L'Ultima Strega

By Trachemys

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Avere sedici anni non è mai facile, questo Chiara lo sa bene. Tra interrogazioni, primi amori, genitori appre... More

Premessa
1.1 Chiara Accolti Marchesi
1.2 Chiara Accolti Marchesi
2.1 Piccoli Incidenti
2.2 Piccoli Incidenti
3.1 La Festa
3.2 La Festa
4.1 Progressi
4.2 Progressi
5.1 Amore e Altri Misteri
5.2 Amore e Altri Misteri
6.1 Vacanze di Natale
6.2 Vacanze di Natale
7.1 Streghe
7.2 Streghe
8. Scomparsi
9.1 Cambio di Carte
Premessa Parte II
9.2 Cambio di Carte
10.2 Vita da Strega
11.1 Passato
11.2 Passato
12.1 Salvataggio
12.2 Salvataggio
13.1 Ricucire lo Strappo
13.2 Ricucire lo Strappo
Epilogo

10.1 Vita da Strega

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By Trachemys

Era notte, Chiara distingueva appena i contorni della stanza, la finestrella aperta da cui non entrava altro che la flebile luce delle stelle, in quella notte senza luna.

Isabella era in piedi davanti a lei, col suo solito vestito lacero e l’acconciatura rovinata da cui scappavano dei capelli di qua e di là, il suo viso era macchiato dalla polvere e rovinato dall’insonnia.

«Chiara» le disse, a bassa voce per non farsi sentire dal suo carceriere. «Ti avevo detto di venire qui. Cosa ci fai ancora tanto lontana? Devi sanare lo strappo.»

Lei sbatté le palpebre, incredula. L osservò mentre si avvicinava di un passo ma non si ritrasse. «Io… io non so come si fa. Devi aiutarmi.»

«C’è un incantesimo. L’ho lasciato io stessa negli archivi del Gran Consiglio tanto tempo fa, dev’essere ancora là. Il tuo compito è trovarlo e venire da me.»

«Non so come arrivare agli archivi del Gran Consiglio. Non conosco neanche l’incantesimo di cui parli!»

«Devi venire da me, qua dove tutto è cominciato. Solo tu puoi sanare lo strappo, è quello che sei destinata a fare. Non c’è più tempo.»

Chiara si svegliò, il fiato corto nel petto. Non aveva parlato con le streghe riguardo alle sue visioni, pensava che non fosse sicuro. Non sapeva ancora se poteva fidarsi di loro, non sino a quel punto, e si ritrovò a pensarci fissando il basso soffitto, ascoltando i respiri pesanti di Cassandra nel letto accanto a lei.

Cassandra, Veronica e Coumba erano convinte che per sanare lo strappo si dovesse piegare gli stregoni al loro volere, per fare in modo che loro ascoltassero le voci di quelle che a lungo erano state dimenticate. Gli stregoni, d’altro canto, non pareva avessero alcuna intenzione di ricucire lo strappo, loro che insegnavano ai figli che le streghe erano del tutto estinte senza considerare come degna la rete di donne che si era sviluppata intorno ai Consigli come una pianta rampicante e ormai le circondava da ogni parte minacciando di soffocarli.

A lei sarebbe toccato l’ingrato compito, quello di cucire davvero lo strappo che si era creato, e ancora non aveva idea di come. Da un lato il Gran Consiglio aveva eliminato ogni traccia di stregoneria femminile dalla memoria collettiva, aveva nascosto le streghe e le aveva cancellate dalla storia, senza ascoltare i loro bisogni e le loro voci. Dall’altro, le streghe intendevano rispondere al fuoco col fuoco, avevano colpito anche gli innocenti – Gennaro, che non aveva mai fatto nulla contro le streghe, era stato quello che aveva perso più di tutti – e intendevano continuare la spirale di ingiustizie e di violenza facendo la voce grossa e sostituendosi a quella degli stregoni.

