L'Ultima Strega

By Trachemys

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Avere sedici anni non è mai facile, questo Chiara lo sa bene. Tra interrogazioni, primi amori, genitori appre... More

Premessa
1.1 Chiara Accolti Marchesi
1.2 Chiara Accolti Marchesi
2.1 Piccoli Incidenti
2.2 Piccoli Incidenti
3.1 La Festa
3.2 La Festa
4.1 Progressi
4.2 Progressi
5.1 Amore e Altri Misteri
5.2 Amore e Altri Misteri
6.1 Vacanze di Natale
6.2 Vacanze di Natale
7.1 Streghe
7.2 Streghe
8. Scomparsi
9.1 Cambio di Carte
Premessa Parte II
9.2 Cambio di Carte
10.1 Vita da Strega
10.2 Vita da Strega
11.1 Passato
12.1 Salvataggio
12.2 Salvataggio
13.1 Ricucire lo Strappo
13.2 Ricucire lo Strappo
Epilogo

11.2 Passato

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By Trachemys

Proprio mentre cercava di avvisarli sul passaggio avvenuto con successo, Gennaro smise di colpo di parlare.

Chiara aprì gli occhi. Non si trovava più a casa di sua nonna, ma in una cantina dall’odore di muffa, il pavimento di legno fradicio e le pareti macchiate.

I suoi compagni erano accanto a lei, tutti tranne Gennaro, che si era afflosciato su un materasso buttato a terra e aveva gli occhi rovesciati, in preda a una delle sue visioni. Edoardo e Lorenzo erano già chini su di lui, mentre Cassandra era concentrata su qualcosa che stava lontano da loro, alla fine di una serie di scalette in legno che portavano in alto, verso un posto da cui entrava tutta la luce nella stanza. 

«Benvenuti, amici!» esclamò una voce squillante, alla fine delle scale. «Finalmente siete qui!»

La figura in controluce iniziò a scendere verso di loro a passo svelto. Chiara gettò una rapida occhiata a Gennaro, ancora in preda alla crisi e privo di conoscenza, poi tornò con gli occhi sull’uomo misterioso che li aveva accolti.

Quando si avvicinò, Chiara poté distinguerne i tratti in quella penombra. Era basso, più basso di lei. Aveva i capelli neri lunghi sino appena sopra le spalle e vestiva in modo un po’ buffo, con una sopraveste verde ricamata in bronzo, una camicia bianca e delle calzebrache verdi che gli fasciavano le gambe magre. Sembrava appena uscito da una rievocazione rinascimentale, sorrideva, e aveva il volto cosparso delle stesse lentiggini di Gennaro. Chiara gli attribuì circa venticinque anni, a giudicare dal volto.

«Non temete, il vostro compagno si riprenderà presto. Tra circa otto minuti, in verità. Sta solo recuperando il futuro che prima era passato, e dunque non conosceva.»

«Chi sei tu? E come fai a sapere tra quanto si riprenderà?» chiese Edoardo, accovacciato accanto a un Gennaro esanime.

«È la Sibilla di questo tempo, idiota» rispose Cassandra, gelida. «Come fai a non capirlo?»

«La signorina ha ragione!» esclamò l’uomo, in tono gioviale. «Il mio nome è Umberto Lucignano, e sono la Sibilla della mia generazione. Sapevo che sareste arrivati, ho preparato per voi dei vestiti e tutto quello che vi serve. Sapevo da anni che sareste venuti qui, ho fatto in tempo a organizzarmi per bene.»

«Perché ci sta mettendo tanto?» chiese Lorenzo, che di tutte quelle informazioni aveva sentito solo la parte su Gennaro. «Le sue visioni non ci mettono mai così tanto.»

«Ha tanto da recuperare. In qualche minuto sarà come nuovo. Sapevo già che avrebbe avuto bisogno di tempo, per questo ho messo il materasso nel punto in cui sarebbe caduto. Tranquillo, è andato tutto secondo i piani. Ora venite su, avanti, vi mostro la casa. Lui ci raggiungerà a breve.»

Edoardo lo fulminò con lo sguardo. «Dovremmo lasciarlo solo in questa cantina a casa di sconosciuti mentre è privo di sensi?» 

