non reggerà a lungo, e io non posso farmi vedere.»

Note autrice
Riusciranno a portare Isabella fuori da lì tutti interi? Come starà andando Gennaro contro Carbone? Come stanno i ragazzi giù in giardino? Lo scopriremo prestissimo!
Almeno abbiamo incontrato Isabella, e tutto sembra andare secondo i piani.
Sembra filare tutto un po’ troppo liscio, non trovate? Vedremo se è un buon segno o meno...
Intanto, Chiara ha fatto qualche magia (elementare) senza supervisione! Non pensa ancora come una strega, lo vedremo nel prossimo capitolo, ma sono passi in avanti, no?
Come sempre, aspetto le vostre teorie e scusate per il capitolo più corto del solito!

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