Per quanto Chiara provasse simpatia per loro, dopotutto erano quelle che non le avevano mai mentito ma le avevano raccontato le cose come stavano, che l’avevano accolta e protetta da suo padre e dal Gran Consiglio, sapeva che la strada giusta per ricucire lo strappo non si nascondeva nel rubare i Libri in tutta Italia ma nel tornare indietro e fare qualcosa alla radice, là dove tutto era iniziato.

Si rigirò nel letto e chiuse gli occhi. Chissà se suo padre si era pentito di ciò che aveva fatto. Chissà che scusa aveva raccontato a sua madre per la sua partenza, sempre che non sapesse anche lei… chissà se aveva paura che lei non sarebbe più tornata.

Fu con questi pensieri che si addormentò di nuovo, cullata dai respiri della ragazza accanto a lei, scivolando in un sonno senza sogni.

Quando si presentarono a scuola, Cassandra impose a Gennaro di sedersi al suo stesso banco. Non avrebbe potuto controllare che lui non parlasse con Lorenzo altrimenti, non appena lui arrivò in classe si sedette dritto dritto nel secondo banco sulla sinistra, già a conoscenza di quella richiesta.

Lorenzo così si ritrovò senza preavviso in banco con Laura, che sino a quel momento l’aveva condiviso con Cassandra, una ragazza un po’ stordita e all’antica che si riempiva la bocca di parole come “il valore della famiglia” e “aspetto la persona giusta, non come certe troie che ci sono in giro”.

Chiara, quella a cui andò peggio di tutti, si ritrovò di nuovo in banco con Edoardo, col cuore che batteva a mille e senza avere idea di cosa dire.

Click. Click. Click. Click. Click.

La penna scattava sotto le dita del ragazzo che la picchiettava sul banco, preso dal nervoso. Era seduto rigido, immobile se non per la mano che teneva la sua penna nera, e le lanciò un’occhiata di sfuggita prima che entrasse il professore.

«Sei sparita dai radar, ero preoccupato. Noto che invece sei vivissima.»

«Mi dispiace. Non potevo lasciare che mi prendessero.»

«Invece potevi lasciare che prendessero noi.»

«Che vi hanno fatto? Ci saranno conseguenze?»

Lui assottigliò lo sguardo e arricciò le labbra. «Ah, adesso ti importa?»

«Non volevo lasciarvi lì, mi sembrava solo la cosa più logica. Andiamo, Edo…»

Il ragazzo distolse lo sguardo. «A Gennaro non faranno nulla, ma questo forse lo sai già. A me e Lorenzo hanno rifilato un neutralizzatore, dovremo prenderlo sino a data da destinarsi. Siamo senza poteri, per il momento.»

«Se sei senza poteri perché fai scattare la penna?»

Edoardo parve accorgersi in quel momento di star torturando la penna nelle sue mani. La posò sul banco e strinse il pugno. «Sono abituato a disinnescare, tutto qui, è automatico» rispose. «Quindi tu… stai con loro, adesso.»

Chiara deglutì. «Sì. Sto con loro, adesso.»

Il professore di italiano fece il suo ingresso, e il brusio nella stanza si chetò. Il professore salutò e si sedette alla cattedra, Edoardo continuò a parlare, tra i denti per non farsi sentire.

«Cassandra ci ha traditi. Hanno rubato il Libro, ci hanno portato via Gennaro, e tu stai con loro.»

«Cosa pretendevi che facessi? Dopo quel casino al palazzo comunale sarebbe intervenuto il Consiglio. Sono loro che hanno tenuto nascosti i miei poteri, non potevo farmi prendere.»

«Il capo del Gran Consiglio è mio padre, e lui non è un mostro. Avrebbe capito, ti avrebbe spiegato…»

«Certo. Sono sicura che avrebbe trovato una spiegazione convincente al perché ha convinto mio padre a tenermi nascosto chi sono per sedici anni e a mentire a tutti sull’esistenza delle streghe in Italia» commentò, sarcastica.