«Nessuno lo disturberà» rispose Umberto, picchiettandosi la tempia con un dito. «Se accadesse lo saprei. Ve l’ho detto, starà benissimo. Non dovete preoccuparvi. Quando si sveglierà sarà come nuovo… solo un po’ irritato. Tutto qui. Vi assicuro che niente può fargli alcun male qua sotto.»

Detto questo, si voltò e iniziò a salire le scale, verso la luce che veniva da in cima. Cassandra lo seguì senza esitare, e Chiara dietro di lei. Lorenzo ed Edoardo si scambiarono uno sguardo preoccupato e poi, esitanti, si misero sulle loro tracce. 

Non appena furono sopra la rampa di scale, Chiara sgranò gli occhi dalla meraviglia. La stanza in cui si trovavano era inondata di luce, che entrava da grandi finestre senza vetri, con sbarre di ferro per impedire intrusioni esterne. Erano a livello strada, e il pavimento era coperto da un tappeto ricamato di fino col motivo di un pavone; la stanza era stretta e lunga, ricca di mobili sontuosi, e riluceva della luce del primo pomeriggio.

Cassandra fischiò, impressionata. 

«Bello, vero? Quando sono venuto su dal Regno di Napoli, l’anno scorso, il Gran Consiglio per tenermi qui mi ha comprato questo posticino niente male. E dovete vedere quanto mi pagano bene per i miei servizi! Ho fatto un vero affare!»

«Vedo che non è cambiato molto» commentò Lorenzo, osservando quell’opulenza con diffidenza.

Chiara aggrottò la fronte, confusa. Fu Edoardo a spiegare cosa intendesse. «Pagano bene anche Genny, al Gran Consiglio. Ha una parcella stellare per le sue visioni del futuro. In un conto nascosto ai suoi genitori ha accumulato già migliaia di euro.»

Chiara fece una smorfia colpita. Gennaro non dava l’impressione  di essere ricco, andava sempre a scuola vestito con felpe oversize in inverno e magliette con stampe buffe in estate, non aveva il motorino e per la ricreazione portava sempre il cibo fatto a mano dalla mamma. 

«Venite, vi mostro le stanze. I servizi invece sono fuori in giardino. Lo so, non siete abituati a uscire fuori per i vostri bisogni, ma qui si userà così ancora per un po’. Le stanze sono fornite anche di vasi da notte comunque, anche se mi è sembrato di capire che non li userete. Sapete, non ho sbirciato molto il futuro per queste faccende, la gente lo trova inappropriato e imbarazzante.»

«Perché lo è» commentò Cassandra.

Umberto la ignorò e attraversò la ricca e stretta stanza sino a un corridoio con delle scale strette e molto ripide. Le imboccarono, il sole delle finestre le faceva scintillare davanti ai loro occhi, sinché non arrivarono al piano superiore.

Quel piccolo pianerottolo aveva lo spazio solo per una porta che conduceva a una camera, nulla più.

«Al terzo piano c’è la mia stanza, al piano di sopra quella dei ragazzi» disse, indicando le scale che salivano ancora. «Mentre questa è la stanza delle ragazze.»

Aprì l’unica porta del piano, rivelando una camera da letto. C’erano tre lettini con coperte in broccato scarlatto ricamato in oro, un alto armadio in legno che occupava una parete, una finestra senza vetri con delle grosse sbarre, e con pesanti tende dello stesso rosso delle coperte, e una toeletta con uno specchio opaco che mandava la loro immagine riflessa. Su tutti e tre i letti erano gettati alla rinfusa dei vestiti dell’epoca, Chiara riconobbe corsetti e gonne ampie, si avvicinò per sfiorarne i lembi. 

«Ho dovuto farli fare su misura. Siete… più grandi delle persone di questo tempo. Non so a cosa sia dovuto, forse alla dieta, ma siete altissimi per noi, sapete.»

Anche Cassandra iniziò a esplorare la stanza, e Umberto spiegò quello che aveva preparato per loro. Disse loro che avrebbe cercato di adattarsi ai loro gusti in fatto di cibo. Iniziò a parlare loro di come fare a non dare nell’occhio, da chi stare lontano e a chi rivolgersi e come. Fu allora che lui arrivò.

«No» sentirono, e si voltarono verso la fonte della voce. Gennaro stava là, in perfetta salute, e guardava il suo antenato tenendogli puntato il dito contro. «Assolutamente no.»

Il sorriso di Umberto si fece più tirato. «So cosa hai visto, ma…»

«Ho detto no. Dobbiamo evitarlo.»

«Non è detto che accada. Il futuro è volubile, lo sai. Ci sono troppe variabili, quello è solo uno dei futuri possibili.»

«Beh, deve diventare impossibile. Io non voglio.»

«E pensi che io lo voglia? Cercheremo di non farlo avverare nei limiti del nostro potere. Proveremo a impedirlo.»

«Che cosa? Di che state parlando?» chiese Chiara, che iniziava a essere ansiosa a riguardo. 

Umberto e Gennaro si scambiarono uno sguardo dalle mille parole, poi Gennaro parlò. «Meglio non parlarne, per ora. Peggiorerebbe solo le cose. Vi basti sapere che c’è un futuro che vorrei evitare, tutto qui.»

«Lo eviteremo» disse Umberto, fermo. «Vedrai. È solo uno dei futuri possibili, niente di più.»

«Questa storia non mi piace» mormorò Cassandra.

Lorenzo si avvicinò a lui, allungò una mano come a sfiorarlo. «Per il resto stai bene?»

Gennaro gli offrì un sorriso che voleva essere rassicurante. «Sto bene» disse, intrecciando le dita con le sue. «È tutto a posto, davvero.»

Chiara guardò le loro mani strette, e si ritrovò a invidiarli. Anche lei avrebbe voluto avere una mano da stringere in quel modo, qualcuno da tenere vicino. Le immagini di Cassandra e Edoardo si sovrapposero e mischiarono, e lei scacciò il pensiero con un brusco cenno del capo.

«Vestitevi, ora. Poi vi illustrerò il piano. Isabella verrà giustiziata domani, dobbiamo tirarla fuori stanotte. Ci vediamo giù in salone non appena avrete finito.»

Umberto lasciò la stanza, poi i ragazzi andarono a cambiarsi nella loro, e Chiara e Cassandra restarono sole. Cassandra andò a chiudere la porta a chiave, si sarebbero dovute spogliare per infilarsi nei vestiti rinascimentali, e Chiara si avvicinò a quello che Umberto aveva detto fosse il suo letto. C’era un abito su di esso, di un azzurro tenue con rifiniture argento. Sapeva che con l’azzurro andava sempre sul sicuro, si intonava ai suoi occhi.

Tenendo gli occhi bassi e lontani da Cassandra, si sfilò la maglia – ma tenne il reggiseno, non osava neanche pensare il fastidio che le avrebbe dato infilare quelle stoffe ruvide senza niente a coprirla – e poi i jeans. 

«Secondo te cosa si mette prima?» chiese osservando il cumulo di vesti che stava sul letto. 

«Credo che vadano prima quella gonnella bianca e la camicia, poi sopra il vestito» rispose l’altra, sovrappensiero. 

Chiara decise che era un buon consiglio, così afferrò quella che aveva tutta l’aria di essere una sottoveste. «Penso che sembreremo ridicole con questi cosi addosso.»

«Secondo me ti starà benissimo!»

«Sì, come no, m’immagino…»

Si mise la camicia bianca e iniziò ad allacciare i bottoni in argento, era larga e aveva le maniche a sbuffo, sarebbe stato difficile indossarci il vestito sopra. Infatti, quando se lo infilò, lottò con difficoltà per farci passare la testa. 

«Uhm, un aiutino?» chiese, combattendo con quella stoffa con la paura di romperla. Si disse che se l’avesse davvero rotta allora Umberto l’avrebbe già saputo, che non era un gran danno, ma avrebbe preferito di gran lunga evitare. 

Sentì le mani di Cassandra afferrarle il vestito e tirare giù, e d’un tratto fu in grado di vederla. Si sistemò gli occhiali sul naso, che si erano spostati infilando quel vestito scomodo, e la vide. Era vicina, tanto vicina, e teneva ancora le mani sul suo abito, all’altezza dei fianchi. La stava guardando, gli occhi scuri attenti e decisi, e Chiara poteva sentirne il respiro sulla pelle. 

«Grazie» mormorò, d’un tratto senza parole.

Cassandra le lasciò i fianchi e le annodò dei legacci sul vestito che stavano all’altezza del seno. Chiara rabbrividì, osservandola la da vicino allacciare i nastri con le sue mani esperte. «Visto?» le disse, un sorriso appena accennato sulle labbra. «Sei bellissima.»