«Non è come pensi. Lui…»

«Basta adesso!» esclamò il professore, facendoli sobbalzare entrambi. «Marchesi, Carbone, finitela di parlare o sarò costretto a dividervi! E ora prendete il libro, forza!»

I due si zittirono, tirando il libro fuori dagli zaini. Si scambiarono uno sguardo infastidito, e per il resto delle ore che mancavano alla ricreazione non si dissero una parola, limitandosi a lanciarsi occhiate diffidenti e sospettose da una parte e colpevoli dall’altra.

Quando la campanella della ricreazione suonò, Rebecca si alzò dal suo banco e si diresse verso il loro, a passo deciso. Chiara si trattenne a stento dall’alzare gli occhi al cielo. Ci mancava soltanto l’amica indispettita, era l’ultima cosa di cui aveva bisogno, al momento.

«Non mi hai più risposto ai messaggi» disse, asciutta, ed Edoardo si alzò senza una parola e andò a raggiungere Lorenzo al banco che divideva con Laura. «Perché?»

«Non sto tanto bene in questi giorni» rispose, distratta, mentre osservava Edoardo e Lorenzo che si mettevano a parlottare.

«Che hai? Ti senti male? Che è successo?»

«Niente di che, solo un po’ fiacca… e ho litigato coi miei. Non ho dormito a casa mia, ero ospite da un’amica.»

«Un’amica? Che amica? Chi?»

Chiara sospirò. Rebecca avrebbe scoperto che non viveva più a casa sua prima o poi, avrebbe dovuto dirglielo per forza, così lo fece. «Cassandra. È stata lei a ospitarmi.»

Il volto di Rebecca si contorse in una smorfia. «Cassandra? Ma… perché non hai chiesto a me?» suonava delusa, ferita, e Chiara sentì il peso nel petto farsi più forte.

«Parlavo con lei della discussione e si è offerta, così sono andata a casa sua. Penso che ci starò anche oggi.»

«Beh, avresti anche potuto dirmelo, comunque…» borbottò l’amica.

Chiara notò con la coda dell’occhio Edoardo muoversi e si voltò. Lui e Lorenzo avevano preso il coraggio a due mani ed erano andati ad affrontare Cassandra al suo banco con Gennaro.

«Scusa, Be. La prossima volta lo farò, promesso. Ora però devo andare a dirle una cosa» la liquidò, alzandosi a sua volta e, dimenticata la merenda preparata da Veronica nello zaino, raggiunse Cassandra e i ragazzi al banco incriminato.

«State dando troppo nell’occhio» sibilò, quando fu abbastanza vicina.

Lorenzo era in piedi piegato in avanti e teneva entrambe le mani sul banco, sporto verso Cassandra. Edoardo era accanto a lui, con le braccia incrociate. La ragazza era seduta al banco, reggeva il loro sguardo con sicurezza e aria di sfida, mentre seduto al posto di destra stava Gennaro, con gli occhi bassi e che si mordicchiava le labbra per non rispondere.

«Non me ne frega un cazzo se attiriamo l’attenzione» ringhiò Lorenzo, sporgendosi più verso Cassandra. Il cuore di Chiara perse un battito. «Voglio sapere cosa gli avete fatto. Non ci guarda più nemmeno in faccia!»

«La Sibilla è delle streghe adesso, e non abbiamo nessuna intenzione di restituirvela» cinguettò Cassandra di rimando. «Farai meglio a farci l’abitudine.»

Lorenzo assunse un’aria di puro oltraggio. «La Sibilla?» chiese, in un sussurro. «È una persona, per Dio. Si chiama Gennaro. E lui non è di nessuno.»

A quelle parole, il ragazzo seduto al banco alzò gli occhi. Li incrociò per un attimo con quelli gelidi di Lorenzo, e gli offrì una smorfia desolata, di scuse. Continuava a mordersi le labbra per stare in silenzio, poi puntò di nuovo svelto lo sguardo sul quaderno che stava sul banco, facendosi ancora più piccolo.