Chiara si sentì avvampare a quelle parole. Sentì il bisogno di distogliere lo sguardo ma non ci riuscì, quegli occhi scuri la incatenavano, una forza magnetica irresistibile.

La ragazza si avvicinò, poco più bassa di lei, si alzò sulle punte e sfiorò le labbra con le sue. Chiara spalancò gli occhi dalla sorpresa, sentì la bottiglia di plastica che si era materializzata lì assieme al suo zaino accartocciarsi per magia e trattenne il respiro. Cassandra si separò da lei e le sorrise, non aveva l’ombra di imbarazzo sul volto, ed era tanto bella che Chiara si sporse e la baciò di nuovo. 

Cassandra le cinse i fianchi con le braccia, tirandola a sé, Chiara non sapeva dove mettere le mani, solo che ne voleva ancora. Baciare Cassandra fu diverso da baciare Edoardo, né migliore né peggiore, solo diverso. Era più delicata, aveva del burrocacao sulle labbra, era un po’ bassottina e le teneva i fianchi con una dolcezza ferma che la stordiva.

Sentì le mani di Cassandra stringersi sui suoi fianchi e, prima che potesse rendersene conto, si accorse di avere la sua lingua in bocca. Cercò di restare calma per non fare esplodere qualche accidentale, tentando disperata di contenere i battiti del suo cuore impazzito. 

Quando si separarono, Chiara riaprì gli occhi, sbattendo le palpebre come instupidita. Cassandra le sorrideva, un sorriso un po’ furbetto. Alzò un sopracciglio e disse «Lo sapevo.»

«Sapevi che cosa?»

«Che non potevi essere etero. Ti ho spiato per tutto l’anno scolastico per conto di Veronica, una tanto fissata con Code Geass non può essere eterosessuale. È la regola.»

«Io… io… non lo so. Non ci ho mai… non ci ho mai pensato, in realtà.»

Non aveva mai riflettuto sul fatto che sarebbe potuta non essere etero, era un pensiero che non le era mai passato nemmeno per la testa. Benché avesse tante ship tra le più varie – tra Lelouch e Suzaku c’era del tenero, non avrebbe accettato altro come risposta – non aveva mai pensato che il discorso si sarebbe potuto applicare a lei.

«Non devi capire tutto adesso» disse Cassandra, offrendole un sorriso incoraggiante. «E non mi devi niente. Alla fine è stato solo un bacio.»

Due, pensò Chiara, di cui uno iniziato da me. 

Non lo disse. La guardò, aveva sempre pensato che Cassandra fosse una ragazza carina, le capitava di pensare queste cose, ma non sapeva se aveva una cotta per lei. 

Non mi devi niente.

Questo era l’importante, non pensava di riuscire a dimostrarle qualcosa, non in quel momento. Aveva troppo a cui pensare, c’era lo strappo da ricucire, e il futuro che Gennaro avrebbe voluto evitare. E poi c’era Edoardo. 

Edoardo le piaceva. Anche Cassandra le piaceva, forse. Poteva essere. Ma chi le piaceva di più? 

«Che casino» mormorò, aggrottando la fronte con aria contrita. 

Il sorriso di Cassandra si addolcì. «Meglio se andiamo, adesso. Ci staranno aspettando.»

Chiara annuì. Si sistemò gli occhiali sul naso e la seguì fuori dalla stanza. 

«C’è nessuno?» chiamò Cassandra, percorrendo il corridoio deserto.

«Saranno di sotto, Umberto ha detto che ci saremmo visti in salone.»

«Sì, hai ragione. Meglio affrettarsi.»

Chiara si accorse presto che c’era una strana aria tra loro, un’aria che la faceva sentire a disagio. Con Cassandra si sentiva spesso così, e si chiese se fosse perché davvero aveva avuto una cotta per lei e non l’aveva saputo sino a quel momento. 

Scesero le scale in silenzio, per i corridoi della casa nobiliare. Quando furono giunte nel salone, videro che i ragazzi erano tutti lì che le aspettavano. 

«Ce ne avete messo, di tempo» borbottò Lorenzo. Anche lui era abbigliato che pareva uscito da un film sui medici, con calze e cosciali bianchi, un giubbone blu a bottoni in argento e un buffo colletto. Teneva in mano quello che sembrava un mantello, in broccato blu intenso. Chiara lo trovava divertente, anche se doveva ammettere che aveva un po’ l’aria del principe azzurro, conciato così. Anche Gennaro era vestito in modo simile, ma con abiti neri e ocra. 