«È inutile che ci provi con queste frasi a effetto» rispose Cassandra. «Lui non può più rivolgervi la parola. Altrimenti sa cosa succede, non è vero?»

Gennaro chiuse gli occhi e sospirò. «Sì.»

«Che gli hai detto per ridurlo così?» intervenne Edoardo. «Cosa gli avete fatto?»

La ragazza si strinse nelle spalle. «Sta benissimo. È solo un ricatto innocente. Sappiate che non potete più avvicinarvi a lui o tentare di parlargli, tanto non risponderà. Ed è inutile che lo cerchiate fuori da scuola, non lo lasciamo da solo.»

Lorenzo le lanciò un’occhiata velenosa, di puro odio, ma ignorò le sue parole. Voltò lo sguardo verso Gennaro, che teneva ancora gli occhi fissi da tutt’altra parte.

«Genny» gli disse allora, il suo tono si era ammorbidito. «Non so che ti è successo, ma risolveremo tutto. Ti tireremo fuori da questa storia, capito?»

«Ancora? Te l’ho detto, non ti risponderà comunque» disse Cassandra, gelida.

Lorenzo la ignorò ancora. «Troverò il modo di farti uscire da qualunque casino ti abbiano infilato, e lo farò presto. Te lo prometto, okay?»

«Molto carino» commentò Cassandra, annoiata. «Ora, se volete sloggiare, devo studiare storia.»

«Andiamo» mormorò Edoardo, tirando Lorenzo per un braccio. «Qua non ne caviamo piede, altrimenti.»

I due si allontanarono, andando verso il banco di Lorenzo.

Chiara si accorse di non essere felice. Si accorse che, benché le streghe iniziassero a sembrare parecchio razionali e convincenti, in tutto quel che era successo ci fosse comunque qualcosa di sbagliato.

Gennaro sospirò e affondò sulla sedia, poi si piegò in avanti e posò la testa sul banco con aria afflitta.

Il piano di Veronica, un piano giusto e sacrosanto per riportare le streghe alla luce del sole, aveva fatto la sua prima vittima collaterale.

La giornata in classe passò, con Edoardo in completo silenzio che tentava di ignorarla senza lasciare alcuno spiraglio di discussione, non importava quello che Chiara dicesse per dissuaderlo. 

La notte in cui lei l’aveva consolato a casa sua e lui si era aperto in modo così vulnerabile, l’aveva baciata con tanta dolcezza, sembrava lontano anni luce.

Tornò a casa a piedi con Cassandra, la presenza costante della ragazza al suo fianco, che non la lasciava un attimo andare. Chiara sospettava fosse perché aveva paura sarebbe tornata sui suoi passi, ma come avrebbe potuto? I suoi genitori – o soltanto suo padre? Non lo sapeva – le avevano mentito per tutta la vita, il Gran Consiglio l’aveva drogata a sua insaputa e aveva educato i suoi figli al fatto che le streghe fossero estinte, solo perché giudicava le donne come Coumba o Veronica troppo poco importanti per essere nominate, o peggio, una minaccia che andava eliminata come un’erbaccia.

Per sanare lo strappo devi andare là dove tutto è iniziato.

Sarebbe dovuta tornare nel passato, ricucire la frattura tra streghe e stregoni nel momento in cui si era formata, ma non aveva idea di come fare.

Non aveva mai sentito di incantesimi che portavano indietro nel tempo, le sembrava una follia.

Giunse a casa che Veronica aveva preparato il pranzo, un polpettone più buono di quelli di suo padre. La sua famiglia le mancava. I genitori, persino quel mostriciattolo di suo fratello, poter stare a casa sua nella sua stanza, con tutte le sue cose, serena e in pace. Chissà quando avrebbe potuto riavere tutto questo.

«State pronte» annunciò Veronica, dopo che le due ragazze e Coumba ebbero iniziato a mangiare. «Stasera verrà la Sibilla, dovremo pensare a un piano per rubare il Libro di Gorizia. Lei ci aiuterà.»

Sai che lo chiamano al femminile? Gli dicono “brava”, o “stai zitta”, o “sei sicura?”

Gli stregoni sono un po’ tradizionalisti…

Non è tradizione. È cattiveria. Stupidità. Stronzaggine.

A quanto pareva, le streghe non si mostravano troppo diverse dagli stregoni neanche in questo.

«Stavolta è fatta» esclamò fiera Cassandra, addentando un pezzo di quell’ottimo polpettone. «In breve avremo tutti i Libri di cui avremo bisogno e gli stregoni saranno in nostro potere. Dovranno ascoltarci per forza. Avranno paura di noi.»

Chiara fece una smorfia a quelle parole.

«Cosa c’è?» chiese Coumba, che la stava osservando.

Lei alzò le spalle. «Niente. Aumentare il circolo di violenza non mi sembra la soluzione, tutto qui.»

«La paura è l’unica lingua che conoscono» sentenziò Veronica, asciutta. «Non c’è altra via. E loro sono stati crudeli con noi per secoli, ci hanno cacciate, uccise, cancellate. Non provo pena per loro, non più.»

«Non tutti gli stregoni sono uguali. Ci sono degli innocenti, persone che non avrebbero problemi ad accettare le streghe nelle congreghe, io lo so. Li conosco.»

«Ogni guerra ha delle vittime innocenti, e questa guerra l’hanno  voluta loro, non noi.»

«Così non dimostrate di essere migliori di loro. Siete proprio uguali.»

«Non provare a usare questa retorica con me. C’è  differenza tra attaccare e difendersi. La nostra è una guerra difensiva. Che dovremmo fare, eh? Lasciare che ci abbandonino ai margini per altri cinque secoli? Il buonismo non ci aiuterà.»

Chiara parve capire che non sarebbe andata da nessuna parte con il suo discorso, quindi tacque. Terminò il suo polpettone in silenzio, e dopo averlo terminato si recò in camera a studiare, aspettando l’arrivo di Gennaro. Era immersa nella lettura di un esercizio di fisica che non aveva capito – quanto le sarebbe servito l’aiuto di Edoardo in quel momento, consapevolezza che lo provocò una fitta di nostalgia – quando sentì una porta aprirsi e una voce chiedere: «È permesso?»

Chiara alzò gli occhi dal suo libro. Era stesa a letto, la testa rivolta verso la porta, e vide Cassandra affacciata sull’uscio. «Cosa c’è?»

La ragazza lo prese come un invito a entrare. Si avvicinò, gli occhi scuri sfuggenti, una kefiah a scacchi bianchi e neri al collo e l’espressione afflitta. «Mi dispiace per queste divergenze con Veronica. Lei non è cattiva, sai. C’è una ragione per quello che dice.»

«Gennaro, Edoardo e Lorenzo sono miei amici. Mi sento ancora in colpa ad averli lasciati così, e i piani di Veronica per liberarci degli stregoni non aiutano affatto.»

«Lui era il tuo ragazzo, vero?»

Quel tempo al passato fece male. «Non lo so, può darsi. Non ne abbiamo mai parlato.»

La ragazza si sedette sul letto accanto a lei. «Lui è il figlio del grande capo. La sua vicinanza ti metteva in pericolo.»

«Non ha mai fatto nulla per ferirmi. Loro mi hanno sempre trattata da pari. Non importava che fossi una strega.»

«Perché tu sei bianca e cis. Sei una strega... normale. Hai un privilegio, Chiara, puoi permetterti cose che noi non riusciamo neanche a immaginare.»

«Loro non sono così. Non avrebbero nessun problema con te, con Coumba, con Veronica, se loro non fossero così ostili nei loro confronti.»

«Non puoi saperlo.»

«Invece lo so.»

«Beh, loro non contano nulla, comunque. Il sistema privilegia ancora gli stregoni, li tutela, e affonda le nostre vite. Non si può più continuare così, si deve fare qualcosa.»