Quello che non era buffo affatto, invece, era Edoardo. I suoi vestiti erano color bronzo con rifiniture d’oro, slanciavano la sua figura e lui appariva elegante anche in quel modo. Chiara si chiese come facesse a sembrare impeccabile qualunque cosa si mettesse addosso, anche quei vestiti ridicoli, e si rispose che alcune persone erano così, belle senza volerlo, senza neanche provarci. 

Si convinse a distogliere lo sguardo e riportò gli occhi su Umberto. 

«Ah, siete qui. Venite, non c’è  tempo da perdere. Isabella verrà giustiziata domani sera, e trasferita alle prime luci dell’alba. Al momento è in ostaggio nella villa dei Carbone, la nostra unica possibilità è tirarla fuori che è ancora lì.»

«Chiara, dovrai stare un po’ in disparte» commentò Gennaro, che si era sostituito a Umberto come fosse la stessa persona. Sembrava essersi calmato da quando era arrivato come una furia poco prima, ma aveva ancora una mano in quella Lorenzo. Non poté fare a meno che provare ancora una fitta di invidia. Anche lei avrebbe voluto tenere una mano per darsi conforto, ma quale? Prima avrebbe dovuto scegliere la persona da avere accanto, e non aveva tempo per farlo, la missione era troppo urgente per perdere tempo con la sua confusione sentimentale. «I tuoi occhiali attirano troppo l’attenzione.»

«I miei… occhiali?» chiese, spaesata.

«I tuoi occhiali, sì. In quest’epoca si usano solo dentro casa, per leggere, e non somigliano tanto alla tua montatura.»

«Non posso fare niente senza occhiali, sono una talpa!»

«Lo so» risposero Gennaro e Umberto in coro. Avere due sibille iniziava a essere irritante. I due ragazzi si guardarono, e Gennaro fece cenno a Umberto di continuare. «Se uscissimo senza daresti ancora più nell’occhio, andresti a sbattere su tutto e tutti e inciamperesti ogni due per tre. Li terrai, attirerai solo un po’ l’attenzione, niente di più. Ma dovremo stare ancora più attenti.»

«Parliamo di cose serie» si intromise Cassandra, «come la portiamo fuori da lì?»

«Abbiamo due Sibille» rispose Edoardo. «Non potrà essere troppo difficile.»

Gennaro e Umberto si guardarono di nuovo, Gennaro lasciò ancora che il suo antenato parlasse per lui. «Casa Carbone è ben protetta. Alcuni stregoni membri del consiglio sono di guardia, insieme a qualche incantesimo difensivo. Agli incantesimi penseranno Edoardo, Cassandra e Lorenzo, che resteranno al piano di sotto a fermare le guardie e sistemare tutto affinché possiamo salire. A Carbone, l’ultimo ostacolo da superare, penseremo io, Chiara e Gennaro.»

«Obiezione» commentò Lorenzo. «I gruppi sono squilibrati. Tu, Genny e Marchesi non potete affrontare Carbone senza qualcuno che sappia usare la magia. Io e lei ci scambieremo di posto.»

«Io so usare la magia!» esclamò Chiara, piccata.

«Mi correggo, scusa… non potete affrontare Carbone senza qualcuno che sappia usare la magia in modo decente

«Se non sarete tutti e tre insieme a cercare di abbattere gli scudi difensivi e fermare le guardie non funzionerà. È l’unico modo. Noi ce la caveremo.»

«Ne sei tanto convinto?» chiese Gennaro, che stringeva la mano di Lorenzo in una morsa. 

«Senti, ragazzo, ne abbiamo già parlato…»

«No. Non voglio che succeda quello che può succedere se non stiamo attenti.»

«E pensi che io lo voglia? È l’unico modo, e tu lo sai.»

«Se Gennaro non è convinto noi non ci stiamo» disse Edoardo, e Chiara si stupì ancora una volta della fiducia cieca che riponeva nel suo amico. 

Fu Cassandra a rispondere. «Se Umberto dice che è l’unico modo allora è l’unico modo.»

Chiara si portò le mani al volto, sopraffatta dalla situazione. Come potevano sperare di ricucire lo strappo se streghe e stregoni non andavano d’accordo neanche in quel momento?