«Si può far leva su di loro. Le nuove generazioni di stregoni saranno con noi. Cambieranno le cose pacificamente, dall’interno!»

«Tu conosci solo due giovani stregoni, e fai l’errore di pensare che siano tutti come loro.»

«Io ci credo. Credo che non è troppo tardi per rimediare in modo non violento.»

«Beh, noi non ci crediamo più, e tu sei con noi adesso. Tra noi e loro devi stare con noi.»

Chiara sospirò, abbandonando la testa sul cuscino. Pensò a Isabella. Come arrivare a un incantesimo nascosto al Gran Consiglio, come tornare e raggiungerla? Stava con le streghe ormai, non aveva accesso a quei dati, non aveva alcuna speranza.

Non c’è più tempo.

Le parole di Isabella continuavano a tuonarle nella mente. Il tempo era agli sgoccioli, doveva trovare l’incantesimo per tornare indietro e doveva farlo subito. L’unica cosa che poteva fare era chiedere aiuto agli stregoni, ma con Cassandra sempre addosso non avrebbe potuto farlo, e poi era certa che, dopo quello che era successo tra loro, Edoardo non avrebbe mai voluto aiutarla di nuovo. Di Lorenzo, infuriato per la questione di Gennaro, neanche a parlarne.

Sentì Cassandra che le sfiorava un braccio con le dita, per confortarla. Cercò di rilassarsi, la sua mano aveva in qualche modo una presenza confortante. Si decise ad alzarsi a sedere sul letto, proprio accanto a lei.

«So che è difficile e che la tua famiglia ti manca. So che ti dispiace per Edoardo, per Gennaro, ma noi non siamo tue nemiche. Siamo dalla stessa parte.»

Chiara si sistemò meglio gli occhiali sul naso e la guardò. Si fidava di lei. Cassandra non le aveva mai fatto del male, e la conosceva. A scuola si era sempre dimostrata una ragazza spigliata, brillante, sincera.

Nonostante tutto quello che era successo, non riusciva proprio a essere indecisa con lei. La affascinava.

«Lo so» rispose, in un sussurro, e Cassandra le sorrise. Si avvicinò e le loro spalle si sfiorarono.

Fu tentata allora di dirglielo. Di dirle del viaggio nel tempo, di Isabella, dello strappo, di tutto. In quel momento le avrebbe detto qualsiasi cosa. Aprì la bocca per dirglielo, l’avrebbe fatto, quando sentirono il campanello suonare, un lungo squillo che attraversò tutta la casa.

«Dev’essere arrivata» sibilò Cassandra, alzandosi in piedi e allisciandosi i vestiti con le mani. Si voltò a guardarla, le fece un cenno verso la porta e disse «andiamo, avanti.»

Chiara si alzò, seguendola oltre la porta. Veronica non fece parola delle divergenze avute poco prima, le invitò a sedersi al tavolo e aspettare l’ospite. Coumba andò ad aprire la porta, e dopo qualche istante Gennaro spuntò, il suo volto coperto dalle lentiggini e un’espressione ferma.

«Allora» la voce di Veronica lo salutò non appena si accomodò di fronte a loro. Coumba restò dietro di lui, per tenerlo d’occhio. «Hai fatto quello che ti ho chiesto?»

«Ho interrotto ogni rapporto con gli stregoni, come hai detto tu» rispose, asciutto. «E ho cercato un piano per Gorizia. Credo che… credo che abbiamo speranze. Col mio aiuto si può fare qualcosa.»

Sul volto di Veronica si allargò un sorriso di vittoria. «Proprio quello che volevo sentire. Quando?»

«Il tre febbraio.»

«Il tre febbraio è la settimana prossima, sicura che non ci sia possibilità di farlo prima?»

«Sicuro» rispose lui.

«Mh?»

«Sicuro. Sono un maschio, nel caso in cui non te ne fossi accorta. Sai, è un po’ buffo sentirlo proprio da te.»

Chiara spalancò gli occhi. Non aveva mai sentito Gennaro correggere qualcuno prima di quel momento. Spostò lo sguardo su Veronica, seguendo lo scambio come una partita a ping-pong.

«Non è… non è la stessa cosa» replicò lei, ma Chiara notò che aveva aggrottato appena le curatissime sopracciglia.

Gennaro forzò un sorriso ironico. «No? Come mai?»

«Non è… non ti chiamo così per te. È per la Sibilla.»

«La Sibilla sono io, e io sono un maschio. Gradisco essere chiamato come tale.»

Veronica aveva perso tutta la compostezza, il suo volto si era irrigidito e le sue labbra una perfetta linea dritta. «Scusa, non pensavo…»

«Cosa? Che facesse male?» chiese, tenendo gli occhi fissi nei suoi. «Questo perché sei un’ipocrita» concluse. «Comunque sì, sono sicuro. Il tre febbraio è la prima finestra utile, se falliremo, quella successiva si aprirà il sette aprile.»

«Non falliremo. Ma tu devi dirci tutto» intervenne Cassandra, che sembrava intenzionata a riportare il focus del discorso sulla missione.

Veronica alzò la mano per interrompere, sembrava ancora un po’ turbata ma le parve più decisa rispetto alla defaillance di qualche attimo prima. «Come so che non hai detto questa data così lontana per farci perdere tempo? Come so che non stai complottando col Gran Consiglio e stai solo aspettando che siano pronti a colpire?»

Gennaro si strinse nelle spalle. «Non ho contatti con alcuno stregone da quando me l’hai detto tu. Non avrei potuto organizzare nulla con il Gran Consiglio anche volendo.»

La donna assottigliò lo sguardo. «Tu non me la conti giusta. Questa cosa del tre febbraio non me la conta giusta.»

«Vorrà dire che dovrai fidarti di me.»

Gennaro resse l’occhiata di Veronica senza accennare la minima esitazione, ma anche quello di lei restò fermo. Si osservarono per lunghi istanti, istanti di studio e di analisi da parte di entrambi, poi Veronica sospirò e disse: «E sia. Ma se mi accorgo di qualsiasi irregolarità, sai quel che posso fare. Il Libro Sacro è ancora in mano mia.»

«Lo so.»

«Bene. Questo tre di febbraio, cosa dobbiamo fare?»

Note autrice
Riusciranno, con l’aiuto di Gennaro, a rubare il Libro di Gorizia e soffiarlo agli stregoni? Vi piace il pensiero di Chiara, riguardo al finire il conflitto in maniera pacifica e puntare sui giovani stregoni?
Chiara vorrebbe lavorare sulle nuove generazioni per aiutare le streghe a venire accettate, Veronica non crede sia possibile e intende colpire col pugno duro.
Intanto, Edoardo e Lorenzo non sono entusiasti del fatto che Gennaro non può più stare insieme a loro. Se pensate che si arrenderanno tanto facilmente al lasciarlo andare vi sbagliate di grosso... non che Gennaro non sia intenzionato a fare la sua parte per tornare dagli altri due.
E vogliamo parlare della lievissima ipocrisia di Veronica? lol. A sua discolpa, in effetti il discorso dell’identità di genere è in effetti un po’ diverso nei due casi... però che dire? Anche lei ha un po’ di preconcetti da destrutturare.
Ma, soprattutto, cosa ne pensate del tre di febbraio? Gennaro avrà deciso una data così lontana perché qualcosa gli frulla in testa, o davvero è la prima finestra utile? Lo scoprirete già nel prossimo capitolo!
Intanto, Chiara sta iniziando ad ammorbidirsi con Cassandra e a subire un po’ il suo fascino. Farà bene a lasciarsi andare?
Nel prossimo capitolo Gennaro farà una rivelazione, Lorenzo affronterà Chiara, e la macchina di qualcosa di più grande forse si metterà in moto... vedrete.

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