Gennaro sospirò, e Chiara liberò il volto dai palmi aperti per osservarlo. «No. Umberto ha ragione. È davvero l’unico modo, è giusto così. Se dovrò sacrificare qualcosa lo farò. Sapevamo non sarebbe stata una passeggiata.»

«Non sono per niente convinto» sussurrò Lorenzo, tanto piano che Chiara a malapena lo udì.

Umberto riprese le redini della discussione. «Faremo così. Col favore delle tenebre andremo a Villa Carbone, e Lorenzo, Edoardo e Cassandra resteranno all’ingresso a mettere le guardie fuorigioco e abbattere gli incantesimi di difesa. Io, Gennaro e Chiara neutralizzeremo Leonardo e gli porteremo via Isabella. In questo modo, abbiamo delle possibilità.»

«Che significa ‘abbiamo delle possibilità’?» sbuffò Cassandra. «Sei una Sibilla oppure no?»

Gennaro sospirò. «Ci sono troppe decisioni ancora da prendere, il futuro è fumoso. Dobbiamo lavorare su quello che abbiamo.»

Chiara sentì Lorenzo imprecare tra i denti. «Voglio sapere cos’è che rischiamo. Cos’è che Genny non vuole che succeda.»

«Non si può dire» risposero le sibille in coro. 

«Perché? Anche io voglio saperlo!» insistette Edoardo.

«Perché se ve lo spiegassimo, qualcuno di voi rinuncerebbe alla missione. E dobbiamo esserci tutti per riuscirci, è l’unico modo.»

Cassandra si scostò seccata i capelli dal volto. «È l’unico modo, è l’unico modo… sapete dire solo questo.»

«Qualcuno potrebbe lasciarci le penne, non è vero?» disse Lorenzo, lo sguardo fisso, sembrava parlasse più a sé stesso che agli altri. «Per questo non volete dirci il contenuto della visione. Avete paura che vi daremmo buca se sapessimo la verità.»

Fu Gennaro a rispondere. «Se anche fosse, dovremmo presentarci lo stesso. Dobbiamo ricucire lo strappo, è più importante delle nostre vite.»

«Non per me. Sono disposto a scommettere la mia vita, ma non la tua. Quella… non posso farlo.»

«Ehi!» esclamò Edoardo, offeso.

«Neanche la tua, dai. Degli altri invece non mi interessa granché…»

Gennaro distolse lo sguardo. «È più complicato di così.»

«Dimmi che non rischi di rimetterci la pelle o io sono fuori.»

«Non rischio di rimetterci la pelle.»

«Giuralo.»

«Lo giuro.»

«Bene. Allora ci sto.»

«Ci stiamo tutti» disse Cassandra. «Siamo qui per questo.»

Chiara, dal canto suo, non si sentiva sollevata per niente. Se davvero qualcuno fosse dovuto morire, il fatto che quel qualcuno non fosse Gennaro non le era di particolare conforto. Certo, non avrebbe voluto che lui morisse, ma neanche morire lei stessa. Non avrebbe voluto neanche che morisse Edoardo, o Cassandra, e per essere del tutto sinceri anche la morte di Umberto le sarebbe pesata, considerando che tutto era partito da una sua idea.

«È l’unico modo» mormorò in un sospiro, scosse la testa e cercò di scacciare quei pensieri che la disturbavano. 

Quella notte l’avrebbero fatto. Avrebbero liberato Isabella, costasse quel che costava.

Note autrice
L’incantesimo ha funzionato! Siamo nel passato!
Vi sta simpatico Umberto come personaggio? A me piace molto, soprattutto come si rapporta a Gennaro. Sono simili ma anche diversi, lo trovo interessante.
Ma soprattutto, quale sarà il futuro che le due Sibille vogliono evitare? Si avvererà? Lo scoprirete solo leggendo, temo! Per ora, quel che è sicuro è che Gennaro non ci rimetterà le penne. A meno che non abbia mentito, è ovvio...
Aspetto con ansia le vostre teorie e vi informo già che, si avveri oppure no, comunque sapremo di che si tratta.
Vi anticipo già che, se si avverasse, non sarebbe piacevole per nessuno (per qualcuno meno ancora che per qualcun altro).

P.S. ricordatevi che è la festa della mamma! Se avete auguri da fare, fateli!

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